Ingresso a medicina: senza test per laureati in materie affini

Ennesimo arresto dei giudici amministrativi sul numero chiuso della laurea in Medicina, questa volta sancendo la possibilità di ingresso senza test per i laureati in materie affini, quali, per esempio, gli studenti provenienti da Scienze Biologiche, Chimica o Farmacia.

In quest’ultima occasione il Tar Catania (sentenza 9 Marzo 2018 n. 518) ha applicato i principi dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 1 del 28 Gennaio 2015) riguardo il numero chiuso per l’accesso ai corsi di laurea universitari, sancendo la possibilità per uno studente laureato in scienze biologiche di immatricolarsi nel corso di laurea in Medicina, senza passare dal test, previa verifica dell’affinità della laurea in Medicina della laurea di provenienza.

L’applicazione dell’A.P. n. 1/2015 alle lauree affini a Medicina

Nell’Adunanza Plenaria citata, il Consiglio di Stato aveva ritenuto che, in virtù del principio comunitario di libera circolazione, non poteva essere richiesto un test di ammissione per l’ingresso in una università italiana agli studenti provenienti da Università straniere.

L’ammissione in questi casi non poteva essere decisa sulla base di un test che valutasse la capacità degli studenti – ormai del tutto irrilevante perché superato dal percorso formativo-didattico già seguito in ambito universitario – ma esclusivamente sulla base della valutazione dei crediti formativi, affidata all’autonomia universitaria, in conformità con i rispettivi ordinamenti, sulla base del principio di autonomia didattica di ciascun ateneo.

Secondo i giudici amministrativi catanesi, tale principio, espressamente affermato dall’Adunanza Plenaria con riferimento agli studenti stranieri, deve valere anche per gli studenti italiani che siano già in possesso di laurea conseguita presso altra università italiana e chiedano la valutazione del titolo ai fini dell’iscrizione ad un corso universitario a “numero chiuso”.
Laddove lo studente provenga da un corso di laurea diverso da quello nel quale si richiede l’immatricolazione, il problema si sposta sulla necessità di verificare se e quanto il corso di laurea seguito dallo studente fino a quel momento sia oppure no “affine” a quello presso il quale intende iscriversi, al fine del riconoscimento dei c.d. crediti formativi.

Tuttavia rimane all’interno del merito della discrezionalità tecnica dell’università (e quindi non sindacabile da parte del giudice amministrativo) la valutazione sull’affinità tra il corso di laurea di provenienza (Biologia) e quello di destinazione (Medicina), affinità necessaria per l’ammissione in mancanza di test di ingresso.

Il caso di Veterinaria e Agraria

Analogamente si era pronunciato il T.A.R. Catania in un’altra recente sentenza (T.A.R. Catania, Sezione I, 23 Febbraio 2018, n. 412) sulla domanda di immatricolazione in Medicina Veterinaria di uno studente laureato in Scienze e Tecnologie Agrarie, Agroalimentari e Forestali.

In quella sede i giudici chiarivano che “L’accertamento della predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi (…) può facilmente essere accertata, in sede di valutazione degli studi compiuti dallo studente in altro corso di laurea, al fine del riconoscimento dei crediti formativi, e della iscrizione a un anno piuttosto che a un altro del corso di laurea prescelto.
Secondo i giudici etnei la conseguenza è che “L’imposizione del test di ammissione anche a un soggetto che, pur provenendo da un corso di laurea diverso (ma affine) può però già vantare un suo percorso formativo pregresso, tale da rientrare in una parte anche significativa del percorso di studi al quale intende poi accedere, si rivela del tutto illogica e ultronea rispetto al fine previsto dalla legge.”

Si riporta la sentenza T.A.R. Catania, 9 marzo 2018 n. 518.

