Il Consiglio di Stato, Sez. IV, con la sentenza n. 4731 del 12 ottobre 2017, si è pronunciato sulle ipotesi in cui l’Amministrazione ordina la riapertura dei termini di partecipazione ad un concorso a seguito di modificazioni apportate al bando.
Si legge dalla sentenza: “Costituisce regola generale, derivante dai principi di imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa, che, alla modifica sostanziale di una procedura concorsuale, debba far seguito la riapertura dei termini per la presentazione delle domande”.
Continua detta sentenza: “La “modifica sostanziale” della procedura concorsuale, che impone la riapertura dei termini per la presentazione delle domande, corrisponde, in particolare, all’allargamento della potenziale platea di partecipanti; in tal caso, in ragione della nuova modalità di tutela del pubblico interesse volto alla selezione dei candidati “migliori”, la riapertura dei termini costituisce atto logicamente consequenziale per consentire la partecipazione anche a coloro i quali, pur potenzialmente interessati, non avevano potuto presentare una domanda ammissibile in quanto sprovvisti dei requisiti richiesti dal bando, successivamente ampliati”.
Nel caso di specie i giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che non vi è stato alcun ampliamento dei requisiti di partecipazione richiesti dal bando e, quindi, nessun ampliamento della potenziale partecipazione, per cui, come correttamente messo in rilievo dal TAR, non sussisteva alcun obbligo per la Corte dei Conti di riaprire i termini per consentire la partecipazione a chi avesse maturato medio tempore i requisiti già richiesti dal bando oggetto di modifica.
Si riporta di seguito il testo della sentenza.
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Pubblicato il 12/10/2017
N. 04731/2017 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5513 del 2012, proposto da:
signora Carla Romagnoli, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Tardella e Gioia Vaccari, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gioia Vaccari in Roma, viale Gioacchino Rossini, 18;
contro
Corte dei conti, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione I, n. 114/2012.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Corte dei Conti;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 settembre 2017 il Cons. Roberto Caponigro e uditi per le parti l’avvocato Colitti, su delega dell’avvocato Vaccari e l’avvocato dello Stato Urbani Neri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Il TAR Lazio, Prima Sezione, con l’impugnata sentenza 5 gennaio 2012, n. 114, ha respinto il ricorso (corredato da motivi aggiunti) proposto dalla signora Carla Romagnoli per l’annullamento del provvedimento di “modifica del corso-concorso a 150 posti per il passaggio dall’area B all’area C – posizione economica C1, di cui n. 3 posti riservati al personale appartenente ai ruoli locali in servizio presso gli Uffici della Corte dei Conti sede di Bolzano”, del 19 giugno 2009, contestato nella parte in cui:
a) non ha previsto la riapertura dei termini per il possesso dei requisiti di partecipazione e per la proposizione delle domande partecipative;
b) ha riconosciuto la possibilità di un “doppio salto” dall’area funzionale B (B1, B2, B3, B3S) all’area funzionale C.
2. L’appellante, in via preliminare, ha esposto che:
– la Corte dei Conti, con decreto in data 23 aprile 2005, ha bandito un corso – concorso a 150 posti per il passaggio dall’area B all’area C, posizione economica C1;
– l’art. 2 del bando per l’ammissione alla selezione ha richiesto l’appartenenza ai ruoli della Corte dei Conti nelle posizioni economiche B1, B2, B3, B3S ed il diploma di laurea;
– il bando è stato successivamente modificato in data 29 aprile 2005 (precisazioni in materia di requisiti di ammissione) e in data 26 febbraio 2007 (posticipazione del termine ultimo per la presentazione della domanda di partecipazione e per il possesso dei titoli e dei requisiti culturali e professionali);
– non ha presentato domanda di partecipazione nel termine del 31 ottobre 2005 in quanto non in possesso dei requisiti prescritti alla data (21 aprile 2005) a tale riguardo indicata dalla lex specialis.
Ha soggiunto, tra l’altro, che:
– a seguito della proposizione del ricorso e dei motivi aggiunti, è stata “ammessa con riserva”;
– ha superato il concorso, svoltosi il 14 settembre 2010, unitamente ad un numero complessivo di soggetti inferiore a quelli dei posti di cui al bando;
– con decreto del 13 dicembre 2010, la Corte dei Conti non ha inserito l’interessata nella graduatoria finale, in attesa della pronuncia giudiziaria in esito al contenzioso.
