Il Consiglio di Stato, sezione V, con la sentenza n. 3270 del 20 luglio 2016, ha dichiarato che la richiesta di rinnovo di un’attestazione SOA consente di partecipare alle gare pubbliche senza soluzione di continuità.
Ciò può avvenire a condizione che la procedura di rilascio di una nuova attestazione comprenda categorie possedute già in precedenza.
Infatti, la procedura di rilascio di una nuova attestazione che copra sia le categorie precedentemente possedute, sia categorie nuove, comprende gli stessi contenuti della procedura di verifica delle sole categorie già possedute, e quindi non può avere su queste ultime effetti peggiori.
Il rinnovo consiste in una fase istruttoria che abbraccia, oltre agli elementi rilevanti in sede di verifica triennale, anche altri parametri da valutare ai fini di tale verifica.
Il Collegio ha affermato che l’impresa che presenti puntuale istanza di verifica quinquennale, in permanenza dei requisiti, può partecipare alle gare ad evidenza pubblica.
In definitiva, la certificazione SOA è l’attestazione che l’impresa è in possesso di determinati requisiti soggettivi per dare esecuzione ad opere pubbliche di considerevole importo e che li mantiene nel corso di validità del periodo di vigenza della relativa certificazione.
D’altro canto, il rinnovo e la verifica di una SOA possono interrompere la validità della stessa solo nel caso in cui si accerti che l’impresa abbia perso i requisiti di qualificazione posseduti al momento del rilascio della prima attestazione: dando seguito ad un precedente orientamento (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. V, 21/6/2013, 3397) il Collegio ha confermato che il rilascio di un nuovo attestato SOA implica non solo che l’impresa non sia in difetto dei requisiti di capacità in un arco temporale definito, ma anche che li mantenga nel periodo di rilascio della nuova certificazione.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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N. 03270/2016 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 1296 del 2016, proposto da:
Cristoforetti Servizi Energia s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Reggio D’Aci e Marco Bertazzolo, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;
contro
Provincia di Cremona, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luca Guffanti e Luigi Manzi, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;
nei confronti di
PVB Solutions s.p.a. in persona del legale rappresentante in carica, in proprio e quale capogruppo dell’ATI con Bosch Energy and Building Solution Italy s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Pietro Adami, presso il cui studio, in Roma, corso Italia, n. 97, è elettivamente domiciliata;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lombardia – Brescia, Sezione II, n. 00092/2016, resa tra le parti, concernente il mancato affidamento del “servizio energia e gestione calore degli edifici della proprietà o comproprietà della Provincia di Cremona”.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Cremona e di PVB Solutions s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 maggio 2016 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Andrea Reggio D’Aci, Paolo Caruso, su delega dell’avvocato Luca Guffanti, e Pietro Adami;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La Provincia di Cremona ha indetto una procedura aperta, come da bando pubblicato sulla GUCE del 16 aprile 2014, per l’aggiudicazione, con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, del servizio energia e gestione calore degli edifici di proprietà o comproprietà dell’ente, per un periodo inizialmente fissato dal 16 settembre 2014 al 15 settembre 2020.
L’appalto includeva l’esecuzione di lavori accessori, per cui era richiesto il possesso di attestazione SOA per la categoria OG11, classifica 1°.
All’esito delle operazioni di gara, la Provincia ha provvisoriamente aggiudicato il servizio all’ATI tra la PVB Solutions s.p.a. e la Bosch Energy and Building Solutions Italy s.r.l., classificatasi prima, con punti 99,49223, davanti alla Cristoforetti Servizi Energia s.p.a., seconda con punti 92,90509 (verbale della Commissione aggiudicatrice 14 agosto 2014).
Con successiva determinazione dirigenziale 1 settembre 2014 n. 708, la stessa Provincia, preso atto di non avere ancora a disposizione le risorse economiche per la copertura del contratto da stipulare, ha disposto di rinviare l’aggiudicazione definitiva.
Reperite le risorse in questione, con successiva determinazione 29 luglio 2015 n. 343, la Provincia ha proceduto all’aggiudicazione definitiva, rideterminando le scadenze del contratto, che veniva fatto decorrere dal 16 settembre 2015.
