Bandi di gara: il CdS sull’applicabilità della clausola sociale

Il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza n. 4079 del 28 agosto 2017, si è pronunciato sulla portata applicativa dell’obbligo o meno dell’inserimento della c.d. “clausola sociale” nei bandi di gara.

I giudici di Palazzo Spada hanno innanzitutto rilevato che nel caso di specie trova applicazione il nuovo codice appalti approvato nella fase anteriore al decreto correttivo in quanto il bando in questione risultava pubblicato nelle date del 20 e del 22 aprile 2016.

Pertanto, trova attuazione non già la disposizione dell’art. 50 del D. Lgs. 50/2016 secondo la nuova formulazione prevista dal decreto correttivo, ma l’art. 50 secondo il regime previgente, laddove era prevista, in capo alle stazioni appaltanti, la facoltà di inserire nel bando apposita clausola sociale.

Si legge, inoltre, dalla sentenza che “Con riguardo alla latitudine applicativa degli obblighi connessi alla c.d. ‘clausola sociale’, la prevalente giurisprudenza ha avuto modo di affermare che l’appaltatore subentrante deve prioritariamente assumere gli stessi addetti che operavano alle dipendenze dell’appaltatore uscente, a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’imprenditore subentrante, mentre i lavoratori, che non trovano spazio nell’organigramma dell’appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall’appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali (sul punto – ex plurimis -: Cons. Stato, IV, 2.12.2013, n. 5725)”.

Si riporta di seguito il testo della sentenza.

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Pubblicato il 28/08/2017

N. 04079/2017 REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 7743 del 2016, proposto dai signori Luigi Cangellario, Rosario Liuzzi e Maria Giovanna Magli, rappresentati e difesi dall’avvocato Alberto Fantini, con domicilio eletto presso lo studio Tonucci & Parteners in Roma, via Principessa Clotilde, n. 7;

contro

Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pierluigi Balducci, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2;

nei confronti di

Omnia Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi D’Ambrosio e Ermelinda Pastore, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2;

per la riforma della sentenza in forma semplificata del T.A.R. della Puglia , n. 1105/2016.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e della Omnia Service S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 maggio 2017 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Alberto Fantini, l’avvocato Giovanni V. Nardelli, in sostituzione dell’avvocato Balducci e l’avvocato Ermelinda Pastore;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

FATTO

1. Gli odierni appellanti Cangellario Luigi, Liuzzi Rosario e Magli Maria Giovanna sono dipendenti della Prodeo s.p.a. e stabilmente assegnati dalla società al servizio di gestione del patrimonio archivistico della Regione Puglia affidato da quest’ultima alla predetta Prodeo con contratto di appalto stipulato nel 2009 (scadenza prevista per il 2016).

2. La Regione Puglia ha avviato la nuova procedura di affidamento del servizio archivistico con bando pubblicato nella G.U.U.E. in data 20 aprile 2016 e nella G.U.R.I. 5° Serie speciale – Contratti Pubblici n. 46 del 22 aprile 2016.

Gli interessati, venuti a conoscenza di tale circostanza, in data 23 giugno 2016 hanno invitato e diffidato la Regione Puglia a sospendere la procedura e a procedere ad una nuova pubblicazione dei relativi atti con inserimento della clausola sociale di cui all’art. 25, comma 1, legge Regione Puglia n. 25 del 2007 (disposizione in forza del quale la Regione deve prevedere nei bandi di gara l’assunzione a tempo indeterminato del personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria dell’appalto).

Tuttavia la Regione con la nota in data 11 luglio 2016 (impugnata in primo grado) ha escluso che potesse applicarsi nel caso di specie la clausola sociale “(…) in quanto il servizio in affidamento non è continuativo rispetto al servizio già affidato alla Prodeo e non è da considerarsi ad alta intensità di manodopera (…)”.

4. Con l’atto introduttivo del presente giudizio i ricorrenti hanno censurato la citata nota regionale e la lex specialis della nuova gara (bando, disciplinare e capitolato) nella parte in cui non contemplava la clausola sociale di cui all’articolo 25, comma 1, della legge Regione n. 25 del 2007, invocando il precedente di cui alla sentenza del T.A.R. della Puglia n. 795/2015, confermata da questo Consiglio di Stato con sentenza n. 5436/2015, sul presupposto del carattere sostanzialmente analogo e sovrapponibile dell’oggetto della nuova gara rispetto al servizio precedentemente gestito da Prodeo.

Successivamente la Regione con atto dirigenziale del 29 luglio 2016 ha aggiudicato la nuova procedura alla controinteressata Omnia Service s.r.l.

