Interdittiva antimafia: il TAR Palermo sui presupposti applicativi

Il TAR Sicilia – Palermo, Sez. I, con la sentenza n. 1143 del 26 aprile 2017, si è pronunciato sui presupposti applicativi dell’informativa interdittiva antimafia alla luce del nuovo recente orientamento del CGA.

Nel caso di specie si trattava di un’informativa prefettizia interdittiva adottata dalla Prefettura di Palermo nei confronti della società ricorrente, sulla base della quale si è avuto il diniego d’iscrizione alla c.d. “white list” e la risoluzione di una serie di rapporti contrattuali.

I giudici del TAR Palermo si sono così espressi: “La giurisprudenza amministrativa siciliana ha rivisto, di recente, i suoi precedenti rigorosi orientamenti in materia ed è pervenuta a soluzioni maggiormente favorevoli alle imprese, le quali sono considerate legittime destinatarie di interdittive negative solo quando la Prefettura indica atti idonei diretti in modo non equivoco a conseguire lo scopo di condizionarne le scelte gestionali (in tal senso decisione del CGA n. 247 del 29 luglio 2016)”.

E ancora: “Si è, inoltre, affermato che i legami di natura parentale, in sé considerati, non possono essere ritenuti idonei a supportare autonomamente un’informativa negativa, assumendo rilievo qualora emerga una concreta verosimiglianza dell’ipotesi di controllo o di condizionamento sull’impresa da parte del soggetto unito da tali legami al responsabile o all’amministratore della impresa, ovvero risulti sussistente un intreccio di interessi economici e familiari, dai quali sia possibile desumere la sussistenza dell’oggettivo pericolo che rapporti di collaborazione intercorsi a vario titolo tra soggetti inseriti nello stesso contesto familiare costituiscano strumenti volti a diluire e mascherare l’infiltrazione mafiosa nell’impresa considerata (per tutte CGA, 16 novembre 2016, n. 398 con richiamo a decisione n. 456 dell’8 maggio 2013)”.

Si riporta di seguito il testo della sentenza.

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Pubblicato il 26/04/2017

N. 01143/2017 REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 922 del 2016, proposto da:
“-OMISSIS-in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi e Salvatore Raimondi, presso il cui studio in Palermo, via Gaetano Abela, n. 10, è elettivamente domiciliato;

contro

– Ministero dell’Interno- U.T.G. – Prefettura di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via Alcide De Gasperi, n. 8 è domiciliato per legge;
– Comune di Carini, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti di

– “Consorzio stabile Sis” società consortile per azioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Rusconi e Salvatore Pensabene Lionti, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Palermo, via Giusti, n. 45;
– “G.S.E. gestori servizi energetici”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Antonietta Fadel, Antonio Pugliese, Fabrizio Pietrosanti e Tommaso Paparo, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Giuseppe Nicastro in Palermo, Via Libertà 171;

per l’annullamento

– della nota della Prefettura di Palermo, Area I ordine e sicurezza pubblica, 12 febbraio 2016, prot. 17027, con la quale, con riferimento alla richiesta della ricorrente volta ad ottenere l’iscrizione nella White List, si comunica che essa risulta destinataria di informazione antimafia interdittiva n. 16402 dell’11 febbraio 2016 emessa dalla stessa Prefettura, ed inoltre si comunica che “ai sensi e per gli effetti dell’art. 10 bis della legge 241/90, questa Prefettura procederà all’emissione del provvedimento di rigetto dell’istanza di iscrizione nell’elenco delle White List, istituito presso questa Prefettura ai sensi del D.P. C. M. 18.4.2013 non ricorrendo le condizioni di cui all’art.2, comma 2, lettera b) del citato D.P. C. M.”;

– dell’allegata informazione antimafia interdittiva n. 16402 dell’11febbraio 2016 emessa dalla stessa Prefettura con cui si stabilisce che la ricorrente “è interdetta ai sensi degli artt. 84 e 91, comma 6, del D.Lgs. n.159/2011 “;

