PAT: il TAR Catania sul mancato deposito della copia cartacea d’obbligo

Il TAR Sicilia – Catania, Sez. III, con la sentenza n. 499 del 13 marzo 2017, sulle conseguenze nel caso di mancato deposito della c.d. copia cartacea d’obbligo e sul deposito di un ricorso senza firma in formato digitale.

Il Collegio ha affermato che “l’art. 45 c.p.a. statuisce l’onere del deposito nella segreteria del ricorso, ovviamente in originale, e, pertanto, il deposito di una fotocopia dello stesso, e non del documento originario, non costituirebbe strumento idoneo a portare all’esame del giudice adito l’atto di impulso processuale ed il relativo ricorso dovrebbe essere dichiarato inammissibile”.

Pertanto è stato ritenuto inammissibile un ricorso costituente una copia per immagine dell’atto cartacea e che non riportava alcuna firma in formato digitale e senza attestazione di conformità, così come la procura a margine e le notifiche, non firmate digitalmente e non asseverate.

Il TAR Catania, sul merito, si è pronunciato altresì su un bando di gara in cui veniva chiesto ai partecipanti di documentare eventuale pregresso svolgimento di servizi analoghi, asserendo che “la stazione appaltante non è legittimata ad escludere i concorrenti che non abbiano svolto tutte le attività oggetto dell’appalto, né ad assimilare impropriamente il concetto di servizi analoghi con quello di servizi identici, atteso che la ratio sottesa alla succitata clausola del bando va individuata nel contemperamento tra l’esigenza di selezionare un imprenditore qualificato ed il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche”.

Si riporta di seguito il testo della sentenza.

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Pubblicato il 13/03/2017

N. 00499/2017 REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 7 del 2017, proposto da:
Consorzio Sociale Glicine, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Enrico Buscemi C.F. BSCNCN76R14C351F e Donato De Luca C.F. DLCDNT41B10C351N, con domicilio eletto presso l’avvocato Enrico Buscemi in Catania, piazza Abramo Lincoln 19;

contro

Istituto Nazionale Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Pier Luigi Tomaselli C.F. TMSPLG62D12C351D, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, P.Repubblica 26;

nei confronti di

Società Cooperativa Sociale Nido D’Argento, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Stefano Scimeca C.F. SCMSFN69C23F839G, con domicilio eletto presso l’avvocato Giovanni Pappalardo in Catania, viale Vittorio Veneto N. 59;
Cooperativa Sociale Azione Sociale, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;

per l’annullamento

della determinazione numero RS/389 /2016 del 10 novembre 2016, comunicata alla ricorrente l’11 novembre 2016, di approvazione delle deliberazioni assunte dalla commissione giudicatrice della gara indetta dall’Inps per affidamento della gestione dei servizi socio educativi, portierato, guardiania, centralino, assistenza infermieristica e trasporto passeggeri presso il convitto Luigi Sturzo di Caltagirone dell’INPS.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Società Cooperativa Sociale Nido D’Argento e dell’Istituto Nazionale Previdenza Sociale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2017 la dott.ssa Maria Stella Boscarino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Visto il ricorso introduttivo del presente giudizio, con il quale parte ricorrente contesta la legittimità dei provvedimenti indicati in epigrafe in virtù dei quali, in esito alla fase di verifica della documentazione amministrativa prodotta dagli operatori economici concorrenti, con particolare riferimento ai profili inerenti la sussistenza dei prescritti requisiti soggettivi, economico finanziari e tecnico professionali, sono state ammesse alle successive fasi della procedura tutte e tre le imprese offerenti, adducendosi, in particolare:

– la non conformità dell’offerta della Società Cooperativa Sociale Nido D’Argento (ed imprese associate) ai requisiti prescritti dall’articolo 7, c.3, par.II del disciplinare di gara (finalizzati alla dimostrazione della capacità economica e finanziaria), per essere stati indicati (nell’elenco servizi prescritto dal disciplinare) servizi fatturati non analoghi, atteso che, secondo parte ricorrente, i servizi conformi alle prescrizioni del disciplinare sarebbero quelli svolti mediante l’inserimento della figura dell’educatore laureato, richiesta per il servizio oggetto di gara;

– la non conformità delle offerte presentate da entrambe le concorrenti (RTI Società Cooperativa Sociale Nido D’Argento e Cooperativa Sociale Azione Sociale) per insussistenza dei requisiti di capacità tecnica prescritti dall’articolo 7, c.1, lett.”c” del disciplinare, poiché i servizi elencati non sarebbero analoghi a quello di cui alla gara (gestione dei servizi socio educativi, portierato, guardiania, centralino, assistenza infermieristica e trasporto passeggeri);

