Il Consiglio di Stato, sez. IV, nella sentenza n. 3806 del 5 settembre 2016 ha ribadito i principi già espressi dalla giurisprudenza in relazione all’esercizio del potere di pianificazione urbanistica ed alla natura della motivazione delle scelte in tal modo effettuate.
Il Collegio ha rilevato che la medesima sezione, con sentenza n. 2710 del 10/5/2012, aveva già avuto modo di osservare che il potere di pianificazione territoriale deve essere correlato ad un concetto di urbanistica che non è limitato alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli (relativamente ai tipi di edilizia, distinti per finalità), ma che è volto a perseguire obiettivi economico- sociali della comunità locale, in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali.
In particolare, si legge: “Il concetto di urbanistica non è strumentale solo all’interesse pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio in relazione alle diverse tipologie di edificazione, ma è volto funzionalmente alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente tutelati (cfr. di recente, Sez. IV, n. 2221 del 2016)“.
Si aggiunge, inoltre, nella sentenza che “per granitico orientamento giurisprudenziale le scelte effettuate dall’Amministrazione in sede di pianificazione urbanistica di carattere generale (come quella qui in rilievo) costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità se non per profili di manifesta illogicità ed irragionevolezza, qui non rinvenibili (Cons. Stato, Sez. IV, n. 7492 del 2010)”.
Pertanto, ad avviso dei giudici di Palazzo Spada non ricorre una particolare situazione che abbia creato aspettativa o affidamento in favore della Società richiedente la variazione urbanistica in contestazione, non potendo certo discendere una aspettativa giuridicamente qualificata dalla interlocuzione infra procedimentale e dalla esistente destinazione produttiva impressa all’area, come richiesto dalla Società originariamente ricorrente ed erroneamente pure sostenuto dal TAR (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. n. 9006 del 2009).
Si riporta di seguito il testo della sentenza
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Pubblicato il 05/09/2016
N. 03806/2016REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 308 del 2016, proposto dal Comune di Fano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Loriano Maccari e Federico Romoli, con domicilio eletto presso lo Studio Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
contro
Madonna Ponte s.r.l, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Alessandro Lucchetti, con domicilio eletto presso l’avvocato Aristide Police in Roma, via di Villa Sacchetti, 11;
nei confronti di
Medioleasing s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Maurizio Fabiani C.F. FBNMRZ36P20A271G, con domicilio eletto presso Elio Vitale in Roma, v.le Mazzini, 134;
Provincia di Pesaro e Urbino, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Maria Beatrice Riminucci, con domicilio eletto presso l’avvocato Giovanni Bonaccio in Roma, Piazzale Clodio, 56;
Regione Marche, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per le Marche – n. 767 del 23 ottobre 2015, resa tra le parti, concernente approvazione variante al p.r.g.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Madonna Ponte S.r.l., di Medioleasing s.p.a. e della Provincia di Pesaro e Urbino;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 giugno 2016 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Golini su delega di Maccari, Romoli, Lucchetti e Fabiani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – Con ricorso n. 312/2015 Madonna Ponte S.r.l., proprietaria di aree ricadenti nel Comune di Fano, e precisamente nella c.d. “Area ex Zuccherificio” (individuate nel PRG comunale come comparto ST3P06), ha impugnato innanzi al TAR delle Marche la deliberazione del Consiglio Comunale n. 25 del 18/2/2005 che rigettava la proposta avanzata dalla predetta Società di variante al Piano Regolatore Generale, volta in particolare ad ottenere la classificazione di dette aree da zone per attività produttive ( D1) a zone per attività commerciali e/o direzionali.
1.1. Il provvedimento “de quo” interveniva a conclusione di un iter procedimentale che aveva visto l’attivazione della procedura di verifica della VAS e la fase di copianificazione con la Provincia di Pesaro e Urbino, fasi che si erano concluse con il rilascio di altrettanti pareri favorevoli sia pure con prescrizioni.
1.2. Il Comune dal canto suo con la predetta deliberazione consiliare opponeva il diniego di approvazione della chiesta variante sulla base di una serie di considerazioni di carattere politico sociale e urbanistico, non disgiunte dalla rilevata esigenza di riesaminare la questione del complessivo assetto urbanistico della zona nell’ambito di una variante più organica che tenesse conto di tutti gli interessi coinvolti e non solo quello, di tipo strettamente economico, della Madonna Ponte s.r.l.
1.3. Con altro ricorso (il n. 390/2015), originariamente proposto in via straordinaria , la predetta Società ha impugnato il decreto del Presidente della Provincia di Pesaro e Urbino recante ai sensi dell’art. 26 della legge regionale n. 34/92 , il parere di competenza sulla variante.
