La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 66 del 7 aprile 2017, ha statuito l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge reg. Piemonte n. 11 del 2016, che ha introdotto il comma 3-bis all’art. 10 della legge regionale n. 21 del 1991, vietando la possibilità che anche all’interno delle parafarmacie siano effettuate alcune prestazioni di analisi di “prima istanza”.
In particolare, tale disposizione prevede che “negli esercizi commerciali individuati in base all’articolo 5 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, l’impiego di apparecchi di autodiagnostica rapida è consentito limitatamente al rilevamento di prima istanza di trigliceridi, glicemia e colesterolo totale, secondo le modalità stabilite da disposizioni della Giunta regionale”.
A giudizio della Consulta, tale ampliamento alle parafarmacie, previsto dalla normativa della Regione Piemonte, appare seriamente in contrasto con la legislazione nazionale.
Si legge, infatti, dalla sentenza: “In virtù di alcuni interventi di liberalizzazione, la legislazione statale vigente consente che negli esercizi di vicinato e nelle grandi e medie strutture di vendita possano vendersi talune classi di medicinali non soggette a prescrizione medica (art. 32 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici», convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214). Per quanto riguarda le prestazioni analitiche di prima istanza (fra le quali quelle contemplate dalla legge regionale impugnata), viceversa, nessuna facoltà è stata riconosciuta in capo agli esercizi commerciali diversi dalle farmacie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale (art. 1, comma 2, lettere d ed e, del d.lgs. n. 153 del 2009). Pertanto, la legge statale limita la possibilità di effettuare le prestazioni analitiche di autocontrollo (nelle quali rientrano quelle contemplate dalla disposizione regionale impugnata) alle sole farmacie”.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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SENTENZA N. 66
ANNO 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
– Paolo GROSSI Presidente
– Giorgio LATTANZI Giudice
– Aldo CAROSI ”
– Marta CARTABIA ”
– Mario Rosario MORELLI ”
– Giancarlo CORAGGIO ”
– Giuliano AMATO ”
– Silvana SCIARRA ”
– Daria de PRETIS ”
– Nicolò ZANON ”
– Franco MODUGNO ”
– Augusto Antonio BARBERA ”
– Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Piemonte 16 maggio 2016, n. 11 (Modifica alla legge regionale 14 maggio 1991, n. 21 recante «Norme per l’esercizio delle funzioni in materia farmaceutica»), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 16-20 luglio 2016, depositato in cancelleria il 20 luglio 2016 ed iscritto al n. 44 del registro ricorsi 2016.
Visto l’atto di costituzione della Regione Piemonte;
udito nell’udienza pubblica del 21 marzo 2017 il Giudice relatore Marta Cartabia;
uditi l’avvocato dello Stato Leonello Mariani per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giovanna Scollo per la Regione Piemonte.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 16 e il 18 luglio 2016 (r.r. n. 44 del 2016), il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Piemonte 16 maggio 2016, n. 11 recante «Modifica alla legge regionale 14 maggio 1991, n. 21 (Norme per l’esercizio delle funzioni in materia farmaceutica)», per violazione degli artt. 32, primo comma, e 117, terzo comma, della Costituzione.
1.1.– L’art. 1, comma 1, della legge regionale n. 11 del 2016 sostituisce l’art. 10, comma 3, della legge della Regione Piemonte 14 maggio 1991, n. 21 (Norme per l’esercizio delle funzioni in materia farmaceutica), stabilendo che «[n]elle farmacie aperte al pubblico sono impiegabili apparecchi di autodiagnostica destinati ad effettuare le prestazioni analitiche di prima istanza indicate nel decreto del Ministero della salute 16 dicembre 2010 del Ministero della salute (Disciplina dei limiti e delle condizioni delle prestazioni analitiche di prima istanza, rientranti nell’ambito dell’autocontrollo ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera e), e per le indicazioni tecniche relative ai dispositivi strumentali ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera d) del decreto legislativo n. 153 del 2009)».
