Ricorso per motivi aggiunti: non è dovuto il contributo unificato se non si amplia l’oggetto della controversia

Tra le varie censure mosse contro la disciplina italiana del contributo unificato vi è sicuramente la spinosa questione della “moltiplicazione” del contributo nel caso in cui sia necessario procedere alla formulazione di motivi aggiunti all’interno dello stesso procedimento.

Secondo la normativa italiana, infatti, oltre al contributo dovuto per la proposizione del ricorso, si deve corrispondere un ulteriore contributo unificato, di importo pari a quanto già versato, per ogni singolo ricorso per motivi aggiunti.

Tuttavia, si è ormai consolidato un filone giurisprudenziale in controtendenza che pone delle deroghe importanti rispetto al principio della moltiplicazione del contributo unificato.

In particolare, da ultima, una sentenza della Commissione Tributaria – Sez. Provinciale di Firenze (sent. n. 1126 del 13 novembre 2017)  ha annullato un invito al pagamento del contributo disposto dal TAR Toscana relativamente a motivi aggiunti che, sebbene proposti per l’annullamento di un atto diverso da quelli impugnati con il ricorso introduttivo, non ampliavano in misura significativa l’oggetto della controversia.

La sentenza, pertanto, costituisce puntuale applicazione della nota sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 06/10/2015, nella causa C-61/14 – “Orizzonte Salute, con la quale è stato introdotto, in estrema sintesi, all’interno dell’ordinamento giuridico italiano, il principio secondo cui “il giudice è tenuto a dispensare l’amministrato dall’obbligo di pagamento di tributi giudiziari cumulativi qualora i ricorsi presentati (ovvero i motivi aggiunti) non siano effettivamente distinti o non costituiscano un ampliamento considerevole dell’oggetto della controversia pendente”.

La sentenza della Commissione Tributaria di Firenze, che si inserisce, tra gli altri, sulla stessa direzione di precedenti delle Commissioni Tributarie di Pisa (sent. n. 279/2016) e di Genova (sent. n. 346/2017), muove dal presupposto che può essere giustificata un’applicazione multipla di tributi giudiziari come quelli del procedimento principale solo se gli oggetti dei ricorsi sono effettivamente distinti e ampliano l’oggetto della lite, ragion per cui, in caso contrario, tale obbligo si pone in netto contrasto con l’accessibilità dei mezzi di ricorso garantita dalla direttiva 89/665 e con il principio di effettività.

Per il testo della sentenza della Commissione Tributaria di Firenze, CLICCA QUI

 

Redazione

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