– della nota della Prefettura di Palermo, Area I ordine e sicurezza pubblica 25 febbraio 2016, n. 22866, con la quale si trasmette copia del provvedimento n. 22748 del 25 febbraio 2016, di rigetto dell’istanza formulata dalla ditta tendente ad ottenere l’iscrizione nella White List;

– del decreto del Prefetto di Palermo n. 22748 del 25 febbraio 2016, allegato alla nota di cui al punto 3, con il quale si pronunzia il diniego dell’iscrizione della ricorrente “nell’elenco dei fornitori prestatori di servizio ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’art. 1, comma 52 della legge n. 190/2012 (c. d. White List) “;

– della nota del “Consorzio stabile Sis” società consortile per azioni, 15 febbraio 2016, con cui si comunica alla ricorrente che “in ottemperanza alle disposizioni di cui all’art. 91 e 94 del D. Lgs. n. 159/2011 ed alla clausola risolutiva espressa contrattualmente prevista, tutti gli ordini/contratti devono intendersi risolti con effetto immediato”;

– della nota della G.S.E. – Gestore servizi energetici 19 febbraio 2016, con la quale si comunica alla ricorrente la risoluzione di diritto delle convenzioni in conto energia n. 108H36483007 e n. 0061244398607, nonchè la risoluzione di diritto delle convenzioni RID 021945 e RID 041698 e quindi la contestuale fuoriuscita dal contratto di dispacciamento del G.S.E.;

– della determina del Comune di Carini, ripartizione IV LL.PP. n. 51 del 16 marzo 2016, (in atto sconosciuta dalla ricorrente) con la quale si dispone la revoca dell’autorizzazione all’impresa -OMISSIS-per la fornitura di materiale in ferro presso la ricorrente, nonchè la nota prot. n. 13874 del 17 marzo 2016, con la quale si dà comunicazione di tale determina.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per la Prefettura di Palermo – Ufficio territoriale del Governo;

Visti gli atti di costituzione in giudizio e le memorie del “Consorzio stabile Sis” società consortile per azioni e di “G.S.E. gestori servizi energetici;

Vista l’ordinanza cautelare n. 574 del 29 aprile 2016;

Vista l’ordinanza del CGA n. 375 del 27 maggio 2016;

Vista la memoria dell’Avvocatura dello Stato;

Vista la memoria della ricorrente;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 6 aprile 2017 il consigliere Aurora Lento e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato.

FATTO

Con ricorso, notificato il 30 marzo 2016 e depositato il 7 aprile successivo, la società “-OMISSIS- esponeva di essere stata costituita nel 1973 e di operare nei seguenti settori: importazione, distribuzione, lavorazione e vendita di tondo per cemento armato qualificato; importazione di legnami da costruzione, progettazione e realizzazione strutture in legno; commercializzazione di laminati per l’edilizia e reti elettrosaldate.

Con istanza del 21 ottobre 2014, aveva chiesto l’iscrizione nella c.d. “white list” alla Prefettura di Palermo, la quale, con nota del 12 febbraio 2016, aveva preannunciato, ai sensi dell’art. 10 bis della l. n. 241 del 1990, il rigetto della stessa, facendo riferimento all’(allegata) informativa interdittiva prot. n. 16402 del giorno precedente.

Con nota del 25 febbraio 2016, la Prefettura aveva trasmesso il provvedimento di rigetto dell’iscrizione nella c.d. “white list” e, in data 8 marzo 2016, aveva rilasciato copia del verbale di riunione del gruppo ispettivo misto del 1° febbraio 2016.

A seguito dell’informativa interdittiva: con nota del 15 febbraio 2016, il Consorzio Stabile SIS aveva comunicato la risoluzione degli ordini e dei contratti; con nota del 19 febbraio 2016, la G.S.E. – Gestore servizi energetici aveva comunicato la risoluzione di diritto delle convenzioni in conto energia n. I08H36483007 e n. O06I244398607 e di quelle RID 021945 e RID 041698, nonché la fuoriuscita dal contratto di dispacciamento; con determina n. 51 del 16 marzo 2016, il Comune di Carini aveva revocato l’autorizzazione alla ditta -OMISSIS- per la fornitura di materiali presso la ricorrente.