5. Con ricorso per motivi aggiunti i lavoratori hanno contestato il nuovo atto dirigenziale, deducendo analoghe censure.

6. Con la sentenza in epigrafe l’adito tribunale ha dichiarato il ricorso introduttivo irricevibile per tardività

7. La sentenza è stata impugnata appellata dai signori Cangellaro, Liuzzi e Magli, i quali ne hanno chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:

I – Error in procedendo/Iudicando – Erroneità della declaratoria di irricevibilità del ricorso di primo grado e dei motivi aggiunti per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto – Illogicità e difetto di adeguata istruttoria – Errata applicazione delle norme processuali in tema di interesse ad agire;

II – Error in procedendo – Omessa pronuncia in relazione al primo motivo di ricorso: Violazione e falsa applicazione dell’articolo 25, comma 1 della legge regionale pugliese 3 agosto 2007, n. 25 nel testo risultante dopo la pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 68/2011 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 4 e 35, Cost. – Eccesso di potere per difetto di trasparenza e inottemperanza dei principi di eterointegrazione automatica della lex specialis;

III – Error in procedendo – Omessa pronuncia in relazione al primo motivo di ricorso: Violazione e falsa applicazione dell’articolo 25, comma 1 della legge regionale pugliese 3 agosto 2007, n. 25 nel testo risultante dopo la pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 68/2011 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 4 e 35, Cost. – Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di adeguata istruttoria e illogicità.

Si sono costituite in giudizio la Regione Puglia e la società ‘Omnia Service s.r.l.’, le quali hanno concluso nel senso della reiezione dell’appello.

7. Con ordinanza n. 5536/2016, resa all’esito della camera di consiglio del 13 gennaio 2016, è stata respinta l’istanza di sospensione cautelare degli effetti della sentenza in epigrafe.

8. Alla pubblica udienza del 18 maggio 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge in decisione l’appello proposto da alcuni dipendenti di una società attiva nel settore della gestione archivistica (la quale ha gestito sino a tempi recenti il patrimonio archivistico della Regione Puglia) avverso la sentenza del T.A.R. della Puglia con cui è stato dichiarato irricevibile per tardività il ricorso avverso gli atti con cui la Regione Puglia ha indetto una nuova gara per l’affidamento della gestione dell’Archivio di deposito della stessa Regione Puglia, senza inserire nel bando la ‘clausolasociale’ (che avrebbe asseritamente consentito il mantenimento dei pregressi livelli occupazionali).

2. Si può prescindere dalla questione, peraltro ritenuta dal T.A.R. dirimente ai fini del decidere, relativa alla tempestività del ricorso di primo grado, stante l’infondatezza nel merito delle doglianze prospettate.

Per le stesse ragioni si può ugualmente prescindere dall’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla Omnia Service s.r.l.

3. Ciò premesso, si osserva che la principale delle quaestiones iuris sottese alla presente controversia consiste nello stabilire se, nella situazione di fatto e di diritto prospettata, gravasse sull’amministrazione l’obbligo (ovvero la mera facoltà) di prevedere nell’ambito della lex specialis di gara la c.d. ‘clausola sociale’, con conseguente obbligo in capo all’aggiudicatario di riassorbire il personale già in precedenza impiegato dalla Prodeo s.p.a. per il servizio di gestione archivistica della Regione.

La tesi degli appellanti si fonda (oltre che sul carattere immanente dell’obbligo di includere la clausola sociale nell’ambito della lex specialis) sulla specifica previsione di cui all’articolo 25 della legge regionale della Puglia 3 agosto 2007, n 25 (recante ‘Assestamento e seconda variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2007’), che fisserebbe in modo diretto e immediato un simile obbligo in capo alla stazione appaltante.

In particolare, a seguito dell’intervento manipolativo di cui alla sentenza della Corte costituzionale 3 marzo 2011, n. 68, il comma 1 del predetto articolo 25 cit. stabilisce che “fatte salve le previsioni della contrattazione collettiva, ove più favorevoli, la Regione, gli enti, le aziende e le società strumentali della Regione Puglia devono prevedere nei bandi di gara, negli avvisi e, in ogni caso, nelle condizioni di contratto per l’affidamento di servizi l’assunzione [a tempo indeterminato] del personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria dell’appalto nonché la garanzia delle condizioni economiche e contrattuali già in essere, ove più favorevoli”.

La Regione Puglia, dapprima con la risposta ai chiarimenti n. 5 e in seguito – più diffusamente – con la nota dirigenziale in data 11 luglio 2016, ha negato l’obbligo di inserire la richiamata clausola sociale, negando in particolare la sostanziale identità di oggetto fra il pregresso e il nuovo affidamento.

