Il Consiglio di Stato, Sez. III, con la sentenza n. 2014 del 2 maggio 2017, si è pronunciato sull’impugnabilità immediata di una clausola di un bando di gara che individua quale criterio di aggiudicazione quello del massimo ribasso.
I giudici di Palazzo Spada hanno affermato che le disposizioni contenute nel nuovo Codice degli appalti hanno, di fatto, determinato un sostanziale superamento dell’orientamento dell’Adunanza Plenaria (1/2003) secondo cui “non può essere condiviso quell’indirizzo interpretativo che è volto ad estendere l’onere di impugnazione alle prescrizioni del bando che condizionano, anche indirettamente, la formulazione dell’offerta economica tra le quali anche quelle riguardanti il metodo di gara e la valutazione dell’anomalia. Anche con riferimento a tali clausole, infatti, l’effetto lesivo per la situazione del partecipante al procedimento concorsuale si verifica con l’esito negativo della procedura concorsuale o con la dichiarazione di anomalia dell’offerta. L’effetto lesivo è, infatti, conseguenza delle operazioni di gara, e delle valutazioni con essa effettuate, dal momento che è solo il concreto procedimento negativo a rendere certa la lesione ed a trasformare l’astratta potenzialità lesiva delle clausole del bando in una ragione di illegittimità concreta ed effettivamente rilevante per l’interessato: devono pertanto ritenersi impugnabili unitamente all’atto applicativo, le clausole riguardanti i criteri di aggiudicazione, anche se gli stessi sono idonei ad influire sulla determinazione dell’impresa relativa alla predisposizione della proposta economica o tecnica, ed in genere sulla formulazione dell’offerta, i criteri di valutazione delle prove concorsuali, i criteri di determinazione delle soglie di anomalie dell’offerta, nonché le clausole che precisano l’esclusione automatica dell’offerta anomala”.
Pertanto, è ammissibile l’impugnabilità immediata della clausola, non essendo affatto necessario attendere l’avvenuta aggiudicazione per la proponibilità dell’eventuale ricorso.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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Pubblicato il 02/05/2017
N. 02014/2017 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1738 del 2017, proposto dalla Randstad Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Massimiliano Brugnoletti (C.F. BRGMSM62B25M082W), con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Bertoloni N. 26/B;
contro
ASL Salerno, in persona del direttore generale p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Walter Maria Ramunni (C.F. RMNWTR50T08H703O), Valerio Casilli (C.F. CSLVLR57D28H703S), domiciliata ex art. 25 cpa presso la Segreteria della III Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Campania – sez. staccata di Salerno, sezione I, n. 332/2017, resa tra le parti, concernente l’annullamento del bando, del disciplinare, del capitolato di gara, di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali relativi alla procedura aperta per l’individuazione di una Agenzia per il Lavoro cui affidare, per due anni, la somministrazione di personale infermieristico e tecnico-sanitario, per un importo a base d’asta di €. 2.940.633,66, con il criterio di aggiudicazione del “prezzo più basso”.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Asl Salerno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2017 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Massimiliano Brugnoletti e Valerio Casilli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con bando pubblicato sulla GUUE il 9 dicembre 2016, la ASL di Salerno ha indetto una procedura aperta per l’individuazione di una Agenzia per il Lavoro cui affidare, per due anni, la somministrazione di personale infermieristico e tecnico-sanitario, per un importo a base d’asta di €. 2.940.633,66
Il criterio di aggiudicazione scelto dalla Stazione appaltante è stato quello del “prezzo più basso” sul dichiarato presupposto che si trattasse “di servizio con caratteristiche standardizzate il cui costo è assorbito per la quasi totalità dalle retribuzioni del personale”
L’odierna appellante, Randstad Italia, pur presentando domanda, ha immediatamente impugnato gli atti di gara nella parte in cui fissavano quale criterio di aggiudicazione quello del prezzo più basso, in luogo di quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Nelle more della discussione presso il Tar, ed in mancanza di provvedimenti di sospensione, la procedura è giunta al suo epilogo con collocamento di Randstad all’ultimo posto della graduatoria provvisoria.
