Il TAR Lombardia – Milano, Sez. IV – con la sentenza n. 144 del 20 gennaio 2017, ha dichiarato illegittimo il provvedimento con cui un Comune aveva emesso ordine di bonifica diretto al proprietario dell’area, il quale aveva denunciato la situazione di inquinamento ed aveva recintato l’area.
A detta dei giudici del TAR adito, è stata posta, con l’ordinanza sindacale, la violazione dell’art. 192, comma 3, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152.
Infatti, come si legge dalla sentenza, “malgrado nell’area di che trattasi, nell’anno 2006, erano già stati abbandonati rifiuti, ciò non consente di ritenerla “in stato di abbandono”, come invece erroneamente sostenuto dalla difesa comunale, essendo la stessa delimitata e protetta, sebbene ciò non sia rivelato sufficiente ad impedire il perpetrarsi di condotte criminali, come detto tempestivamente denunciate dalla ricorrente, la cui prevenzione non può tuttavia gravare sulla stessa, mediante un ininterrotto obbligo di vigilanza della propria area, che risulterebbe sproporzionato rispetto agli ordinari canoni di diligenza”.
Infatti, l’illegittimità dell’ordinanza sindacale trova riscontro nel comportamento diligente del proprietario dell’area privata, il quale ha messo in atto tutte le dovute precauzioni del caso, avendo recintato il sito contaminato, inibendo l’accesso ai terzi.
Inoltre, i giudici milanesi, richiamando un orientamento consolidato della giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr ex aliis Cons. di Stato, Sez. VI, 7 novembre 2016, n. 4647; Cons. Stato, Sez. V, 18 dicembre 2015, n. 5757) il medesimo proprietario non può essere ritenuto oggettivamente responsabile dei comportamenti criminali di terzi, specie se tempestivamente denunciati alle Forze dell’Ordine.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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Pubblicato il 20/01/2017
N. 00144/2017 REG.PROV.COLL.
N. 03234/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3234 del 2011, proposto da:
Costruzioni Edili Pagani & C. S.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Jacopo Gasperi ed Andrea Zoppi, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Milano, Via Carlo Botta, 19;
contro
Comune di Casei Gerola, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Martino Colucci, con domicilio eletto in Milano, presso la Segreteria del Tribunale;
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Milano, Via Freguglia, 1;
per l’annullamento
dell’ordinanza sindacale n. 27 del 11.7.2011, nonché per l’accertamento del diritto della ricorrente a vedere rimosso dall’immobile di sua proprietà, a cura e spese dell’Amministrazione, il materiale ivi abusivamente e suo malgrado abbandonato, e per la condanna al risarcimento del danno mediante rifusione delle spese in cui la stessa è incorsa per la rimozione e lo smaltimento die rifiuti, pari ad Euro 1.320,00, oltre ad interessi legali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Casei Gerola e del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2017 il dott. Mauro Gatti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente, impresa edile, è proprietaria di un’area adibita a deposito dei propri materiali ed attrezzi, sita nel Comune di Casei Gerola (Fg. n. 12 mapp. n. 593).
In data 9.5.2011 il titolare della ricorrente ha denunciato ai Carabinieri l’abbandono abusivo sulla predetta area, da parte di ignoti, di lastre di fibrocemento e di rottami, ciò che ha dato luogo al provvedimento impugnato nel presente giudizio, con cui il Comune di Casei Gerola ha ordinato all’istante la rimozione e lo smaltimento degli stessi.
Il Comune resistente e la difesa erariale si sono costituiti nel presente giudizio, quest’ultima chiedendo di esserne estromessa, per difetto di legittimazione passiva.
All’udienza pubblica del 12.1.2017 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
I) In via preliminare, il Collegio deve scrutinare l’eccezione di difetto di legittimazione sollevata dalla difesa erariale, ed incentrata sull’impugnazione di un provvedimento comunale, senza che nel presente giudizio vengano in rilevino, neppure in via incidentale, atti statali.
L’eccezione va respinta.
Per giurisprudenza pacifica, in caso di impugnazione di un provvedimento contingibile ed urgente adottato dal Sindaco quale ufficiale di Governo, il relativo ricorso, se proposto solo per l’annullamento, non va effettivamente notificato anche al Ministero dell’Interno.
