Attività extra moenia delle società in house: i chiarimenti del TAR

Per i giudici del TAR Liguria, Sez. II, 10/6/2016 n. 606, è legittimità dell’attività extra moenia di una società in house, in particolare se questa è affidataria di un servizio pubblico locale.

E’ possibile, per queste ultime, svolgere servizi per enti diversi da quelli costituenti, partecipanti o affidanti.

In altre parole, è assente nella legislazione italiana un obbligo di esclusiva in capo alle società in house. Se è vero che l’art. 13 d.l. n. 223/2006, conv. nella l. n. 248/2006, introduce un obbligo di esclusiva a carico delle società pubbliche, tuttavia tale obbligo investe esclusivamente “le società costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti in funzione della loro attività” ed esclude espressamente quelle destinate allo svolgimento di servizi pubblici locali.

La normativa UE è intervenuta sul problema, prevedendo all’art. 12 della direttiva 24/2014 che la società in house deve svolgere più dell’80% della propria attività a favore dell’amministrazione controllante (si cfr. Parere C.S. Commissione speciale 21 aprile 2016 n. 968). Ne consegue, a contrario, che è legittima nei limiti sopraindicati la attività extra moenia di una società in house.

Si riporta di seguito il testo della sentenza.

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N. 00606/2016 REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6 del 2016, proposto da:

Genova Parcheggi S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv. Raffaella Rubino, Giuseppe Inglese, con domicilio eletto presso Raffaella Rubino in Genova, Via Carducci,3/6;

contro

Regione Liguria, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Barbara Baroli, Michela Sommariva, con domicilio eletto presso Barbara Baroli in Genova, Via Fieschi 15;

Comune di Rapallo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Cocchi, con domicilio eletto presso Luigi Cocchi in Genova, Via Macaggi 21/5 – 8;

per l’annullamento,

previa sospensione dell’esecuzione,

a)del bando di gara pubblicato sulla GUUE 28 novembre 2015 n. s231/15 per l’affidamento del servizio di gestione delle aree di parcheggio a pagamento nel territorio del comune di Rapallo per anni cinque; b) del relativo disciplinare di gara nella parte in cui ha richiesto quale requisito di capacità tecnica la pregressa gestione di aree di sosta a pagamento, nel triennio 2012, 2013, 2014 per un numero di stalli non inferiore a 200, e contestualmente un numero di stalli in parcheggi a barriere con pagamento automatizzato non inferiore a 180 per ciascun Comune in almeno tre Comuni aventi ciascuno popolazione non inferiore a 30.000 residenti per i tre anni consecutivi.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Liguria e di Comune di Rapallo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 maggio 2016 il dott. Luca Morbelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso notificato il 28 dicembre 2015 alle amministrazioni in epigrafe e depositato il successivo 7 gennaio 2016 la società Genova Parcheggi s.p.a., ha impugnato, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, il provvedimento in epigrafe.

Avverso il provvedimento impugnato la ricorrente ha dedotto, con unico articolato motivo, violazione dell’art. 42 d.lgs. 163/06, violazione del principio di ragionevolezza dell’azione amministrativa e dell’art. 3 Costituzione, violazione del principio di economicità e buon andamento in relazione agli articoli 1 l. 241/90 e 97 Costituzione, violazione della par condicio, non discriminazione e imparzialità dell’attività amministrativa e dell’art. 97 Costituzione, violazione del favor partecipationis e del principio della concorrenza nonché della libertà di iniziativa economica privata di cui all’art. 41 Costituzione, eccesso di potere per errore sui presupposti e conseguente travisamento, illogicità manifesta, difetto di istruttoria e di motivazione, disparità di trattamento, ingiustizia grave e manifesta, sviamento, in quanto il punto n. III.2.3. del bando che ha fatto riferimento all’art. 3 pt 12 del capitolato che prevede il requisito della gestione di parcheggi a pagamento in un numero di comuni non inferiore a tre con popolazione non inferiore a 30000 residenti nel triennio sarebbe, irrazionale, illogico e ingiustificatamente lesivo della concorrenza.

La ricorrente concludeva per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento, previa sospensiva, del provvedimento impugnato con vittoria delle spese di giudizio.

Si costituivano in giudizio le amministrazioni intimate.

Con decreto 8 gennaio 2016 n. 1 confermato dalla successiva ordinanza 21 gennaio 2016 n. 23 è stata accolta la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

All’udienza pubblica del 12 maggio 2016 il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è rivolto avverso il bando per l’affidamento da parte del Comune di Rapallo del servizio di gestione delle aree di parcheggio a pagamento nel territorio del Comune per anni cinque, nella parte in cui ha stabilito quale requisito di capacità tecnica la pregressa gestione di aree di sosta in un numero di Comuni non inferiore a tre con popolazione non inferiore a 30000 residenti nel triennio.

Il ricorso è fondato.

Deve essere disattesa l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso formulata dalla difesa del Comune.

In particolare, poiché la società ricorrente è totalmente partecipata dal Comune di Genova, trattandosi di società in house, sarebbe alla stessa precluso lo svolgimento di attività al di fuori dell’ambito territoriale di affidamento in house.