La ricorrente ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva e vinte le spese, dei provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 93 del d.lgs.vo n. 159 del 6 settembre 2011. Eccesso di potere per mancata considerazione dei presupposti e difetto di motivazione.

Si sarebbero dovuto indicare le ragioni per le quali non si era ritenuto di disporre l’audizione dell’interessato prevista dall’art. 93 calendato.

2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 84, 91, comma 6 e 93, comma 4, del d.lgs.vo n. 159 del 6 settembre 2011. Eccesso di potere per illogicità manifesta, erronea e travisata valutazione dei presupposti.

Sussisterebbe difetto d’istruttoria e motivazione.

Per l’Ufficio territoriale del Governo, si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato, che ha depositato vari documenti.

Si è costituito in giudizio anche il Consorzio stabile SIS s.c.p.a. e il Gestore dei servizi energetici – G.S.E. s.p.a., che hanno depositato distinte memorie con cui hanno essenzialmente rappresentato di avere adottato atti vincolati basati sull’informativa interdittiva prefettizia; hanno, comunque, chiesto il rigetto del ricorso, poiché infondato, vinte le spese.

Il Comune di Carini, seppur regolarmente intimato, non si è costituito in giudizio.

Con ordinanza n. 574 del 29 aprile 2016, l’istanza cautelare è stata accolta ai fini della celere fissazione dell’udienza di merito.

Con ordinanza n. 375 del 27 maggio 2016, il CGA, delibando il fumus del ricorso, ha accolto l’appello cautelare e ha sospeso l’efficacia dei provvedimenti impugnati.

In vista dell’udienza, l’Avvocatura ha depositato una memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso, poiché infondato, vinte le spese.

La ricorrente ha depositato memoria di replica con cui ha insistito nelle proprie domande.

Alla pubblica udienza del 6 aprile 2017, su conforme richiesta dei difensori delle parti presenti come da verbale, il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

La controversia ha ad oggetto un’informativa prefettizia interdittiva adottata dalla Prefettura di Palermo nei confronti della società ricorrente, sulla base della quale si è avuto il diniego d’iscrizione alla c.d. white list e la risoluzione di vari rapporti contrattuali.

Con il secondo motivo, di cui si ritiene opportuno anticipare la trattazione, si deduce la carenza d’istruttoria e, conseguentemente, di motivazione dell’informativa e, conseguentemente, l’illegittimità derivata degli ulteriori provvedimenti impugnati.

La doglianza, rimeditata dal Collegio alla luce delle indicazioni desumibili dalla decisione dell’appello cautelare, è fondata.

La giurisprudenza amministrativa siciliana ha rivisto, di recente, i suoi precedenti rigorosi orientamenti in materia ed è pervenuta a soluzioni maggiormente favorevoli alle imprese, le quali sono considerate legittime destinatarie di interdittive negative solo quando la Prefettura indica atti idonei diretti in modo non equivoco a conseguire lo scopo di condizionarne le scelte gestionali (in tal senso decisione del CGA n. 247 del 29 luglio 2016).

Si è, inoltre, affermato che i legami di natura parenterale, in sé considerati, non possono essere ritenuti idonei a supportare autonomamente un’informativa negativa, assumendo rilievo qualora emerga una concreta verosimiglianza dell’ipotesi di controllo o di condizionamento sull’impresa da parte del soggetto unito da tali legami al responsabile o all’amministratore della impresa, ovvero risulti sussistente un intreccio di interessi economici e familiari, dai quali sia possibile desumere la sussistenza dell’oggettivo pericolo che rapporti di collaborazione intercorsi a vario titolo tra soggetti inseriti nello stesso contesto familiare costituiscano strumenti volti a diluire e mascherare l’infiltrazione mafiosa nell’impresa considerata (per tutte CGA, 16 novembre 2016, n. 398 con richiamo a decisione n. 456 dell’8 maggio 2013).