2.1 L’appellante, nel chiedere l’annullamento della sentenza impugnata ed il conseguente accoglimento delle domande spiegate con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti, ha articolato i seguenti mezzi di gravame:
a) Violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 2 bis, d.lgs. 165/2001, con simultanea violazione dell’art. 112 c.p.c.
L’appellante era in posizione di comando dal 1996 ed inserita nei ruoli della Corte dei Conti dal 1° ottobre 2007 con il profilo professionale di assistente linguistico amministrativo ex posizione economica B/3/S e la norma in epigrafe stabilirebbe che le amministrazioni, prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità in favore dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o fuori ruolo.
b) Illegittimità ed erroneità della sentenza per mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato con riferimento ai motivi aggiunto del 29.12.2010 relativamente alla illegittima esclusione dell’appellante dalla graduatoria dei vincitori in virtù del principio dell’assorbimento. Violazione degli artt. 112 c.p.c. e 39 d.lgs. 104/2010.
La sentenza di primo grado non avrebbe statuito nulla sulla censura secondo cui la Corte dei Conti, essendo stato l’interessato ammesso con riserva alla prova scritta per il profilo di collaboratore amministrativo ed al successivo corso di qualificazione, avrebbe dovuto inserire lo stesso nella graduatoria finale. Infatti, atteso che il candidato ha ottenuto il giudizio di idoneità, la cessazione della materia del contendere dovrebbe risultare implicitamente acclarata. D’altra parte, la procedura in questione non sarebbe giunta a coprire tutti i posti messi a concorso.
c) Violazione e falsa applicazione dell’art. 35 d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 2, comma 7, d.P.R. n. 487/1994. Nullità dei precedenti bandi di corso-concorso per mancata preventiva autorizzazione della presidenza del Consiglio dei Ministri. Violazione dell’art. 97 Cost.
La sentenza di primo grado sarebbe erronea e contraddittoria sin dalla ricostruzione dei fatti in quanto avrebbe dimenticato di porre in rilievo la circostanza che il bando del 2009 avrebbe potuto essere pubblicato solo per l’intervenuto atto autorizzatorio in data 11 marzo 2008, per cui la data fissata nei precedenti bandi per il possesso dei titoli e per la presentazione della domanda di partecipazione non avrebbe potuto vincolare l’amministrazione, la quale avrebbe dovuto effettuare la riapertura dei termini per la partecipazione al concorso e per il possesso dei titoli richiesti alla data del 18 giugno 2009 (successiva al necessario atto autorizzatorio dell’11 marzo 2008), piuttosto che ad una data risalente a quasi 4 anni prima.
La sentenza impugnata avrebbe violato l’art. 35 d.lgs. n. 165 del 2001 in quanto, in assenza del prescritto atto autorizzativo, il corso-concorso in discussione non avrebbe potuto essere bandito.
d) Violazione degli artt. 3 e 97 Cost. da parte della sentenza gravata, che ha ritenuto erroneamente legittima la previsione di gara che consente il “doppio salto”. Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica.
Il bando sarebbe illegittimo nella parte in cui ammette a partecipare tutti i soggetti collocati nell’area funzionale B del ruolo della Corte dei Conti, indipendentemente dalla qualificazione come B1, B2, B3 e B3S, per conseguire la collocazione nell’area funzionale superiore, mentre la giurisprudenza costituzionale avrebbe più volte escluso il c.d. doppio salto.
2.2 L’Avvocatura Generale dello Stato ha evidenziato profili di inammissibilità dei singoli motivi d’appello e, nel merito, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto dell’impugnazione.
2.3 L’appellante ha prodotto ulteriori memorie a sostegno ed illustrazione delle proprie ragioni.
3 All’udienza pubblica del 28 settembre 2017, la causa è stata trattenuta per la decisione.
4 L’appello è in parte inammissibile e in parte infondato e va di conseguenza respinto nella sua globalità.
4.1 Il primo motivo di impugnativa è inammissibile in quanto la censura non è stata proposta in primo grado.
In appello, vige il c.d. divieto di jus novorum, in base al quale non è possibile in secondo grado procedere ad alcun ampliamento della domanda.