Pubblicato il 09/03/2018

N. 00518/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00227/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 227 del 2018, proposto da:
Milena Chiarelli, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Leone, Simona Fell e Chiara Campanelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Riccardo Ecora in Catania, via San Giovanni, n. 19;
contro
L’Università degli Studi di Messina, in persona del Rettore pro tempore, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
previa sospensione
– del provvedimento prot. n. UNMECLE-91453 datato 7 dicembre 2017, notificato a mezzo p.e.c. il successivo 11 dicembre 2017, con il quale l’Università degli Studi di Messina ha rigettato la richiesta di iscrizione ad anno successivo al primo del corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia per l’anno accademico 2017/2018, formulata dalla ricorrente laureata in un corso di laurea affine, senza previa valutazione del suo curriculum universitario e degli esami sostenuti;
– ove occorra e per quanto di ragione, del Regolamento Didattico dell’Università degli Studi di Messina, di cui al D.R. n. 1848 del 14 settembre 2017;
– ove occorra e per quanto di ragione, del Regolamento Didattico di Ateneo dell’Università degli Studi di Messina, di cui al D.R. n. 1636 del 22 luglio 2015;
– ove occorra e per quanto di ragione, del bando di cui al D.R. 1629 del 3 luglio 2017;
– della graduatoria unica nazionale del concorso per l’ammissione al Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria per l’anno accademico 2017/2018, pubblicata sul sito www.accessoprogrammato.miur.it il 3 ottobre 2017, nella quale parte ricorrente risulta collocata oltre l’ultimo posto utile e, quindi, non ammessa al corso, nonché dei successivi scorrimenti di graduatoria, pubblicati sul medesimo portale;
– del Decreto Ministeriale 28 giugno 2017 n. 477 con i relativi allegati, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 191 del 17 agosto 2017, dettante “Modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale a ciclo unico ad accesso programmato nazionale a.a. 2017/2018”;
– dei bandi di concorso per l’accesso ai corsi di laurea a numero programmato della facoltà di medicina e chirurgia per l’anno 2017/2018 dell’Università in epigrafe;
– di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;
nonché per la condanna ex art. 30 del c.p.a. dell’amministrazione intimata al risarcimento in forma specifica del danno subito dal ricorrente, ordinando – previa valutazione del crediti formativi già acquisiti, degli esami sostenuti e della relativa votazione ottenuta – l’immatricolazione ad anno successivo al primo al corso di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia a.a. 2017/2018.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2018 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Con il presente gravame, la ricorrente – laureata in Scienze Biologiche presso l’Università degli Studi di Perugia nonché iscritta al primo anno del Corso di laurea Specialistico in lingua inglese “Medical Veterinary or Forensic Biotecnological Science” sempre presso la medesima università – impugna l’atto in epigrafe, con cui l’Università degli Studi di Messina ha rigettato l’istanza, da costei avanzata, di valutazione di tali titoli ai fini dell’ammissione diretta ad un anno successivo al primo del Corso di laurea in Medicina e Chirurgia, dell’Ateneo, con la motivazione che “L’accesso al CdL in Medicina e Chirurgia è possibile previo superamento di apposito test di ammissione programmato a livello nazionale, per cui l’iscrizione ad anni successivi al primo è consentita solo se si provenga dal medesimo corso di studio (Medicina e Chirurgia) frequentato presso altro Ateneo previa disponibilità di posti e verifica del percorso formativo da parte del Consiglio di Corso di laurea” e che “ l’asserita “affinità” del programma di studi del CdL in Medicina e Chirurgia con quello frequentato dalla Sua assistita non trova fondamento nella normativa che regolamenta i Settori Scientifico-Disciplinari”.
Parte ricorrente, in particolare, afferma l’illegittimità di tale diniego, oltre che per motivi procedurali (violazione dell’art 10 bis della l. n. 241/1990, per mancata comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento), in relazione a:
1. l’illegittimità della richiesta di “previo superamento del test di ammissione al CdL in Medicina e Chirurgia”;
2. la pretesa “affinità” del programma di studi del corso di laurea in medicina con quelli frequentati dalla ricorrente;
3. l’asserita sussistenza di migliaia di posti vacanti mai assegnati destinati agli anni successivi al primo per la immatricolazione a Medicina;
4. l’incompetenza assoluta del Direttore Generale ad adottare l’impugnato provvedimento di rigetto, prevedendo l’articolo 10 del Regolamento Didattico dell’Università degli studi di Messina, di cui al d.r. n. 1848 del 14 settembre 2017, che le domande di iscrizione ad anni successivi al primo vengano valutate dal Consiglio di corso di laurea.