Nella specie, l’informativa è stata fondata sui seguenti elementi:

1) un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP di Palermo il 3 giugno 2002 a carico di -OMISSIS- e altri, da cui era emerso che questi aveva indotto l’amministratore della società ad abbassare di 60 lire al chilo il materiale venduto;

2) un provvedimento di sequestro patrimoniale emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo a carico dei -OMISSIS- (-OMISSIS-);

3) un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP di Palermo nel 1998, da cui era emerso che, all’esito di una perquisizione condotta presso uffici nella disponibilità di -OMISSIS-, classe 1945;

4) un collaboratore di giustizia (-OMISSIS-) che aveva riferito di incontri di soggetti al vertice di Cosa Nostra in un appartamento, posto al piano ammezzato dell’edificio ubicato in via -OMISSIS- classe 1945, che lo aveva acquistato nel 1978;

5) il signor -OMISSIS-

Prima di procedere all’esame di tali elementi, va rilevato che la società ricorrente, costituita nel 1973, opera nei settori dell’importazione, distribuzione, lavorazione e vendita di tondo per cemento armato qualificato; dell’importazione di legnami da costruzione, progettazione e realizzazione strutture in legno; della commercializzazione di laminati per l’edilizia e reti elettrosaldate.

Ciò precisato, il Collegio ritiene che gli elementi indicati dalla Prefettura, seppur articolati e sotto certi aspetti suggestivi, non riescono a sorreggere adeguatamente, alla luce dei recenti indirizzi giurisprudenziali sopra accennati, l’impugnato giudizio prognostico negativo circa la permeabilità della ricorrente alle pressioni mafiose. Invero:

– Per quanto riguarda la prima delle circostanze poste a sostegno della determinazione, va rilevato che si tratta di un episodio risalente nel tempo (2002), il quale non denota una pressione criminale in senso proprio, in quanto si sostanzia nell’effettuazione di un modesto sconto su una fornitura (60 lire al chilo) di barre di ferro.

– In ordine alla seconda, deve essere evidenziato che la società ricorrente è un importante operatore nel settore edile e intrattiene rapporti con una molteplicità d’imprese tra cui non è anomalo che vi siano state anche quelle ritenute riconducibili a figure di spicco della criminalità mafiosa indicate dalla Prefettura.

– Per le stesse ragioni appare irrilevante la terza circostanza, essendo inconducente il fatto in sé considerato del rinvenimento del numero telefonico della società nell’agenda di un soggetto controindicato operante nel medesimo settore commerciale.

– Relativamente alla quarta, non sembra ragionevole che la proprietà di un ufficio ubicato insieme ad altre 19 unità immobiliari (come risulta da documentazione in atti) nello stesso piano (ma non in adiacenza) di un appartamento utilizzato per riunioni mafiose sia indicativa di un qualche collegamento operativo con dette riunioni e quindi della permeabilità dell’impresa. La neutralità di tale circostanza è, peraltro, dimostrata dal fatto che il signor -OMISSIS- ha acquistato l’appartamento nel 1978, ovverosia 13 anni prima dell’acquisto di quello nel quale si svolgevano le riunioni.

In merito alla quinta circostanza, è sufficiente richiamare il succitato consolidato orientamento in materia di neutralità dei rapporti parentali in sé considerati, rilevando che la Prefettura non ha indicato ulteriori elementi.

Riassumendo, l’informativa, pur motivatamente articolata e basata su di un complesso quadro investigativo, finisce per essere basata, in concreto, su un rapporto parentale, su ordinarie relazioni commerciali e sulla proprietà di un appartamento; ovverosia su elementi che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Prefettura, non appaiono essere tali da indicare, sul piano induttivo, “significativi” rapporti commerciali con soggetti di spicco delle consortiere mafiose.

Può essere assorbito il primo motivo, che, in quanto avente ad oggetto la mancata esplicitazione delle ragioni per le quali non si era ritenuto di disporre l’audizione dell’interessato, ha natura formale.

Concludendo, per le ragioni suesposte, il ricorso è fondato e va accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Si ritiene di compensare le spese avuto riguardo alle oscillazioni giurisprudenziali in materia di informative antimafia

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la società ricorrente.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:

Calogero Ferlisi, Presidente

Aurora Lento, Consigliere, Estensore

Sebastiano Zafarana, Primo Referendario

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Aurora Lento Calogero Ferlisi

IL SEGRETARIO

Redazione

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