La ratio di tale divieto affonda le proprie radici nell’essenziale esigenza di rispettare il doppio grado di giurisdizione e, pertanto, postula l’immutabilità della causa petendi introdotta in primo grado.
L’effetto devolutivo dell’appello è oggi consacrato nell’art. 104 c.p.a., secondo cui nel giudizio d’appello non possono essere proposte nuove domande (fermo quanto previsto nell’art. 34, comma 3) né nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio, il quale assicura che l’oggetto del giudizio di secondo grado non risulti più ampio di quello su cui si è pronunciato il primo giudice con la sentenza impugnata.
In definitiva, nel processo amministrativo, una questione proposta per la prima volta in grado di appello è inammissibile, quale conseguenza logica che discende dall’onere di specificità delle censure dedotte in primo grado nei confronti degli atti in tale giudizio gravati e, quindi, in applicazione del principio del divieto di jus novorum (cfr., ex multis: Cons. Stato, IV, 26 novembre 2015, n. 5373, che richiama Cons. Stato, VI, 19 luglio 1999 n. 973; id., IV, 24 maggio 2007 n. 2636; id., VI, 22 maggio 2008 n. 2432; id., IV, 27 luglio 2010 n. 4915).
4.2 Il successivo motivo – con cui l’appellante ha rappresentato che la sentenza di primo grado non avrebbe statuito nulla sulla censura secondo cui la Corte dei conti, essendo stato l’interessato ammesso con riserva alla prova scritta per il profilo di collaboratore amministrativo ed al successivo corso di qualificazione, avrebbe dovuto inserire lo stesso nella graduatoria finale – è infondato.
4.2.1 La norma di cui all’art. 4, comma 2 bis, del decreto legge 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 agosto 2005, n. 168, secondo cui “conseguono ad ogni effetto l’abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d’esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l’ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela” ha esteso agli esami di abilitazione professionale il principio c.d. di assorbimento, elaborato con riferimento agli esami scolastici di maturità, secondo cui il superamento degli esami di maturità, che lo studente abbia sostenuto a seguito di ammissione con riserva da parte del giudice amministrativo, assorbe il giudizio negativo di ammissione espresso dal Consiglio di classe, per cui la disposizione deve intendersi riferita alle sole ipotesi in cui è contestata una manifestazione di giudizio e non di volontà e, quindi, alle ipotesi in cui l’ordinanza cautelare ordina la rinnovazione delle prove o della loro valutazione oppure lo stesso disponga l’amministrazione in autotutela e, a seguito di tale rinnovazione o rivalutazione, il candidato superi le prove di cui al bando con conseguente cessazione della materia del contendere.
Infatti, sebbene nella norma si parli di concorso, è evidente che la stessa debba essere applicata alle sole prove idoneative, dove non ci sono controinteressati ed il “bene della vita” può essere in teoria attribuito ad ogni aspirante, ma non alle procedure concorsuali, atteso che l’applicazione della previsione a queste ultime priverebbe inopinatamente ed in violazione del diritto di difesa costituzionalmente garantito i terzi controinteressati dello svolgimento del giudizio nel merito.
La Corte costituzionale, d’altra parte, con sentenza n. 108 del 2009, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale della norma premettendo, tra l’altro, che, come confermato anche dalla giurisprudenza amministrativa, la disposizione censurata non si applica ai concorsi pubblici, ma solo agli esami di abilitazione (sul punto è sufficiente rinviare a quanto statuito dalla Adunanza plenaria nella sentenza n. 1 del 2015 cui si rinvia a mente degli artt. 74 e 88, co.2, lett. d), c.p.a.).
4.2.2 Inoltre, si presenta del tutto ininfluente ai fini del presente giudizio la circostanza che la procedura in questione non sia giunta a coprire tutti i posti messi a concorso.
