Consulta: la PA può proporre ricorso nelle materie di giurisdizione esclusiva del GA

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 179 del 15 luglio 2016 ha ribadito che l’Amministrazione può assumere la posizione di parte ricorrente nelle controversie attratte alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. 

La consulta ha infatti ritenuto “infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 133, comma 1, lett. a), numero 2), e lett. f), c.p.a., sollevata in riferimento agli artt. 103, primo comma, e 113, primo comma, Cost., nella parte in cui non esclude la proposizione, nelle relative materie di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, dell’azione giurisdizionale da parte della Pubblica amministrazione nei confronti del privato.”

La Corte, nel respingere le questioni sollevate dal Tar Lecce (sez. III, ordinanza 6 agosto 2015, n. 2609), avverso la norma del codice del processo amministrativo che, affidando la giurisdizione esclusiva in tema di accordi fra p.a. e privati, ammette l’esperibilità del ricorso al g.a. da parte dell’amministrazione come parte ricorrente, in parte ribadisce alcuni principi elaborati in tema di giurisdizione esclusiva, in parte fornisce una lettura evolutiva della disciplina costituzionale di riferimento.

In primo luogo, la Corte prende le mosse dalla verifica del diritto vivente che, pacificamente, in caso di controversie che trovano titolo negli accordi che sostituiscono o integrano i provvedimenti amministrativi, riconosce la giurisdizione del giudice amministrativo anche quando parte attrice sia l’amministrazione.

Al riguardo, la Corte fornisce una importante lettura degli artt. 103 e 113 Cost. i quali, sebbene formalmente riferiti alla tutela riconosciuta al privato nelle diverse giurisdizioni, in via sostanziale vanno intesi nel senso che la G.A. possa essere attivata anche dalla pubblica amministrazione; a queste conclusioni si perviene, alla stregua di una esegesi in chiave storica e istituzionale della disciplina costituzionale, perché la G.A. viene intesa come preordinata non solo alla tutela degli interessi legittimi (ed in caso di giurisdizione esclusiva degli stessi diritti), ma anche alla tutela dell’interesse pubblico, così come definito dalla legge.

In secondo luogo, viene richiamata la giurisprudenza costituzionale in tema di giurisdizione esclusiva e, in particolare, le ormai storiche decisioni nn. 204 del 2004 e 191 del 2006 (cui può aggiungersi la n. 140 del 2007, in Foro it., 2008, I, 435, con nota di G. Verde), in forza della quale i criteri che la legittimano sono solo quelli prescelti dal legislatore nella individuazione delle singole materie e purché si riscontri l’esercizio, ancorché in via indiretta o mediata, di un potere pubblico. Pertanto, ai fini della compatibilità costituzionale delle norme di legge devolutive di controversie alla giurisdizione esclusiva, occorre che vi siano coinvolte situazioni giuridiche di diritto soggettivo e di interesse legittimo strettamente connesse; che il legislatore assegni al giudice amministrativo la cognizione non di “blocchi di materie”, ma di materie determinate; e che l’amministrazione agisca, in tali ambiti predefiniti, come autorità e cioè attraverso la spendita di poteri amministrativi, che possono essere esercitati sia mediante atti unilaterali e autoritativi, sia mediante moduli consensuali, sia mediante comportamenti, purché questi ultimi siano posti in essere nell’esercizio di un potere pubblico e non consistano, invece, in meri comportamenti materiali avulsi da tale esercizio.

In terzo ed ultimo luogo, con un ragionamento di logica applicativa, la Corte ricorda come l’ordinamento non conosca materie “a giurisdizione frazionata”, in funzione della differente soggettività dei contendenti. Nel respingere la soluzione prospettata dal rimettente, la sentenza richiama i criteri direttivi dettati dal legislatore per la formulazione del codice, in specie quelli in termini di concentrazione delle tutele e l’adeguamento alla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori.

Quindi, sulla scorta di tale quadro, la Corte elenca il vulnus che al sistema delle tutele deriverebbe dalla limitazione invocata dal remittente: l’Amministrazione, anche quando abbia stipulato un accordo sostitutivo o integrativo del procedimento, potrebbe reagire all’inadempimento del privato soltanto in via di autotutela amministrativa, essendole preclusa la via della tutela giurisdizionale dinanzi al giudice amministrativo; l’accertamento giudiziale dell’inadempimento della parte privata finirebbe per essere condizionato alla previa instaurazione del contenzioso da parte del privato; l’oggetto stesso del giudizio verrebbe unilateralmente determinato dal privato mediante i motivi di ricorso, non potendo l’amministrazione modificarlo o ampliarlo attraverso una domanda riconvenzionale, a tacer del fatto che l’ordinamento non conosce materie in cui la giurisdizione sia parcellizzata in funzione della differente soggettività dei contendenti.

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

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Redazione

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