Il TRGA Trento su agevolazioni pubbliche ad impresa in concordato preventivo omologato

Il TRGA Trento, sez. I, con la sentenza n. 127 del 10 aprile 2017, ha dichiarato la legittimità del provvedimento con cui è stata esclusa un’impresa in concordato preventivo omologato dalla procedura finalizzata all’ottenimento di agevolazioni  pubbliche.

Si legge dalla sentenza: “Il diniego della Provincia autonoma di Trento, di cui alla impugnata nota del dirigente dell’APIAE, riguarda l’accesso della ricorrente alle agevolazioni previste dalla legge provinciale 13 dicembre 1999, n. 6, “Interventi della Provincia per il sostegno dell’economia e della nuova imprenditorialità locale, femminile e giovanile. Aiuti per i servizi alle imprese, alle reti d’impresa, all’innovazione e all’internazionalizzazione. Modificazioni della legge sulla programmazione provinciale”. Gli strumenti di intervento previsti da tale legge si inquadrano nell’ambito delle politiche di incentivazione e sviluppo delle imprese al fine della crescita del sistema economico”.

Il Collegio ha, pertanto, ravvisato che i criteri previsti dalla normativa regionale sopra citata, che hanno rappresentato il motivo della nota di diniego, dispongono, alle lettere b) e c) del richiamato punto 3, in assoluta consonanza con la ratio della legge (non applicabile ad imprese in difficoltà), che le imprese beneficiarie non devono essere interessate da procedure concorsuali e non essere considerate in difficoltà secondo la definizione della normativa comunitaria in materia di aiuti di stato.

Infine, i giudici del TRGA Trento hanno concluso che “Riconoscere il diritto alle agevolazioni significherebbe consentire il raggiungimento della finalità del concordato (e così il soddisfacimento dei creditori) mediante risorse pubbliche, con ciò distorcendo la ratio sia del concordato stesso, teso al raggiungimento dell’equilibrio dell’impresa con le sue forze, sia del beneficio in esame, funzionale all’espansione della nuova imprenditoria e al sostegno dell’economia”.

Si riporta di seguito il testo della sentenza.

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Pubblicato il 10/04/2017

N. 00127/2017 REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

nel giudizio introdotto con il ricorso numero di registro generale 279 del 2016, proposto da:
Gruppo Adige Bitumi S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marco Napoli, Francesco Beccaria Balduzzi e Luigi Pizzi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Franco Larentis, in Trento via Brigata Acqui n. 4;

contro

Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Nicolò Pedrazzoli, Sabrina Azzolini e Giuliana Fozzer, presso quest’ultima elettivamente domiciliata nella sede dell’Avvocatura provinciale in Trento, piazza Dante, n. 15;

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

del provvedimento n. prot. S503/2016/497602 del 23 settembre 2016 del dirigente dell’Azienda provinciale per l’incentivazione delle attività economiche (APIAE) della Provincia autonoma di Trento che ha negato a Gruppo Adige Bitumi S.p.A. l’accesso alle agevolazioni previste dalla legge provinciale n. 6/99 e di ogni altro atto ad esso preordinato, presupposto, consequenziale e/o comunque connesso, ivi inclusa l’email dell’8 giugno 2016 dell’APIAE.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia autonoma di Trento;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2017 il cons. Antonia Tassinari e uditi per la società ricorrente l’avvocato Marco Napoli e per l’amministrazione resistente l’avv. Giuliana Fozzer;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con decreto del 23 ottobre 2014 il Tribunale di Trento ha omologato il concordato preventivo proposto da Gruppo Adige Bitumi S.p.A., odierna ricorrente, che, secondo il piano concordatario, ha, quindi, proseguito in continuità l’attività nel settore cave e pavimentazioni, essendo destinato alla cessione il ramo costruzioni, non funzionale all’esercizio dell’impresa. Nell’ambito di tale proseguita attività la società ricorrente ha partecipato, risultandone anche aggiudicataria, a procedure di gara indette da amministrazioni pubbliche ed ha assunto informazioni presso la Provincia autonoma di Trento, nello specifico presso l’Azienda provinciale per l’incentivazione delle attività economiche (APIAE), in merito, in generale, alla possibilità di accedere ai contributi provinciali per consulenze alle imprese per diagnosi energetiche. Il riscontro del dirigente dell’Agenzia, che ha fatto seguito ad una prima risposta fornita informalmente via mail e anch’essa non favorevole, è stato negativo. L’amministrazione ha, infatti, ritenuto che la situazione di concordato preventivo in continuità aziendale, omologato dal Tribunale, in cui versa la ricorrente le impedisca l’accesso alle agevolazioni previste dalla legge provinciale 13 dicembre 1999, n. 6 a ciò ostando i criteri generali della medesima legge di cui alla deliberazione della Giunta provinciale n.2804 del 22 dicembre 2005 e successive modifiche (punto 3, comma 1, lett.b)).