Si costituiva in giudizio l’amministrazione universitaria resistente, preliminarmente eccependo l’incompetenza territoriale dell’adito T.A.R. in relazione all’impugnazione anche del presupposto d.m. n. 477/2017, nonché sostenendo nel merito la legittimità del gravato diniego di iscrizione, in relazione alle modalità di accesso per i corsi di laurea a numero programmato, con la conseguenza che la relativa ammissione, proprio in forza, del contingentamento dei posti disponibili, sarebbe subordinata al superamento delle prove di ammissione al fine di garantire, innanzi tutto, una corretta programmazione dell’attività formativa.
Alla camera di consiglio dell’8 marzo 2018, la causa veniva trattata e, dunque, trattenuta in decisione, previo avviso alle parti in ordine alla possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata.
Ritiene il Collegio che il giudizio possa essere definito in esito all’udienza camerale con sentenza ai sensi dell’articolo 60 del cod. proc. amm., essendo trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione, risultando completa l’istruttoria e non avendo alcuna delle parti dichiarato di voler proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza o di giurisdizione.
Ciò premesso, deve essere, rigettata l’eccezione di incompetenza territoriale, formalmente sollevata dall’amministrazione resistente nella memoria depositata il 2 marzo 2018, evidenziando il Collegio come l’oggetto principale del ricorso, in ragione dei motivi ivi proposti (tutti relativi a vizi propri del diniego), sia rappresentato dal provvedimento di rigetto, non venendo, dunque, il presupposto decreto ministeriale del 28 giugno 2017 n. 477 in considerazione ai fini della decisione della presente controversia.
Passando, dunque, al merito della controversia, il ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.
Come evidenziato in ricorso, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con l’invocata sentenza n. 1 del 28 gennaio 2015 ha chiarito come “in virtù del principio comunitario di libera circolazione, l’accesso agli studi di insegnamento superiore da parte di studenti provenienti da altri Stati membri deve essere sempre garantito, e può subire restrizioni solamente limitatamente a quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dagli Stati membri. Pertanto, atteso che la ratio del sistema introdotto dall’art. 4 l. n. 264 del 1999 (che prevede un test di ammissione per i corsi di laurea a numero programmato) è quella di garantire un’elevata qualità dell’istruzione universitaria nazionale, non risulta strettamente necessario al raggiungimento dei fini perseguiti la previsione di un test di ammissione anche nel caso di trasferimenti presso l’Università italiana di studenti provenienti da Università straniere, considerato che la capacità di tali studenti può essere utilmente accertata (così come avviene per i candidati al trasferimento provenienti da Università nazionali) mediante una rigorosa valutazione della qualificazione dello studente, effettuata in sede di riconoscimento dei crediti formativi acquisiti dai candidati”.
Secondo l’Adunanza Plenaria, infatti, “il trasferimento interviene, sia per lo studente che eserciti la sua “mobilità” in àmbito nazionale che per lo studente proveniente da università straniere, non più sulla base di un requisito pregresso di ammissione agli studi universitari ormai del tutto irrilevante perché superato dal percorso formativo-didattico già seguito in àmbito universitario, ma esclusivamente sulla base della valutazione dei crediti formativi affidata alla autonomia universitaria, in conformità con i rispettivi ordinamenti, sulla base del principio di autonomia didattica di ciascun ateneo”, richiamando in tal senso l’art. 11 della l. n. 341/1990, che affida l’ordinamento degli studi dei corsi e delle attività formative ad un regolamento degli ordinamenti didattici, denominato “regolamento didattico di ateneo”, nonché l’art. 2, comma 2, del d.m. 22 ottobre 2004, n. 270, che dispone come le università, con le procedure previste dalla legge e dagli statuti, disciplinano gli ordinamenti didattici dei propri corsi di studio in conformità con le disposizioni del medesimo regolamento, e l’art. 11, comma 9, dello stesso d.m., che, a proposito dei regolamenti didattici di ateneo, prevede che le università, con appositi regolamenti, riordinano e disciplinano le procedure amministrative relative alle carriere degli studenti in accordo con le disposizioni del regolamento statale.
Ben si comprende, dunque, come tale principio, espressamente affermato dall’Adunanza Plenaria con riferimento agli studenti stranieri che intendano iscriversi presso un’università italiana facendo valere i titoli conseguiti in altro stato membro dell’Unione non possa (ovviamente) non valere anche per gli studenti italiani che – come la ricorrente – siano già in possesso di laurea conseguita presso altra università italiana e chiedano la valutazione del titolo ai fini dell’iscrizione ad un corso universitario a “numero chiuso” (in tal senso, T.A.R. Campania, Napoli, sezione IV, n. 2489/2017).
