Il 17 aprile si terrà un Referendum nazionale sul tema delle trivellazioni in Italia.
Il quesito sottoposto alla consultazione popolare è il seguente:
“Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ‘Norme in materia ambientale’, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ‘Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)’, limitatamente alle seguenti parole: ‘per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale’?”
Oggetto del referendum quindi è la durata delle concessioni delle piattaforme di trivellazione.
La normativa prevede che la concessione duri inizialmente 30 anni, prorogabile di 5 anni per due volte. In totale quindi 40 anni. E’ possibile un ulteriore proroga di 5 anni. Alla scadenza di questo periodo (40 anni o 45), l’attività di estrazione dovrebbe terminare. La Legge di Stabilità 2016 ha invece previsto che le trivellazioni continuino per la durata di vita utile del giacimento, ossia fino all’esaurimento delle risorse del giacimento.
Con la vittoria del SI’ verrebbe abrogata la disposizione inserita dalla Legge di Stabilità 2016 che consente quindi che le trivellazioni continuino per la durata di vita utile del giacimento. In tal caso quindi l’attività estrattiva terminerebbe con la scadenza della concessione.
Con la vittoria del NO continuerebbe ad essere in vigore la disposizione della Legge di Stabilità e quindi l’attività estrattiva delle piattaforme continuerebbe fino all’esaurimento del giacimento.
Le piattaforme interessate dal referendum sono quelle entro le 12 miglia:
7 in Sicilia,
5 in Calabria,
3 in Puglia,
2 in Basilicata,
2 in Emilia Romagna,
1 nelle Marche,
1 in Veneto.
Il risultato del referendum sarà valido solo se verrà raggiunto il quorum del 50%.
Ricordiamo che il referendum è stato promosso da dieci consigli regionali (Abruzzo, Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna,Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) che avevano proposto 6 quesiti referendari sulla ricerca e l’estrazione degli idrocarburi in Italia, ma la Cassazione ne ha dichiarato ammissibile solo uno.