L’art. 1, comma 2, della medesima legge regionale inserisce il comma 3-bis del citato art. 10 della legge regionale n. 21 del 1991, prevedendo che «negli esercizi commerciali individuati in base all’articolo 5 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, l’impiego di apparecchi di autodiagnostica rapida è consentito limitatamente al rilevamento di prima istanza di trigliceridi, glicemia e colesterolo totale, secondo le modalità stabilite da disposizioni della Giunta regionale».
1.2.– Secondo il ricorrente, l’impugnato art. 1, comma 1, riproduce un principio fondamentale in materia di «tutela della salute», contenuto nell’art. 1 del decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153 (Individuazione di nuovi servizi erogati dalle farmacie nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, nonché disposizioni in materia di indennità di residenza per i titolari di farmacie rurali, a norma dell’articolo 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69), il quale, in attuazione della delega contenuta nell’art. 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile) provvede alla «definizione dei nuovi compiti e funzioni assistenziali delle farmacie pubbliche e private operanti in convenzione con il Servizio sanitario nazionale» (comma 1), includendo, tra i «nuovi servizi assicurati dalle farmacie nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto di quanto previsto dai Piani socio-sanitari regionali e previa adesione del titolare della farmacia», «l’effettuazione, presso le farmacie, nell’ambito dei servizi di secondo livello di cui alla lettera d), di prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell’ambito dell’autocontrollo, nei limiti e alle condizioni stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, restando in ogni caso esclusa l’attività di prescrizione e diagnosi, nonché il prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe o dispositivi equivalenti» (comma 2, lettera e). La disposizione statale ha trovato attuazione nel decreto del Ministero della salute 16 dicembre 2010 recante «Disciplina dei limiti e delle condizioni delle prestazioni analitiche di prima istanza, rientranti nell’ambito dell’autocontrollo ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera e) e per le indicazioni tecniche relative ai dispositivi strumentali ai sensi dell’art. 1, comma 2, lettera d) del decreto legislativo n. 153 del 2009», che ha specificato quali prestazioni analitiche siano effettuabili in farmacia.
La difesa dello Stato osserva che, secondo la giurisprudenza costituzionale, la riproduzione in una legge regionale di un principio fondamentale previsto da leggi statali in materia di competenza legislativa concorrente, qual è la «tutela della salute», costituisce una novazione della fonte, di per sé lesiva dell’art. 117, terzo comma, Cost.
1.3.– Il ricorrente impugna altresì l’art. 1, comma 2, della medesima legge regionale n. 11 del 2016, che consente l’impiego di apparecchi di autodiagnostica rapida per il rilevamento di trigliceridi, glicemia e colesterolo totale anche presso gli esercizi di vicinato e nelle medie e grandi strutture di vendita. Simile previsione sarebbe in contrasto con il principio fondamentale in materia di «tutela della salute», contenuto nei citati d.lgs. n. 153 del 2009 e d.m. 16 dicembre 2010, secondo i quali detto impiego è ammissibile solo nelle farmacie, dove è individuato un soggetto garante delle prestazioni di analisi.
Tale contrasto determinerebbe la violazione degli artt. 32, primo comma, e 117, terzo comma, Cost.
2.– Con atto depositato il 29 agosto 2016, si è costituita in giudizio la Regione Piemonte, chiedendo che il ricorso venga dichiarato non fondato.
2.1.– In merito all’art. 1, comma 1, della legge reg. n. 11 del 2016 la resistente contesta che, in materia di competenza legislativa concorrente, non sia costituzionalmente ammissibile la novazione della fonte.
Neppure sarebbe fondata la questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 1, comma 2, della medesima legge, in quanto, anche negli esercizi di vicinato e nelle medie e grandi strutture di vendita, è prevista la presenza di un farmacista abilitato, garante delle prestazioni analitiche lì effettuate.
3.– Con memoria depositata il 28 febbraio 2017, il Presidente del Consiglio dei ministri ha insistito perché le disposizioni impugnate vengano dichiarate illegittime, contestando le argomentazioni della Regione resistente.
3.1.– In ordine alla censura relativa alla novazione della fonte il ricorrente ha ribadito come anche in tema di legislazione concorrente sia inibito alla Regione di riprodurre nella legge regionale i principi fondamentali stabiliti dalla legge statale, come affermato ancora di recente dalla sentenza n. 195 del 2015 della Corte costituzionale.
