In caso di violazione del principio di sinteticità degli atti, con il superamento del limite dimensionale, secondo il Consiglio di Stato (sez. V, sentenza 11 aprile 2018, n. 2190), comporta l’irrilevanza della parte eccedente.
Il limite dimensionale di sinteticità, entro cui va contenuto l’atto processuale, ai sensi dell’art. 13-ter delle norme di attuazione al codice del processo amministrativo, costituisce un precetto giuridico la cui violazione non genera la conseguenza, a carico della parte che lo abbia superato, dell’inammissibilità dell’intero atto, ma solo il degradare della parte eccedentaria a contenuto che il giudice ha la mera facoltà di esaminare.
Così non è inammissibile un atto in violazione dell’art. 13-ter (Criteri per la sinteticità e la chiarezza degli atti di parte) delle norme di attuazione al Codice del processo amministrativo per aver l’appellante superato i limiti dimensionali stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio di Stato 22 dicembre 2016, n. 167 (Disciplina dei criteri di redazione e dei limiti dimensionali dei ricorsi e degli altri atti difensivi nel processo amministrativo).
Ciò perché è lo stesso art. 13-ter, comma 5 a prevedere che: «Il giudice è tenuto a esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nei suddetti limiti. L’omesso esame delle questioni contenute nelle pagine successive al limite massimo non è motivo di impugnazione»
Consiglio di Stato (sez. V, sentenza 11 aprile 2018, n. 2190),