Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1874 dell’11 maggio scorso, ha ritenuto legittimo il diniego di concessione della cittadinanza italiana basato sulla motivazione che dalle risultanze della Prefettura e della Questura il richiedente cittadino straniero rivestisse la carica di segretario di un’associazione ritenuta vicina a una nota organizzazione terroristica.
Il Collegio ha osservato al riguardo che l’ Amministrazione gode di un’ampia sfera di discrezionalità circa la possibilità di concedere o meno la cittadinanza, con valutazione che si estende non solo alla capacità dello straniero di ottimale inserimento nella comunità nazionale sotto il profilo della integrazione economica e sociale, ma anche in ordine alla correlata assenza di vulnus per le condizioni di sicurezza dello Stato.
Sotto tale ultimo aspetto possono assumere rilievo situazioni che – anche se non caratterizzate nell’immediato da concreta lesività nei confronti del su riferito interesse primario – possano essere tali su un piano potenziale e/o di solo pericolo.
Nel caso di specie, il nucleo centrale della determinazione negativa era costituito dal riferimento alla circostanza che il ricorrente riveste la carica di segretario di un’ associazione che viene ritenuta vicina ad una ben nota organizzazione recentemente inserita nell’elenco delle organizzazioni terroristiche. Il collegio spiega che la valutazione negativa di merito effettuata dall’ Amministrazione investe, quindi, le caratteristiche dell’Associazione, come valutate dalle informazioni degli organi di Polizia, dalla cui attività e scopi l’appellante (in relazione alla carica rivestita) non può dissociare la sua posizione, e tale giudizio di per se stesso risulta sufficiente per negare il riconoscimento della cittadinanza italiana all’interessato, a prescindere da ogni ulteriore considerazione sia sulla sua condotta personale sia sulla eventualità che l’associazione in questione possa svolga in concreto attività associative, che sfocino in vicende illecite penalmente rilevanti .
Infine il Collegio evidenzia che si tratta, quindi, di una precauzione di profilo oggettivo, che si riconduce ai diversi elementi che l’ Amministrazione può prendere in considerazione in sede di concessione della cittadinanza, anche in base a informazioni attinte in via riservata.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
***
N. 01874/2016REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 762 del 2011, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Valeria Mancinelli, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II N.18;
contro
Ministero dell’Interno, U.T.G. – Prefettura di Ancona, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale delloStato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; Questura di Ancona;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE II QUA n. 15899/2010, resa tra le parti, concernente diniego riconoscimento della cittadinanza italiana di cui al decreto del Ministero dell’Interno 2.2.2005.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno e di U.T.G. – Prefettura di Ancona;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 marzo 2015 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia e uditi per le parti gli avvocati Avvocato Valeria Mancinelli e Avv. dello Stato Wally Ferrante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Il cittadino iraniano meglio in epigrafe indicato, entrato in Italia in data 1.10.1983 con visto di ingresso per motivi di studio (rilasciato dal Consolato Italiano a Teheran), otteneva dapprima il permesso di soggiorno per studio e poi quello per motivi di lavoro subordinato fino a quando, a seguito dell’assassinio a Roma ( nel marzo 1993) di uno dei leader del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana in Italia, di cui era stretto collaboratore, fece istanza per ottenere lo status di Rifugiato alla Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato, che glielo riconobbe con decisione del 2.3.1995 .
Successivamente il cittadino iraniano in epigrafe, laureatosi in Ingegneria edile presso l’Università di Ancona, ed ottenuta l’iscrizione all’Albo degli Ingegneri della Provincia di Ancona con decorrenza 2.9.1999, con istanza del 7 settembre 1999 avanzava richiesta di concessione della cittadinanza italiana alla Prefettura di Ancona, ai sensi dell’art. 9, comma 1 lett. f) della legge n. 9 del 1992.
La domanda era respinta con decreto del Ministero dell’ Interno in data 21 dicembre 1999.
Il provvedimento di diniego, impugnato avanti al T.A.R. per le Marche, era annullato per difetto di motivazione con sentenza n. 75 del 2003.