3.2.– In ordine alla possibilità di effettuare prestazioni analitiche di prima istanza presso centri commerciali o esercizi di vicinato, la difesa dello Stato ha rimarcato che la legislazione statale consente le prestazioni analitiche di prima istanza esclusivamente presso le farmacie, mentre presso gli esercizi di vicinato e nei centri commerciali è permessa, a determinate condizioni, la sola vendita di farmaci da banco: la legislazione regionale impugnata, invece, prevede la possibilità di erogare prestazioni analitiche di prima istanza presso le “parafarmacie” così contravvenendo al principio fondamentale, stabilito dalla legislazione statale in materia di «tutela della salute», secondo cui tali prestazioni sono possibili solo presso le farmacie, in considerazione del più esteso regime di obblighi, e di conseguenti garanzie per la salute dei cittadini, che gravano sulle stesse e che vanno ben oltre la mera presenza di un farmacista.
Il legislatore regionale, dunque, con la norma impugnata avrebbe illegittimamente abbassato gli standard di tutela della salute dei cittadini, oltre tutto senza neppure specificare le condizioni di esercizio delle citate prestazioni analitiche, ma rimettendole a successive determinazioni della Giunta regionale.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso in epigrafe indicato, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Piemonte 16 maggio 2016, n. 11 recante «Modifica alla legge regionale 14 maggio 1991, n. 21 (Norme per l’esercizio delle funzioni in materia farmaceutica), ritenendo violati gli artt. 32, primo comma e 117, terzo comma, della Costituzione.
2.– L’art. 1, comma 1, della citata legge reg. n. 11 del 2016 prevede che «[n]elle farmacie aperte al pubblico sono impiegabili apparecchi di autodiagnostica destinati ad effettuare le prestazioni analitiche di prima istanza indicate nel decreto del Ministero della salute 16 dicembre 2010 (Disciplina dei limiti e delle condizioni delle prestazioni analitiche di prima istanza, rientranti nell’ambito dell’autocontrollo ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera e) e per le indicazioni tecniche relative ai dispositivi strumentali ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera d), del n. 153 del 2009».
La difesa dello Stato ritiene che il richiamo da parte della disposizione regionale impugnata, alla normativa statale contenente principi fondamentali in materia di «tutela della salute», di competenza legislativa concorrente, costituisca una illegittima novazione della fonte legislativa statale, tale da violare l’art. 117, terzo comma, Cost.
3.– La questione non è fondata.
3.1.– L’impugnato art. 1, comma 1, riformula il comma 3, dell’art. 10 della legge della Regione Piemonte 14 maggio 1991, n. 21 (Norme per l’esercizio delle funzioni in materia farmaceutica), in modo da renderlo aderente alla disciplina statale nel frattempo entrata in vigore.
In particolare, il testo originario della norma regionale stabiliva che «[n]elle farmacie aperte al pubblico l’impiego di apparecchi di autodiagnostica rapida finalizzata al rilevamento di prima istanza è effettuato secondo le modalità stabilite da disposizioni della Giunta regionale». L’attuale testo prevede, invece, che «[n]elle farmacie aperte al pubblico sono impiegabili apparecchi di autodiagnostica destinati ad effettuare le prestazioni analitiche di prima istanza indicate nel decreto del Ministero della salute 16 dicembre 2010 (Disciplina dei limiti e delle condizioni delle prestazioni analitiche di prima istanza, rientranti nell’ambito dell’autocontrollo ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera e, e per le indicazioni tecniche relative ai dispositivi strumentali ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera d del decreto legislativo n. 153 del 2009)».
La normativa regionale previgente non indicava i limiti e le condizioni di utilizzo, nelle farmacie, degli apparecchi di autodiagnostica e si limitava a demandare alla Giunta regionale il compito di individuarli. La disciplina regionale si poneva, quindi, in contrasto con la normativa statale sopravvenuta, che, nel prevedere la possibilità di offrire servizi di autodiagnostica in farmacia, ha rinviato a un decreto ministeriale, da adottarsi previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, il compito di precisare puntualmente limiti e condizioni per l’erogazione di tali prestazioni, al fine di assicurare un grado di tutela della salute uniforme per tutti sul territorio nazionale.