Ciò posto, rilevato che, nelle more, la PVB Solutions s.p.a. capogruppo dell’ATI era stata ammessa ad una procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, come da decreto 21 maggio 2015 n. 36 del Tribunale di Trento, la stessa Provincia ha richiesto alla detta capogruppo la documentazione di cui all’art. 186 bis del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (legge fallimentare).
Ritenendo l’aggiudicazione definitiva illegittima, la Cristoforetti Servizi Energia s.p.a. l’ha impugnata con ricorso al TAR Lombardia – Brescia, il quale, con sentenza 20/1/2016 n. 92, lo ha respinto.
Avverso la sentenza la Cristoforetti Servizi Energia s.p.a. ha proposto appello.
Per resistere all’impugnazione si sono costituite in giudizio sia la Provincia di Cremona, sia la PVB Solutions s.p.a..
Con ulteriori memorie la Provincia e la Cristoforetti Servizi Energia s.p.a. hanno, poi, meglio illustrato le rispettive tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 26/5/2016 la causa è passata in decisione.
Si può prescindere dall’esame dell’eccezione con cui la PVB Solutions s.p.a. ha riproposto la questione della tardività del ricorso di primo grado, già prospettata davanti al TAR, essendo l’appello infondato nel merito.
Col primo motivo l’appellante lamenta che l’impugnata sentenza sarebbe erronea nella parte in cui ha respinto la doglianza con la quale era stato dedotto che la PVB Solutions s.p.a. doveva ritenersi priva della richiesta attestazione SOA, per aver omesso di avviare il procedimento di verifica triennale della SOA già posseduta, ai sensi dell’art. 77, comma 1, del D.P.R. 5/10/2010 n. 207, facendola quindi scadere alla data del 13/6/2015, salvo richiedere a latere l’emissione ab origine di una nuova SOA, ottenuta solo in data 8/9/2015, in tal modo pregiudicando il principio di continuità del possesso dei requisiti di partecipazione.
Il giudice di prime cure ha, infatti, ritenuto che “… la richiesta di rinnovo di un’attestazione SOA la quale comprenda una categoria per la quale già una precedente attestazione si possedeva produce gli stessi effetti della verifica di quest’ultima, e consente di partecipare alle pubbliche gare senza soluzione di continuità”.
Così motivando il TAR non avrebbe considerato che la richiesta di verifica triennale della SOA non è equiparabile alla (e non ha gli stessi effetti della) richiesta di rinnovo della stessa, come emergerebbe, sia dagli artt. 76 e 77 del citato D.P.R. n. 207/2010, sia dal contratto stipulato dalla PVB Solutions s.p.a. con la Bentley SOA (dal quale si ricava che per il rinnovo della SOA sarebbero state effettuate “verifiche mediante accesso diretto alle strutture aziendali”), sia, infine, dal sito internet della detta Bentley SOA, che mostra la differenza tra il procedimento di verifica triennale dell’attestazione e quello di rinnovo della stessa.
Solo la tempestiva richiesta di verifica triennale, una volta che questa abbia avuto esito positivo, sarebbe idonea a produrre i propri effetti ex tunc; altrettanto non potrebbe dirsi, invece, in relazione al rinnovo della SOA, cui potrebbero riconoscersi solo effetti ex nunc.
Del resto, nella fattispecie la società appellata non avrebbe chiesto il rinnovo della stessa attestazione, ma il rilascio di una nuova attestazione e quella ottenuta presenterebbe ben quattro categorie con una classifica diversa dalla precedente, cosicchè, anche per questa ragione non potrebbe operare il principio di continuità tra vecchia e nuova certificazione SOA.
Deduce, inoltre, l’appellante che in ogni caso la diversità dei procedimenti previsti per la verifica triennale e il rinnovo dell’attestazione non potrebbe essere messa in dubbio, in quanto le appellate non avrebbero contestato né il documento da cui si ricava tale diversità (“guida pratica” predisposta dalla Bentley SOA), né le considerazioni svolte dall’appellante in merito alla natura eccezionale dell’art. 77, comma 7, del D.P.R. n. 2017/2010, per cui troverebbe applicazione il principio di non contestazione di cui all’art. 64 c.p.a. .