Definitivamente decidendo sul ricorso, il TAR, con la sentenza oggetto dell’odierno gravame, non si è pronunciato sul merito della censura, ritenendo pregiudizialmente il ricorso inammissibile poiché “la clausola censurata non è produttiva di alcun pregiudizio, avente i necessari requisiti di concretezza ed attualità, a carico della parte ricorrente, sia nella prospettiva della sua aspirazione all’aggiudicazione del servizio, sia in quella del suo mero interesse partecipativo; Evidenziato infatti, dal primo punto di vista, che non è concretamente prevedibile l’incidenza, eventualmente positiva, del criterio di aggiudicazione sulle chances di conseguimento da parte della società ricorrente del bene della vita perseguito … Rilevato, dal secondo punto di vista, che il criterio del prezzo più basso non prelude la partecipazione alla gara dell’impresa ricorrente, né le impedisce di formulare un’offerta concorrenziale, incidendo esclusivamente sullo spettro operativo del meccanismo concorrenziale e quindi, di riflesso, sui contenuti dell’offerta.”
Ha proposto appello Randstad Italia. Sostiene l’appellante, che il “diritto” degli operatori economici a formulare l’offerta secondo un criterio legittimo in relazione all’oggetto della gara, sia immediatamente leso dalla scelta del criterio da parte della Stazione appaltante. L’onere dell’impugnazione immediata dell’illegittimo criterio di aggiudicazione prescelto: a) discenderebbe dai principi affermati dalla giurisprudenza, che lo predica non solo per le clausole escludenti, ma anche per quelle che incidono sulla formulazione dell’offerta e/o che impongono oneri contra jus; b) sarebbe altresì in linea con l’intento acceleratorio della definizione dei contenziosi che connota il nuovo d.lgs. n. 50/2016.
Nel merito della questione deduce che la scelta del criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, operata dalla lex specialis, sarebbe in contrasto con l’obbligo sancito dall’art. 95 d.lgs. n. 50/2016 di affidare i servizi “ad alta intensità di manodopera”, come quello oggetto di gara, mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Nel giudizio si è costituita l’ASL ed ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità dell’appello per mancata notificazione all’aggiudicatario controinteressato, siccome individuato nelle more del giudizio di primo grado.
La causa è stata delibata in sede cautelare all’udienza camerale del 20 aprile 2017, ed in quella sede direttamente trattenuta in decisione, previo avviso alle parti.
DIRITTO
1.Nessun dubbio si pone sull’ammissibilità del gravame. All’epoca dell’impugnazione degli atti non v’era ancora alcuna aggiudicazione, sicchè correttamente la ricorrente si è limitata a notificare il ricorso alla sola stazione appaltante. Del pari correttamente ha notificato l’appello all’unica parte del giudizio di primo grado nei confronti della quale aveva instaurato il giudizio.
L’aggiudicazione a terzi, nelle more del giudizio sul bando, pone piuttosto, in tesi, un problema di procedibilità del giudizio, che tuttavia nel caso di specie è da escludere avendo l’appellante impugnato in primo grado la stessa.
2.Nel merito l’appello è fondato,
3.Esso pone in primis la questione dell’ammissibilità dell’impugnazione immediata del bando da parte di una impresa che si dolga dell’adozione di un criterio di aggiudicazione erroneo e quindi illegittimo.
3.1.Il giudice di prime cure l’ha risolta con l’ausilio delle chiavi esegetiche fornite dall’Adunanza Plenaria n. 1/2003, affermando che “il criterio del prezzo più basso non preclude la partecipazione alla gara dell’impresa ricorrente, né le impedisce di formulare un’offerta concorrenziale, incidendo esclusivamente sullo spettro operativo del meccanismo concorrenziale e quindi, di riflesso, sui contenuti dell’offerta”.