Sentite, nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2017, le parti, alla quale è stato dato avviso, ai sensi dell’articolo 73, c.3, c.p.a., della possibile decisione della causa con sentenza di rito, avuto riguardo ai profili di inammissibilità di cui infra;

Ritenuto:

di dover disattendere la richiesta di differimento della trattazione del ricorso, proposta durante la discussione in camera di consiglio da parte ricorrente, con opposizione delle altre parti, avuto riguardo alla circostanza che, come si evince anche dall’ordinanza della sesta sezione del Consiglio di Stato n. 880/2017 dalla stessa invocata, il precetto in forza del quale nel processo amministrativo, per tutto il corrente anno 2017, “per i giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, con modalità telematiche deve essere depositata almeno una copia cartacea del ricorso e degli scritti difensivi, con l’attestazione di conformità al relativo deposito telematico”, è volto a consentire al Collegio una più agevole lettura degli atti processuali, di guisa che non può essere invocato dalle parti (tanto meno da quella che non ha adempiuto all’obbligo di depositare almeno una copia cartacea degli atti del processo amministrativo) per posporre la trattazione del ricorso, specie in relazione a una fattispecie, quale quella in esame, per la quale la disposizione processuale di riferimento (art.120 commi 2 bis e 6 bis c.p.a.) non consente richieste dilatorie (non potendosi, peraltro, tralasciare, in proposito, di rilevare che l’omissione del deposito della copia cartacea, con invito a provvedere, risulta segnalata dalla Segreteria di questo T.A.R. in data 8.2.2017);

Rilevato che il ricorso introduttivo del presente giudizio, costituente una copia per immagine dell’atto cartaceo, non è stato firmato digitalmente e soprattutto non contiene attestazione di conformità, così come la procura a margine, non sottoscritta digitalmente e analogamente non asseverata, così come pure le notifiche;

Ritenuto che tali carenze determinano l’inammissibilità del ricorso;

Visto l’art. 13, comma 1 ter, delle norme di attuazione del cod. proc. amm., secondo il quale “salvi i casi in cui è diversamente disposto, tutti gli adempimenti previsti dal codice e dalle norme di attuazione inerenti ai ricorsi depositati in primo o secondo grado dal 1° gennaio 2017 sono eseguiti con modalità telematiche, secondo quanto disciplinato nel decreto di cui al comma 1”;

Visto il D.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40 (Regolamento recante le regole tecnico-operative per l’attuazione del processo amministrativo telematico), il quale stabilisce:

– all’art.8 che <<1. La procura alle liti e’ autenticata dal difensore, nei casi in cui e’ il medesimo a provvedervi, mediante apposizione della firma digitale. 2. Nei casi in cui la procura e’ conferita su supporto cartaceo, il difensore procede al deposito telematico della copia per immagine su supporto informatico, compiendo l’asseverazione prevista dall’articolo 22, comma 2, del CAD con l’inserimento della relativa dichiarazione nel medesimo o in un distinto documento sottoscritto con firma digitale. 3. La procura alle liti si considera apposta in calce all’atto cui si riferisce:

a) quando e’ rilasciata su documento informatico separato depositato con modalita’ telematiche unitamente all’atto a cui si riferisce; b) quando e’ rilasciata su foglio separato del quale e’ estratta copia informatica, anche per immagine, depositato con modalita’ telematiche unitamente all’atto a cui si riferisce>>;

– all’art. 9, comma 1, che “salvo diversa espressa previsione, il ricorso introduttivo, le memorie, il ricorso incidentale, i motivi aggiunti e qualsiasi altro atto del processo, anche proveniente dagli ausiliari del giudice, sono redatti in formato di documento informatico sottoscritto con firma digitale conforme ai requisiti di cui all’articolo 24 del CAD”;

– all’art. 11 che << 1. I formati degli atti, dei documenti informatici e delle copie informatiche dei documenti analogici allegati agli atti del processo, nonche’ le modalita’ di deposito di atti, documenti e verbali sono stabiliti dalle specifiche tecniche di cui all’articolo 19>>;

– all’art.14 c.5 che:

<< Qualora la notificazione non sia eseguita con modalita’ telematiche, la copia informatica degli atti relativi alla notificazione deve essere depositata nel fascicolo informatico secondo quanto previsto dalle specifiche tecniche di cui all’articolo 19. In tale caso l’asseverazione prevista dall’articolo 22, comma 2, del CAD e’ operata con inserimento della dichiarazione di conformita’ all’originale nel medesimo o in un documento informatico separato>>;