3.2.– Più precisamente, con l’art. 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), il legislatore ha delegato il Governo a individuare «nuovi servizi a forte valenza socio-sanitaria erogati dalle farmacie pubbliche nell’ambito del Servizio sanitario nazionale».
In attuazione della delega è stato emanato il d.lgs. n. 153 del 2009, il quale ha previsto (all’art. 1, comma 2) che le farmacie possano partecipare al servizio di assistenza domiciliare integrata a favore dei pazienti residenti o domiciliati nel territorio della sede di pertinenza di ciascuna farmacia, a supporto delle attività del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta.
In particolare, alle farmacie è consentito erogare prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell’ambito dell’autocontrollo, esclusa l’attività di prescrizione e diagnosi, nonché il prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe o dispositivi equivalenti e nei limiti e alle condizioni stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni (art. 1, comma 2, lettera e, del d.lgs. n. 153 del 2009).
Con questa riforma, l’attività svolta dalle farmacie non è più ristretta alla distribuzione di farmaci o di prodotti sanitari, ma si estende alla prestazione di servizi. Per la concreta operatività della cosiddetta “farmacia dei servizi” è stata, poi, prevista l’emanazione di decreti ministeriali da adottare previa intesa o sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. In particolare, ai fini del presente giudizio, rileva il decreto del Ministero della salute emanato in data 16 dicembre 2010 (e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 del 10 marzo 2011), che specifica i limiti e le condizioni delle prestazioni analitiche di prima istanza, rientranti nell’ambito dell’autocontrollo, e le indicazioni tecniche relative ai dispositivi strumentali utilizzabili a tale scopo.
3.3.– In questo contesto normativo, è intervenuta la norma impugnata (art. 1, comma 1, della legge reg. Piemonte n. 11 del 2016) che ha modificato la normativa regionale previgente, adeguandola alla sopravvenuta legislazione statale, richiamando, anche con espliciti riferimenti testuali, i nuovi principi fondamentali in materia di «tutela della salute», contenuti nel d.lgs. n. 153 del 2009, e rinviando per gli aspetti attuativi al decreto ministeriale del 16 dicembre 2010, specificamente menzionato.
Nel caso in esame, pertanto, la Regione non si è appropriata dei principi stabiliti dalla legge statale e riservati alla competenza di quest’ultima, riproducendone i contenuti nell’atto legislativo regionale. Piuttosto, nell’esercizio della sua competenza legislativa concorrente, la Regione ha richiamato i principi fondamentali della materia desumibili dalla legislazione statale vigente, precisando gli estremi della normativa statale di riferimento alla quale è tenuta ad adeguarsi. Sicché, nel caso di specie, non può ritenersi correttamente evocato il tema della novazione della fonte, né possono ritenersi applicabili i principi stabiliti dalla giurisprudenza di questa Corte, che riscontrano un vizio di illegittimità costituzionale nelle leggi regionali ripetitive di contenuti di leggi dello Stato, espressive di una competenza riservata a quest’ultimo, a prescindere dalla conformità o dalla difformità della legge regionale a quella statale (da ultimo, ex multis, sentenza n. 195 del 2015, più volte citata dal ricorso del Governo).
Un intervento di adeguamento della disciplina regionale ai principi fondamentali contenuti in norme statali sopravvenute, come quello disposto dalla legge della Regione Piemonte, va considerato pienamente legittimo, se non addirittura imposto ai sensi del medesimo parametro evocato dal ricorrente e costituito dall’art. 117, terzo comma, Cost.
4.– Lo Stato ha altresì impugnato l’art. 1, comma 2, della medesima legge regionale n. 11 del 2016, che inserisce il comma 3-bis dell’art. 10 della legge reg. Piemonte n. 21 del 1991, in tal modo consentendo l’impiego di apparecchi di autodiagnostica rapida per il rilevamento di trigliceridi, glicemia e colesterolo totale presso gli esercizi di vicinato e nelle medie e grandi strutture di vendita.