2. L’adito Tribunale Amministrativo con sentenza n.767/2015:
a) ha riunito i due ricorsi;
b) ha dichiarato inammissibile il secondo ricorso (tale capo non è stato impugnato ed è coperto dalla forza del giudicato interno);
b) ha accolto il primo ricorso, quello rivolto avverso la delibera consiliare n.25/2015 , ritenendo, in particolare, non convincenti e generiche le considerazioni formulate dal Consiglio comunale nella motivazione resa a sostegno della decisione di non approvare la chiesta variante.
3. Il Comune di Fano ha proposto appello ( in “parte qua” ) avverso tale decisum, deducendo la erroneità delle rese statuizioni per i seguenti motivi:
a) irricevibilità del ricorso, posto che il gravame di primo grado sarebbe stato proposto tardivamente rispetto al momento in cui la Società madonna Ponte aveva avuto conoscenza del provvedimento lesivo delle sue posizioni giuridiche soggettive ;
b) inammissibilità per carenza di interesse ed eccesso di potere giurisdizionale; Violazione dei principi generali in materia di pianificazione nonché degli artt. 3 e 13 comma 1 della legge n. 241/90;
c) violazione degli artt. 2,29,31 e 34, 117 del dlgv n. 104/2010, nonché degli artt. 99 e 112 c.p.c. con riferimento ai principi indicati dall’Adunanza Plenaria n. 4/2015.
3.1- Si è costituita in giudizio Madonna Ponte s.r.l. che ha contestato la fondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione.
3.2 – E’ intervenuta ad adiuvandum dell’appellata, come già fatto in primo grado, la Medioleasing s.p.a. in qualità di attuale intestataria delle particelle oggetto di variante e che ha stipulato con Madonna Ponte s.r.l. contratti di locazione finanziaria.
3.3 – Si è altresì costituita in giudizio la provincia di Pesaro ed Urbino che ha chiesto la conferma della impugnata sentenza nelle parti favorevoli al predetto Ente locale.
3.4 – All’udienza pubblica del 16 giugno 2016 la causa è stata introitata per la decisione.
4. L’appello è fondato e deve essere accolto.
Preliminarmente il Collegio osserva che, in aderenza ai principi sviluppati dalla Adunanza plenaria n. 5 del 2015, si presenta come maggiormente liquida (e dunque assorbente di altro profilo), la disamina del secondo motivo di appello che appunta le sue critiche sull’ordito motivazionale della sentenza qui gravata, lì dove il TAR, avallando le censure formulate dalla ricorrente di primo grado ha ritenuto generiche ed indimostrate le ragioni variamente esposte dal Consiglio comunale nella delibera n.25/2015 a sostegno della determinazione di non approvazione della variante al PRG proposta da Madonna Ponte s.r.l.
4.1. In particolare il primo giudice ha rilevato che le motivazioni rese in sede di dichiarazione di voto dall’assemblea consiliare ed inerenti alle esigenze di approfondire ulteriormente le problematiche urbanistiche dell’intero territorio comunale nonché agli aspetti della pianificazione commerciale fossero generiche ed apodittiche se non dilatorie, come tali non idonee a giustificare l’opposto diniego.
4.2. L’ appellante Amministrazione comunale ritiene errate le osservazioni e prese conclusioni del Tar, rilevando la legittimità delle giustificazioni addotte dal Consiglio comunale a sostegno del proprio divisamento.
4.3. I profili di doglianza dedotti dalla parte appellante appaiono meritevoli di positivo apprezzamento.
Tutti i motivi accolti in prime cure, infatti, o sono inammissibili – perché impingono il merito di valutazioni e scelte di politica urbanistica ampiamente discrezionali al di fuori dei tassativi casi di giurisdizione di merito previsti dall’art. 134 c.p.a. (cfr. Ad. plen., n. 5 del 2015) – o sono infondati, alla stregua delle risultanze istruttorie documentali versate in atti.
4.4. Il Collegio deve innanzitutto qui richiamare principi già espressi dalla giurisprudenza di questa Sezione in relazione all’esercizio del potere di pianificazione urbanistica ed alla natura della motivazione delle scelte in tal modo effettuate.
Questa Sezione con sentenza del 10 maggio 2012 n. 2710 ( successivamente riconfermata nelle sue motivazioni) ha già avuto modo di osservare che il potere di pianificazione territoriale deve essere correlato ad un concetto di urbanistica che non è limitato alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli ( relativamente ai tipi di edilizia , distinti per finalità ), ma che è volto a perseguire obiettivi economico- sociali della comunità locale , in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali.
In particolare, il concetto di urbanistica non è strumentale solo all’interesse pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio in relazione alle diverse tipologie di edificazione, ma è volto funzionalmente alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente tutelati (cfr. di recente, Sez. IV, n. 2221 del 2016).