Visto l’art. 7, comma 3, d.l. 31 agosto 2016, n. 168, il quale ha previsto che “Le modifiche introdotte dal presente articolo, nonchè quelle disposte dall’articolo 20, comma 1-bis, del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, come modificato dal presente articolo, hanno efficacia con riguardo ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017”;

Inoltre, prevede la modifica dell’art.136 c.p.a. con l’introduzione di un comma 2-ter, a mente del quale:

«Quando il difensore depositi con modalità telematiche la copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte, di un provvedimento del giudice o di un documento formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, attesta la conformità della copia al predetto atto mediante l’asseverazione di cui all’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. La copia munita dell’attestazione di conformità equivale all’originale o alla copia conforme dell’atto o del provvedimento. Nel compimento dell’attestazione di conformità di cui al presente comma i difensori assumono ad ogni effetto la veste di pubblici ufficiali>>.

Ritenuto, pertanto, con specifico riferimento al ricorso in esame, che (prescindendosi dal problema della sottoscrizione autografa e non con firma digitale, sulla cui inammissibilità si è espresso T.A.R. Campania, sez. II. Napoli, 22/02/2017, n. 1053, trattandosi di ricorso notificato anteriormente al 31.12.2016), anche a superare l’irritualità della prova delle notifiche, avuto riguardo all’avvenuta costituzione in giudizio dell’Amm.ne e di una delle controinteressate (ciò che comunque lascerebbe impregiudicato il problema del passaggio in decisione del ricorso in carenza della prova della notifica ad una delle parti), rimane il fatto che:

– la parte ricorrente, non avendo depositato il ricorso nella forma di documento informatico, ma essendosi avvalsa della facoltà di depositare una copia informatica per immagine del ricorso in formato analogico, ha però omesso la prescritta dichiarazione di conformità all’originale;

– alla predetta copia del ricorso non risulta allegata una procura alle liti che possa ritenersi valida secondo le modalità stabilite dall’art. 8, comma 3, D.P.C.M. cit., essendo priva di alcuna dichiarazione di asseverazione;

– la seconda procura, rilasciata ad ulteriore difensore e depositata soltanto il 28.2.2017, ove mai regolare perché conforme alle disposizioni sopra indicate, non può, all’evidenza, refluire sugli atti processuali (né tantomeno sanarli) redatti e depositati fino a quel momento;

Rilevato, altresì, che le menzionate carenze sono state puntualmente segnalate da questo Ufficio giudiziario, con apposite “comunicazioni di cortesia” del 17/01/17, alla parte ricorrente, la quale non vi ha comunque posto rimedio, fermo restando che qualunque integrazione fosse pervenuta da parte ricorrente non avrebbe potuto convalidare l’attività processuale fino a quel momento svolta, non potendosi, all’evidenza, eludere i termini perentori di cui all’art. 45, comma 1, cod. proc. amm., dimezzato ai sensi dell’art. 120, comma 3, in relazione all’art. 119, comma 2, del medesimo codice;

Considerato che il richiamato art. 45 c.p.a. statuisce l’onere del deposito nella segreteria del ricorso, ovviamente in originale, e, pertanto, il deposito di una fotocopia dello stesso, e non del documento originario, non costituirebbe strumento idoneo a portare all’esame del giudice adito l’atto di impulso processuale ed il relativo ricorso dovrebbe essere dichiarato inammissibile (sull’obbligo, incombente sulla parte ricorrente, di cui al comma 1 del richiamato art. 45 del deposito del ricorso in originale entro il termine, espressamente definito perentorio, e sulla conseguente pronuncia di inammissibilità del gravame, anche in costanza di costituzione delle parti intimate senza sollevare eccezioni si veda, tra le più recenti T.A.R. Lazio, sez. II Roma, 1/2/2017, n. 1646): situazione del tutto sovrapponibile al deposito di una copia informatica non asseverata corredata da procura parimenti non asseverata;

Ritenuto di non ravvisare, nella fattispecie, gli estremi per accordare il beneficio della rimessione in termini per errore scusabile, non risultando, la richiamata difformità dallo schema legale (che prevede il deposito di copia informatica degli atti di parte munita di dichiarazione di conformità quale modalità alternativa, anche a regime, individuata dalla richiamata normativa, procedure queste, oltre che chiaramente normate dalle disposizioni sopra indicate, altresì esplicitate nelle “Istruzioni ad uso degli avvocati” pubblicate nel sito internet istituzionale della Giustizia amministrativa), riconducibile ad eventuali difficoltà operative connesse all’avvio del processo amministrativo telematico;

Ritenuto che la normativa relativa all’asseverazione trae origine, per l’espresso richiamo sopra evidenziato, dall’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, da disposizione, quindi, invero datata;

