Appalti in Sicilia, nuovo stop della Corte Costituzionale, in materia di normativa sulle soglie di anomalia delle offerte e sul relativo procedimento di verifica.
. Il 15 giugno la Consulta ha depositato la sentenza n.263/2016 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 6, della legge della Regione siciliana 12 luglio 2011, n.12 (“Disciplina dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Recepimento del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163 e successive modifiche ed integrazioni e del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 e successive modifiche ed integrazioni”), come sostituito dall’art. 1 della legge della Regione siciliana 10 luglio 2015, n. 14 (Modifiche all’articolo 19 della legge regionale 12 luglio 2011, n. 12).
In particolare la normativa regionale è in contrasto con l’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione che riserva esclusivamente alla competenza legislativa dello Stato la materia della tutela della concorrenza”, invece il legislatore regionale avrebbe legiferato in maniera difforme rispetto al vecchio Codice degli appalti.
Le disposizioni, impugnate dalla Presidenza del Consiglio, intervenivano sulla individuazione della soglia di anomalia delle offerte nei contratti sotto soglia comunitaria, affidandosi a un diverso criterio matematico rispetto a quello stabilito nelle norme nazionali.
Inoltre, mentre il codice nazionale fissa direttamente un articolato procedimento in contraddittorio con le imprese che hanno presentato offerte anormalmente basse, indica i criteri di verifica di tali offerte e gli strumenti di rilevazione della congruità dei prezzi, affidandone la conseguente ponderazione alle stazioni appaltanti, la disposizione regionale impugnata demanda a un decreto assessoriale l’individuazione di non meglio specificate modalità di verifica per la congruità dell’offerta.
La Corte Costituzionale pertanto ha stabilito che disposizioni impugnate, avendo disciplinato istituti afferenti alle procedure di gara in difformità dalle previsioni del codice dei contratti pubblici, sono costituzionalmente illegittime per avere violato i limiti statutari posti al legislatore regionale nella disciplina dei lavori pubblici. Tuttavia, conclude la Consulta, la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme regionali impugnate non comporta alcun vuoto normativo, trovando applicazione la disciplina dettata in materia dal codice dei contratti pubblici
Di seguito il testo della sentenza
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SENTENZA N. 263
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Paolo GROSSI; Giudici : Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione siciliana 10 luglio 2015, n. 14 (Modifiche all’articolo 19 della legge regionale 12 luglio 2011, n. 12), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 14-16 settembre 2015, depositato in cancelleria il 17 settembre 2015 e iscritto al n. 84 del registro ricorsi 2015.
Udito nell’udienza pubblica del 18 ottobre 2016 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;
udito l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.− Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato in data 14-16 settembre 2015, depositato il successivo 17 settembre e iscritto al n. 84 del registro ricorsi 2015, ha impugnato l’art. 1 della legge della Regione siciliana 10 luglio 2015, n. 14 (Modifiche all’articolo 19 della legge regionale 12 luglio 2011, n. 12), per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.
2.− Premette il ricorrente che l’art. 14, lettera g), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), attribuisce alla Regione medesima la legislazione esclusiva in materia di «lavori pubblici, eccettuate le grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale», competenza da esercitarsi nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato.
L’art. 1 impugnato – prosegue il ricorrente –, sino al 31 dicembre 2015, sostituisce il comma 6 dell’art. 19 della legge della Regione siciliana 12 luglio 2011, n. 12 (Disciplina dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Recepimento del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modifiche ed integrazioni e del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 e successive modifiche ed integrazioni. Disposizioni in materia di organizzazione dell’Amministrazione regionale. Norme in materia di assegnazione di alloggi. Disposizioni per il ricovero di animali), e inserisce i nuovi commi 6-bis, 6-ter e 6-quater, riguardanti la valutazione delle offerte anomale.