3.2.Non c’è dubbio che l’affermazione sia conforme al principio elaborato dalla Plenaria nel 2003 ed ai successivi sviluppi giurisprudenziali registratisi durante la vigenza del vecchio codice. Per riprendere le parole efficacemente utilizzate dalla Corte costituzionale nella sintetica ricostruzione delle posizioni giurisprudenziali sul punto, può dirsi “acquisizione consolidata che i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno normalmente impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento, ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato» (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 29 gennaio 2003, n. 1). A queste regole, che discendono dalla piana applicazione alle procedure di gara dei principi generali in materia di legittimazione e interesse a ricorrere, fanno eccezione le ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che sia stata indetta o, ancora, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti, o, infine, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell’offerta (Consiglio di Stato, sezione III, 10 giugno 2016, n. 2507; Consiglio di Stato, sezione V, 30 dicembre 2015, n. 5862; Consiglio di Stato, sezione V, 12 novembre 2015, n. 5181; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 7 aprile 2011, n. 4)” (Corte cost., Sent., 22/11/2016, n. 245.)
3.3.Quanto all’esatto perimetro dell’eccezione da ultimo menzionata (clausole non escludenti ma che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell’offerta), la Plenaria n. 1/2003 èperentoria con specifico riguardo ai criteri di aggiudicazione, affermando che: “Non può essere condiviso quell’indirizzo interpretativo che è volto ad estendere l’onere di impugnazione alle prescrizioni del bando che condizionano, anche indirettamente, la formulazione dell’offerta economica tra le quali anche quelle riguardanti il metodo di gara e la valutazione dell’anomalia. Anche con riferimento a tali clausole, infatti, l’effetto lesivo per la situazione del partecipante al procedimento concorsuale si verifica con l’esito negativo della procedura concorsuale o con la dichiarazione di anomalia dell’offerta. L’effetto lesivo è, infatti, conseguenza delle operazioni di gara, e delle valutazioni con essa effettuate, dal momento che è solo il concreto procedimento negativo a rendere certa la lesione ed a trasformare l’astratta potenzialità lesiva delle clausole del bando in una ragione di illegittimità concreta ed effettivamente rilevante per l’interessato: devono pertanto ritenersi impugnabili unitamente all’atto applicativo, le clausole riguardanti i criteri di aggiudicazione, anche se gli stessi sono idonei ad influire sulla determinazione dell’impresa relativa alla predisposizione della proposta economica o tecnica, ed in genere sulla formulazione dell’offerta, i criteri di valutazione delle prove concorsuali, i criteri di determinazione delle soglie di anomalie dell’offerta, nonché le clausole che precisano l’esclusione automatica dell’offerta anomala”.
3.4.La conclusione cui giunge l’Adunanza Plenaria è evidentemente influenzata dalla qualificazione dell’interesse sostanziale di base della cui tutela trattasi, quale interesse all’aggiudicazione. Secondo l’Adunanza, infatti, la “condizione di concorrenti” dei partecipanti alla gara “può essere apprezzata e valutata esclusivamente con riferimento all’unico interesse sostanziale di cui essi sono titolari, che è quello all’aggiudicazione e, comunque, all’esito positivo della procedura concorsuale, sicché l’eventuale incidenza di clausole che conformino illegittimamente la condizione di concorrenti dei singoli partecipanti, può acquistare rilievo esclusivamente se si traduce in un diniego di aggiudicazione o, comunque, in un arresto procedimentale con riferimento al medesimo obiettivo; dall’altra non appare configurabile un interesse autonomo alla legittimità delle regole e delle operazioni di gara, distinto dalla pretesa all’aggiudicazione o alla stipula del contratto”.
3.5.La pronuncia ha cura di precisare che “l’interesse alla legittimità della procedura costituisce un aspetto ed un riflesso dell’interesse all’aggiudicazione, ed è anzi quest’ultimo che può fondare e sostenere il primo, sicché l’eventuale illegittimità della procedura acquista significato e rilievo soltanto se comporta il diniego di aggiudicazione, in tal modo ledendo effettivamente l’interesse protetto, di cui è titolare il soggetto che ha preso parte alla gara”.
4.Essa costituisce una pietra miliare nell’applicazione, alle procedure concorsuali, della teoria della dimensione sostanziale dell’interesse legittimo e della sua conseguente tutela, ma in quanto diritto vivente necessità di interpretazione evolutiva idonea a conservarne la coerenza rispetto alle profonde trasformazioni che hanno investito il diritto degli appalti mutandone impostazione e prospettive.