4.3 Il terzo motivo d’appello è in parte inammissibile ed in parte infondato.
4.3.1 L’appellante ha censurato la sentenza di primo grado prospettando la nullità o, comunque, l’illegittimità del bando del 2005 in quanto, in assenza del prescritto atto autorizzativo, intervenuto solo nel 2008, il corso-concorso non avrebbe potuto essere bandito.
4.3.2 La censura è inammissibile in quanto non proposta in primo grado per il divieto di jus novorum già esplicitato al punto 4.1 della presente sentenza
4.3.3 L’appellante, nell’ambito dello stesso motivo, ha posto altresì in rilievo che l’amministrazione avrebbe dovuto effettuare la riapertura dei termini per la partecipazione al concorso e per il possesso dei titoli richiesti alla data del 18 giugno 2009 (successiva al necessario atto autorizzatorio dell’11 marzo 2008), piuttosto che ad una data risalente a quasi 4 anni prima.
Il Collegio – nel premettere che l’appello avverso la sentenza di primo grado non può consistere nella mera reiterazione delle censure prospettate con il ricorso di primo grado, ma deve contenere, ai sensi dell’art. 101 c.p.a., “specifiche censure contro i capi della sentenza gravata” e ciò in quanto oggetto del giudizio di appello è la sentenza di primo grado e non il provvedimento impugnato in quel giudizio – rileva, comunque, che la prospettazione dell’appellante, secondo cui la modifica della lex specialisdel corso concorso avrebbe dovuto imporre all’Amministrazione una generale riapertura dei termini per la presentazione delle domande di partecipazione e per il possesso dei requisiti richiesti, non può essere condivisa.
L’appellante, in sostanza, ritiene non solo che il termine per la presentazione delle domande dovesse essere riaperto, ma anche che al nuovo termine dovesse farsi riferimento per la maturazione dei requisiti prescritti.
Costituisce regola generale, derivante dai principi di imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa, che, alla modifica sostanziale di una procedura concorsuale, debba far seguito la riapertura dei termini per la presentazione delle domande.
La “modifica sostanziale” della procedura concorsuale, che impone la riapertura dei termini per la presentazione delle domande, corrisponde, in particolare, all’allargamento della potenziale platea di partecipanti; in tal caso, in ragione della nuova modalità di tutela del pubblico interesse volto alla selezione dei candidati “migliori”, la riapertura dei termini costituisce atto logicamente consequenziale per consentire la partecipazione anche a coloro i quali, pur potenzialmente interessati, non avevano potuto presentare una domanda ammissibile in quanto sprovvisti dei requisiti richiesti dal bando, successivamente ampliati.
Il Collegio, a prescindere dalla considerazione che non sussiste una corrispondenza necessaria tra il dies ad quem del termine riaperto e la data cui fare riferimento per il possesso dei requisiti, rileva che, nel caso di specie, non vi è stato alcun ampliamento dei requisiti di partecipazione richiesti dal bando e, quindi, nessun ampliamento della potenziale partecipazione, per cui, come correttamente messo in rilievo dal TAR, non sussisteva alcun obbligo per la Corte dei Conti di riaprire i termini per consentire la partecipazione a chi avesse maturato medio tempore i requisiti già richiesti dal bando oggetto di modifica.
Nel caso di specie, il decreto segretariale del 19 giugno 2009 ha modificato il bando di concorso a 150 posti per la passaggio dall’area B all’area C – posizione economica C1 bandito con decreto segretariale del 23 aprile 2005, prevedendo quanto segue:
– i 150 posti sono così suddivisi: 131 posti per il profilo di collaboratore amministrativo; 12 posti per il profilo di collaboratore informatico; 4 posti per il profilo di collaboratore tecnico; 3 posti riservati al personale appartenente ai ruoli locali in servizio presso la Corte dei conti di Bolzano;
– i candidati che hanno presentato domanda di partecipazione entro il termine del 31 ottobre 2005 e non abbiano ricevuto notizia di esclusione devono trasmettere una dichiarazione riguardante la scelta vincolante della tipologia della prova scritta d’esame;
– la prova d’esame non consiste nello svolgimento di un elaborato, ma in un test articolato su 60 quesiti a risposta multipla in un massimo di 45 minuti;
– corsi di durata, complessivamente, non superiore a trenta giorni lavorativi.