In particolare, le disposizioni impugnate – aggiunge il Presidente del Consiglio dei ministri – recitano: «6. Per gli appalti di lavori, servizi o forniture che non abbiano carattere transfrontaliero, nel caso in cui il criterio di aggiudicazione sia quello del prezzo più basso, la stazione appaltante può prevedere nel bando che si applichi il criterio dell’esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata al comma 6 bis. 6 bis. La soglia di anomalia è individuata dalla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento, arrotondato all’unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e quelle di minor ribasso, incrementata o decrementata percentualmente di un valore pari alla prima cifra, dopo la virgola, della somma dei ribassi offerti dai concorrenti ammessi. L’incremento o il decremento è stabilito in base alla prima cifra, dopo la virgola, della somma dei ribassi offerti dai concorrenti ammessi, rispettivamente se pari o dispari. Nel caso in cui il valore così determinato risulti inferiore all’offerta di minor ribasso ammessa, la gara è aggiudicata a quest’ultima. Per la determinazione della media, in caso di presentazione di offerte aventi identico ribasso, queste ultime sono computate una sola volta. La facoltà di esclusione automatica non è comunque esercitabile quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a 10; in tal caso si applica l’articolo 86, comma 3, del decreto legislativo n. 163/2006. 6 ter. Le imprese che effettuano un ribasso superiore al 25 per cento producono, nell’offerta, le relative analisi giustificative che sono valutate dalla Commissione di gara nel caso risultino aggiudicatarie in sede di verifica di congruità dell’offerta. 6 quater. Con decreto dell’Assessore regionale per le infrastrutture e la mobilità sono individuate le modalità di verifica per la congruità dell’offerta e le eventuali ulteriori disposizioni per la valutazione della corrispondenza fra le previsioni formulate in sede di verifica di congruità dell’offerta e l’esecuzione delle opere».
Il ricorrente deduce che – mentre per gli appalti di valore inferiore alla soglia comunitaria (che non hanno carattere transfrontaliero), da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso, il previgente art. 19, comma 6, della legge della Regione siciliana n. 12 del 2011 faceva correttamente riferimento, ai fini della possibilità di prevedere nel bando di gara l’esclusione automatica delle offerte anormalmente basse, all’art. 86 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) – il nuovo comma 6-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, fissa criteri non conformi a quelli codicistici.
In particolare, prosegue il ricorrente, il citato art. 86 del d.lgs. n. 163 del 2006 (d’ora in avanti, codice dei contratti pubblici o codice), ai commi 1, 3 e 4, dispone: «l. Nei contratti di cui al presente codice, quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso, le stazioni appaltanti valutano la congruità delle offerte che presentano un ribasso pari o superiore alla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento, arrotondato all’unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e di quelle di minor ribasso, incrementata dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la predetta media. 2. (omissis) 3. In ogni caso le stazioni appaltanti possono valutare la congruità di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa. 3 bis (omissis); 3 ter (omissis) 4. Il comma 1 non si applica quando il numero delle offerte ammesse sia inferiore a cinque. In tal caso le stazioni appaltanti procedono ai sensi del comma 3».
Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, dunque, con la disposizione regionale in esame la soglia di anomalia negli appalti sotto soglia non verrebbe più individuata in applicazione degli univoci criteri indicati nell’art. 86 del codice, ma attraverso un meccanismo che ne determina in modo casuale la variazione in aumento o in diminuzione, il che consequenzialmente comporterebbe anche una variazione del numero delle offerte escluse automaticamente.
L’art. 4 del codice dei contratti – prosegue il ricorrente – disciplina il riparto di competenze tra Stato e Regioni, individuando, al comma 2, le materie oggetto di competenza concorrente e, al comma 3, quelle oggetto di competenza esclusiva dello Stato. Il comma 5, poi, prevede che le autonomie speciali adeguano la propria legislazione secondo le disposizioni contenute negli statuti e nelle relative norme di attuazione.
Tale riparto di competenze sarebbe stato chiarito, nella sua portata effettiva, dalla Corte costituzionale: le Regioni non potrebbero prevedere una disciplina diversa in materia di qualificazione e gare, di esecuzione dei contratti e di contenzioso, e ciò perché le procedure di affidamento andrebbero ricondotte alla nozione di «tutela della concorrenza», l’esecuzione dei contratti a quella di «ordinamento civile», e il contenzioso alla «giurisdizione», tutte materie rientranti nell’ambito della potestà legislativa esclusiva dello Stato.
Aggiunge il ricorrente che, secondo la giurisprudenza costituzionale, la disciplina codicistica relativa alle procedure di selezione e ai criteri di aggiudicazione è strumentale a garantire la tutela della concorrenza, con la conseguenza che anche le autonomie speciali titolari di competenza legislativa primaria nella materia dei lavori pubblici non possono dettare una disciplina suscettibile di alterare le regole di funzionamento del mercato. Tale strumentalità connoterebbe, altresì, le norme aventi ad oggetto la valutazione delle offerte anomale, anche se relative agli appalti sotto la soglia di rilevanza comunitaria.
Alla luce del consolidato orientamento della Corte costituzionale, dunque, le norme regionali impugnate sarebbero state adottate in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., eccedendo dalle competenze statutarie riconosciute alla Regione siciliana dallo statuto speciale.
