Il Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza n. 163/2015 pubblicata sul sito istituzionale in questi giorni, ha precisato che la pubblicità deve essere rispettosa rispettosa della dignità e del decoro professionale e mai autocelebrativa.
Sott’accusa nel caso di specie, un professionista che in una intervista ad un quotidiano enfatizzava la propria capacità professionale, che non solo è espressamente vietata dalla norma, ma che appare chiaramente stonata dinanzi al richiamo ai criteri di equilibrio e di misura ed al rispetto dei doveri di discrezione e di riservatezza di cui all’art. 18.
Il Cnf nella sentenza ha infatti richiamato l’art. 18 cod. deont. previg. che, nel disciplinare i rapporti con la stampa, prevede che l’avvocato debba “ispirarsi a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare interviste, per il rispetto dei doveri di discrezione e di riservatezza” e che “è fatto divieto … di enfatizzare la propria capacità professionale …” ed anche l’art. 17 che, nel contemplare le informazioni sull’attività professionale, prevede che l’informazione debba “essere conforme a verità e correttezza”, deve “rispettare la dignità e il decoro della professione” e non deve “assumere i connotati della pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa”
Il Consiglio ha rilevato che l’art. 2 del d.l. n. 223/2006, convertito nella n. 248/2006, abrogando le disposizioni che non consentivano la c.d. pubblicità informativa relativamente alle attività professionali, non ha affatto abrogato l’art. 38, c. 1, del r.d.l. n. 1578/1933, il quale punisce comportamenti non conformi alla dignità ed al decoro professionale. Dovendosi pertanto interpretare l’art. 17 alla luce di tale disposizione, la pubblicità informativa deve essere consentita nei limiti fissati dal codice deontologico e comunque deve essere svolta con modalità che non siano lesive della dignità e del decoro professionale (Consiglio Naz. Fo- rense, 15 ottobre 2012, n. 152; Consiglio Naz. Forense 21 aprile 2011, n. 56). Il codice deontologico forense, infatti, a seguito dell’entrata in vigore della normativa nota come “Bersani”, consente non una pubblicità indiscriminata (ed in particolare non comparativa ed elogiativa), ma la diffusione di specifiche informazioni sull’attività, anche sui prezzi, i contenuti e le altre condizioni di offerta di servizi professionali, al fine di orientare razionalmente le scelte di colui che ricerchi assistenza, nella libertà di fissazione del compenso e della modalità del suo calcolo.
In conclusione, il Consiglio evidenzia che la peculiarità e la specificità della professione forense, in virtù della sua funzione sociale, impongono tuttavia, conformemente alla normativa comunitaria ed alla costante sua interpretazione da parte della Corte di Giustizia, le limitazioni connesse alla dignità ed al decoro della professione, la cui verifica è dall’ordinamento affidata al potere-dovere dell’ordine professionale (Consiglio Naz. Forense, 15 ottobre 2012, cit.; Consiglio Naz. Forense, 21 dicembre 2009, n. 183).