Costo del lavoro al di sotto dei minimi tabellari: la sentenza del TAR Palermo

Il TAR Sicilia – Palermo, Sez. III, con la sentenza n. 1370 del 23 maggio 2017, si è pronunciato sulla legittimità della lex specialis nella parte in cui prevedeva la non ribassabilità del costo del lavoro al di sotto dei minimi indicati dalle tabelle ministeriali.

Il Collegio, richiamando la delibera/parere ANAC n. 1092 del 26 ottobre 2016 ha ritenuto “non conforme al quadro normativo di riferimento l’inserimento nella lex specialis di una clausola di esclusione automatica dell’offerta che contenga un costo orario del personale dipendente inferiore a quello stabilito dalle tabelle ministeriali senza che sia consentita una valutazione di congruità della stessa nella fase di verifica della anomalia”.

L’art. 97 D.lgs. n. 50/2016, sulle offerte anormalmente basse, prevede, infatti, ai commi 5 e 6 quanto segue: “La stazione appaltante richiede per iscritto, assegnando al concorrente un termine non inferiore a quindici giorni, la presentazione, per iscritto, delle spiegazioni. Essa esclude l’offerta solo se la prova fornita non giustifica sufficientemente il basso livello di prezzi o di costi proposti”.

Pertanto, a parere dei giudici del TAR palermitano, la ratio della norma sopra citata è in contrasto con il principio di libera concorrenza, specie se, come nel caso in esame, l’esclusione ex ante dal ribasso dell’importo del costo del lavoro sia stato definito ex ante dalla stazione appaltante, soprattutto trattandosi di un appalto assume estrema rilevanza la componente della manodopera.

Si riporta di seguito il testo della sentenza.

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Pubblicato il 23/05/2017

N. 01370/2017 REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1 del 2017, proposto da:
Euroservice Group Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Carmelo Barreca, con domicilio eletto presso Alessandro Gravante in Palermo, viale Libertà 37 I;

contro

Comune di Gela, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Filippo Di Mauro, con domicilio eletto presso il suo studio in Gela, via Senatore Damaggio 105;

nei confronti di

Cassaro Servizi Integrati Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Emilio Amoroso, con domicilio eletto presso Liborio Gambino in Palermo, via Terrasanta, 6;

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

– di tutti i verbali, e in particolare di quello della seduta del 30 Novembre 2016, della gara per l’affidamento del “servizio di pulizia dei locali comunali adibiti ad uso uffici”, col quale la Commissione di gara ha escluso l’offerta della ricorrente, classificatasi al primo posto, a seguito della verifica d’anomalia, con la seguente motivazione: “in quanto l’offerta non tiene conto che il costo della manodopera non è assoggettabile al ribasso d’asta e quindi si pone oltre all’importo massimo non assoggettabile al ribasso d’asta che è di EU 107.376,40, proponendo di conseguenza l’aggiudicazione in favore della ditta Cassaro Servizi Integrati srl (provvedimento collocato in pari data nella piattaforma informatica MEPA).

– di tutti gli atti e/o provvedimenti disposti nell’ambito del procedimento di verifica d’anomalia condotto nei confronti dell’offerta della ricorrente;

– di ogni altro atto antecedente o successivo, comunque presupposto connesso o consequenziale, ivi compresi, in via meramente cautelativa ed ove occorra, il Bando di gara, laddove indica al punto II.3 la voce “Costo manodopera non soggetta a ribasso” e la correlata voce del CSA, ove intesi nel senso di precludere la verifica di anomalia e le correlate giustificazioni, discostandosi e formulando un ribasso anche sul costo del lavoro indicato dalla stazione appaltante.

