Ecco una possibile e veloce soluzione al primo parere di diritto civile dell’esame per avvocato 2016, sulla responsabilità per l’esercizio di attività pericolose, proposta dalla nostra redazione.
Vi ricordiamo che durante gli esami non è consentito l’uso di apparecchi elettronici e quindi non è possibile collegarsi ad internet. Le nostre soluzioni potranno essere visualizzate solo al termine delle prove. La redazione degli articoli con i riferimenti normativi e le soluzioni è finalizzata all’esercitazione e rientra nell’attività scientifica della rivista.
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Parere di diritto civile, traccia n. 1
Nel corso della seconda lezione di equitazione all’interno del maneggio della società Alfa, il piccolo Tizio, figlio dei signori Beta, viene disarcionato dal cavallo e cade rovinosamente a terra. Condotto al Pronto soccorso e sottoposto a controllo radiografico, al piccolo viene diagnosticata una forte contusione al polso destro e applicato un tutore mobile per la durata di 20 giorni. Poiché, tuttavia, anche decorso tale periodo, il bambino continua a lamentare una evidente sintomatologia dolorosa e non riesce a muovere la mano, i signori Beta lo fanno visitare da uno specialista che, dopo aver effettuato una radiografia in una diversa proiezione, si avvede dell’esistenza di una frattura (non evidenziata al momento della visita al Pronto soccorso) che, a causa del tempo ormai trascorso, non può più consolidarsi se non attraverso un intervento chirurgico, da effettuarsi quanto prima. Malgrado l’intervento chirurgico venga eseguito a regola d’arte, con conseguente immobilizzazione dell’arto per i successivi 45 giorni, anche dopo le sedute di riabilitazione (protrattesi per i successivi 60 giorni) il piccolo riporta una invalidità permanente del 6%. I signori Beta si recano quindi da un legale e, dopo aver esposto i fatti sopra detti, aggiungono: – che il cavallo montato dal piccolo Tizio aveva già mostrato, fin dall’inizio della lezione, evidenti segni di nervosismo, tanto che l’istruttore era già intervenuto due volte per calmarlo; – che al momento dell’iscrizione del proprio figlio al corso la società Alfa aveva fatto loro sottoscrivere una dichiarazione di esonero da ogni responsabilità per i danni eventualmente derivanti dallo svolgimento della pratica sportiva; – che, ove prontamente diagnosticata, la frattura avrebbe potuto consolidarsi senza necessità di ricorrere all’intervento chirurgico; – che per l’intervento chirurgico e per la successiva riabilitazione (effettuati entrambi in strutture private a causa dell’urgenza), avevano dovuto sostenere la complessiva spesa di euro 10.000,00.
Il candidato, assunte le vesti del difensore dei signori Beta, rediga un motivato parere illustrando le questioni sottese al caso in esame e prospettando le azioni più idonee a tutelare le ragioni dei propri assistiti.
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La traccia chiede di esaminare le questioni sottese al caso di cui in oggetto, prospettando le azioni più idonee a tutela delle ragioni dei signori Beta, genitori di Tizio.
In primo luogo è opportuno stabilire in quale tipologia di responsabilità extracontrattuale rientra l’attività di equitazione, avendo riguardo alla posizione del proprietario del circolo in cui si è verificato l’incidente.
Bisogna verificare in sostanza quale sia la disciplina che trova applicazione al caso in questione, ovvero se quella prevista dall’art. 2050 o dall’art. 2052 c.c.
Sia l’art. 2050 c.c sia l’art. 2052 c.c. prevedono una responsabilità oggettiva aggravata. La giurisprudenza, adita su casi simili che attenevano ad allievi di scuole di equitazione, ha attuato una distinzione a seconda che l’allievo che subisce il danno sia un giovanissimo e/o principiante, oppure un allievo esperto. Nel primo caso si ricade nell’ipotesi di cui all’articolo 2052 c.c.; nel secondo si applicherà l’articolo 2050 c.c.. Nel caso di specie non vi è alcuna differenza, in quanto siamo di fronte a due ipotesi speciali di responsabilità, in cui l’onere della prova ricade sul danneggiante e non sul danneggiato. E’ richiesta una prova liberatoria: il gestore del maneggio, proprietario o utilizzatore, deve dimostrare di “avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno” (Cass. Civ., sez. III, 9 aprile 2015, n. 7093).
Ai sensi dell’art. 2052 c.c., invece, “il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”.
La giurisprudenza, secondo un orientamento consolidato, ha affermato “che il gestore di un maneggio, proprietario o utilizzatore dei cavalli ivi esistenti, adibiti allo svolgimento di lezioni di equitazione da parte di allievi, risponde quale esercente di attività pericolosa, ai sensi dell’art. 2050 c.c., dei danni riportati dai partecipanti qualora siano cavallerizzi principianti o inesperti” (cfr. Cass. Civ., sez. III, 27 novembre 2015, n. 24211).
