Il Consiglio di Stato, Sezione V, con la sentenza del 20 luglio 2016 n. 3266, ha respinto l’appello proposto dalla regione Calabria, dando assoluto rilievo alle operazioni da compiersi preliminarmente in seduta pubblica in considerazione “della portata fondamentale del principio di trasparenza in materia di contratti pubblici” non spettando “all’operatore economico provare che il mancato rispetto del principio di trasparenza abbia in concreto prodotto una manipolazione indebita della documentazione nella disponibilità della commissione di gara”.
Nel caso di specie uno dei concorrenti aveva impugnato il provvedimento di esclusione dalla gara di appalto, lamentando il fatto di non aver potuto partecipare alla seduta pubblica di apertura dei plichi a causa della mancata comunicazione della stessa.
Dall’altro canto, l’Amministrazione committente riteneva che, trattandosi di procedura telematica con asta elettronica, il principio di trasparenza e il conseguente obbligo di apertura dei plichi in seduta pubblica potessero essere derogati.
Ad avviso dei giudici di Palazzo Spada, il principio di trasparenza ha applicazione generale ed essendo previsto a garanzia non solo degli interessi degli operatori economici ma anche di quelli della stazione appaltante. Si legge dalla sentenza: “Il principio di trasparenza informa profondamente le procedure di gara sicchè la rilevanza della sua violazione prescinde dalla prova concreta delle conseguenze negative della sua violazione”.
Infine sull’obbligo di partecipazione alla seduta pubblica di apertura dei plichi, il Consiglio di Stato ha rilevato che la funzione della stessa non è solo quella di verifica di eventuali sottrazioni o manomissioni dei plichi ma anche che “il materiale documentario trovi correttamente ingresso nella procedura, giacché la pubblicità delle sedute risponde all’esigenza di tutela non solo della parità di trattamento dei concorrenti ma anche dell’interesse pubblico alla trasparenza e all’imparzialità dell’azione amministrativa”.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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N. 03266/2016 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 1218 del 2016, proposto da:
Regione Calabria, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Falduto e Giuseppe Morabito, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Morabito in Roma, Via Matteo Boiardo, n. 12;
contro
COPAG – Consorzio dell’ospedalità privata per gli acquisti e le gestioni Spa, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avv. Valerio Cioni, con domicilio eletto presso Diego Corvelli in Roma, P.Le Clodio, n. 22;
Salvadori Luigi Spa, non costituita in giudizio;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Benefis S.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Filippo Lattanzi, Andrea Mozzati e Pietro Balletti, con domicilio eletto presso l’avv. Filippo Lattanzi in Roma, Via Pierluigi da Palestrina, n. 47;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO :SEZIONE II n. 00034/2016, resa tra le parti, concernente l’affidamento della fornitura triennale di medicazioni generali alle aziende sanitarie ed ospedaliere della Calabria;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Copag – Consorzio dell’ospedalità privata per gli acquisti e le gestioni Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 giugno 2016 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Francesco Nucara, su delega dell’avvocato Paolo Falduto, Valerio Cioni e Andrea Mozzati,;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La sentenza oggetto di gravame ha accolto la domanda di annullamento del provvedimento di esclusione di cui alla nota 27 novembre 2015 n. 357909 adottato dalla Regione Calabria nei confronti Copag (Consorzio dell’ospedalità privata per gli acquisti e le gestioni) S.p.A., ritenendo fondata la doglianza con la quale l’odierna appellata aveva dedotto di non aver potuto prendere parte alla prima seduta pubblica di apertura dei plichi, per non essere stata avvisata ed in mancanza di tale indicazione nel disciplinare di gara. Da ciò il TAR ha ritenuto sussistente la violazione del principio di trasparenza e pubblicità delle operazioni concorsuali.
2. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello la Regione Calabria, evidenziando che sarebbe errata la sentenza del primo giudice in quanto: a) si sarebbe in presenza di una procedura telematica con asta elettronica e la giurisprudenza di questo Consiglio avrebbe già esplicitato che, nel caso di gara telematica, essendo assicurata, tramite il sistema utilizzato, la tracciabilità di tutte le fasi della procedura di gara, l’inviolabilità delle buste telematiche e l’incorruttibilità di ciascun documento presentato (anche in virtù del contemporaneo utilizzo del sistema di firma digitale), sarebbe possibile derogare all’obbligo di apertura delle buste amministrative, tecniche ed economiche in seduta pubblica. Del resto, detto modus operandi, in ossequio alla normativa vigente in materia di gare telematiche, sarebbe stato esplicitamente previsto nella lex specialis al punto 12.1., rubricato “Esame busta amministrativa”, secondo il quale: “La Commissione, senza operare alcuna valutazione di carattere discrezionale, procederà alla verifica della documentazione inviata in seduta riservata trattandosi di gara telematica (CdS V^ 29 /10/ 2014 n°5377 e III^ 5 /12/ 2014, n° 6018) e quindi all’esame della documentazione amministrativa prodotta dagli operatori economici partecipanti ed alla relativa ammissione degli offerenti alle fasi successive delle gara“; b) relativamente, invece, alla mancata comunicazione della seduta pubblica del 17 novembre 2015, con riferimento alla sola fase di apertura delle buste tecniche, contenenti le schede dei prodotti offerti, della stessa sarebbe stata data comunicazione, con un preavviso di sette giorni, attraverso la piattaforma SISGAP, strumento di pubblicità esplicitamente previsto nel punto 3.5 del disciplinare di gara. Inoltre, l’originario l’operatore economico non avrebbe lamentato alcuna presunta manomissione o sottrazione di documentazione dal proprio plico (sul punto cfr. Cons. Stato, III, 12 settembre 2012, n. 4830) nella seduta in cui non avrebbe partecipato, dolendosi, invece, solo ex post, di una erronea valutazione, da parte della commissione giudicatrice, dei prodotti presentati. Da ultimo, l’appellante ha evidenziato che anche i motivi non esaminati dal TAR sarebbero infondati.
3. In data 16 marzo 2016 si è costituito in giudizio l’originario ricorrente, sostenendo che non sarebbe possibile alcuna deroga secondo la disciplina vigente anche in caso di procedura telematica circa l’obbligo di aprire i plichi contenenti l’offerta tecnica in seduta pubblica e sarebbe stato ignorato l’art. 12.2 del disciplinare di gara, non essendo apparsa alcuna comunicazione sul sistema SISGAP circa la data della seduta pubblica. La stessa appellata evidenzia ancora come nonostante la sentenza di prime cure la fornitura sarebbe già stata eseguita.
4. In data 14 aprile 2016 è intervenuta in giudizio Benefis s.r.l. in veste di aggiudicataria della gara in questione, invocando l’accoglimento dell’appello e con successiva memoria del 18 aprile 2016 ha argomentato in ordine alla fondatezza del gravame principale, eccependo la mancata riproposizione da parte dell’appellata delle doglianze non esaminate dal primo giudice.
5. L’interveniente Benefis s.r.l., infine, con memoria del 6 giugno 2016 ha insiste nelle proprie argomentazioni.
6. L’appello è infondato e non può essere accolto.
Va innanzitutto sottolineato che il principio di trasparenza in materia di contratti pubblici ha portata fondamentale, come si evince dall’art. 2, d.lgs. 163/2006, ratione temporis applicabile alla procedura de qua, ed informa profondamente le procedure di gara, sicché la rilevanza della sua violazione prescinde dalla prova concreta delle conseguenze negative derivanti dalla sua violazione, rappresentando un valore in sé, di cui la normativa nazionale e comunitaria predica la salvaguardia a tutela non solo degli interessi degli operatori, ma anche di quelli della stazione appaltante. Occorre ribadire (cfr. Cons. St., Sez. V, 7 giugno 2013, n. 3135) che in materia di gare d’appalto, e con specifico riferimento alle operazioni preliminari da svolgere in seduta pubblica, la verifica dell’integrità dei plichi non esaurisce la sua funzione nella constatazione che gli stessi non hanno subito manomissioni o alterazioni, ma è destinata a garantire che il materiale documentario trovi correttamente ingresso nella procedura, giacché la pubblicità delle sedute risponde all’esigenza di tutela non solo della parità di trattamento dei concorrenti, ai quali deve essere permesso di effettuare gli opportuni riscontri sulla regolarità formale degli atti prodotti e di avere così la garanzia che non siano successivamente intervenute indebite alterazioni, ma anche dell’interesse pubblico alla trasparenza e all’imparzialità dell’azione amministrativa.
Pertanto, nella fattispecie non spetta all’operatore economico provare che il mancato rispetto del principio di trasparenza abbia in concreto prodotto una manipolazione indebita della documentazione nella disponibilità della commissione di gara. Da qui l’irrilevanza che si sia in presenza di una procedura telematica con asta elettronica; circostanza del resto a tal fine non presa in esame nemmeno dalla stessa lex specialis.
Al riguardo, infatti, occorre rilevare che il punto 12.2. del disciplinare di gara stabilisce che la commissione procede in seduta pubblica, il giorno comunicato via p.e.c., all’apertura dei plichi contenenti l’offerta tecnica. Questa diposizione ha natura derogatoria e comunque speciale rispetto alla previsione generale contenuto nel punto 3.5 del disciplinare di gara, che consente alla stazione appaltante di effettuare le comunicazioni anche attraverso la mera pubblicazione delle stesse sul profilo del committente. Ciò del resto è pienamente in linea con quanto affermato dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 13/2011, secondo la quale: “Nelle gare d’appalto in cui il contratto venga affidato col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e in relazione alle operazioni preliminari da svolgere in seduta pubblica, anche con specifico riferimento all’apertura della busta dell’offerta tecnica, vige il principio secondo il quale la “verifica della integrità dei plichi” non esaurisce la sua funzione nella constatazione che gli stessi non hanno subito manomissioni o alterazioni, ma è destinata a garantire che il materiale documentario trovi correttamente ingresso nella procedura di gara, giacché la pubblicità delle sedute risponde all’esigenza di tutela non solo della parità di trattamento dei concorrenti, ai quali deve essere permesso di effettuare gli opportuni riscontri sulla regolarità formale degli atti prodotti e di avere così la garanzia che non siano successivamente intervenute indebite alterazioni, ma anche dell’interesse pubblico alla trasparenza e all’imparzialità dell’azione amministrativa, le cui conseguenze negative sono difficilmente apprezzabili ex post una volta rotti i sigilli ed aperti i plichi, in mancanza di un riscontro immediato; pertanto, l’Amministrazione non può sottrarre alla seduta pubblica l’operazione di apertura della busta recante l’offerta tecnica disponendone lo svolgimento nella seduta riservata di valutazione del merito”.
La manca comunicazione via p.e.c., come prescritto dal disciplinare di gara al punto 12.2, ha privato l’originaria ricorrente della possibilità di partecipare alla suddetta seduta, cagionando una lesione del principio di trasparenza, come correttamente rilevato dal primo giudice.
7. L’appello deve, quindi, essere respinto.
La peculiarità della fattispecie, nonché la stessa formulazione quanto meno dubbio sul punto in questione, della lex specialis,costituiscono giusti motivi per compensare le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 giugno 2016 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/07/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)