Rileva infine il ricorrente che il nuovo comma 6-ter dell’art. 19 della legge della Regione siciliana n. 12 del 2011, introdotto dall’art. 1 impugnato, prevede l’obbligo per le imprese che effettuano un ribasso superiore al 25 per cento di produrre nell’offerta le relative analisi giustificative, mentre l’art. 4-quater, comma 1, lettera b), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ha abrogato il comma 5 dell’art. 86 del codice, che tale obbligo prevedeva.
Con memoria depositata il 26 aprile 2016 il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito le proprie deduzioni e insistito nelle conclusioni rassegnate in ricorso.
Considerato in diritto
1.− Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione siciliana 10 luglio 2015, n. 14 (Modifiche all’articolo 19 della legge regionale 12 luglio 2011, n. 12), che, modificando l’art. 19 della legge della Regione siciliana 12 luglio 2011, n. 12 (Disciplina dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Recepimento del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modifiche ed integrazioni e del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 e successive modifiche ed integrazioni. Disposizioni in materia di organizzazione dell’Amministrazione regionale. Norme in materia di assegnazione di alloggi. Disposizioni per il ricovero di animali), sino al 31 dicembre 2015, sostituisce il comma 6 e inserisce i commi 6-bis, 6-ter e 6-quater.
Il ricorrente lamenta che le norme impugnate violino l’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, perché regolano alcuni aspetti della disciplina delle offerte anomale e dei contratti sotto la soglia di rilevanza comunitaria in maniera difforme dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), così violando l’art. 14, lettera g), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), che, anche se attribuisce alla Regione siciliana la competenza legislativa primaria in materia di lavori pubblici, l’assoggetta comunque ai limiti fissati dalle leggi costituzionali dello Stato.
2.− Successivamente alla proposizione del ricorso è intervenuta la legge della Regione siciliana 17 maggio 2016, n. 8 (Disposizioni per favorire l’economia. Norme in materia di personale. Disposizioni varie), entrata in vigore il successivo 24 maggio, la quale, all’art. 24, comma 2, ha disposto l’abrogazione (anche) dell’art. 19 della legge della Regione siciliana n. 12 del 2011.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, «perché possa essere dichiarata cessata la materia del contendere, devono congiuntamente verificarsi le seguenti condizioni: a) la sopravvenuta abrogazione o modificazione delle norme censurate in senso satisfattivo della pretesa avanzata con il ricorso; b) la mancata applicazione, medio tempore, delle norme abrogate o modificate (ex plurimis, sentenze n. 32 e n. 16 del 2015, n. 87 del 2014, n. 300, n. 193 e n. 32 del 2012, n. 325 del 2011)» (sentenza n. 149 del 2015).
Nel caso di specie, è evidente la ricorrenza della prima condizione, stante l’abrogazione della disposizione che conteneva le norme introdotte dal censurato art. 1 della legge della Regione siciliana n. 14 del 2015.
Con riferimento ai commi 6, 6-bis, e 6-ter, regolanti alcuni aspetti della verifica di anomalia delle offerte, la cessazione deve tuttavia escludersi per assenza della seconda condizione, dal momento che il non breve lasso temporale di vigenza delle norme (oltre 9 mesi) e la loro fisiologica incidenza su tutte le procedure di gara bandite sull’intero territorio regionale (quanto al comma 6-ter), ovvero su tutte quelle sotto la soglia di rilevanza comunitaria (quanto ai commi 6 e 6-bis), ne fanno presumere l’applicazione.
La cessazione deve escludersi anche con riferimento al comma 6-quater, il quale rimette a un decreto assessoriale la fissazione delle «modalità di verifica per la congruità dell’offerta e le eventuali ulteriori disposizioni per la valutazione della corrispondenza fra le previsioni formulate in sede di verifica di congruità dell’offerta e l’esecuzione delle opere».
Nonostante i tempi di adozione di un decreto a elevato contenuto tecnico possano, secondo l’id quod plerumque accidit, non essere brevissimi, in assenza di deduzioni dell’unica parte costituita in giudizio e in presenza di un lasso temporale comunque apprezzabile, non è infatti consentito presumere la mancata applicazione della norma (sentenza n. 16 del 2015).
3.− Prima di esaminare le singole censure proposte, è necessario brevemente rammentare gli approdi della giurisprudenza di questa Corte sulla questione del riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni a statuto speciale e le Province autonome in ordine alla disciplina della scelta del contraente nelle procedure ad evidenza pubblica regolate dal codice dei contratti pubblici.