Nel caso in oggetto è certamente responsabile il gestore del maneggio, in quanto l’attività ippica è in sè un’attività pericolosa, per i danni riportati dal piccolo Tizio dopo la caduta da un cavallo imbizzarrito durante una lezione di equitazione.
Infatti, il piccolo Tizio è senza dubbio un allievo principiante (si trattava appena della seconda lezione di equitazione), disarcionato da un cavallo che già all’inizio dell’esercitazione aveva mostrato segni di instabilità tanto da far intervenire l’istruttore per ben due volte per placarlo, denotando pure una condotta negligente.
Un’altra questione è la clausola sottoscritta dai Sig.ri Beta con cui si esonerava il proprietario da ogni responsabilità connessa all’attività di equitazione svolta all’interno del maneggio.
Infatti, come ribadito dalla Cassazione civile, sez. III, 19/06/2008, n. 16637, “la dichiarazione unilaterale dell’allievo di una scuola di equitazione, con la quale il gestore sia esonerato da ogni responsabilità per i danni patiti dagli allievi, è improduttiva di effetti nei casi di responsabilità per colpa grave, ex art. 1229 c.c. Tale colpa grave è ravvisabile nella condotta degli istruttori i quali, pur avendo notato che uno degli animali impiegati per l’esercitazione dava segni di nervosismo, non lo abbiano sostituito”.
A tal proposito, l’art. 1229 c.c. stabilisce che “È nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave. È nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore e dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico”.
Il bambino è principiante ed ancora inesperto e, d’altro canto, non vi sono elementi tali da sancire la presenza del caso fortuito atto ad escludere la responsabilità del gestore del maneggio, nei confronti del quale può, invece, addirittura configurarsi la presenza di una colpa grave.
Più complessa, invece, si presenta la questione dell’errata diagnosi della frattura da parte dei medici del pronto soccorso, sia sotto il profilo del risarcimento del danno sia per quanto concerne l’effettivo danno subito dalla persona. Il comportamento da verificare in concreto è quello del primo medico, il quale peggiora la situazione nel senso che l’errato intervento ha causato un aggravamento della lesione, che non si sarebbe avuto senza tale azione.
Nonostante un intervento chirurgico eseguito a regola d’arte, il piccolo Tizio ha riportato un’invalidità pari al 6%.
In conclusione, i sig.ri Beta, genitori di Tizio, hanno azione sia contro il medico sia contro l’istruttore per ottenere il risarcimento sia del danno patrimoniale (le spese mediche sopportate a causa dell’incidente) e non patrimoniale (danno alla salute) subito a causa dell’evento della caduta da cavallo, mentre non solleva da responsabilità il responsabile del maneggio la clausola di esonero da responsabilità sottoscritta dai genitori al momento dell’iscrizione in virtù in quanto tale clausola è nulla ai sensi dell’art. 1229 c.c.
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Ecco, inoltre, i riferimenti normativi e la giurisprudenza per risolvere la prima traccia di diritto civile dell’esame di avvocato 2016 riguardante la responsabilità del titolare del maneggio e del medico
Norme di riferimento
Art. 2050 c.c.
Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno
Art. 2052 c.c.
l proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni [2056] cagionati dall’animale (1), sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito.
Art. 1229 c.c.
E’ nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave.
E’ nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico
Art. 36, 2°comma, lett. a) Codice del Consumo
1. Nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
2. Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di:
a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista.
Art. 2236 c.c.
Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave
Massime della giurisprudenza di riferimento
Sulla responsabilità del maneggio
Cassazione civile, 27 novembre 2015, n. 24211.
Nel caso di allievi più esperti l’attività equestre è soggetta alla presunzione di responsabilità di cui all’art. 2052 c.c. ( con la conseguenza che spetta al proprietario od all’utilizzatore dell’animale che ha causato il danno fornire non soltanto la prova della propria assenza di colpa, ma anche quella che il danno é stato causato da un evento fortuito ), il gestore del maneggio risponde viceversa quale esercente di attività pericolosa ex art, 2050 c.c. dei danni riportati dai soggetti partecipanti alle lezioni di equitazione qualora gli allievi siano come nella specie principianti, del tutto ignari dì ogni regola di equitazione, ovvero giovanissimi.
Cassazione civile, 12 gennaio – 9 aprile 2015, n. 7093.