L’eccezione è destituita di fondamento.

In primo luogo occorre rilevare come le limitazioni alla capacità di agire e quindi di partecipare alle gare devono essere espresse e interpretate restrittivamente.

Tali limitazioni possono essere previste autonomamente dallo statuto dei soggetti stessi (in disparte in questa sede, siccome non rilevante, il problema dell’opponibilità ai terzi), ovvero dalla legge.

Orbene, sotto il primo profilo, l’art. 3 dello Statuto della ricorrente non contempla alcuna limitazione territoriale allo svolgimento delle attività comprese nell’oggetto sociale, né contempla un obbligo di esclusiva totale in favore del Comune di Genova. L’art. 3 dello statuto fa riferimento, tuttavia, alle limitazioni derivanti dalle leggi in materia.

Dal secondo punto di vista è assente nella legislazione italiana un obbligo di esclusiva in capo alle società in house.

A tal riguardo l’art. 13 d.l. 4 luglio 2006 n. 223 convertito nella l. 4 agosto 2006 n. 248 non positivizza simile obbligo con correlativo divieto di operazioni extra moenia.

La norma, al comma uno, stabilisce: “1. Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali e dei servizi di committenza o delle centrali di committenza apprestati a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonchè, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, nè in affidamento diretto nè con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti aventi sede nel territorio nazionale. Le società che svolgono l’attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o enti”.

La norma introduce bensì un obbligo di esclusiva a carico delle società pubbliche ma tale obbligo investe esclusivamente “le società costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti in funzione della loro attività” ed esclude espressamente quelle destinate allo svolgimento di servizi pubblici locali.

Anche la sentenza del Consiglio di Stato VI 8 maggio 2014 n. 2362, invocata dall’amministrazione per fondare la propria interpretazione, ammette che le società in house costituite per lo svolgimento di servizi pubblici locali possono svolgere servizi per enti diversi da quelli costituenti, partecipanti o affidanti purchè si tratti di soggetti erogatori di servizi pubblici locali.

“I predetti servizi potrebbero, di conseguenza, essere svolti anche a favore di soggetti diversi da quelli “costituenti, partecipanti o affidanti”, sempre però che si tratti di soggetti erogatori degli stessi, quali sono, appunto, i Comuni, ma non anche – come più avanti meglio chiarito – la Fondazione Biennale di Venezia (cfr. Cons. Stato, IV, 15 marzo 2008, n. 946; V, 7 luglio 2009, n. 4346, 5 marzo 2010, n. 1282, 10 settembre 2010, n. 6527, 1 aprile 2011, n. 2012).”.

La normativa UE è intervenuta sul problema, prevedendo all’ art. 12 della direttiva 24/2014 che la società in house deve svolgere più dell’80% della propria attività a favore dell’amministrazione controllante (si cfr. Parere C.S. Commissione speciale 21 aprile 2016 n. 968).

Ne consegue, a contrario, che è legittima nei limiti sopraindicati la attività extra moenia di una società in house.

Nella specie, non risultando dimostrato che, per effetto dell’aggiudicazione della gara, la ricorrente supererebbe tale limite la stessa deve ritenersi legittimata alla partecipazione con conseguente ammissibilità del ricorso.

Nel merito il ricorso è fondato.

La previsione di gara sconta un insanabile contraddizione laddove impone, quale requisito di partecipazione, la gestione di un numero tutto sommato limitato di stalli (rispettivamente 180 e 200) ma impone che tale gestione sia avvenuta in tre Comuni diversi di determinate dimensioni.

Il che penalizza gli operatori che gestiscono un numero maggiore di stalli in comuni di minori dimensioni sia chi gestisce, come la ricorrente, un numero maggiore di stalli ma in un solo di Comuni.

Peraltro non è agevole comprendere, né l’amministrazione ne ha dato ragionevole spiegazione, delle ragioni per le quali il gestire un numero di stalli in Comuni diversi garantisca una capacità tecnica maggiore rispetto al soggetto che gestisce lo stesso numero di stalli in uno stesso Comune. Invero se le peculiarità della zona Ligure possono giustificare che l’esperienza sia maturata nello stesso contesto, radicale essendo la differenza rispetto ad altri più agevoli contesti (quale ad esempio la pianura padana) non si comprende quale sia la ragione della richiesta della pregressa esistenza di rapporti con tre amministrazioni comunali.

In assenza di una chiara ragione giustificatrice la previsione di gara, che per altro verso come si è dato conto, appare gravemente limitativa della concorrenza e perciò illegittima.

La stessa, pertanto, deve essere annullata.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il bando nella parte in cui richiama il disciplinare di gara nonché il disciplinare di gara pt. n. 12 nel seguente inciso “per ciascun comune in almeno tre comuni aventi ciascuno popolazione non inferiore a 30.000 residenti per i tre anni consecutivi”.

Condanna le amministrazioni resistenti, in solido tra loro, al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi €. 4000, 00 (quattromila/00) oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Roberto Pupilella, Presidente

Luca Morbelli, Consigliere, Estensore

Angelo Vitali, Consigliere

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/06/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. Amm.)

Redazione

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