Il TAR Lazio – Roma, Sez. I, con la sentenza n. 10336 del 14 ottobre 2016, si è pronunciato in ordine alla necessità o meno di attendere il termine dilatorio di 120 giorni per l’esecuzione del giudicato che condanna la P.A. a pagare somme di denaro e sui criteri per l’individuazione in tal caso del commissario ad acta.
Si legge nella sentenza: “Al giudizio di ottemperanza innanzi al Giudice amministrativo si applica il disposto dell’art. 14, comma 1, del d.l. n. 669/96, convertito in l. n. 30/97, secondo cui le Amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici dispongono di un termine di centoventi giorni per eseguire i provvedimenti giurisdizionali che li obbligano al pagamento di somme di danaro, termine decorrente dalla notificazione del titolo esecutivo, pur se non munito di formula esecutiva e prima che tale termine scada il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto“.
Per l’individuazione del commissario ad acta in sede di esecuzione del giudicato si applica l’art. 1 l. n. 208/2015, che, al comma 777, ha introdotto l’art. 5-sexies allal. 24 marzo 2001, n. 89, il cui comma 8 prevede che: “Qualora i creditori di somme liquidate a norma della presente legge propongano l’azione di ottemperanza di cui al titolo I del libro quarto del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, il giudice amministrativo nomina, ove occorra, commissario ad acta un dirigente dell’amministrazione soccombente, con esclusione dei titolari di incarichi di Governo, dei capi dipartimento e di coloro che ricoprono incarichi dirigenziali generali. I compensi riconosciuti al commissario ad acta rientrano nell’onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti” .
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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Pubblicato il 14/10/2016
N. 10336/2016 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14178 del 2015, proposto da:
Calabrese Carmela, Perna Gino, Missionanti Maria, Perna Carmelina, Perna Nicolino, Perna Amelinda, rappresentati e difesi dall’avvocato Sebastiano De Nigris De Maria C.F. DNGSST62D07I179F, che agisce anche in proprio ex art. 22, comma 3, c.p.a., con domicilio eletto presso l’avv. Chiara Marchesini in Roma, via Pietro Mascagni, 142;
contro
Ministero della Giustizia, non costituito in giudizio;
per l’ottemperanza
al decreto decisorio della Corte d’appello di Roma, Sezione equa riparazione, reso su procedimento n. 3585/2008 e a seguito della sentenza definitiva della Corte di cassazione n. 12615/2014.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l ‘art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2016 il dott. Ivo Correale come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il decreto di cui in epigrafe la Corte di Appello di Roma, ai sensi dalla l. n. 89 del 2001, condannava il Ministero della Giustizia al pagamento – a titolo di equa riparazione del danno non patrimoniale – della somma di € 2.400,00 ciascuno in favore di Calabrese Carmela, Perna Gino, Missionanti Maria, Perna Carmelina, Perna Nicolino, Perna Amelinda, nonché al pagamento delle spese della procedura, liquidate in complessivi € 1.549,00, oltre spese generali e accessori di legge, da distrarsi in favore dell’avv. Sebastiano De Nigris De Maria, quale antistatario.
Tale decreto, corredato di formula esecutiva il 3.4.2012 e susseguentemente notificato alla sede del Ministero della Giustizia il 20.11.2012, assumeva carattere di definitività in seguito alla pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione, Sezione sesta civile, n. 12615/14 in data 5.6.2014, che respingeva l’appello proposto dal Ministero (nonché quello incidentale delle parti sopra indicate).
Con il ricorso in epigrafe ex art. 112 c.p.a., ritualmente notificato e depositato, i sigg.ri Calabrese Carmela, Perna Gino, Missionanti Maria, Perna Carmelina, Perna Nicolino, Perna Amelinda e l’avv. De Nigris De Maria esponevano che l’Amministrazione non aveva ancora provveduto alla relativa liquidazione e che sussistevano tutti i presupposti ai fini dell’ammissibilità della relativa azione di ottemperanza, chiedendo quindi a questo Tribunale:
– di ordinare al Ministero della Giustizia il compimento degli atti necessari a dare piena esecuzione al giudicato formatosi sul decreto decisorio e per disporre la materiale liquidazione in suo favore di quanto spettante per effetto del titolo giudiziale, oltre spese accessorie successive;
– di nominare, se del caso, un Commissario ad Acta per provvedere in caso di inadempimento;
– di ordinare anche il pagamento delle spese per il presente giudizio di esecuzione in favore dell’avv. De Nigris De Maria, quale anticipatario.
Il ricorso era quindi trattenuto in decisione alla Camera di Consiglio del 5.10.2016.
DIRITTO
Conformemente a giurisprudenza costante di questo Tribunale (tra le ult.: Sez. I, 22.3.2016, n.3484), il Collegio individua i presupposti per l’accoglimento del ricorso nei sensi che si vanno a precisare.
In primo luogo, sulla base delle evidenze documentali in atti – ed anche in ragione del comportamento processuale serbato dal Ministero della Giustizia che, seppur ritualmente intimato, non si è costituito – il decreto indicato in epigrafe non risulta, allo stato, aver ricevuto esecuzione.