La doglianza è infondata.
Come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, la richiesta di rinnovo di un’attestazione SOA, la quale comprenda una categoria già in precedenza posseduta, produce gli stessi effetti della verifica di quest’ultima e consente di partecipare alle pubbliche gare senza soluzione di continuità.
“Ciò in base alla considerazione logica per cui la procedura di rilascio di una nuova attestazione che copra sia le categorie precedentemente possedute, sia categorie nuove, comprende gli stessi contenuti della procedura di verifica delle sole categorie già possedute, e quindi non può avere su queste ultime effetti deteriori” (così l’impugnata sentenza).
A quanto sopra può aggiungersi che il procedimento di rinnovo si sostanzia in un’istruttoria a più ampio raggio, che coinvolge oltre agli elementi rilevanti in sede di verifica triennale (si veda art. 77, comma 5), anche elementi ulteriori rispetto a quelli da valutare ai fini di quest’ultima.
Sarebbe, quindi, illogico attribuire al procedimento di rinnovo effetti minori o addirittura deteriori rispetto a quelli ricollegabili al procedimento di verifica.
In definitiva ritiene il Collegio che, ove l’impresa richieda tempestivamente la verifica quinquennale, non vi sia soluzione di continuità nella propria qualificazione, per cui essa può, nelle more, partecipare alle pubbliche gare.
Invero, la valenza costitutiva della certificazione rilasciata da una SOA va correlata con lo scopo che la funzione di certificazione persegue, cioè l’attestazione che l’impresa possiede determinati requisiti soggettivi per eseguire opere pubbliche di un certo importo e che li mantiene nel corso di validità del periodo di vigenza della relativa certificazione. Pertanto, il rinnovo, così come la verifica, di una SOA hanno effetti solutori della validità della stessa solo nel caso in cui venga accertata la perdita dei requisiti di qualificazione posseduti dall’impresa al momento del rilascio della prima attestazione; ciò vale anche per il periodo intertemporale tra due certificazioni SOA: il rilascio di un nuovo attestato SOA, in fatto, certifica non solo la sussistenza dei requisiti di capacità da un data ad un’altra, ma anche che l’impresa non solo non ha mai perso quei requisiti in passato già valutati e certificati positivamente ma che, indubitabilmente, li ha mantenuti anche nel periodo di rilascio della nuova certificazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21/6/2013, 3397).
Alla luce di quanto sopra non ha alcuna rilevanza che il procedimento per la verifica e quello per il rinnovo si differenzino tra loro.
Altrettanto irrilevante è il fatto che la PVB Solutions s.p.a. abbia chiesto non il rinnovo della precedente attestazione SOA, ma il rilascio di una nuova attestazione. Infatti, la nuova certificazione ottenuta, si differenzia dalla vecchia, quanto alla categoria OG11 – rilevante ai fini della gara – solo perché più ampia rispetto alla precedente, avendo con essa l’appellata conseguito, con riguardo alla detta categoria, una qualifica superiore.
Va, infine, precisato che risulta malamente invocato il principio di non contestazione di cui all’art. 64, comma 2, c.p.a..
La norma, secondo cui “il giudice deve porre a fondamento della decisione … i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite”, opera in materia di prova dei fatti di causa, ma nel caso di specie non è controversa la situazione di fatto, bensì le conseguenze giuridiche che da essa discendono. Trova, pertanto, applicazione il diverso principio “iura novit curia”, consacrato nell’art. 113, comma 1, c.p.c., applicabile al processo amministrativo in base all’art. 39, comma 1, c.p.a..
