Giurisdizione della Corte dei Conti sulle società partecipate

Secondo le Sezioni Unite, sentenza 20 marzo 2018, n. 6929, la giurisdizione della Corte dei Conti sulle società pubbliche partecipate, in tema di azioni di responsabilità esercitata nei confronti degli organi e dei dipendenti di società a partecipazione pubblica per i danni da essi cagionati al patrimonio sociale, è di natura eccezionale e sussiste in ipotesi tassative.

Tra le ipotesi previste: deve trattarsi di una società in house, il danno deve essere provocato direttamente al patrimonio dell’ente pubblico controllante, oppure il danno deve essere cagionato dal rappresentante dell’ente pubblico controllante.

La citata sentenza della Cassazione si richiama all’approdo della medesime Sezioni Unite, che con Ordinanza Cass. Sez. U. 27/12/2017, n. 30978 avevano sancito la natura eccezionale della giurisdizione contabile, spiegando che è possibile di ravvisarla in tre ipotesi:

  • in caso di società in house o in house providing (per le quali è ribadita la necessità del triplice presupposto della partecipazione totalitaria da parte di enti pubblici e divieto di cessione delle partecipazioni a privati, dello svolgimento di attività almeno prevalente in favore degli enti soci, nonchè del controllo analogo a quello degli enti sui propri uffici con prevalenza sulle ordinarie forme civilistiche; e pur sempre ove tali presupposti sussistano al momento della condotta dannosa);
  • in caso di danno provocato direttamente al patrimonio non della società, ma dell’ente pubblico;
  • in caso di danno cagionato dal rappresentante dell’ente pubblico partecipante che abbia esercitato od omesso di esercitare il suo potere in modo tale da pregiudicare il valore della partecipazione.

Le ipotesi di giurisdizione delle Corte dei Conti nel’Ordinanza 30978/2017 delle S.U. della Cassazione

Secondo il provvedimento citato dalle Sezioni Unite, l’ordinanza n. 30978/17, in relazione alle società a partecipazione pubblica, di regola, l’autonoma soggettività della società, specificata come autonomia giuridica e patrimoniale rispetto al socio pubblico, impedisce, per mancanza del rapporto di servizio e per mancanza di un danno immediato e diretto per lo Stato o altro ente pubblico, di radicare la giurisdizione del giudice contabile (Cass., S.U., 1159/2015, S.U. 26806/2009). Tali società, infatti, sono organizzate secondo il tipo societario di stampo civilistico e conservano la loro natura privata, essendo pubblico soltanto il soggetto che partecipa ad esse.

La giurisdizione della Corte dei Conti rappresenta, in questi casi, l’eccezione, ravvisabile in alcune fattispecie e sulla base di ragioni specifiche.

Il danno diretto al patrimonio dell’ente

La prima ricorre allorchè l’azione di danno sia esercitata per far valere “la responsabilità dell’amministratore o del componente di organi di controllo della società partecipata dall’ente pubblico che sia stato danneggiato dall’azione illegittima non di riflesso, quale conseguenza indiretta del pregiudizio arrecato al patrimonio sociale, bensì direttamente”. In questi casi, si è “in presenza di un cosiddetto danno erariale, ossia di un danno provocato dall’agente al patrimonio dell’ente pubblico, come ad esempio accade nel caso del danno all’immagine della pubblica amministrazione” (Cass. civ., S. U., 12 dicembre 2013, n. 27733, che richiama, sul punto, Cass. n. 26806 del 2013).

L’azione nei confronti del rappresentante dell’ente partecipante

La seconda fattispecie si ha nel caso in cui l’azione del procuratore contabile è proposta “nei confronti (non già dell’amministratore della società partecipata, per il danno arrecato al patrimonio sociale, bensì) di chi, quale rappresentante dell’ente partecipante o comunque titolare del potere di decidere per esso, abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti di socio, così pregiudicando il valore della partecipazione” (S.U. 19.12.2009 n. 26806). Il che può accadere “quando il socio pubblico, in presenza di atti di malagestio imputabili agli amministratori o agli organi di controllo della società partecipata, trascuri ingiustificatamente di esercitare le azioni di responsabilità alle quali egli sia direttamente legittimato, ove ne sia derivata una perdita di valore della partecipazione” (sentenze da ultimo citate).

La responsabilità erariale in presenza di società in house e dei loro organi interni

Discorso diverso vale per le società in house, terza ipotesi analizzata dalle Sezioni Unite.

Esse si inscrivono all’interno di quel fenomeno multiforme di autoproduzione di beni e servizi, tale per cui la Pubblica Amministrazione è legittimata ad attingere all’interno della propria compagine organizzativa attraverso affidamenti diretti all’ente in house, operante come proprio organo, senza ricorrere al mercato (ex multis Cass. civ., S. U., n. 27733 del 2013).

La configurazione delle società in house alla stregua di articolazioni interne alla Pubblica Amministrazione giustifica la giurisdizione della Corte dei conti. Se, infatti, l’attività dell’ente che opera in house e dei suoi organi non è riconducibile ad un soggetto privato dotato di una autonoma soggettività ma resta sostanzialmente imputabile alla Pubblica Amministrazione, il rapporto di servizio con l’ente pubblico è immanente alla formula organizzativa dell’in house providing.

Corollario di tale configurazione è che il danno arrecato rileva come danno al patrimonio dell’ente pubblico, seppure formalmente separato dallo schermo societario. Il che radica la giurisdizione della Corte dei conti sulla relativa azione di responsabilità.

Quanto detto vale a fortiori per gli organi interni. In proposito, si cita la stessa giurisprudenza della Cassazione, per cui “gli organi di tali società, assoggettati come sono a vincoli gerarchici facenti capo alla pubblica amministrazione, neppure possono essere considerati, a differenza di quanto accade per gli amministratori delle altre società a partecipazione pubblica, come investiti di un mero munus privato, inerente ad un rapporto di natura negoziale instaurato con la medesima società”. Essendo essi “preposti ad una struttura corrispondente ad un’articolazione interna alla stessa pubblica amministrazione, è da ritenersi che essi siano personalmente a questa legati da un vero e proprio rapporto di servizio, non altrimenti di quel che accade per i dirigenti preposti ai servizi erogati direttamente dall’ente pubblico” (Cass. civ., S. U., n. 27733 del 2013).

Il caso delle società partecipate che svolgono attività amministrativa in forma privata

Vi sono poi ipotesi particolari, conclude l’Ordinanza n. 30978, in cui lo speciale statuto legale di talune società partecipate che svolgono attività amministrativa in forma privatistica consente di qualificarle come sostanziali enti pubblici e giustifica, quindi, la giurisdizione della Corte dei Conti. L’affermazione, ricorrente nelle pronunce relative allo statuto legale peculiare di Rai S.p.A. (cfr. Sez. un n. 27092/2009, Enav S.p.A. (S.U. ord. 3.3.2010 n. 5032) e Anas S.p.A. (S.U. 9.7.2014 n. 15594), poggia su plurimi e specifici indici quali la designazione della società come concessionaria ex lege, la sottoposizione a penetranti poteri di vigilanza ad opera dell’apparato statale, la previsione di un canone con natura d’imposta per i servizi erogati all’utenza – dai quali poter inferire la peculiare natura dell’ente e la necessità di applicare un regime sui generis.

In allegato l’ordinanza integrale della Cass., S.U., 30978/17

Redazione

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