Tuttavia, nel caso in cui venga formulata anche un’azione risarcitoria, ritualmente introdotta nel presente giudizio, affinché lo Stato non venga chiamato a rispondere dei danni senza aver potuto tempestivamente difendersi, la notifica deve essere effettuata, a pena di inammissibilità del gravame, oltreché al Sindaco, anche al Ministero dell’Interno (T.A.R. Napoli, Campania, Sez. VI, 3.8.2016, n. 4013).
II) Quanto al merito, con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 192 del D.Lgs. 3.4.2006 n. 152, ritenendo che l’abbandono di rifiuti che ha dato luogo al provvedimento impugnato nel presente giudizio, non sia imputabile alla stessa a titolo di colpa, diversamente da quanto invece richiesto dalla citata norma che assume violata.
In via preliminare, osserva il Collegio che la dibattuta questione inerente la responsabilità del proprietario del suolo sul quale siano stati abbandonati rifiuti è stata rimessa alla Corte di Giustizia UE, che con sentenza 4.3.2015, C-534/13 ha escluso che al medesimo possano essere addebitati obblighi di bonifica e di ripristino, discendenti dalla mera qualifica di titolare di un diritto reale sul bene, sancendo così l’incompatibilità comunitaria di una disciplina nazionale che preveda una responsabilità oggettiva, discendente dalla mera qualifica di titolare di un diritto reale sul bene.
Ai fini della definizione della presente controversia è pertanto necessario concretamente accertare la misura della diligenza richiesta alla ricorrente, al fine di qualificare o meno il suo comportamento come colposo.
Sul punto, la giurisprudenza sostiene che, “ai fini della rimozione di rifiuti abbandonati su terreni di proprietà privata, il requisito della colpa può consistere nell’omissione delle cautele e degli accorgimenti che l’ordinaria diligenza suggerisce ai fini di un’efficace custodia a tutela della salute pubblica” (C.S., Sez. V, 18.12.2015, n. 5757), precisando tuttavia che “il dovere di diligenza che fa capo al titolare del fondo non può spingersi sino al punto da richiedere una costante vigilanza, da esercitarsi giorno e notte, per impedire ad estranei di invadere l’area e di abbandonarvi rifiuti”, eccedendo un impegno di tale entità gli ordinari canoni della diligenza media e del buon padre di famiglia, alla base della stessa nozione di colpa, nei casi in cui, come quello di specie, questa è indicata in modo generico, senza ulteriori specificazioni (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 12.5.2014 n. 4898, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 10.4.2012 n. 1706).
Conseguentemente, l’obbligo di diligenza deve essere valutato secondo criteri di ragionevole esigibilità, dovendosi perciò circoscrivere la responsabilità colposa in capo al proprietario non autore dello sversamento quando il medesimo avrebbe potuto evitare il fatto sopportando un sacrificio obiettivamente proporzionato (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 9.10.2014, n. 2452).
III) Venendo al caso di specie, la ricorrente ha documentato di aver delimitato l’area di che trattasi con una rete, sostenuta da pali metallici, ponendo sulla sua sommità filo spinato, e di aver posto, in prossimità della porta di accesso, una sbarra in ferro, avente una lunghezza pari circa alla distanza intercorrente tra due pali, collegata per l’apertura ad un lucchetto (docc. nn. 3-5).
Ritiene il Collegio che, mediante l’adozione delle sopra descritte cautele, che hanno delimitato e protetto l’accesso all’area di sua proprietà, la ricorrente abbia adempiuto ai propri doveri di diligenza, non potendo la stessa essere ritenuta oggettivamente responsabile dei comportamenti criminali di terzi, peraltro tempestivamente denunciati alle Forze dell’Ordine.
IV) Né in contrario rileva la giurisprudenza invocata dalla difesa comunale, che essendo riferita ad una casistica non analoga a quella per cui è causa, depone in realtà in favore dell’accoglimento del ricorso.