4. La Sezione rileva in primo luogo che l’obbligo di inserire nella lex specialis della procedura per cui è causa la c.d. ‘clausolasociale’ non può essere predicato sulla base della pertinente normativa nazionale.

Si osserva al riguardo che:

– il bando indittivo della procedura è stato pubblicato in data 20 e 22 aprile 2016, successive a quella di entrata in vigore del decreto legislativo n. 50 del 2016 (pubblicato il 19 aprile 2016 ed entrato in vigore, ai sensi dell’articolo 220, “il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale”);

– pertanto la procedura per cui è causa resta disciplinata dalle previsioni del nuovo ‘Codice dei contratti pubblici’ nel testo anteriore alle modifiche di cui al decreto legislativo n. 56 del 2017 (in tal senso, il comma 1 dell’articolo 216 del medesimo decreto);

– risulta quindi applicabile alla procedura (sopra soglia) de qua l’originaria previsione di cui all’articolo 50, secondo cui “per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti possono inserire, nel rispetto dei principi dell’Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l’applicazione da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. I servizi ad alta intensità di manodopera sono quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto”;

– non risultano in atti elementi idonei a ritenere che il contratto per cui è causa sia qualificabile come ‘ad alta intensità di manodopera’;

– in ogni caso la disposizione da ultimo richiamata prevede l’inserimento della ‘clausola sociale’ come mera facoltà per le stazioni appaltanti (facoltà di cui, evidentemente, la regione appellata – utendo iuribus – non si è avvalsa).

Va quindi escluso che l’obbligo di inserire nella lex specialis di gara la più volte richiamata clausola derivasse in via diretta dalla generale disciplina nazionale in materia di appalti pubblici.

In ogni caso, anticipando una notazione che sarà ripresa nel prosieguo, si osserva che la legge delega n. 11 del 2016, con il criterio di delega ddd), ha stabilito che l’inserimento della clausola sociale debba essere rivolta a favorire “gli addetti già impiegati nel medesimo appalto” (laddove fra il precedente e il nuovo affidamento non sussiste una sostanziale identità di oggetto).

5. Occorre verificare se l’obbligo di cui si discute sia desumibile dal più volte richiamato articolo 25 della legge regionale n. 25 del 2007.

La tesi degli appellanti è nel senso che l’ampia formulazione dell’articolo 25 (il quale contempla l’obbligo di assunzione “del personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria dell’appalto”) implica senz’altro l’obbligo di includere la clausolasociale non soltanto nei casi in cui il nuovo affidamento sia in tutto identico a quello precedente, ma anche quando presenti taluni tratti differenziali rispetto ad esso; peraltro gli appellanti sostengono che l’oggetto dell’affidamento in favore Omnia Service sia sostanzialmente coincidente con quello a suo tempo disposto in favore della Prodeo.

5.1. Quanto alla prima delle questioni evidenziate (relativa alla latitudine applicativa da riconoscere all’istituto della ‘clausolasociale’ anche in relazione alla previsione della più volte richiamata legge regionale), la Sezione ritiene che il suo carattere eccezionale ne imponga una interpretazione restrittiva ed una applicazione solo in casi specifici e motivati (compatibili, del resto, con le esigenze di tutela lavoristica sottese alla sua enucleazione).

Con riguardo alla latitudine applicativa degli obblighi connessi alla c.d. ‘clausola sociale’, la prevalente giurisprudenza ha avuto modo di affermare che l’appaltatore subentrante deve prioritariamente assumere gli stessi addetti che operavano alle dipendenze dell’appaltatore uscente, a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’imprenditore subentrante, mentre i lavoratori, che non trovano spazio nell’organigramma dell’appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall’appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali (sul punto – ex plurimis -: Cons. Stato, IV, 2.12.2013, n. 5725).

E’ stato altresì osservato la clausola sociale, perseguendo la prioritaria finalità di garantire la continuità dell’occupazione in favore dei medesimi lavoratori già impiegati dall’impresa uscente nell’esecuzione dell’appalto, risulta costituzionalmente legittima, quale forma di tutela occupazionale ed espressione del diritto al lavoro (art. 35 Cost.), se si contempera con l’organigramma dell’appaltatore subentrante e con le sue strategie aziendali, frutto, a loro volta, di quella libertà di impresa pure tutelata dall’art. 41 Cost. (ivi).

In una logica di contemperamento fra valori di rilievo costituzionale la compressione del diritto di libertà economica e di libera organizzazione imprenditoriale non può essere predicata in modo incondizionato, incontrando piuttosto specifici limiti nella compatibilità con le strategie aziendali dell’operatore subentrante e – più in generale – nell’identità di ratio e di oggetto di tutela.