Lo stabilire se una attività sia da reputare “pericolosa” ai sensi dell’art. 2050 c.c., al fine di sottoporre chi la esercita alla presunzione prevista da quella norma, è un accertamento di fatto, non una valutazione in diritto. “Pericolosa”, ex art. 2050 c.c., è infatti l’attività potenzialmente causativa di danno non solo per la sua natura, ma anche per la natura dei mezzi adoperati. Esistono dunque attività pericolose di per sé, ed attività svolte in modo pericoloso, cioè pericolose in relazione al caso concreto: e per queste ultime l’accertamento della “pericolosità” non può che essere compiuto dal giudice di merito tenendo conto di tutte le specificità della fattispecie, con accertamento sottratto al sindacato di legittimità. La gestione d’una scuola d’equitazione può essere in concreto pericolosa, ma può anche non esserlo: tale requisito non sussiste in astratto, ma va accertato in concreto in base alle modalità con cui viene impartito l’insegnamento, alle caratteristiche degli animali impiegati ed alla qualità degli allievi.
Questa Corte ha da molto tempo suggerito, al riguardo, una massima di esperienza quale criterio orientativo per la soluzione dei casi pratici: ovvero quella consistente nel presumere che, di norma, impartire lezioni di equitazione a fanciulli o principianti comporta pericoli che non sussistono quando gli allievi sono esperti; con la conseguenza che la prima attività (impartire lezioni a principianti) sarebbe pericolosa, la seconda (impartire lezioni ad esperti) non lo sarebbe .
Deve tuttavia essere ben chiaro che quella appena indicata non è una regula iuris, ma una mera massima d’esperienza, basata sull’id quod plerumque accidit: sicché non viola l’art. 2050 c.c. il giudice di merito che, motivando, ritenesse nel caso concreto pericolosa l’attività di insegnamento dell’equitazione impartita ad allievi esperti, ovvero ritenesse non pericoloso l’insegnamento dell’equitazione a fanciulli.
(…)
La responsabilità dell’esercente attività pericolosa (art. 2050 c.c.) ha dato invece luogo a maggiori discussioni in dottrina, e ad una significativa evoluzione della giurisprudenza di questa Corte.
Secondo l’orientamento più antico, l’art. 2050 c.c. prevedrebbe una mera presunzione di colpa, con la conseguenza che l’esercente l’attività pericolosa si libera da responsabilità fornendo la prova di avere tenuto una condotta diligente, e non è necessario che fornisca anche la prova del caso fortuito. Più di recente tuttavia, si è affermato che la responsabilità di cui all’art. 2050 c.c. ha natura oggettiva: essa pertanto sussiste sulla base del solo nesso di causalità, a prescindere da qualsiasi rimprovero in termini di colpa che possa essere mosso all’esercente l’attività stessa.
All’esercente l’attività pericolosa non basta, per evitare la condanna, la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge o di comune prudenza, ma occorre quella positiva di aver impiegato ogni cura o misura atta ad impedire l’evento dannoso, di guisa che anche il fatto del danneggiato o del terzo può produrre effetti liberatori solo se per la sua incidenza e rilevanza sia tale da escludere in modo certo il nesso causale tra l’attività pericolosa e l’evento, e non già quando costituisca elemento concorrente nella produzione del danno, inserendosi in una situazione di pericolo che ne abbia reso possibile l’insorgenza a causa delle inidoneità delle misure preventive adottate. Non vi è dubbio che assegnare ad un allievo non esperto un animale potenzialmente nervoso è condotta inidonea alla prevenzione del rischio.
Cassazione civile, sez. III, 9.3.2010, n. 5664
L’attività sportiva consistente nella partecipazione ad una lezione di equitazione da parte di allievi dotati di sufficiente esperienza rientra, ai fini della responsabilità civile, nella fattispecie dell’art. 2052 cod. civ. con applicazione della relativa presunzione; spetta pertanto al gestore dell’animale (utilizzatore o proprietario) che ha causato il danno fornire non solo la prova dell’assenza della propria colpa, ma anche quella che il danno è stato cagionato dal caso fortuito, poiché ciò che rileva è la semplice relazione esistente tra il gestore e l’animale e il nesso di causalità tra il comportamento di questo e il danno (nella specie il gestore è stato ritenuto responsabile del danno causato dal calcio improvviso di un cavallo sferrato mentre il gruppo di allievi, sotto la guida dell’istruttore, procedeva in fila indiana).
Cassazione civile, 19 luglio 2008, n. 20063:
In tema di danno cagionato da animali, il proprietario o utente dell’animale (nella specie Centro ippico che utilizza il cavallo a fini di lucro) per sottrarsi alla responsabilità presunta è tenuto a fornire la prova del caso fortuito, che può consistere anche nel fatto del terzo, ma solo dopo che sia stato dimostrato in modo in equivoco la sussistenza del nesso di causalità tra il comportamento dell’animale, del suo cavaliere ed il danno causato.