Nessuna di tali modificazioni ha inciso sui requisiti di partecipazione né, in presenza tra l’altro di un inalterato numero di posti a concorso, può ritenersi integrare una modificazione dell’originario bando in termini sostanziali.
Ne consegue che nessun obbligo sussisteva per l’amministrazione procedente di riaprire i termini al fine di consentire la partecipazione a chi, non disponendo a suo tempo dei requisiti necessari alla partecipazione, li avesse medio temporeconseguiti.
4.4 L’ultimo motivo di appello – secondo cui il bando sarebbe illegittimo nella parte in cui ammette a partecipare tutti i soggetti collocati nell’area funzionale B del ruolo della Corte dei Conti, indipendentemente dalla qualificazione come B1, B2, B3 e B3S, per conseguire la collocazione nell’area funzionale superiore – si rivela inammissibile e, comunque infondato.
4.4.1 In primo luogo, l’appellante, non avendo titolo a partecipare alla procedura concorsuale, è priva di legittimazione, in assenza di un interesse qualificato, a dedurre la relativa censura.
4.4.2 Ad ogni buon conto, in relazione al medesimo corso concorso, in un giudizio introdotto da dipendenti amministrativi della Corte dei conti in posizione economica B3 super, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, con decisione 12 febbraio 2010, n. 788, con motivazione da cui questo Collegio non ha alcuna ragione per discostarsi, ha rappresentato che: “il passaggio da B1/B2 a B3, ancorché disciplinato in modo peculiare, reca uno spostamento meramente ‘interno’ a una stessa area, come tale non assimilabile a procedura concorsuale” e che “con riguardo poi alla concreta disciplina contenuta nel bando de quo … i diversi punteggi previsti per ciascun anno di servizio nelle diverse posizioni economiche dell’area B … appaiono idonei a determinare una diversa collocazione nella graduatoria per l’accesso al corso-concorso, in modo da valorizzare adeguatamente la differente professionalità dei dipendenti inseriti in classe B3”.
La sentenza appellata, inoltre, ha tra l’altro evidenziato che “i punteggi per l’anzianità sono differenziati in relazione alla posizione di appartenenza degli aspiranti (in particolare: punti 1,00 per i B3; punti 0,75 per i B2; punti 0,50 per i B1)”.
Pertanto, non può ritenersi che l’Amministrazione abbia attribuito all’anzianità una funzione “del tutto abnorme” quale quella censurata dalla giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte Costituzionale, n. 194 del 2002 e n.1 del 1999).
Ne consegue che, anche sotto tale profilo, non potendosi ritenere violata la giurisprudenza costituzionale che esclude la progressione per saltum, la sentenza merita di essere confermata.
5. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.
Il Collegio rileva, inoltre, che la pronuncia di inammissibilità ed infondatezza del ricorso in appello (la cui formulazione ha contribuito a disattendere il principio di sinteticità sancito dall’art. 3, comma 2, c.p.a.) si basa, come sopra illustrato, su ragioni manifeste che integrano i presupposti applicativi dell’art. 26, co. 1, c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio, sostanzialmente recepita, sul punto in esame, dalla novella recata dal decreto-legge n. 90 del 2014 [cfr. sez. V, 9 luglio 2015, n. 3462; sez. V, 21 novembre 2014, n. 5757; sez. V, 11 giugno 2013, n. 3210; sez. V, 26 marzo 2012, n. 1733; sez. V, 31 maggio 2011, n. 3252, cui si rinvia ai sensi degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative e alla determinazione della misura indennitaria, conformemente, per altro, ai principi elaborati dalla Corte di cassazione (cfr. da ultimo sez. VI, n. 11939 del 2017 e n. 22150 del 2016)].
6. La condanna dell’appellante ai sensi dell’art. 26 c.p.a. rileva, eventualmente, anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2 quinquies, lett. a) e d), della legge 24 marzo 2001, n. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% per spese generali), in favore dell’amministrazione resistente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 settembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Giuseppe Castiglia, Consigliere
Luca Lamberti, Consigliere
Nicola D’Angelo, Consigliere
Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Roberto Caponigro | Vito Poli | |
IL SEGRETARIO