Annullamento d’ufficio provvedimento illegittimo: l’orientamento del CdS

Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza n. 3762 del 31 agosto 2016 si è pronunciata sui presupposti e sulle condizioni per l’adozione di un provvedimento di annullamento di ufficio di un atto illegittimo ai sensi dell’art. 21 nonies della L. n. 241/19900 e sul termine di 18 mesi previsto dal D.L. n. 133/2014.

L’oggetto della controversia riguardava l’annullamento di una DIA disposto dopo 4 anni.

L’art. 21-nonies della legge 7 agosto 1990 prevede che il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge.

Si legge dalla sentenza: “Nella specie manca sia l’esternazione delle ragioni di interesse pubblico (al di là del mero ripristino della legalità violata) sia la valutazione motivata della posizione dei soggetti destinatari del titolo edilizio. Nel caso in esame tale affidamento era, peraltro, particolarmente qualificato in ragione del lungo tempo trascorso dall’adozione della d.i.a. annullata, risultando trascorsi ben quattro anni dal suo consolidamento.

Va aggiunto sotto tale profilo che il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha posto uno sbarramento temporale all’esercizio del potere di autotutela, rappresento da “diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici. Pur se tale norma non è applicabile ratione temporis, in ogni caso, come questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di evidenziare, rileva ai fini interpretativi e ricostruttivi del sistema degli interessi rilevanti (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5625)”.

Si riporta di seguito il testo della sentenza.

***

Pubblicato il 31/08/2016

N. 03762/2016REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 902 del 2013, proposto da:
Comune di Dolzago, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Franco Ferrari C.F. FRRGPP50B08M109X, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via di Ripetta, 142;

contro

Sergio Fumagalli, Le Nuove Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Brusadelli Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Roberto Corti, rappresentati e difesi dagli avvocati Goffredo Pozzoli C.F. PZZGFR53S16C933I, Mario Lavatelli C.F. LVTMRA54L09D416Z, Cristina Della Valle C.F. DLLCST59A56H501O, con domicilio eletto presso Cristina Della Valle in Roma, Via Merulana, 234;

sul ricorso numero di registro generale 903 del 2013, proposto da:
Comune di Dolzago, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Franco Ferrari C.F. FRRGPP50B08M109X, con domicilio eletto presso Giuseppe Franco Ferrari in Roma, Via di Ripetta, 142;

contro

Fabrizio Spreafico, Valentina Spreafico, rappresentati e difesi dagli avvocati Francesca Sica C.F. SCIFNC56D64H703C, Luigi Manzi C.F. MNZLGU34E15H501Y, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, Via Federico Confalonieri, 5;

per la riforma

quanto al ricorso n. 903 del 2013:

della sentenza del T.a.r. Lombardia – Milano: Sezione Ii n. 02180/2012, resa tra le parti, concernente DIA e disposizione di demolizione e ripristino stato dei luoghi

quanto al ricorso n. 902 del 2013:

della sentenza del T.a.r. Lombardia – Milano: Sezione Ii n. 02181/2012, resa tra le parti, concernente DIA e disposizione di demolizione e ripristino stato dei luoghi

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Sergio Fumagalli, di Le Nuove Costruzioni s.r.l., di Brusadelli Costruzioni s.r.l. di Roberto Corti, di Fabrizio Spreafico e di Valentina Spreafico;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 giugno 2016 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati Ferrari Lavatelli e Manzi.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con separati appelli il Comune di Dolzago ha impugnato le sentenze rese del T:a.r. Lombardia, Milano, entrambe pubblicate il 7 agosto 2012, n. 2180 e n. 2182.

2. Le sentenze appellate, accogliendo i ricorsi rispettivamente proposti da Fabrizio Spreafico e Valentina Spreafico (sentenza n. 2180/2012) e da Sergio Fumagalli, Le Nuove Costruzioni s.r.l., Brusadelli Costruzioni s.r.l. e Roberto Conti (sentenza n. 2181/2012), hanno annullato il medesimo provvedimento amministrativo: l’ordinanza, a firma del responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Dolzago, n. 11, datata 21 aprile 2011, avente ad oggetto l’annullamento della d.i.a. relativamente alle opere “riguardanti l’innalzamento del tetto con modifica della sagoma e del volume dell’edificio, come rappresentato nella d.i.a. prot. n. 2066 del 5.3.2007 rispetto alla d.i.a. prot. n. 9640 del 10.12.2005” e l’ordine di demolizione “delle opere che hanno comportato l’innalzamento del tetto ed il conseguente incremento volumetrico del sottotetto, come eseguite, abusivamente, in difformità ed in aggiunta a quelle risultanti dalla d.i.a. prot. n. 9640 del 10.12.2005”.