4.1. La prima innovazione di rilievo è l’espressa comminazione di nullità delle clausole espulsive autonomamente previste dalla stazione appaltante. Il riferimento è al vecchio comma 1 bis dell’art. 46 del codice dei contratti pubblici ed all’art. 83 comma 8 del nuovo codice che ne reitera la previsione, il quale, nel delineare una fattispecie di nullità, prescrive che “I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle”
L’aver inquadrato il vizio nelle cause di nullità, ex art. 21 septies legge n. 241/1990, costituisce un indizio della vocazione generale ed autonoma dell’interesse partecipationis. Il legislatore ha ritenuto nel caso di specie di abdicare all’ordinario schema dell’annullabilità – in cui l’effetto di ripristino della legittimità è realizzato attraverso la cooperazione e sulla base della dimensione esclusivamente individuale dell’interesse privato leso – a favore dello schema della nullità, in cui invece l’interesse trascende la dimensione meramente individuale sino a giustificare il rilievo d’ufficio da parte del giudice e l’opposizione senza limiti di tempo della parte del resistente.
4.2. L’altra significativa ed innovativa previsione è contemplata dall’art. 211 comma 2 del nuovo codice. Trattasi di un’autotutela “doverosa” (così il parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato, n.2777 del 28 dicembre 2016) attivabile dalla stazione appaltante, su impulso dell’Autorità di vigilanza, al fine del ripristino della legalità procedurale, che prescinde dall’interesse del singolo partecipante all’aggiudicazione e mira invece al corretto svolgimento delle procedure di appalto nell’interesse di tutti i partecipanti e finanche di quello collettivo dei cittadini, interesse quest’ultimo che và via via emancipandosi dallo schema del mero interesse di fatto (sul punto cfr. considerando 122 della direttiva 24/2014).
4.3. Ancora più rilevante rispetto al thema decidendum è la previsione dell’onere di impugnazione dell’altrui ammissione alla procedura di gara (art. 120 c.p.a., così come modificato dall’art. 204, comma 1 lett. b del nuovo codice appalti). A fronte di un sistema che in precedenza precludeva l’impugnazione delle ammissioni, sull’implicito e pacifico presupposto che concorrente avesse in interesse concreto ed attuale a contestare l’ammissione altrui solo all’esito della procedura selettiva, si è previsto l’onere di impugnazione immediata, con ciò dando evidentemente sostanza e tutela ad un interesse al corretto svolgimento della gara, scisso ed autonomo, sebbene strumentale, rispetto a quello all’aggiudicazione.
4.4. Un’altra delle principali novità portate dal Dlgs. n. 50/16, ed in particolare dall’art. 95 – dirimente per la decisione dello specifico caso oggetto dell’odierno giudizio – è la creazione di una vera e propria gerarchia fra i due tipici metodi di aggiudicazione di un appalto, ovvero l’offerta economicamente più vantaggiosa e il massimo ribasso.
4.4.1.Se nell’art. 83 del vecchio Dlgs. n. 163/06 tali criteri erano posti su una posizione di parità, e spettava unicamente all’Amministrazione nella sua discrezionalità optare per l’uno per l’altro, l’art. 95 dopo avere affermato che “I criteri di aggiudicazione non conferiscono alla stazione appaltante un potere di scelta illimitata dell’offerta” e che “Essi garantiscono la possibilita’ di una concorrenza effettiva e sono accompagnati da specifiche che consentono l’efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte”, ha imposto l’offerta economicamente più vantaggiosa come criterio “principale”, e il massimo ribasso come criterio del tutto “residuale” utilizzabile solo in alcuni e tassativi casi, e comunque previa specifica ed adeguata motivazione.
5. Trattasi di elementi che profilano una nozione di “bene della vita” meritevole di protezione, più ampia di quella tradizionalmente riferita all’aggiudicazione, che sebbene non coincidente con il generale interesse alla mera legittimità dell’azione amministrativa, è nondimeno comprensiva del “diritto” dell’operatore economico a competere secondo i criteri predefiniti dal legislatore, nonchè a formulare un’offerta che possa validamente rappresentare la qualità delle soluzioni elaborate, e coerentemente aspirare ad essere giudicata in relazione anche a tali aspetti, oltre che sulla limitativa e limitante (se isolatamente considerata) prospettiva dello “sconto”.
5.1.Il “blocco normativo” che si è rapidamente passato in rassegna, caratterizzato da norme sia sostanziali che processuali, rende in altri termini chiaro che vi sono elementi fisiologicamente disciplinati dal bando o dagli altri atti di avvio della procedura, che assumono rilievo sia nell’ottica del corretto esercizio del potere di regolazione della gara, sia in quella dell’interesse del singolo operatore economico ad illustrare ed a far apprezzare il prodotto e la qualità della propria organizzazione e dei propri servizi, così assicurando, nella logica propria dell’interesse legittimo (figlio della sintesi di potere e necessità) la protezione di un bene della vita che è quello della competizione secondo il miglior rapporto qualità prezzo; un bene, cioè, diverso, e dotato di autonoma rilevanza rispetto all’interesse finale all’aggiudicazione.
5.2.Ciò non può che condurre, sul versante delle condizioni e dei tempi di esperibilità dell’azione di annullamento, alla conclusione dell’onere dell’immediata impugnazione dell’illegittima adozione del criterio del massimo ribasso. Tutti i presupposti sono sussistenti: a) la posizione giuridica legittimante avente a base, quale interesse sostanziale, la competizione secondo meritocratiche opzioni di qualità oltre che di prezzo; b) la lesione attuale e concreta, generata dalla previsione del massimo ribasso in difetto dei presupposti di legge; c) l’interesse a ricorrere in relazione all’utilità concretamente ritraibile da una pronuncia demolitoria che costringa la stazione appaltante all’adozione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ritenuto dalle norme del nuovo codice quale criterio “ordinario” e generale.
5.3.Del resto, una diversa soluzione – più aderente alla lettera che alla ratio dell’Adunanza Plenaria del 2003 ed all’esigenza della sua interpretazione in chiave evolutiva – finirebbe per svilire e depontenziare le due architravi del nuovo impianto normativo:
a) da un lato il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – assunto da legislatore ad elemento di rilancio di una discrezionalità “sana e vigilata” da porre a disposizione di amministrazioni qualificate sì da renderle capaci di selezionare le offerte con razionalità ed attenzione ai profili qualitativi – sarebbe destinato a rimanere privo di garanzie di effettività, posto che, la sua correzione si avrebbe solo all’esito della procedura concorsuale e della sua appendice giurisdizionale, in presenza di un operatore (quello offerente il massimo ribasso) in capo al quale si sono tra l’altro già ingenerate aspettative;
b) dall’altro sarebbe irragionevolmente derogata la logica bifasica (ammissioni/esclusioni prima fase; aggiudicazione seconda fase) che ha caratterizzato il nuovo approccio processuale in tema di tutela, poiché è evidente che l’illegittimità del bando, sub specie del criterio di aggiudicazione, è un prius logico giuridico rispetto alle ammissioni, condizionandole e rendendole illegittime in via derivata. Con il risultato che l’intento di affrancare il contenzioso sull’aggiudicazione da tutte le questioni sollevabili in via incidentale dal controinteressato (e fra queste anche quelle relative all’illegittimità del bando, strumentali all’utilitas della riedizione della gara) che ha ispirato la formulazione delle nuove norme processuali, risulterebbe tradito proprio in relazione ad aspetti basilari della prima fase.
5.4. A ciò si aggiunga, a riprova dell’irrazionalità della tesi dell’impugnazione postergata del criterio di aggiudicazione, che il ricorrente, costretto ad attendere, quale dies a quo per l’impugnativa, il momento dell’aggiudicazione ad altri, non è vincolato dalla correlazione tra criterio del massimo ribasso e la mancata aggiudicazione, non dovendo egli dimostrare un rapporto di causalità tra effetto lesivo del bene “aggiudicazione” e lex gara: la lesione, nell’orientamento giurisprudenziale tradizionale varato dall’Adunanza Plenaria nel 2003 , è infatti solo l’elemento, che integrando una delle condizioni dell’azione, abilita alla tutela dell’interesse legittimo attraverso l’esperimento dell’azione demolitoria. Una volta realizzatasi la condizione dell’azione, il ricorrente è ammesso a far valere la violazione dell’obbligo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, insieme a tutti gli altri vizi di legittimità del bando che non attengano a clausole escludenti, a prescindere se la mancata aggiudicazione sia riferita, o meno, proprio all’operare di quella o di quelle clausola (si pensi, oltre che al criterio di aggiudicazione, alla difettosa composizione del seggio di gara o alle previsioni sulle modalità di apertura delle buste o, in generale, alle norme sul modus procedendi). In questi casi non è cioè necessaria la dimostrazione che, in assenza del vizio, l’aggiudicazione sarebbe stata senz’altro riconosciuta al ricorrente, costituendo, la violazione delle norme di legge, un sintomo della cattiva organizzazione e gestione della gara e conseguentemente dell’erroneità dei suoi esiti.
6. Se così è, allora, non v’è ragione alcuna per attendere, al fine di invocare tutela, che la procedura di concluda con l’aggiudicazione a terzi. Tale soluzione non risponderebbe a finalità deflattive ed anzi infici erebbe quelle legate al pur contemplato onere di impugnazione delle ammissioni; non risponde del resto a finalità di coerenza giuridica o dogmatica, poiché il postergare l’impugnazione della lex gara finanche quando la violazione è già conclamata, può avere un senso solo in relazione a clausole che non violino immediatamente l’interesse del singolo imprenditore, è così certamente non è per quelle che gli impediscono di concorrere sulla qualità; è inoltre contraria al dovere di leale collaborazione ed al rispetto del principio di legittimo affidamento, immanenti anche nell’ordinamento amministrativo.
7.Chiarito, in ragione di quanto sopra esposto, che il ricorso introduttivo è ammissibile, occorre ora scrutinare, nel merito, la censura con la quale il ricorrente deduce l’illegittima adozione del criterio del massimo ribasso.
7.1.E’ pacifico, nel caso di specie, che trattasi di un appalto di servizi ad alta intensità di manodopera secondo quanto chiarito dall’art. 50 del nuovo codice. Tuttavia l’amministrazione ritiene che ricorra la condizione, assorbente, del servizio caratterizzato da “elevata ripetitività” o, detto altrimenti, del servizio “standard”.
7.2.L’assunto è radicalmente erroneo. Il rapporto, nell’ambito dell’art. 95, tra il comma 3 (casi di esclusivo utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tra i quali v’è quello dei servizi ad alta intensità di manodopera) ed il comma 4 (casi di possibile utilizzo del criterio del minor prezzo, tra i quali v’è quello dei servizi ripetitivi), è di specie a genere. Ove ricorrano le fattispecie di cui al comma 3 scatta, cioè, un obbligo speciale di adozione del criterio dell’o.e.p.v. che, a differenza della ordinaria preferenza per tale criterio fatta in via generale dal codice, non ammette deroghe, nemmeno al ricorrere delle fattispecie di cui al comma 4, a prescindere dall’entità dello sforzo motivazionale dell’amministrazione.
La soluzione è del resto in linea con i criteri direttivi dettati dal legislatore delegante. Infatti l’art. 1, co. 1, lett. gg), per i contratti relativi (tra gli altri) ai servizi “ad alta intensità di manodopera”, precisa, quale criterio direttivo, che l’aggiudicazione debba avvenire “esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, come definita dalla lettera ff), escludendo in ogni caso l’applicazione del solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d’asta”.
8.Il ricorso è pertanto accolto. Per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, il bando è annullato.
9.Avuto riguardo alla novità delle questioni ed all’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, è senz’altro equo disporre la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio, ad eccezione del contributo unificato che dev’essere rimborsato dall’amministrazione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie. Per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, annulla gli atti di gara impugnati con il ricorso introduttivo in primo grado.
Compensa le spese di entrambi i gradi di giudizio, ad eccezione del contributo unificato che dev’essere rimborsato dall’amministrazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini, Presidente
Francesco Bellomo, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Giulio Veltri | Franco Frattini | |
IL SEGRETARIO