È pacifico, anzitutto, che, anche se gli statuti speciali attribuiscono alle autonomie la competenza legislativa primaria in materia di lavori pubblici di esclusivo interesse regionale o provinciale, tale competenza, in forza di espresse e omologhe previsioni statutarie, deve essere esercitata nel rispetto della Costituzione, dei principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, degli obblighi internazionali e delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali.
È poi altrettanto pacifico che le disposizioni del d.lgs. n. 163 del 2006 (d’ora in avanti, codice dei contratti pubblici o codice) regolanti le procedure di gara, anche se relative ad appalti sotto soglia (sentenze n. 184 del 2011, n. 283 e n. 160 del 2009, n. 401 del 2007), sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza e vanno ascritte all’area delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali, nonché delle norme con le quali lo Stato ha dato attuazione agli obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea, sicché le autonomie speciali non possono dettare discipline da esse difformi (sentenze n. 187 e n. 36 del 2013, n. 74 del 2012, n. 328, n. 184 e n. 114 del 2011, n. 221 e n. 45 del 2010).
4.− Ciò premesso in via generale, deve in primo luogo precisarsi che, nonostante il Presidente del Consiglio dei ministri abbia promosso la questione indicata assumendo nell’epigrafe del ricorso esclusivamente la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., essa deve intendersi riferita anche all’art. 14, lettera g), dello statuto speciale della Regione siciliana (sentenze n. 328 e n. 114 del 2011, n. 221 del 2010).
Il ricorrente, infatti, nel corpo dell’atto ha chiaramente invocato tale ultimo parametro, che, nel prevedere la competenza regionale primaria in materia di lavori pubblici, l’assoggetta ai limiti delle «leggi costituzionali dello Stato» e «delle riforme agrarie e industriali deliberate dalla Costituente del popolo italiano», locuzione, questa, che è stata costantemente intesa da questa Corte come richiamo al rispetto dei «limiti derivanti dalle norme di rango costituzionale, dai principi generali dell’ordinamento giuridico statale, dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica nonché dagli obblighi internazionali» (sentenza n. 265 del 2013; nello stesso senso, sentenze n. 189 del 2007, n. 314 del 2003, n. 4 del 2000, n. 153 del 1995).
Lo stesso sviluppo argomentativo del ricorso rende evidente come il richiamo alla tutela della concorrenza serva a lumeggiare la natura di parametro interposto delle norme del codice dei contratti, parametro che riempie di contenuto i limiti statutari alla potestà legislativa regionale in materia di lavori pubblici, secondo il collaudato iter motivazionale fatto proprio dalla citata giurisprudenza di questa Corte.
Sebbene, poi, nell’indicare i limiti statutari il ricorrente faccia riferimento solo a quelli derivanti dalle «leggi costituzionali dello Stato», il richiamo all’art. 14 dello statuto speciale e alla costante giurisprudenza costituzionale impone di ritenere invocati anche quelli derivanti dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali e dagli obblighi internazionali, che, unitamente ai principi dell’ordinamento giuridico, vincolano anche la potestà legislativa della Regione siciliana.
5.− Nel merito, le questioni sono fondate.
La legge della Regione siciliana n. 12 del 2011 ha recepito il codice dei contratti del 2006, fatta eccezione per talune norme dichiarate non applicabili, e ha dettato una disciplina in parte derogatoria e in parte integrativa di quella statale.
L’impugnato art. 1 della legge della Regione siciliana n. 14 del 2015 ha poi disposto, fino al termine di cui all’art. 253, comma 20-bis, del codice dei contratti – all’inizio fissato al 31 dicembre 2013, in seguito più volte modificato dal legislatore statale e da ultimo stabilito nel 31 luglio 2016, ad opera dell’art. 7, comma 2, lettera b-bis), del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2016, n. 21 −, la sostituzione del comma 6 dell’art. 19 (rubricato «Criteri di aggiudicazione») della legge n. 12 del 2011 e l’introduzione di tre nuovi commi (dal 6-bis al 6-quater).
Il comma 6 sostituito prevedeva, per gli appalti non transfrontalieri (individuati al precedente comma 5) da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso, la possibilità di inserire nel bando di gara la clausola di esclusione automatica delle offerte che presentassero una percentuale di ribasso pari o inferiore alla soglia di anomalia fissata dall’art. 86, comma 1, del codice dei contratti, nella «media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento, arrotondato all’unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e di quelle di minor ribasso, incrementata dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la predetta media».