1.1.L’Amministrazione dell’ Interno procedeva al riesame dell’istanza di naturalizzazione, ma con decreto 2 febbraio 2005 n.K10/40768/R la respingeva nuovamente, richiamando il parere contrario del Prefetto di Ancona nella nota 22.9.2004 con riferimento alle risultanze del rapporto della Questura di Ancona dal quale emergevano elementi tali da far “non ritenere opportuna la concessione ella cittadinanza”.
1.2.Avverso quest’ultimo provvedimento l’interessato proponeva nuovo ricorso avanti al T.A.R. Marche che – riassunto avanti al T.A.R. per il Lazio a seguito di regolamento di competenza – era respinto con sentenza n. 15899 del 2010.
Contro la sentenza di rigetto l’ ing. -OMISSIS- ha proposto l’appello in epigrafe ed ha contestato le conclusioni del primo giudice, insistendo, anche in sede di note conclusive, sull’insussistenza dei presupposti che hanno mosso il Ministero alla pronunzia negativa.
A suo dire, da un lato, il diniego di concessione di cittadinanza sarebbe viziato da carenza di motivazione e travisamento dei fatti, in quanto erroneamente l’Amministrazione avrebbe sospettato che l’associazione “-OMISSIS-” (di cui dal 2003 è segretario l’interessato) fosse vicina al -OMISSIS-, organizzazione inserita (all’epoca della istanza) nell’elenco delle organizzazioni terroristiche, mentre, dall’altro, il TAR, in pratica, avrebbe posto a carico dello stesso richiedente la prova della mancanza di contatti con il -OMISSIS-, tralasciando, invece, qualsiasi considerazione positiva in ordine sia all’inserimento nel contesto socio-economico cittadino, visto che, laureatosi ad Ancona in ingegneria edile, viene chiamato spesso dalla stessa Questura di Ancona come interprete in quanto parla molto bene la lingua italiana, sia alla laboriosa vita lavorativa, considerato che in alcuni periodi ha lavorato anche come cameriere in alcuni ristoranti dell’area anconetana.
1.3. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’ interno, che ha controdedotto in memoria ai motivi di impugnativa, insistendo per il rigetto del ricorso.
All’udienza del 19 marzo 2015, sentiti difensori presenti, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2. L’appello non è meritevole di accoglimento .
Il primo giudice ha correttamente posto in rilievo – con richiamo a pacifica e concorde giurisprudenza – che l’ Amministrazione gode di un’ampia sfera di discrezionalità circa la possibilità di concedere o meno la cittadinanza, con valutazione che si estende non solo alla capacità dello straniero di ottimale inserimento nella comunità nazionale sotto il profilo della integrazione economica e sociale, ma anche in ordine alla correlata assenza di vulnus per le condizioni di sicurezza dello Stato.
Sotto tale ultimo aspetto possono assumere rilievo situazioni che – anche se non caratterizzate nell’immediato da concreta lesività nei confronti del su riferito interesse primario – possano essere tali su un piano potenziale e/o di solo pericolo.
Inoltre, nel caso di specie, trattandosi di richiesta di cittadinanza collegata al dato strettamente oggettivo della residenza dello straniero in Italia da almeno dieci anni, all’Amministrazione va riconosciuto un potere ampiamente discrezionale nella determinazione conclusiva del procedimento, non sindacabile nei profili dell’opportunità della scelta, stante la natura concessoria del provvedimento, cui non corrisponde la sussistenza di un diritto soggettivo in capo al richiedente.
2.1.Nel caso di specie la statuizione di segno negativo si sottrae alle censure rinnovate in appello di eccesso di potere nei profili del travisamento dei fatti, errato apprezzamento delle prove documentali e carenza di motivazione.
In particolare, quanto all’ultimo profilo di doglianza, è evidente che la valutazione negativa del Ministero trova il suo fondamento nel parere del Prefetto di Ancona e nelle risultanze del rapporto informativo della Questura di Ancona del 30.3.2004, richiamati per relationem nella motivazione .
Tali atti – acquisiti in giudizio in via istruttoria dal giudice di primo grado – hanno posto in condizione l’interessato di ben comprendere le ragioni della statuizione dell’ Amministrazione a lui contraria e di contestarle a mezzo di motivi aggiunti di ricorso.