La società interessata affida il presente ricorso al seguente motivo:

Violazione dell’art. 181 L.F. – Violazione dell’art.3 dell’allegato A) alla delibera della Giunta provinciale di Trento 22 dicembre 2005 n. 2804 – Violazione dei principi generali in materia di aiuti alle imprese – Eccesso di potere per sviamento, travisamento dei presupposti di fatto e diritto, assenza di motivazione, illogicità e ingiustizia manifesta

Avendo ottenuto l’omologazione, la procedura di concordato preventivo in continuità si è conclusa e la società, tornata in bonis, così come è legittimata a partecipare a procedure negoziali senza la necessità di specifiche autorizzazioni ed adempimenti, così deve poter accedere alle agevolazioni varie disposte in favore delle imprese.

In prossimità dell’udienza camerale la ricorrente ha presentato una memoria difensiva argomentando per l’accoglimento dell’istanza cautelare e l’accoglimento del ricorso nel merito.

Con ordinanza n. 56 pronunciata all’esito dell’udienza cautelare del giorno 15 dicembre 2016 il Collegio ha respinto la domanda incidentale di sospensione, successivamente accolta in appello con ordinanza 1082/2017 del Consiglio di Stato.

Nel prosieguo la parte ricorrente e l’amministrazione resistente hanno depositato memorie difensive e in replica, insistendo per l’accoglimento delle rispettive tesi.

Alla pubblica udienza del giorno 6 aprile 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il motivo dedotto non merita di essere favorevolmente apprezzato.

Preliminarmente vale, peraltro, evidenziare, considerato l’ampio spazio dedicato alla questione negli atti e memorie delle parti, che non è qui in discussione la partecipazione alle gare pubbliche della ricorrente e, in particolare, gli adempimenti previsti a tal fine secondo la disciplina delineata dagli artt. 80, comma 5 lett.b), e 110, commi 3, 4 e 5, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e dall’art. 186 bis, comma 5, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, questione oggetto, peraltro, di separato ed autonomo gravame. Il thema decidendum del presente giudizio riguarda, invece, l’accesso da parte della ricorrente agli interventi di sostegno dell’economia e della nuova imprenditorialità previsti dalla legge provinciale 13 dicembre 1999, n. 6 e su tale questione verte l’esame del Collegio senza che dalla conseguente decisione derivino immediate implicazioni sotto il profilo degli adempimenti per la partecipazione alle gare.

L’infondatezza del ricorso consente di prescindere dall’esame dell’eccezione di inammissibilità formulata dall’amministrazione resistente in relazione alla non definitività del provvedimento impugnato.