Il comma 6 riformulato, invece, con riferimento agli stessi appalti non transfrontalieri, sostituisce tale soglia con quella indicata dal successivo comma 6-bis, ai sensi del quale: «La soglia di anomalia è individuata dalla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento, arrotondato all’unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e quelle di minor ribasso, incrementata o decrementata percentualmente di un valore pari alla prima cifra, dopo la virgola, della somma dei ribassi offerti dai concorrenti ammessi. L’incremento o il decremento è stabilito in base alla prima cifra, dopo la virgola, della somma dei ribassi offerti dai concorrenti ammessi, rispettivamente se pari o dispari. Nel caso in cui il valore così determinato risulti inferiore all’offerta di minor ribasso ammessa, la gara è aggiudicata a quest’ultima. Per la determinazione della media, in caso di presentazione di offerte aventi identico ribasso, queste ultime sono computate una sola volta […]».
Il successivo comma 6-ter recita: «Le imprese che effettuano un ribasso superiore al 25 per cento producono, nell’offerta, le relative analisi giustificative che sono valutate dalla Commissione di gara nel caso risultino aggiudicatarie in sede di verifica di congruità dell’offerta».
Il comma 6-quater stabilisce, infine, che «Con decreto dell’Assessore regionale per le infrastrutture e la mobilità sono individuate le modalità di verifica per la congruità dell’offerta e le eventuali ulteriori disposizioni per la valutazione della corrispondenza fra le previsioni formulate in sede di verifica di congruità dell’offerta e l’esecuzione delle opere».
5.1.− La disciplina regionale in esame, dunque, si differenzia da quella codicistica, in primo luogo, in punto di individuazione della soglia di anomalia delle offerte nei contratti sotto soglia (artt. 122, comma 9, e 124, comma 8, che rinviano all’art. 86), affidata ad un diverso criterio matematico (commi 6 e 6-bis).
5.2.− Egualmente difforme è la previsione dell’obbligo di presentazione, in via preventiva, delle analisi giustificative dell’offerta, qualora quest’ultima presenti un ribasso inferiore al 25 per cento, obbligo che, in assenza di specificazioni o di legami con i commi precedenti, deve ritenersi riguardare sia gli appalti sopra soglia che quelli sotto soglia (comma 6-ter).
Tale obbligo, infatti, era imposto dall’art. 86, comma 5, del codice dei contratti, ma è stato in seguito eliminato dall’art. 4-quater, comma 1, lettera b), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.
5.3.− Non conforme alla disciplina nazionale è anche la disposizione del comma 6-quater.
Mentre il codice, infatti, fissa direttamente un articolato procedimento in contraddittorio con le imprese che hanno presentato offerte anormalmente basse (art. 88), indica i criteri di verifica di tali offerte (art. 87) e gli strumenti di rilevazione della congruità dei prezzi (art. 89), affidandone la conseguente ponderazione alle stazioni appaltanti, la disposizione regionale impugnata demanda a un decreto assessoriale l’individuazione di non meglio specificate modalità di verifica per la congruità dell’offerta (e di eventuali ulteriori disposizioni per la valutazione della corrispondenza fra le previsioni formulate in sede di verifica di congruità dell’offerta e l’esecuzione delle opere).
Alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte, dunque, le disposizioni impugnate, avendo disciplinato istituti afferenti alle procedure di gara in difformità dalle previsioni del codice dei contratti pubblici, sono costituzionalmente illegittime per avere violato i limiti statutari posti al legislatore regionale nella disciplina dei lavori pubblici.
6.− Resta da aggiungere che la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme regionali impugnate non comporta alcun vuoto normativo, trovando applicazione la disciplina dettata in materia dal codice dei contratti pubblici (sentenza n. 114 del 2011).
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, comma 6, della legge della Regione siciliana 12 luglio 2011, n. 12 (Disciplina dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Recepimento del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modifiche ed integrazioni e del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 e successive modifiche ed integrazioni. Disposizioni in materia di organizzazione dell’Amministrazione regionale. Norme in materia di assegnazione di alloggi. Disposizioni per il ricovero di animali), come sostituito dell’art. 1 della legge della Regione siciliana 10 luglio 2015, n. 14 (Modifiche all’articolo 19 della legge regionale 12 luglio 2011, n. 12);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, commi 6-bis, 6-ter e 6-quater, della legge della Regione siciliana n. 12 del 2011, come introdotti dalla legge della Regione siciliana n. 14 del 2015.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 ottobre 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 14 dicembre 2016.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA