Il Consiglio di Stato, Comm. Spec., ha reso il parere n. 1257 del 29 maggio 2017 su richiesta dell’ANAC in ordine allo “Schema di Linee guida in tema di “Aggiornamento delle Linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici”.
Il parere ha avuto esito favorevole con osservazioni.
Si legge dal parere: “Il parere, pur non trattandosi di un atto per il quale è obbligatorio il parere del Consiglio di Stato, è stato richiesto nella logica di fattiva cooperazione istituzionale la cui applicazione appare ormai prassi consolidata e fruttuosa. Le linee guida in esame costituiscono, infatti, atto non regolamentare mediante il quale ANAC chiarisce la portata applicativa e le ricadute organizzative degli adempimenti stabiliti dalla normativa (legge 190/2012 e d.lgs. 33/2013, come novellati dal d.lgs. 97/2016) a carico dei soggetti pubblici e privati sottoposti, al pari delle pubbliche amministrazioni (anche se in misura non sempre coincidente) agli obblighi finalizzati a prevenire la corruzione e ad assicurare la trasparenza nell’azione amministrativa, rispetto ai quali ANAC ha una potestà di vigilanza”.
Come chiarito dal Consiglio di Stato, tale potestà risulta, in particolare, dall’art. 1, comma 2, lettera f) – che demanda ad ANAC la vigilanza e il controllo sull’effettiva applicazione e sull’efficacia delle misure anticorruzione adottate dalle pubbliche amministrazioni e sul rispetto delle regole sulla trasparenza dell’attività amministrativa – e comma 3 – secondo cui ANAC esercita poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni.
I giudici di Palazzo Spada, con riferimento alla finalità della disciplina contenutistica delle linee Guida, hanno posto in rilievo “le esigenze (organicamente sottolineate da questo Consiglio in relazione allo schema poi tradottosi nel d.lgs. 97/2016 – cfr. il parere n. 515/2016) che l’adempimento degli obblighi di trasparenza venga considerato non solo come forma di prevenzione dei fenomeni corruttivi, ma anche come strumento ordinario e primario di riavvicinamento dei cittadini alla pubblica amministrazione e di partecipazione all’azione dei pubblici poteri; che, in questa prospettiva, si eviti la trappola costituita da adempimenti onerosi e non necessari, che rischiano, paradossalmente, di creare una sorta di ‘burocrazia della trasparenza’; che la funzionalità allo scopo delle linee guida e delle misure organizzative adottate dai destinatari venga valutata nel medio-lungo periodo, attraverso un’adeguata attività di monitoraggio e di rilevazione statistica”.
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