Tanto premesso in linea generale, con riferimento alla fattispecie all’esame, la richiesta di approvazione di una variante diretta a veder realizzato una grande struttura commerciale va interessare una zona del territorio comunale, quella costituita dall’area dell’ex zuccherificio particolarmente sensibile per le gestione dell’intero territorio comunale posta com’è in una posizione strategica per la città di Fano (alle porte sud ), nei pressi della foce del fiume Metauro, nelle vicinanze del mare e luogo altresì di grande valenza ambientale.
Avuto riguardo quindi alle caratteristiche e alla valenza dei luoghi la scelta urbanistica del Comune in questa specifica ipotesi, ancorché diretta ad incidere formalmente su una singola area, in realtà va a riguardare le sorti di una importante, strategica porzione del territorio comunale sicchè la previsione che si va ad adottare si inserisce in un più complessivo disegno di governo del territorio da parte dell’ente locale.
Questo sta a significare che la motivazione di accordare o meno una tipizzazione del genere di quella richiesta da madonna Ponte S.r.l. deve essere conforme al complesso di scelte da effettuarsi nella sede dello strumento urbanistico secondo criteri di sufficienza e congruità, rispetto alle quali la posizione del privato, per quanto meritevole in sé di apprezzamento, si appalesa senz’altro recessiva (Cons. Stato, Sez. IV, n. 5478 del 2008).
Se così è, tornando alla fattispecie all’esame deve darsi atto che la motivazione di negare la chiesta variazione di destinazione, come resa dal Consiglio Comunale di Fano attraverso le dichiarazioni di voto dei componenti dell’assemblea consiliare appare rispettosa dei su riportati principi giurisprudenziali dai quali il Collegio non ha motivo di discostarsi.
Invero, dalle articolate dichiarazioni di voto costituenti la motivazione per relationem della delibera per cui è causa, il Consiglio comunale ha formulato considerazioni che hanno riguardato due fondamentali aspetti della disciplina pianificatoria:
a) quello relativo alle problematiche urbanistiche afferenti l’intero territorio comunale in relazione alle quali, coerentemente alle impostazioni generali del Piano l’assemblea comunale ha espresso la volontà di procedere ad una più generale riconsiderazione della disciplina riguardante la più vasta zona territoriale costituita dall’area ex zuccherificio ;
b) quello riguardante la tematica commerciale lì dove ha il Consiglio comunale ha privilegiato le forme di commercio, quelle c.d. “di vicinato” rispetto al commercio di massa, il tutto nell’ambito di una nuova visione dell’assetto dell’area diretta a promuovere le variegate valenze del luogo e a superare le esigenze d’impresa.
Ora le valutazioni espresse dall’Organo consiliare non solo non sono generiche ed apodittiche, ma costituiscono parte consustanziale di una motivazione “politica” pienamente consentita oltre ché giustificata perché coerente con il complesso di scelte urbanistiche interessanti lo sviluppo di una “significativa” parte del territorio comunale, rimesse, come tali alla discrezionalità del massimo organo comunale (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n.8682 del 2010) .
All’uopo è sufficiente richiamare il granitico orientamento giurisprudenziale per cui le scelte effettuate dall’Amministrazione in sede di pianificazione urbanistica di carattere generale (come quella qui in rilievo) costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità se non per profili di manifesta illogicità ed irragionevolezza, qui non rinvenibili (Cons. Stato, Sez. IV, n. 7492 del 2010).
Infine, vale qui far rilevare come non ricorra una particolare situazione che abbia creato aspettativa o affidamento in favore della Società richiedente la variazione urbanistica in contestazione, non potendo certo discendere una aspettativa giuridicamente qualificata dalla interlocuzione infra procedimentale e dalla esistente destinazione produttiva impressa all’area, come richiesto dalla Società originariamente ricorrente ed erroneamente pure sostenuto dal TAR (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. n. 9006 del 2009).
5.- In forza di quanto sin qui esposto, l’appello va accolto con riforma in parte qua dell’impugnata sentenza.
6. – Nella novità e peculiarità della vicenda all’esame, il Collegio ravvisa, ex artt. 92 c.p.c. e 26, co. 1, c.p.a., eccezionali motivi per compensare tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, rigetta il ricorso di primo grado rubricato al n. 312/2015.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.
Pone a carico della Società Madonna Ponte s.r.l. il contributo unificato relativamente ad entrambi i gradi del giudizio disponendo il rimborso di quello anticipato dal Comune di Fano per il presente appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 giugno 2016 con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore
Carlo Schilardi, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Andrea Migliozzi | Vito Poli | |
IL SEGRETARIO