L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (9/2018) sulla questione degli incarichi dirigenziali nei musei, attribuiti dal precedente Ministro dei Beni Culturali Franceschini: la c.d. riserva di nazionalità non può precludere i ruoli di dirigente della pubblica amministrazione agli stranieri, se non si tratti di posizioni con funzioni autoritative
Secondo la Plenaria, devono essere disapplicati, perché contrastanti con il diritto comunitario, l’art. 1, comma 1, d.P.C.M. n. 174 del 1994 e l’art. 2, comma 1, d.P.R. n. 487 del 1994, laddove impediscono in assoluto ai cittadini di altri Stati membri dell’UE di assumere i posti dei livelli dirigenziali delle amministrazioni dello Stato e laddove non consentono una verifica in concreto circa la sussistenza o meno del prevalente esercizio di funzioni autoritative in relazione alla singola posizione dirigenziale.
Tali norme risultano in contrasto con il par. 2 dell’art. 45 del TFUE e non possono trovare conseguentemente applicazione, mentre va data diretta applicazione a una disposizione chiara e di fatto app quale il par. 3 dell’art. 45 del TFUE (il quale limita la possibilità di derogare al generale principio della libertà di circolazione dei lavoratori comunitari ad ipotesi nel complesso residuali, laddove assumano preminenza delle funzioni autoritative).
Il caso del direttore austriaco del museo di Mantova
L’adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha chiuso in questo modo questione dei direttori stranieri nei musei. La sentenza ha, infatti, riconosciuto la correttezza dell’operato del ministero dei Beni culturali nel selezionare anche all’estero i responsabili dei luoghi d’arte dotati di speciale autonomia. Dunque, la riforma voluta dal precedente ministro dei Beni culturali Franceschini è legittima, mentre è legittima l’attribuzione dell’incarico dirigenziale al direttore austriaco di Palazzo Ducale a Mantova.
Infatti non è possibile applicare a questo tipo di figura la “riserva di nazionalità” per limitare la libertà di circolazione dei lavoratori di cui ai trattati europei.
Le limitazioni per gli stranieri di accedere nei ruoli di dirigenti al pubblico impiego deve essere limitata ai casi in cui vengono esercitati stabilmente poteri autoritativi
Il d.P.C.M. 7 febbraio 1994, n. 174 riserva ai soli cittadini italiani i posti dei livelli dirigenziali delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo.
Tuttavia, nel caso dei direttori dei musei, è impossibile dire che tale funzione presenti un carattere di apicalità nell’ambito dell’amministrazione statale e comporti l’esercizio di “funzioni di vertice amministrativo” con spendita di funzioni prevalentemente di stampo pubblicistico e autoritativo, in tal modo giustificando la ‘riserva di nazionalità’ di cui al paragrafo 4 dell’articolo 45 del TFUE.
Tale disposizione pertanto è in contrasto con i principi di libera circolazione dei lavoratori all’interno, di cui all’art. 45 TFUE.
E’ vero che quest’ultimo articolo, al paragrafo 3 stabilisce che sono fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, e inoltre stabilisce che ““le disposizioni del presente articolo non sono applicabili agli impieghi nella pubblica amministrazione”.” Si tratta della c.d. “riserva di nazionalità”
Tuttavia è anche vero che la Corte di giustizia ha chiarito che gli Stati membri possono legittimamente invocare la riserva di nazionalità per i soli impieghi nell’amministrazione pubblica “che hanno un rapporto con attività specifiche della pubblica amministrazione in quanto incaricata dell’esercizio dei pubblici poteri e responsabile della tutela degli interessi generali dello Stato (…)” (in tal senso: CGUE, sent. 26 maggio 1982 in causa C-149/79 – Commissione c/ Regno del Belgio)
Trova applicazione il principio della piena applicazione del principio di primauté del diritto eurounitario per cui, laddove una norma interna (anche di rango regolamentare) risulti in contrasto con tale diritto, e laddove non risulti possibile un’interpretazione di carattere conformativo, resta comunque preclusa al Giudice nazionale la possibilità di fare applicazione di tale norma interna.
I principi di diritto affermati dall’Adunanza Plenaria 9/2018
Alla luce delle ragioni sintentizzate sopra, la Plenaria rende questi due principi di diritto:
“Il Giudice amministrativo provvede in ogni caso a non dare applicazione a un atto normativo nazionale in contrasto con il diritto dell’Unione europea”;
“L’articolo 1, comma 1 del d.P.C.M. 174 del 1994 e l’articolo 2, comma 1 del d.P.R. 487 del 1994, laddove impediscono in assoluto ai cittadini di altri Stati membri dell’UE di assumere i posti dei livelli dirigenziali delle amministrazioni dello Stato e laddove non consentono una verifica in concreto circa la sussistenza o meno del prevalente esercizio di funzioni autoritative in relazione alla singola posizione dirigenziale, risultano in contrasto con il paragrafo 2 dell’articolo 45 del TFUE e non possono trovare conseguentemente applicazione”.
In allegato la sentenza del Consiglio di Stato, A.P. 25 giugno 2018, n. 9