Ritenuto, pertanto, che le richiamate carenze comportino l’inammissibilità del ricorso, ritenendo il Collegio di condividere l’orientamento recentemente espresso in proposito dalla giurisprudenza (cfr. T.A.R. Campania, sez. I Salerno, 6/2/2017, n. 213), ad eccezione del capo relativo alla compensazione delle spese di giudizio;

a tale ultimo riguardo, infatti, sebbene la circostanza che il ricorso in questione, notificato entro il 31 dicembre 2016, ricada sotto le prescrizioni della nuova normativa solo in virtù del deposito, avvenuto successivamente al 1 gennaio 2017, potrebbe indurre ad una valutazione favorevole sotto il profilo delle spese di giudizio, con eventuale compensazione, il Collegio ritiene però di dover valorizzare la circostanza che, quand’anche il ricorso non fosse stato dichiarato inammissibile, comunque sarebbe stato respinto in quanto infondato;

ritiene infatti il Collegio non condivisibile la prospettazione di parte ricorrente secondo la quale non avrebbero potuto essere valutati i servizi elencati dalle altre concorrenti perché non analoghi: infatti, ritenere che gli unici servizi valutabili dovessero essere quelli integralmente sovrapponibili ai quattro servizi accorpati ai fini della gara in questione nella logica delle global service, comporterebbe una inammissibile restrizione del confronto concorrenziale;

risulta, al contrario, desumibile dal disciplinare che la capacità economica e finanziaria nonché la capacità tecnica dovessero essere comprovati con riferimento a servizi analoghi, non identici;

tanto meno può condividersi la prima censura, atteso che il disciplinare non ha limitato i servizi valutabili a quelli svolti con la previsione della figura dell’educatore laureato;

ora, il tenore letterale del disciplinare non consente di identificare i servizi oggetto di valutazione (analoghi) con quelli identici (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 23/11/2016, n. 4908, secondo il quale nelle gare pubbliche i servizi analoghi o afferenti designano una categoria aperta di prestazioni accomunate da elementi caratterizzanti simili ed omogenei a quelli messi gara, dialetticamente opposti ai servizi identici, connotati invece dall’essere categoria chiusa di prestazioni aventi medesima consistenza di tipo e funzione, sì da collidere con il precetto conformante le procedure di gara inteso a garantire la massima partecipazione delle imprese operanti nel medesimo segmento di mercato); d’altra parte, la Giurisprudenza ha univocamente affermato che nel caso in cui con il bando venga richiesto ai partecipanti di documentare il pregresso svolgimento di servizi analoghi, la stazione appaltante non è legittimata ad escludere i concorrenti che non abbiano svolto tutte le attività oggetto dell’appalto, né ad assimilare impropriamente il concetto di servizi analoghi con quello di servizi identici, atteso che la ratio sottesa alla succitata clausola del bando va individuata nel contemperamento tra l’esigenza di selezionare un imprenditore qualificato ed il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche (T.A.R. Lombardia, sez. I di Milano, 28/07/2015, n. 1845; T.A.R. Basilicata, sez. I Potenza, 22 marzo 2016 n. 260; T.A.R. Marche, sez. I Ancona, 4 giugno 2016 n. 365, secondo cui la prescrizione deve ritenersi soddisfatta qualora il concorrente abbia comunque dimostrato lo svolgimento di servizi rientranti nel medesimo settore imprenditoriale o professionale cui inerisce l’appalto; per « servizi analoghi » devono considerarsi quelli simili, che afferiscano a quelli oggetto dell’appalto, della stessa tipologia lato sensu intesa);

ma anche a prescindere dalla lettera della legge della gara, nel dubbio, comunque, le clausole delle procedure di gara devono essere interpretate nel senso della maggiore possibile partecipazione delle imprese, a tutto vantaggio dell’interesse pubblico al maggior confronto concorrenziale, anziché in senso restrittivo (ex multis Consiglio di Stato, sez. IV, 14/03/2016, n. 1015);

ritenuto pertanto che, in considerazione del fatto che il ricorso sarebbe stato comunque meritevole di reiezione, le spese debbano, come di regola, seguire la soccombenza, ma che nella quantificazione delle stesse possa tenersi conto della circostanza della recente entrata in vigore della riforma di cui in premessa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna parte ricorrente a rifondere alle parti costituite spese ed onorari di giudizio, liquidati nella misura di euro 1.000,00 per ciascuna di esse.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:

Pancrazio Maria Savasta, Presidente

Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore

Giuseppa Leggio, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Maria Stella Boscarino Pancrazio Maria Savasta

IL SEGRETARIO

Redazione

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