Piuttosto, come precisato da questa Sezione (cfr. T.A.R. Catania, Sezione I, 23 febbraio 2018, n. 412) “laddove, come nel caso in esame, lo studente provenga da altro corso di laurea, il problema si sposta sulla necessità di verificare se e quanto il corso di laurea seguito dallo studente fino a quel momento sia oppure no “affine” a quello presso il quale intende iscriversi, al fine del riconoscimento dei c.d. crediti formativi”.
A ciò si aggiunga che, come rilevato nella citata pronuncia (resa da questa Sezione interna nei confronti della medesima università oggi resistente), il Regolamento didattico d’Ateneo dell’Università di Messina, all’art. 23, espressamente stabilisce che “i Consigli di corso di studio deliberano sul riconoscimento dei crediti nei casi di trasferimento da altro Ateneo, di passaggio da altro corso di studio, di reiscrizione o di svolgimento di parti di attività formative in altro Ateneo italiano o straniero, anche attraverso l’adozione di un piano di studi individuale. I Consigli di corso di studio deliberano altresì sul riconoscimento della carriera percorsa da studenti che abbiano già conseguito il titolo di studio presso l’Ateneo o in altra università italiana e che chiedano, contestualmente all’iscrizione, il riconoscimento dei crediti acquisiti. Questa può essere concessa previa valutazione e convalida dei crediti formativi considerati riconoscibili in relazione al corso di studio prescelto. I crediti non riconosciuti ai fini del conseguimento del titolo di studi rimangono comunque registrati nella carriera scolastica dell’interessato. Relativamente al trasferimento degli studenti da un corso di laurea o di laurea magistrale ad un altro, ovvero da un’università ad un’altra, i regolamenti didattici assicurano il riconoscimento del maggior numero possibile dei crediti già maturati dallo studente, secondo criteri e modalità previsti dal regolamento didattico del corso di laurea o laurea magistrale di destinazione, anche ricorrendo eventualmente a colloqui per la verifica delle conoscenze effettivamente possedute. Il mancato riconoscimento di crediti deve essere adeguatamente motivato” (in tal senso, cit. T.A.R. Catania, Sezione I, n. 412/2018).
Ne consegue, dunque, l’illegittimità, sotto tale profilo, del gravato diniego, ritenendo il Collegio che l’amministrazione universitaria abbia – di fatto – omesso ogni considerazione del curriculum studiorum della ricorrente, illegittimamente sostenendo l’obbligatorietà del “previo superamento di apposito test di ammissione”.
E’, altresì, fondata, in ragione del contenuto non vincolato del provvedimento impugnato, anche la censura relativa al mancato preavviso di rigetto, avendo l’ateneo in tal modo impedito ogni forma di contraddittorio preventivo con l’interessato.
Parimenti meritevole di accoglimento risulta, poi, il motivo di ricorso con cui parte ricorrente lamenta l’incompetenza del direttore generale ad adottare l’impugnato provvedimento di rigetto, espressamente disponendo l’art. 23 del Regolamento Didattico dell’Ateneo (adottato con D.R. n. 1636 del 22 luglio 2015) che compete al Consiglio del Corso di Studio deliberare “sul riconoscimento dei crediti nei casi di trasferimento da altro Ateneo, di passaggio da altro corso di studio, di reiscrizione o di svolgimento di parti di attività formative in altro Ateneo italiano o straniero”.
E’, invece, inammissibile il motivo di impugnazione con cui la ricorrente sostiene l’affinità dei corsi di laurea frequentati a quello in Medicina e Biologia, entrando nel merito di valutazioni che sono espressione di discrezionalità tecnica, in quanto tali riservate all’ateneo ed insindacabili da parte del giudice amministrativo in sede di legittimità, salvo che ricorrano le figure sintomatiche della macroscopica arbitrarietà, illogicità o irragionevolezza dell’atto, dell’evidente difetto o contraddittorietà della motivazione ovvero del travisamento dei fatti, tutte ipotesi nel caso di specie non rinvenibili.
Il ricorso deve, quindi, essere accolto nei limiti specificati, con assorbimento degli eventuali profili di gravame che non siano stati oggetto di specifica disamina, e, per l’effetto, il provvedimento impugnato deve essere annullato, restando comunque salvo ed impregiudicato ogni ulteriore provvedimento che l’università resistente intenderà al riguardo assumere, pur sempre tenendo conto dell’effetto conformativo che consegue alla presente pronuncia, e dal quale deriva l’obbligo per l’Università di rideterminarsi, nei termini precisati, entro 30 giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza.
Sussistono, comunque, giusti motivi, atteso l’accoglimento parziale del ricorso, per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione, per l’effetto, annullando il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
Dauno Trebastoni, Presidente FF
Francesco Mulieri, Referendario
Eleonora Monica, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
Eleonora Monica

Dauno Trebastoni

Redazione

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