Il diniego della Provincia autonoma di Trento, di cui alla impugnata nota del dirigente dell’APIAE, riguarda l’accesso della ricorrente alle agevolazioni previste dalla legge provinciale 13 dicembre 1999, n. 6, “Interventi della Provincia per il sostegno dell’economia e della nuova imprenditorialità locale, femminile e giovanile. Aiuti per i servizi alle imprese, alle reti d’impresa, all’innovazione e all’internazionalizzazione. Modificazioni della legge sulla programmazione provinciale”. Gli strumenti di intervento previsti da tale legge si inquadrano nell’ambito delle politiche di incentivazione e sviluppo delle imprese al fine della crescita del sistema economico. In particolare la legge esplicita le seguenti finalità:

a) l’affermazione e il riconoscimento del ruolo sociale dell’impresa anche attraverso la diffusione di un’educazione imprenditoriale nel sistema scolastico e formativo nonché il perseguimento della qualità delle formule imprenditoriali;

b) l’integrazione settoriale e intersettoriale;

c) il riequilibrio territoriale, in armonia con il rispetto e la valorizzazione dell’ambiente e delle sue risorse nonché con la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici;

d) l’internazionalizzazione del sistema economico, con particolare attenzione ai mercati a elevato potenziale di crescita e di innovazione;

e) la nascita e il potenziamento di nuova imprenditorialità;

f) la sicurezza dei lavoratori;

g) l’incremento e il consolidamento della produttività aziendale;

h) lo sviluppo di forme solidaristiche nel mercato del lavoro;

i) la diffusione di servizi a sostegno dell’innovazione, dello sviluppo internazionale, della qualità delle piccole e medie imprese e del passaggio generazionale;

j) la creazione di reti d’impresa e lo sviluppo di distretti produttivi;

k) il rafforzamento dell’imprenditorialità femminile e giovanile;

l) il miglioramento delle condizioni occupazionali e della conciliazione famiglia – lavoro;

m) la partecipazione dei lavoratori alle decisioni aziendali riguardanti la sicurezza, la qualità e la produttività del lavoro.

La ratio della legge, insita nella incentivazione e sviluppo delle imprese (sane) e non nel sostegno alle imprese (in difficoltà) che continuano l’attività per il miglior soddisfacimento dei creditori, assume particolare rilievo anche sotto il profilo delle risorse pubbliche destinate a tale predetto fine e della conseguente distorsione che un utilizzo per un fine diverso comporterebbe.

Nello specifico, l’impugnata nota del dirigente dell’APIAE costituisce espressa applicazione delle disposizioni relative ai requisiti per beneficiare delle agevolazioni della legge contenute nel punto 3. dei “Criteri e modalità per l’applicazione della legge – Norme di carattere generale” approvati con la deliberazione della Giunta provinciale n.2804 del 22 dicembre 2005 e successivamente più volte modificati. I suddetti criteri, assunti a presupposto della nota di diniego e non coinvolti nella impugnazione, dispongono, alle lettere b) e c) del richiamato punto 3,. in sintonia e coerenza con le citate finalità della legge (estranee, come detto, al sostegno ad imprese in difficoltà), che le imprese beneficiarie debbono non avere in corso procedure concorsuali e non essere considerate in difficoltà secondo la definizione della normativa comunitaria in materia di aiuti di stato.

La normativa comunitaria in materia di aiuti di stato di cui ai regolamenti della Commissione UE n. 651 e n. 702 del 2014 definisce in difficoltà una impresa oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o che soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei creditori.

Orbene, se con decreto del 23 ottobre 2014 il Tribunale di Trento ha omologato il concordato preventivo proposto dall’odierna ricorrente e, quindi, si è chiusa, secondo la locuzione utilizzata dall’art. 181 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 e successive modificazioni, la procedura di concordato preventivo, nondimeno per la società ha preso avvio, ai sensi dell’art. 136 della richiamata legge fallimentare, la fase, di rilevanza sostanziale, di esecuzione ed adempimento del concordato, che si svolge sotto la sorveglianza del giudice delegato, secondo le modalità stabilite dal decreto di omologazione, sulla base delle previsioni contenute nel piano proposto dall’impresa per l’uscita dalla situazione di crisi e il raggiungimento di una condizione di equilibrio economico-finanziario. Nel corso di tale fase del concordato, nella fattispecie fissata in cinque anni e, quindi, fino al 2019, la società è tenuta a proseguire l’attività d’impresa in funzione del miglior soddisfacimento dei creditori: la situazione di crisi non si è quindi risolta, né è stata ancora raggiunta una condizione di equilibrio economico-finanziario, così come l’esposizione al rischio di fallire sussiste in modo più accentuato rispetto alla generalità delle imprese. La completa esecuzione del concordato verrà, infine, accertata solo dal giudice delegato ai sensi del citato art. 136 della legge fallimentare. La procedura concorsuale è, conseguentemente, ancora in corso (secondo i criteri applicativi della legge provinciale n. 6/1999) e la società ne è ancora oggetto (secondo la normativa comunitaria richiamata dai criteri applicativi).