e per il riconoscimento

del diritto dell’impresa ricorrente al risarcimento in forma specifica, attraverso la riammissione in gara dell’odierna ricorrente, nonché, al risarcimento per equivalente dei danni subiti e subendi a causa dei provvedimenti impugnati, con la condanna, previa determinazione dei criteri che il Tribunale vorrà individuare, al pagamento delle relative somme che verranno quantificate in corso di causa ovvero liquidate in via equitativa ex articolo 1226 c.c., con interessi legali e rivalutazione monetaria.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Gela e di Cassaro Servizi Integrati Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 marzo 2017 la dott.ssa Caterina Criscenti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. È impugnato da Euroservice Group il provvedimento col quale la Commissione di gara ha escluso l’offerta della ricorrente, classificatasi al primo posto, con la seguente motivazione: “in quanto l’offerta non tiene conto che il costo della manodopera non è assoggettabile al ribasso d’asta e quindi si pone oltre all’importo massimo non assoggettabile al ribasso d’asta che è di EU 107.376,40,”

Il Comune di Gela, con bando del 6 settembre 2016, aveva indetto la procedura per l’affidamento del “servizio di pulizia dei locali comunali adibiti ad uffici”, con un importo a base d’asta di € 123.614,04, da aggiudicarsi col criterio del prezzo più basso ai sensi dell’articolo 95, comma 4, d.lgs. n. 50/2016.

La ricorrente presentava la relativa offerta, applicando a tal fine un lieve ribasso anche sul costo del lavoro (a fronte dell’importo indicato dalla stazione appaltante in € 105.876,40 l’offerta conteneva un ribasso pari ad € 99,399,73), dichiarato nel bando – pure impugnato – come incomprimibile.

La Commissione di gara, nella seduta del 30 novembre 2016, pur avendo rilevato che le disposizioni normative contenute nel nuovo codice degli appalti non prevedono più la non assoggettabilità al ribasso d’asta del costo della manodopera, si riteneva vincolata alla previsione della lex specialis che invece prevedeva la non ribassabilità del costo del lavoro, e pertanto senza esaminare le giustificazioni dell’impresa, ne disponeva l’esclusione.

Insorgeva la società esclusa, deducendo: Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 nuovo Codice – Eccesso di potere sotto il profilo della manifesta contraddittorietà, del travisamento dei presupposti di diritto, del difetto di motivazione, della violazione dei principi di ragionevolezza, logicità e proporzionalità, con aggravamento del procedimento amministrativo -Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 69 della Direttiva 2014/24/UE e dei principi contenuti all’articolo 1 della Legge 241/90 – Eccesso di potere, manifesta contraddittorietà, travisamento dei presupposti di fatto, difetto di motivazione, difetto di istruttoria, violazione dei principi di ragionevolezza, logicità, proporzionalità, ingiustizia manifesta, mancato contraddittorio – Violazione e/o falsa applicazione dei canoni ex articolo 97 della Costituzione: la ricorrente, in ossequio a quanto stabilito dall’articolo 97 del nuovo codice, e da quanto previsto dall’art. 69 della richiamata Direttiva 2014/24/UE, non ha violato la contrattazione collettiva nazionale ed indicato costi inferiori a quest’ultima, limitandosi ad indicare ed inserire nelle giustificazioni di applicare i minimi salariali del CCNL scaturenti dalla sua concreta posizione, e quindi dal suo costo del lavoro effettivo; è parimenti illegittimo il bando di gara, ritenuto vincolante dalla stazione appaltante.

2. Si è costituita la controinteressata evidenziando che la ricorrente si era spinta a ribassare ciò che non era possibile ribassare e quindi, denunciando a posteriori la presunta illegittimità delle previsioni del bando, voleva in definitiva trarre una posizione di vantaggio a discapito di coloro che si erano attenuti alle prescrizioni della lex specialis e non avevano ribassato il costo del lavoro.

Anche il Comune di Gela eccepiva che le clausole del bando erano state espressamente accettate dalla concorrente e al più dovevano essere preliminarmente impugnate. In ogni caso il ricorso era inammissibile pure in ragione del fatto che non erano esplicitamente impugnate le previsioni del disciplinare di gara.

3. Replica la ricorrente alle controdeduzioni avversarie, osservando che:

-nelle gare pubbliche l’accettazione delle regole di partecipazione non comporta l’inoppugnabilità di clausole del bando regolanti la procedura che fossero, in ipotesi, ritenute illegittime;

-la regola della doverosa immediata impugnazione del bando di gara si applica invero solo alle clausole automaticamente escludenti che impediscano radicalmente la partecipazione del concorrente, e non è certo questo il caso in esame;

-nel corpo del ricorso si è fatto espressamente riferimento all’impugnazione della “lex specialis” di gara e che la stessa commissione di gara nel motivare l’esclusione ha fatto espresso riferimento al bando di gara (che prevale sempre in ogni caso sul disciplinare).

4. Con ordinanza n. 138/2017, che non risulta appellata, la domanda cautelare veniva accolta.

In vista della trattazione del merito le parti depositavano memorie e all’udienza pubblica del 20 marzo 2017 la causa è stata chiamata e posta in decisione.

5. Occorre preliminarmente considerare le eccezioni svolte dal Comune resistente e dalla controinteressata.

5.1. In primis si sostiene l’inammissibilità del ricorso, avendo la ricorrente partecipato alla procedura di selezione, sottoscrivendo per accettazione il CSA e così prestandovi acquiescenza.

La tesi è infondata.

È pacifico in giurisprudenza che nelle gare pubbliche “l’accettazione delle regole di partecipazione non comporta l’inoppugnabilità di clausole del bando regolanti la procedura che fossero, in ipotesi, ritenute illegittime, in quanto una stazione appaltante non può mai opporre ad una concorrente un’acquiescenza implicita alle clausole del procedimento, che si tradurrebbe in una palese ed inammissibile violazione dei principi fissati dagli artt. 24, comma 1, e, 113 comma 1, Cost., ovvero nella esclusione della possibilità di tutela giurisdizionale” (così Cons. St., III, 10 giugno 2016, n. 2507; conf. CGA, 15 settembre 2014, n. 542).

5.2. Secondariamente, si assume che l’impugnazione sarebbe tardiva, dovendosi ritenere immediatamente lesiva per la ricorrente la previsione contenuta nella lex specialis.

Anche tale rilievo non è condiviso dal Collegio.

La regola della doverosa immediata impugnazione del bando di gara si applica solo alle clausole automaticamente escludenti che impediscano radicalmente la partecipazione del concorrente, e non è certo questo il caso che ci occupa.

5.3. Infine, si eccepisce che non risulterebbero espressamente impugnate le previsioni del disciplinare di gara che sottraevano il costo della manodopera al confronto concorrenziale.

Intanto nell’epigrafe del ricorso è indicato, tra gli atti impugnati, non solo seccamente il bando, ma il “bando di gara, laddove indica al punto II.3 la voce “Costo manodopera non soggetta a ribasso” e la correlata voce del CSA, ove intesi nel senso di precludere la verifica di anomalia e le correlate giustificazioni, discostandosi e formulando un ribasso anche sul costo del lavoro indicato dalla stazione appaltante”. Comunque, dal contenuto complessivo del ricorso si evince agevolmente che l’impugnazione proposta riguardava l’intera lex specialis di gara.

4. Nel merito il ricorso è meritevole di accoglimento.

4.1. L’importo complessivo dell’appalto era riportato nel bando nei seguenti termini: costo manodopera non soggetta a ribasso: €. 105.876,40; materiali e attrezzature: €. 5.000; costi di sicurezza non soggetti a ribasso: €. 1.500; spese generali e utile d’impresa (10%): € 11.237,64. Totale complessivo €. 123.614,04. Importo soggetto a ribasso €. 16.237,64.

Tale indicazione è stata ribadita nel disciplinare di gara (punto 2.A – Oggetto ed importo dell’appalto), ed anche nel capitolato.

4.2. Come già evidenziato in sede cautelare, la Sezione ritiene non conforme al quadro normativo di riferimento l’inserimento nella lex specialis di una clausola di esclusione automatica dell’offerta che contenga un costo orario del personale dipendente inferiore a quello stabilito dalle tabelle ministeriali senza che sia consentita una valutazione di congruità della stessa nella fase di verifica della anomalia (in tal senso anche delibera/parere Anac n.1092 del 26/10/2016).

L’art. 97 D.lgs. n. 50/2016, sulle offerte anormalmente basse, prevede, infatti, ai commi 5 e 6 quanto segue: “La stazione appaltante richiede per iscritto, assegnando al concorrente un termine non inferiore a quindici giorni, la presentazione, per iscritto, delle spiegazioni. Essa esclude l’offerta solo se la prova fornita non giustifica sufficientemente il basso livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 4 o se ha accertato, con le modalità di cui al primo periodo, che l’offerta è anormalmente bassa in quanto: a) non rispetta gli obblighi di cui all’articolo 30, comma 3. b) non rispetta gli obblighi di cui all’articolo 105; c) sono incongrui gli oneri aziendali della sicurezza di cui all’articolo 95, comma 10 rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi e delle forniture; d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 23, comma 16.

Non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge. Non sono, altresì, ammesse giustificazioni in relazione agli oneri di sicurezza di cui al piano di sicurezza e coordinamento previsto dall’articolo 100 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. La stazione appaltante in ogni caso può valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”.

Nel previgente d.lgs. n. 163/06 l’art. 82, comma 3 bis, stabiliva, invece, che “il prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, delle voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.

Evidente il mutamento di rotta, stante anche la ferma contrarietà dell’Autorità per vigilanza sui contratti pubblici (v. segnalazione n. 2 del 19 marzo 2014) nei confronti di una disposizione di legge diretta a imporre alla stazione appaltante di quantificare e di scorporare ex ante il costo del lavoro dal prezzo complessivo posto a base di gara, col rischio di premiare le imprese meno efficienti dal punto di vista organizzativo o quelle che compensano con la voce di prezzo percepito a titolo di costo della manodopera i forti ribassi offerti sulle restanti voci di prezzo: il costo del lavoro da costo puro ed incomprimibile, da non assoggettare al mercato, è divenuto componente dell’offerta soggetta a verifica di congruità.

4.3. Nel caso in esame la stazione appaltante, nel dichiarare incomprimibile la voce “costo manodopera”, non ha neppure specificato che l’importo indicato nel bando di gara fosse esattamente corrispondente ai minimi salariali, ed ha proceduto all’automatica esclusione della concorrente, in virtù di una clausola evidentemente illegittima.

È evidente, infatti, che l’esclusione ex ante dal ribasso dell’importo del costo del lavoro, previamente determinato dall’amministrazione, per di più in un appalto in cui è considerevole l’incidenza della manodopera, collide con le disposizioni prima richiamate e, in definitiva, con il principio di libera concorrenza (cfr. la sentenza di questa sezione n. 1882 del 16 luglio 2014, più volte richiamata dalla ricorrente, ed anche Tar Firenze, 9 novembre 2015, n. 1496).

5. Il ricorso deve, dunque, essere accolto, con riammissione della ricorrente alla procedura di gara.

Chiaramente in sede di verifica di congruità dell’offerta, la stazione appaltante valuterà la sostenibilità economica del ribasso anche in relazione alla tutela dei diritti inderogabili dei lavoratori.

Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna il comune di Gela ed Euroservice Group s.r.l. al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese della lite, che liquida in € 1.000,00 per parte, oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2017 e 8 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Solveig Cogliani, Presidente

Caterina Criscenti, Consigliere, Estensore

Maria Cappellano, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Caterina Criscenti Solveig Cogliani

IL SEGRETARIO

Redazione

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