Si intende con ciò affermare che supererebbe i limiti del richiamato bilanciamento di interessi (comportando un’ingiustificata compressione delle prerogative di cui all’articolo 41, Cost.) un’interpretazione tale da riconoscere l’incondizionata applicabilità della clausola sociale anche a fronte di appalti completamente diversi fra loro.

In tali ipotesi, la (pur fondamentale) finalità di tutelare il diritto costituzionalmente tutelato al lavoro (artt. 1, I, 4, I e 35, I, Cost.) finirebbe per comprimere i valori di cui all’articolo 41, Cost. in modo eccessivo rispetto a quanto ragionevolmente esigibile nei confronti dell’operatore economico il quale finirebbe per dover assumere obblighi sostanzialmente riconducibili alle politiche attive del lavoro e in modo potenzialmente del tutto svincolato dalle peculiarità – e dai vantaggi – connessi all’affidamento del singolo appalto.

5.2. In definitiva, sebbene per l’operatività dei meccanismi di tutela della ‘clausola sociale’ non imponga la necessaria l’assoluta e indistinta identità fra tutti gli innumerevoli aspetti del nuovo e del vecchio appalto, né la modifica di aspetti in ipotesi marginali dell’oggetto dell’appalto, non può negarsi che la clausola sociale non può operare quando fra le precedenti e le nuove lavorazioni sussistono oggettivi e rilevanti elementi di distinzione, sì da palesare altrettanto oggettivi e significativi tratti differenziali (da valutare caso per caso in relazione alle singole fattispecie).

Non può giungersi a conclusioni diverse neppure a fronte di una disposizione (come quelle di cui all’articolo 25 della legge regionale n. 25 del 2007) che predica l’obbligo di subentro in favore “del personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria dell’appalto”, senza addurre elementi per ritenere che tale obbligo sussista anche in caso di un affidamento radicalmente o significativamente diverso rispetto al precedente.

6. Resta da verificare se l’oggetto dell’affidamento a suo tempo disposto in favore della Prodeo e quello successivamente in favore della Omnia Service presentassero significativi elementi di differenziazione, sì da escludere l’obbligo di inclusione della clausola sociale, sia pure a fronte delle rigorose previsioni di cui al più volte richiamato articolo 25.

Al quesito deve essere data risposta in senso positivo.

Si osserva al riguardo che:

– l’attività olim demandata alla Prodeo presentava una maggiore latitudine applicativa rispetto a quella oggetto del secondo affidamento, comprendendo – la prima – anche attività scarto, riordino, schedatura e inventariazione dei documenti;

– al contrario, il secondo affidamento aveva ad oggetto un più limitato novero di attività, riconducibili alla mera custodia della documentazione e alle attività accessorie, fra cui quella di presa in carico e consultazione;

– in definitiva l’esecuzione del precedente appalto richiedeva una più intensa attività degli addetti alle molteplici attività oggetto del servizio espletato, mentre il nuovo affidamento implica soltanto che, per cinque giorni la settimana e per alcune ore al giorno, siano presenti in loco addetti deputati alla ricezione e alla consegna dei faldoni;

– la minore quantità di attività richiesta per l’espletamento del servizio (e la conseguente minore intensità di manodopera) è a sua volta confermata dal dato – per così dire: ‘estrinseco’ – della rilevante riduzione dell’importo a base d’asta (che viene ad essere ridotto da euro 650mila ad euro 160mila circa) e del ridotto corrispettivo per metro lineare di materiale (che viene anch’esso ad essere ridotto da 4,00 a 1,50 euro);

– i dati numerici appena richiamati confermano a propria volta l’incongruità di un’interpretazione tale da imporre al gestore subentrante l’incondizionata accettazione della clausola sociale, nonostante la rilevante modificazione qualitativa e riduzione quantitativa delle attività da svolgere (e nonostante la correlativa riduzione del corrispettivo previsto).

7. Si osserva infine che, contrariamente a quanto ritenuto dagli appellanti, non possono trarsi dirimenti argomenti a favore della loro tesi dalle statuizioni rese da questo Consiglio con la sentenza n. 5436 del 2015, nell’ambito della quale si faceva questione di un affidamento, diverso da quello che qui rileva, disposto dall’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Bari.

8. Per le ragioni sin qui esposte l’appello deve essere respinto.

La particolarità della controversia giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere, Estensore

Raffaele Prosperi, Consigliere

Alessandro Maggio, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Claudio Contessa Carlo Saltelli

IL SEGRETARIO

Redazione

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