Inoltre, come già illustrato da questa Sezione (sent. 13.2.14, n. 1795 e 1796), è opportuno rimarcare che al giudizio di ottemperanza trova applicazione il disposto dell’art. 14, comma 1, del d.l. n. 669/96, convertito in l. 30/97, secondo cui le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici dispongono di un termine di centoventi giorni per eseguire i provvedimenti giurisdizionali che li obbligano al pagamento di somme di danaro, termine decorrente dalla notificazione del titolo esecutivo (pur se non munito di formula esecutiva (T.A.R. Lazio, Sez. I, 30.10.12, n. 10127) e prima che tale termine scada il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto. La norma di cui al ripetuto art. 14 si riferisce espressamente alla “esecuzione forzata” e non al giudizio di ottemperanza ma, attesa la finalità della disposizione di concedere alle Amministrazioni un adeguato intervallo, tra la richiesta di pagamento mediante la notificazione di un titolo, e l’avvio della relativa procedura coattiva, non sembra dubbio al Collegio che essa si applichi anche qualora l’esazione sia attuata mediante il giudizio di ottemperanza, essendo evidente l’analoga finalità di quest’ultimo (cfr., in termini, tra le ultime, Cons. Stato, Sez. IV, 13.6.13, n. 3293; T.A.R. Lazio, I, 10127/12, cit.; T.A.R. Liguria, Sez. I, 20.7.12, n. 1032).
In specie, il rammentato intervallo di centoventi giorni è ormai decorso e il ricorso per ottemperanza può dunque essere accolto, con riguardo a tutti gli importi richiesti, che, in mancanza di elementi di segno opposto, devono essere anche ricondotti alle spese successive accessorie, le quali gravano sulle parti ricorrenti per la mancata esecuzione del giudicato.
Ne consegue che, per quel che riguarda la domanda principale, il Collegio, rilevato l’inadempimento, ordina che il Ministero della Giustizia provveda a dare piena ed integrale esecuzione al decreto di cui in epigrafe e, per l’effetto, provveda alla corresponsione in favore delle parti ricorrenti dell’importo di cui ciascuna ha diritto in relazione al decreto in questione, come nel ricorso evidenziato, previa decurtazione degli importi eventualmente già corrisposti.
Il Collegio ritiene di accogliere sin da ora anche la domanda di nomina di un “commissario ad acta”.
Per quel che riguarda l’individuazione di tale organo commissariale, si evidenzia che l’art. 1 l. n. 208/2015, al comma 777, ha introdotto l’art. 5-sexies alla l. 24.3.2001, n. 89, il cui comma 8 prevede che: “Qualora i creditori di somme liquidate a norma della presente legge propongano l’azione di ottemperanza di cui al titolo I del libro quarto del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, il giudice amministrativo nomina, ove occorra, commissario ad acta un dirigente dell’amministrazione soccombente, con esclusione dei titolari di incarichi di Governo, dei capi dipartimento e di coloro che ricoprono incarichi dirigenziali generali. I compensi riconosciuti al commissario ad acta rientrano nell’onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti.”.
Ciò premesso, nel caso di specie il Collegio ritiene quindi di nominare quale Commissario ad acta il Dirigente dell’Ufficio I della Direzione Generale degli affari giuridici e legali del Ministero della Giustizia, ai sensi del richiamato art. 5-sexies, comma 8, l. n. 89/01 – con facoltà di delega al dirigente o al funzionario del medesimo Ministero autorizzato all’adozione di provvedimenti di spesa (liquidazione e pagamento) – che darà luogo, una volta decorso infruttuosamente il termine di giorni 30 (trenta) dalla notificazione, o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza – al pagamento in questione delle somme sopra richiamate, nell’ulteriore termine che, per l’ingente numero di procedure al suo esame, si fissa in giorni 90 (novanta).
Le spese della presente lite seguono la soccombenza e – liquidate ai sensi dell’art. 4, comma 1, d.m. 10.3.14, n. 55 e relativa Tabella n. 16 (con decurtazione del 50% in relazione alla serialità del tipo di causa e dell’assenza di particolari questioni di fatto e di diritti), come da dispositivo – sono poste a carico dell’intimata Amministrazione.
Tenuto conto degli eventuali profili di danno erariale, potenzialmente connessi alla vicenda in esame, il Collegio manda alla Segreteria ai fini della trasmissione del fascicolo di causa alla Procura regionale della Corte dei Conti per il Lazio per gli accertamenti di competenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione, e, per l’effetto:
– dichiara l’inottemperanza del decreto in epigrafe e ordina al Ministero della Giustizia di dare piena e integrale esecuzione al medesimo, provvedendo entro 30 (trenta) giorni dalla comunicazione e/o notificazione della presente sentenza alla corresponsione in favore delle parti ricorrenti di tutti gli importi dovuti a titolo di capitale e interessi di cui le medesime risultano creditrici in forza del relativo titolo giudiziario e ai sensi di quanto indicato in motivazione;
– dispone che, ove l’Amministrazione non ottemperi a quanto sopra entro il termine di giorni 30 (trenta) dalla notificazione o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione, a tanto provveda, nella qualità di Commissario ad acta, il Dirigente dell’Ufficio I della Direzione Generale degli affari giuridici e legali del Ministero della Giustizia, con facoltà di delega al dirigente o al funzionario del medesimo Ministero autorizzato all’adozione di provvedimenti di spesa (liquidazione e pagamento), al quale è demandato il compimento degli adempimenti di cui sopra nell’ulteriore termine di giorni 90 (novanta);
– condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese del presente giudizio per complessivi euro 500,00, oltre accessori di legge.
Manda alla Segreteria ai fini della trasmissione del fascicolo di causa alla Procura regionale della Corte dei conti per il Lazio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Rosa Perna, Presidente FF
Ivo Correale, Consigliere, Estensore
Roberta Cicchese, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Ivo Correale | Rosa Perna | |
IL SEGRETARIO