E, d’altra parte, non vale al riguardo invocare, come fa parte ricorrente, le disposizioni che consentono la partecipazione a procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici delle imprese in concordato preventivo con continuità aziendale, proponendone, per così dire, una lettura e applicazione per analogia. Le norme di cui agli artt. 80, comma 5 lett.b), e 110, commi 3, 4 e 5, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e dell’art. 186 bis, comma 5, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, recanti il puntuale riferimento al concordato con continuità aziendale, costituiscono, infatti, una disciplina speciale, che, pur evidenziando il favor riservato dal legislatore verso l’istituto del concordato con continuità aziendale (che può permettere alle imprese in difficoltà di superare la fase di crisi e di soddisfare i diritti dei creditori, tra l’altro, anche e proprio attraverso i flussi generati dalla prosecuzione dell’attività aziendale), si pone in deroga a regole di principio e non consente di essere utilizzata quale canone ermeneutico per l’applicazione di disposizioni, quali quelle rilevanti nel caso di specie, concernenti il settore generale delle agevolazioni alle imprese.

Quanto all’ulteriore argomento, introdotto da parte ricorrente, riguardante i provvedimenti con cui la sezione fallimentare del Tribunale di Trento non ha ritenuto necessaria, per la partecipazione alle gare, l’autorizzazione indicata dall’art. 110 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 in quanto la procedura di concordato si è chiusa con l’omologazione, vale considerare non solo la già sottolineata non riconducibilità della fattispecie in esame all’ambito dei contratti pubblici, ma anche che l’omologazione non comporta l’automatica definizione della società come in bonis ai fini dell’accesso alle agevolazioni di cui qui trattasi, dato che la sussistenza di tali, è esclusa sia dal dato testuale, sia dalla lettura sistematica delle disposizioni della suddetta legge e dei relativi criteri applicativi. Analoghe considerazioni valgono con riferimento alla recente giurisprudenza citata da parte ricorrente in quanto, non essendo qui in discussione la partecipazione a gare pubbliche, anche la questione delle autorizzazioni a tal fine occorrenti non assume, per le esposte ragioni, rilievo determinante.

Va infine considerato –ed è rilievo conclusivo- che riconoscere il diritto alle agevolazioni significherebbe consentire il raggiungimento della finalità del concordato (e così il soddisfacimento dei creditori) mediante risorse pubbliche, con ciò distorcendo la ratio sia del concordato stesso, teso al raggiungimento dell’equilibrio dell’impresa con le sue forze, sia del beneficio in esame, funzionale all’espansione della nuova imprenditoria e al sostegno dell’economia.

Per le considerazioni che precedono è legittimo, sotto i profili dedotti con il ricorso, il diniego opposto alla società ricorrente, dato che essa si trova ancora nella fase di esecuzione del concordato.

Il ricorso deve, in conclusione, essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di giustizia amministrativa per la Regione autonoma del Trentino–Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo respinge.

Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio a favore della Provincia autonoma di Trento nella misura di euro 2.000,00 oltre ad accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:

Roberta Vigotti, Presidente

Carlo Polidori, Consigliere

Antonia Tassinari, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Antonia Tassinari Roberta Vigotti

IL SEGRETARIO

Redazione

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