Cassazione civile, 17 ottobre 2002, n. 14743:
In tema di responsabilità per danni causati da animali, perché la responsabilità del proprietario gravi su di un altro soggetto, occorre che il proprietario giuridicamente o di fatto si sia spogliato della facoltà di far uso dello stesso (intendendo tale locuzione nel senso di trarne un profitto economico), trasferendolo ad un terzo. Qualora, invece, il proprietario continui a far uso dell’animale sia pure tramite un terzo e, quindi, abbia ingerenza nel governo dello stesso, resta responsabile dei danni arretrati dallo stesso di qualunque danno.
Cassazione civile 23 novembre 1998, n. 11861
L’attività di equitazione svolta all’interno di un circolo ippico, alla presenza di un istruttore, con cavalli collaudati ed addestrati ad essere montati da persone non esperte, le quali, peraltro, in quanto allievi, vengono portate a conoscenza delle regole fondamentali della equitazione, non può, in linea di principio, proprio per tali caratteristiche, essere annoverata tra le attività pericolose di cui all’art. 2050 c.c. salvo l’accertamento, in fatto, di specifiche caratteristiche proprie del caso concreto, idonee a rendere obiettivamente pericoloso lo svolgimento dell’attività equestre ed è, pertanto, soggetta, per i danni subiti dagli allievi durante le esercitazioni, alla presunzione di responsabilità di cui all’art. 2052 c.c., prevista a carico del proprietario o di chi si serve dell’animale per il periodo in cui lo ha in uso, in relazione ai danni cagionati dallo stesso.
Cassazione civile, 19 giugno 2008 , n. 16637
La dichiarazione unilaterale dell’allievo di una scuola di equitazione, con la quale il gestore sia esonerato da ogni responsabilità per i danni patiti dagli allievi, è improduttiva di effetti nei casi di responsabilità per colpa grave, ex art. 1229 c.c. Tale colpa grave è ravvisabile nella condotta degli istruttori i quali, pur avendo notato che uno degli animali impiegati per l’esercitazione dava segni di nervosismo, non lo abbiano sostituito.
Sulla responsabilità del medico
Tribunale di Firenze, 4 settembre 2014 n. 2594
Il medico che incorre in errore professionale per essersi reso conto del distacco di un frammento della componente protesica con grave ritardo rispetto all’evento (in quanto già visibile chiaramente dalle radiografie effettuate a seguito dell’intervento), causando un dolore aggiuntivo al paziente e costringendolo ad una nuova operazione, deve risarcirlo del danno subito per la persistente sintomatologia dolorosa. Inoltre, viene riconosciuto anche il danno non patrimoniale derivato dall’omessa corretta e tempestiva informazione, che avrebbe dato modo quanto meno di anticipare nel tempo la decisione di sottoporsi a nuovo intervento chirurgico.
Tribunale di Monza, Sezione 1 Civile, Sentenza 12 aprile 2011, n. 1130
In tema di responsabilità dell’ente ospedaliero o clinico in relazione ai danni riportati dal paziente, in particolare, per una diagnosi errata o, comunque, incompleta, atteso che siffatta responsabilità deve essere ricondotta nell’ambito di quella professionale medica, deve ritenersi applicabile la disciplina di cui all’art. 2236 c.c.. L’azienda ospedaliera, in particolare, non risponde dei danni derivanti da prestazioni che comportino la soluzione di problemi di particolare difficoltà (salvo i limiti necessariamente connessi al dolo ed alla colpa grave) purché offra compiuta dimostrazione circa l’esistenza, nel caso concreto, di siffatto presupposto attenuativo. Non può, in particolare, ritenersi attenuata o attenuabile la responsabilità dell’Ente in relazione all’omessa diagnosi di una frattura delle dita del piede atteso che tale patologia risulta rilevabile con la semplice lettura dell’esame radiografico, lettura che, per consolidata esperienza medica, non risulta particolarmente difficoltosa.
Cassazione civile, 18 settembre 2008, n. 23846
In tema di danno alla persona, conseguente a responsabilità medica, integra l’esistenza di un danno risarcibile alla persona l’omissione della diagnosi di un processo morboso allorché abbia determinato la tardiva esecuzione degli opportuni interventi al fine di evitare l’evento (nella fattispecie asportazione della milza) e risulti inoltre che per effetto del ritardo, sia andata perduta dal paziente la “chance” di conservare una migliore qualità della vita nonché la “chance” di vivere per un tempo più lungo di quello poi effettivamente vissuto.