Nella giornata di ieri 11 gennaio 2017, la Corte Costituzionale ha approvato due dei quesiti referendari proposti dalla CGIL nel luglio del 2016, quello sui voucher e quello sugli appalti, bocciando invece quello sull’articolo 18 della L. 300/1970 (Statuto dei lavoratori).
Infatti, la Corte ha deciso di non ammettere il quesito relativo all’abolizione delle modifiche all’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, modifiche apportate dal “Jobs Act” del governo Renzi, mentre sono stati ammessi gli altri due quesiti: quello che riguarda l’abrogazione totale dei c.d. “voucher”, lo strumento individuato per la remunerazione di prestazioni lavorative occasionali, e quello che il ripristino delle tutele nei confronti dei lavoratori “esternalizzati” da società che stanno lavorando in appalto.
Nel luglio del 2016 la CGIL aveva raccolto circa 3,3 milioni di firme a sostegno dei tre quesiti referendari, i quali lo scorso dicembre avevano ottenuto la dichiarazione di conformità alla legge da parte della Corte di Cassazione.
Ecco in sintesi le questioni attinenti ai tre quesiti referendari.
1. Voucher
Si tratta del primo quesito referendario, approvato dalla Consulta, il quale mira, per l’appunto, all’abolizione dei voucher, uno strumento che serve a permettere la remunerazione legale di lavori saltuari. Questi voucher (che sono disponibili a partire da un importo lordo di 10 euro, corrispondenti ad un compenso netto di 7,50 euro per il lavoratore) vengono acquistati dal datore di lavoro, il quale li consegna al lavoratore. Le modifiche ai voucher previste dal Jobs Act sono piuttosto lievi e poco incisive, ma di fatto l’abolizione di alcuni articoli del Jobs Act comporterà la totale eliminazione di questo strumento, già peraltro previsto da un’altra legge del 2003.
2. Art. 18 Statuto dei Lavoratori
Il secondo quesito, quello bocciato dalla Corte, riguardava l’articolo 18 della legge n. 300 del 1970 (“Statuto dei lavoratori”). L’articolo 18 è inserito nel “Titolo II – Della libertà sindacale” e concerne i licenziamenti senza giusta causa per determinate categorie di lavoratori e lavoratrici. Con le modifiche apportate prima dalla legge Fornero e poi dal Jobs Act del governo Renzi, i licenziamenti senza giusta causa prevedono il pagamento di un indennizzo economico a favore del lavoratore che varia da un minimo di 4 a un massimo di 24 mensilità e che ha un incremento con il susseguente aumento dell’anzianità di servizio. Con il referendum l’obiettivo era l’abrogazione di tale sistema basato su un’indennità e il ripristino, in caso di licenziamento illegittimo, della possibilità della reintegrazione nel posto di lavoro, con contestuale estensione di tale obbligo per tutte le aziende con almeno 5 dipendenti.
3. Appalti
L’ultimo quesito, approvato dalla Consulta, riguarda una modifica alla responsabilità di committenti, appaltatori e sub-appaltatori nei confronti dei lavoratori impiegati negli appalti. Allo stato attuale, se un appaltatore non paga i contributi a un suo dipendente, la responsabilità del pagamento ricade anche sui suoi committenti. Ciò non accade in caso di lavoro alle dipendenze di una ditta esternalizzata, non facente parte della normale filiera d’appalto, in quanto il lavoratore potrà rivolgersi unicamente al proprio datore di lavoro e a nessun altro per ottenere il pagamento dei contributi. Pertanto, il referendum, in caso di approvazione popolare, mira ad affermare la responsabilità degli appaltatori anche nei confronti dei lavoratori impiegati da società che eseguono lavori “esternalizzati”.