Col secondo motivo si lamenta che il giudice di prime cure avrebbe errato nel respingere le censure con cui era stato dedotto che:
a) ai sensi dell’art. 186 bis, comma 6, della L. 16/3/1942 n. 267, la PVB Solutions s.p.a. non avrebbe potuto rivestire, nell’ambito dell’ATI aggiudicataria, il ruolo di capogruppo mandataria;
b) per soddisfare la richiesta della Provincia, in ordine al requisito di cui al citato art. 186 bis, comma 5, lett. b), la PVB Solutions s.p.a., non avrebbe potuto stipulare un contratto di avvalimento con la Bosch Energy and Building Solution Italy s.r.l., essendo questa l’unica altra impresa della suddetta ATI, di talché l’eventuale fallimento dell’ausiliata PVB Solutions s.p.a., determinerebbe un’inammissibile modificazione del concorrente affidatario, la cui natura muterebbe da plurisoggettiva a unipersonale.
Il motivo è infondato sotto entrambi i profili in cui si articola.
In punto di fatto occorre premettere che la PVB Solutions s.p.a. è stata ammessa al concordato con continuità aziendale, ai sensi dell’art. 186 bis della legge fallimentare tra l’aggiudicazione provvisoria e quella definitiva.
Ciò posto, quanto alla censura sub a), occorre rilevare che la prescrizione, di cui al comma 6 del citato art. 186 bis, che vieta all’impresa ammessa al concordato con continuità aziendale di rivestire il ruolo di mandataria, non è estensibile alla fattispecie, non tanto perché, come afferma il giudice di prime cure, la norma disciplina la sola fase della partecipazione e il divieto, costituendo eccezione ad una regola generale, non potrebbe essere applicato oltre il caso regolato, quanto perché, una volta esauritasi la fase della gara (alla quale la PVB Solutions s.p.a. ha partecipato in bonis), l’impegno assunto dal concorrente raggruppato è ormai già interamente definito dall’offerta, anche per gli aspetti concernenti le specifiche obbligazioni assunte dalla mandataria nei confronti della stazione appaltante (art. 37, comma 16, del D. Lgs. n. 163/2006), cosicché non sarebbe più ipotizzabile, a questo punto, una modifica della proposta contrattuale, quale deriverebbe dalla variazione dei ruoli all’interno dell’ATI.
Vero è che il comma 5, lett. b), del citato art. 186 bis, richiede l’impegno di altro operatore qualificato ad adempiere al posto dell’impresa in concordato, per l’ipotesi in cui questa non riesca a far fronte al contratto concluso, ma trattasi di un’obbligazione che si aggiunge (in funzione di garanzia) a quella del concorrente, senza sostituirla.
Ugualmente inconsistente è la censura sub b).
Il comma 6, del ricordato art. 186 bis, infatti, nel consentire che la garanzia di cui alla lett. b) del comma precedente possa “provenire anche da un operatore facente parte del raggruppamento”, non limita tale possibilità all’ipotesi in cui il raggruppamento sia costituito da più di due imprese.
Né coglie nel segno l’obiezione dell’appellante secondo cui, ammettere che l’impegno possa provenire anche dalla mandante di un RTI costituito da due sole imprese, comporterebbe un’inammissibile modifica del soggetto esecutore (che non sarebbe più costituito da una pluralità di imprese raggruppate, ma da un sola impresa), in contrasto con quanto previsto dall’art. 37, comma 18, del D.Lgs. n. 163/2006.
Ed invero tale possibilità è insita nella stessa norma di cui al menzionato art. 186 bis, comma 6, la quale, come l’invocato art. 37, comma 18, ammette in deroga al principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare, espresso dal comma 9 del medesimo art. 37, una variazione in sede di esecuzione del contratto in presenza di situazioni indipendenti dalla volontà del soggetto partecipante alla gara e che trovano giustificazione nell’interesse della stazione appaltante alla prosecuzione del rapporto (Cons. Stato, Sez. V, 2/3/2015 n. 986).
In definitiva, la domanda impugnatoria va respinta. A ciò consegue la conferma dell’aggiudicazione all’ATI capeggiata dalla PVB Solutions s.p.a. e de plano l’infondatezza della domanda risarcitoria.
L’appello va, pertanto, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Spese e onorari di giudizio, stante la peculiarità e la novità delle questioni affrontate, possono essere integralmente compensati.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/07/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)