2.2. Il nucleo centrale della determinazione negativa è costituito dal riferimento alla circostanza che il ricorrente riveste la carica di segretario dell’ associazione -OMISSIS-, che viene “ritenuta vicina alla ben nota organizzazione del -OMISSIS- (-OMISSIS-), recentemente inserita nell’elenco delle organizzazioni terroristiche”(vedi nota Questura di Ancona 30.3.2004 cit.).
La valutazione negativa di merito dell’ Amministrazione investe, quindi, le caratteristiche dell’Associazione, come valutate dalle informazioni degli organi di Polizia, dalla cui attività e scopi l’appellante (in relazione alla carica rivestita) non può dissociare la sua posizione, e tale giudizio di per se stesso risulta sufficiente per negare il riconoscimento della cittadinanza italiana all’interessato, a prescindere da ogni ulteriore considerazione sia sulla sua condotta personale sia sulla eventualità che l’associazione in questione possa svolga in concreto attività associative, che sfocino in vicende illecite penalmente rilevanti .
Infatti le informazioni di polizia, nella misura in cui rendono ipotizzabile il pericolo per la sicurezza pubblica, sono sufficienti a giustificare, sul piano dell’opportunità e della prevenzione dei pericolo alla sicurezza pubblica, una pronunzia di diniego di riconoscimento di cittadinanza, che si caratterizza per irreversibilità una volta assentito il definitivo ingresso dello straniero nella comunità nazionale.
Si tratta, quindi, di una precauzione di profilo oggettivo, che si riconduce ai diversi elementi che l’ Amministrazione può prendere in considerazione in sede di concessione della cittadinanza, anche in base a informazioni attinte in via riservata e che, nel caso di specie non escludevano una contiguità dell’associazione di cui era segretario l’immigrato con il -OMISSIS-, associazione che nel 2004 (all’epoca delle informazioni riservate) era inserita nell’elenco delle associazioni terroristiche.
2.3.Pur tenendo conto del fatto che, nel frattempo, il Tribunale di Roma con decreto 12 settembre 2005 archiviava il procedimento di indagine aperto nell’aprile 2004 dalla Procura della Repubblica di Roma nei confronti dell’ ing. -OMISSIS-, unitamente ad altri 15 cittadini iraniani, per il reati di cui agli artt. 270 bis e 270 ter c.p. e che il -OMISSIS- è stato cancellato a livello europeo dalla lista delle associazioni terroristiche, tuttavia, tali circostanze positive, in base al principio tempus regit actum, non sono sufficienti a neutralizzare la circostanza che l’Amministrazione, al momento dell’adozione del provvedimento impugnato (2 febbraio 2005), era tenuta a valutare un insieme di elementi indiziari e sintomatici dell’esistenza di una situazione di pericolo, anche solo potenziale, alla sicurezza dello Stato.
2.4. In conclusione la valutazione a suo tempo compiuta dal Ministero non appare viziata sotto i profili della carenza di istruttoria e della motivazione e non si discosta dai parametri di ragionevolezza, ove si consideri che, come già prima accennato, la concessione della cittadinanza determina l’ acquisizione in via definitiva di detto “status”, con la conseguenza che l’accertamento dell’ assenza di pericolosità sociale si caratterizza per maggiore intensità e rigore.
2.5. Peraltro il Collegio ritiene opportuno aggiungere che (come ha rilevato la stessa Amministrazione in giudizio) le invocate favorevoli circostanze sopravvenute potevano essere adeguatamente esposte dall’interessato, già nelle more del giudizio, a sostegno di una richiesta di riesame del diniego da parte dell’Amministrazione, così come, per il futuro, potrà fare l’interessato, ove ritenga di presentare una nuova domanda volta ad ottenere il beneficio cui aspira.
3. L’ appello va, quindi, respinto e, per l’ effetto, va confermata la sentenza impugnata.
In relazione agli specifici profili della controversi le spese del presente grado di giudizio vanno compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) respinge l ‘appello .
Spese del presente grado di giudizio compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare ………….
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2015 con l’intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Dante D’Alessio, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere, Estensore
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)