Ad avviso del ricorrente, tale norma violerebbe gli artt. 32, primo comma, e 117, terzo comma, Cost., in quanto si porrebbe in contrasto con il principio fondamentale, in materia di «tutela della salute», codificato nella normativa statale –segnatamente nell’art. 1, comma 1, lettere d) ed e), del d.lgs. n. 153 del 2009 e negli artt. 1, comma 1, e 2, comma 1, del d.m. 16 dicembre 2010 – secondo cui detto impiego è ammissibile solo nelle farmacie.
5.– La questione è fondata.
5.1.– L’art. 1, comma 2, della legge reg. Piemonte n. 11 del 2016 ha aggiunto il comma 3-bis all’art. 10 della legge regionale n. 21 del 1991. Tale disposizione prevede che «[n]egli esercizi commerciali individuati in base all’articolo 5 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, l’impiego di apparecchi di autodiagnostica rapida è consentito limitatamente al rilevamento di prima istanza di trigliceridi, glicemia e colesterolo totale, secondo le modalità stabilite da disposizioni della Giunta regionale».
L’impugnata norma regionale ha dunque esteso agli esercizi di vicinato e alle medie e grandi strutture di vendita la possibilità di effettuare talune prestazioni analitiche di prima istanza (rilevamento di trigliceridi, glicemia e colesterolo totale), a condizioni che devono essere definite dalla Giunta regionale.
Si tratta di una innovazione significativa della precedente disciplina regionale, tale da porsi in contrasto con i principi fondamentali della materia, contenuti nella vigente normativa statale.
5.2.– In virtù di alcuni interventi di liberalizzazione, la legislazione statale vigente consente che negli esercizi di vicinato e nelle grandi e medie strutture di vendita possano vendersi talune classi di medicinali non soggette a prescrizione medica (art. 32 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici», convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214). Per quanto riguarda le prestazioni analitiche di prima istanza (fra le quali quelle contemplate dalla legge regionale impugnata), viceversa, nessuna facoltà è stata riconosciuta in capo agli esercizi commerciali diversi dalle farmacie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale (art. 1, comma 2, lettere d ed e, del d.lgs. n. 153 del 2009). Pertanto, la legge statale limita la possibilità di effettuare le prestazioni analitiche di autocontrollo (nelle quali rientrano quelle contemplate dalla disposizione regionale impugnata) alle sole farmacie.
La norma regionale impugnata, invece, amplia il novero degli esercizi commerciali abilitati ad effettuare dette prestazioni analitiche, includendovi quelli a cui la legislazione statale permette solo la vendita di talune ristrette categorie di medicinali, ponendosi così in chiaro contrasto con l’interposta legislazione statale.
5.3.– D’altra parte, deve essere riconosciuta all’art. 1, comma 2, lettere d ed e, del d.lgs. n. 153 del 2009 natura di principio fondamentale in materia di «tutela della salute».
La giurisprudenza costituzionale, infatti, è costante nel ritenere che i criteri stabiliti dalla legislazione statale relativi all’organizzazione dei servizi delle farmacie costituiscano «principi fondamentali» in materia di tutela della salute, in quanto finalizzati a garantire che sia mantenuto un elevato e uniforme livello di qualità dei servizi in tutto il territorio, a tutela di un bene, quale la salute della persona, «che per sua natura non si presterebbe a essere protetto diversamente alla stregua di valutazioni differenziate, rimesse alla discrezionalità dei legislatori regionali» (ex multis sentenza n. 255 del 2013).
Pertanto, l’art. 1, comma 2, della legge reg. Piemonte n. 11 del 2016 va dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
6.– Sono assorbiti gli ulteriori profili di illegittimità costituzionale dedotti in riferimento all’art. 32 Cost.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge della Regione Piemonte 16 maggio 2016, n. 11 recante «Modifica alla legge regionale 14 maggio 1991, n. 21 (Norme per l’esercizio delle funzioni in materia farmaceutica)»;
2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge reg. Piemonte n. 11 del 2016, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2017.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Marta CARTABIA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 7 aprile 2017.