T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 24.2.2014 n. 571, ha infatti ritenuto provata la “culpa in vigilando”, oltreché a fronte della mancata predisposizione delle opportune misure per impedire l’ingresso di soggetti intenzionati ad abbandonare rifiuti nell’area, soprattutto, in relazione agli inadempimenti agli obblighi che, sin dal 1989, erano stati ritenuti necessari dall’autorità per limitare il progressivo degrado ambientale dell’area, ciò che differenza significativamente detta fattispecie da quella per cui è causa. Inoltre, nella citata sentenza n. 571/2014, il T.A.R. aveva ritenuto che la sbarra posta all’ingresso della proprietà fosse “del tutto inadeguata, se non proprio inesistente, a ciò dovendosi aggiungere che manca qualsiasi struttura di delimitazione del confine di proprietà”, non essendo pertanto tale precedente invocabile nel caso di specie, in cui, come, detto, l’attuale ricorrente ha provveduto a delimitare l’area, ed a proteggere la stessa dagli accessi.
Parimenti, C.S., Sez. V, 10.6.2014 n. 2977, diversamente da quanto ritenuto dalla difesa comunale, non è pertinente alla fattispecie per cui è causa.
Detta sentenza, pur ritenendo effettivamente “inadeguato” il “rafforzamento” di una sbarra posta sulla stradina di accesso all’area, ha tuttavia affermato ciò tenendo conto che la stessa, diversamente da quella per cui è causa, era “da tempo adibita a discarica”, e soprattutto stigmatizzando come, in quel caso, la proprietà avesse iniziato a proteggere detta area solo “ex post”, nel corso del giudizio, a seguito dell’ordinanza cautelare nel medesimo emanata.
Ad abundantiam, osserva il Collegio che la fattispecie decisa da C.S. n. 2977/2014 cit. è caratterizzata da numerose e rilevanti peculiarità che la differenziano da quella oggetto del presente giudizio, sia in relazione alla natura pubblica del proprietario (Regione Campania), che dal rilievo rivestito, in quella vicenda, dalle “realtà locali, caratterizzate dalla perduranza di situazioni emergenziali, dalla assenza diffusa di senso civico delle cittadinanze, da una diffusa omertà e dalla presenza di organizzazioni criminali proprio nel settore del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti”.
V) In conclusione, malgrado nell’area di che trattasi, nell’anno 2006, erano già stati abbandonati rifiuti, ciò non consente di ritenerla “in stato di abbandono”, come invece erroneamente sostenuto dalla difesa comunale, essendo la stessa delimitata e protetta, sebbene ciò non sia rivelato sufficiente ad impedire il perpetrarsi di condotte criminali, come detto tempestivamente denunciate dalla ricorrente, la cui prevenzione non può tuttavia gravare sulla stessa, mediante un ininterrotto obbligo di vigilanza della propria area, che risulterebbe sproporzionato rispetto agli ordinari canoni di diligenza.
Il ricorso va pertanto accolto, dovendosi per l’effetto annullare il provvedimento in epigrafe impugnato.
VI) La ricorrente formula altresì una domanda di risarcimento dei danni subiti in conseguenza del provvedimento impugnato, consistenti nelle spese dalla stessa sostenute per lo smaltimento dei rifiuti abbandonati sull’area oggetto del presente giudizio.
A tal fine, la ricorrente produce una fattura della Ditta Aeffe Lattoneria e Coperture S.r.l., avente un importo di Euro 1.320,00, su cui le difese delle Amministrazioni resistenti non hanno puntualmente controdedotto alcunché.
Ritiene il Collegio che detti danni, in quanto conseguenza immediata e diretta del provvedimento impugnato, vadano risarciti, dovendosi per l’effetto condannare il Comune di Casei Gerola ed il Ministero dell’interno, in solido tra loro, alla rifusione delle spese sostenute per lo smaltimento dei rifiuti abbandonati sull’area della ricorrente, pari ad Euro 1.320,00, oltre a rivalutazione monetaria, ed interessi legali, fino alla data di effettivo pagamento.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto annulla il provvedimento in epigrafe impugnato, ed accoglie la domanda di risarcimento del danno, nei termini di cui in motivazione.
Condanna il Comune di Casei Gerola ed il Ministero dell’Interno, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali in favore della ricorrente, equitativamente e complessivamente liquidate in Euro 2.000,00, oltre agli oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Angelo Gabbricci, Presidente
Mauro Gatti, Consigliere, Estensore
Concetta Plantamura, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Mauro Gatti | Angelo Gabbricci | |
IL SEGRETARIO