3. Si sono costituiti, per resistere agli appelli, gli originari ricorrenti.

4. Alla pubblica udienza del 9 giugno 2016, la causa è stata trattenuta per la decisione.

5. Occorre, anzitutto, disporre la riunione degli appelli stante l’evidente connessione oggettiva e parzialmente soggettiva.

6. Gli appelli non meritano accoglimento.

7. Giova evidenziare che il provvedimento impugnato si basa sull’assunto secondo cui la d.i.a. prot. n. 2066/2007 conterrebbe una falsa dichiarazione nella misura in cui quanto rappresentato nel progetto in variante sezione 3-3 (ove si indica l’altezza del sottotetto in m. 2,29) non corrisponderebbe all’altezza effettiva del sottotetto. Ciò in quanto, la misura di m. 2,29 sarebbe stata ottenuta escludendo la computo il controsoffitto che, per contro, secondo l’Amministrazione, avrebbe dovuto essere necessariamente conteggiato.

Come correttamente e condivisibilmente evidenziato dal T.a.r., tuttavia, la tavola allegata alla d.i.a. n. 2066/2007, allorché raffigura l’altezza in sezione del sottotetto escludendo dal computo lo spessore sottostante l’intradosso di copertura, non pone in essere una falsa rappresentazione, integrando, al più, una valutazione tecnica erronea.

Infatti, in base alla disciplina comunale (articolo 10 NTA del P.R.G., cui fa riscontro l’articolo 8 delle stesse NTA sul computo del volume edificabile), l’altezza degli edifici si misura a partire dalla quota di terreno natura sino all’intradosso del solaio di copertura. L’intradosso del solaio di copertura, a sua volta, deve intendersi al netto di extra-spessori non strutturali, sì da rimanere indifferente alle opere interne realizzate in aderenza al tetto (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 30 maggio 2001, n. 3228).

Nel caso di specie, quindi, la rappresentazione grafica allegata alla d.i.a. nella misura in cui esclude il controsoffitto è contraria agli articoli 8 e 10 delle N.T.A. citate, i quali stabiliscono la non computabilità nel calcolo del volume complessivo degli spazi di sottotetto soltanto quando l’altezza media ponderale di essi non superi 2,40 m.

8. L’errore tecnico in esame, inficiando la validità della d.i.a., avrebbe consentito all’Amministrazione di intervenire sul titolo, adottando un provvedimento inibitorio/ripristinatorio o entro il termine di decadenza previsto dall’art. 23, comma 6, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, oppure, scaduto infruttuosamente tale termine, soltanto ricorrendo le condizioni alle quali l’art. 21-noniesdella legge 7 agosto 1990, n. 241, subordina l’esercizio del potere di autotutela.

Nel caso di specie, poiché il provvedimento repressivo è stato adottato dopo la scadenza del termine perentorio di cui all’art. 23, comma 6, d.P.R. n 380 del 2001, occorre verificare la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 21-nonies legge n. 241 del 1990 per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio.

9. L’art. 21-nonies cit. prevede che il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge.

Nella specie, manca sia l’esternazione delle ragioni di interesse pubblico (al di là del mero ripristino della legalità violata) sia la valutazione motivata della posizione dei soggetti destinatari del titolo edilizio. Nel caso in esame tale affidamento era, peraltro, particolarmente qualificato in ragione del lungo tempo trascorso dall’adozione della d.i.a. annullata, risultando trascorsi ben quattro anni dal suo consolidamento.

Va aggiunto sotto tale profilo che il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha posto uno sbarramento temporale all’esercizio del potere di autotutela, rappresento da “diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici”. Pur se tale norma non è applicabile ratione temporis, in ogni caso, come questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di evidenziare, rileva ai fini interpretativi e ricostruttivi del sistema degli interessi rilevanti (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5625).

10. Alla luce delle considerazioni che precedono gli appelli devono, pertanto, essere respinti.

11. Sussistono i presupposti per compensare le spese del giudizio, anche in considerazione della sostanziale “illegittimità” che inficiava la d.i.a.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, ne dispone la riunione e li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2016 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore

Bernhard Lageder, Consigliere

Marco Buricelli, Consigliere

Francesco Mele, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Roberto Giovagnoli Sergio Santoro

IL SEGRETARIO

Redazione

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