Quota 100 e taglio pensioni d’oro nel 2019? Le Novità

Dopo il Decreto Dignità il prossimo passo del nuovo Governo Lega-M5S prevede una Riforma alle pensioni, per superare la Legge Fornero.

Il governo ribadisce l’intenzione di tagliare le pensioni d’oro, in modo così da incrementare, tramite le risorse risparmiate, le minime.

La riforma che il Governo starebbe pensando per poter superare la legge Fornero, entrata in vigore nel 2012 e che ha apportato profondi cambiamenti al nostro sistema pensionistico e alcune gravi problematica di carattere sociale, come la questione esodati, distingue la Quota 100 ( che potrebbe già essere inclusa nella prossima Legge di Bilancio ) entrerebbe in vigore dal 1° gennaio 2019 la quota 100, «tarata sulla combinazione di 64 anni di età e 36 di contribuzione con una penalità nel calcolo dell’assegno pensionistico per coloro che hanno almeno 18 anni di contributi al 31.12.1995 e con un tetto a due o tre anni di contribuzione figurativa, mente la Quota 41, che prevede 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica per poter andare in pensione, e che a differenza della Quota 100 potrebbe essere rinviata al 2019-2020.

 

“La Camera è pronta ad abolire i vitalizi ad ex parlamentari e io farò una legge sulle pensioni d’oro. Ovviamente su questo ci sarà chi dirà che stiamo tagliando pochi soldi. Io non credo che saranno pochi soldi ma finalmente stiamo dicendo che in uno Stato che in passato ha chiesto sacrifici ai cittadini per finanziare i privilegi, si tagliano i privilegi per ridare soldi ai cittadini”, ha affermato Di Maio.

 

In questo modo, il costo dell’operazione scenderebbe dai 15 miliardi di euro stimati dall’INPS a 5 miliardi. Senza considerare che il tutto verrebbe accompagnato dall’ abolizione dell’APe social e il taglio delle pensioni d’oro. Lega e M5S si dimostrano inoltre propensi a prorogare l’Opzione Donna, una misura che sembra trovare il favore delle lavoratrici, senza pesare troppo sul bilancio dello Stato.

 

Ma, stando a quanto riportato da La Stampa, in questo modo si risparmierebbe un miliardo, insufficiente per innalzare le pensioni minime a 780 euro a circa 500.000 anziani, inoltre, secondo calcoli matematici il costo del taglio delle pensioni d’oro sarebbe, per le pensioni da 5.000 euro in su, di 250-300 euro al mese.

Il vero problema però potrebbe essere la flat tax (tassa piatta) neutralizzando l’intento, per quanto nobile, del nuovo Governo.

Il problema è che se chi guadagna di più deve pagare meno tasse, potrebbe recuperare ciò che gli verrà tagliato dalla pensione d’oro.

Chi subirà i tagli?

Il parametro annunciato da Di Maio per definire pensioni d’oro è quello di una pensione da 4.000-5000 euro. Nel contratto di Governo invece si parla di pensioni superiori a 5.000 euro netti. Quindi vi è un’incertezza sul taglio, se avverrà sopra i 4.000 euro oppure sopra i 5.000 euro come annunciato nel contratto di Governo.

 

Il taglio della pensione riguarderà solo coloro che hanno una pensione non giustificata dai contributi versati, limitando cosi il fenomeno delle pensioni d’oro, riducendo l’incasso pensionistico lordo e parametrandolo a quella cifra netta. Andrebbe quindi calcolato il lordo considerando che tali pensioni subiscono un prelievo fiscale (imposta Irpef) abbastanza elevato, atteso che in Italia le aliquote Irpef per redditi superiori a 55 mila euro è del 41% e superiori a 75.000 euro è del 43%.

 

Un pensionato per avere 5.000 euro netti al mese per 13 mensilità, quindi un netto in tasca di 65.000 euro, deve avere un imponibile fiscale superiore sicuramente ai 100.000 euro. Laddove l’importo pensionistico annuo percepito supererà i 65.000 euro netti in tasca annui (5 mila euro netti al mese per tredici mensilità) allora il Governo annuncia il taglio, ma solo della parte eccedente. Quindi non si tratta di una abolizione delle pensioni d’oro, ma di una riduzione delle pensioni per una quota. Ma occorre verificare quando ciò avverrà e se avverrà.

 

Sono quindi considerate pensioni d’oro quelle superiori a 5.000 euro netti non giustificate dai contributi versati. E’ una precisazione molto importante, anche a livello di contenzioso previdenziale. Se è vero che esistono delle pensioni alte in Italia, è anche vero che tali pensioni sono state riconosciute in basi alle leggi italiane, in base ai contributi versati o comunque in base al sistema di calcolo legale della pensione. E quindi la maggior parte sono assolutamente legittime.

 

Vi sono tantissimi pensionati, aldilà dell’importo pensionistico percepito superiore a 5.000 euro netti o meno, che percepiscono una pensione più alta di quella “meritata”. Coloro che hanno in godimento pensioni così alte, in maniera totale o comunque parziale (contributi versati), hanno diritto al trattamento pensionistico, anche se più alto di 5.000 euro netti. Perché esiste anche il legittimo diritto di percepire la pensione dopo aver versato i contributi, confermato anche dal contratto di Governo, ma la longevità dei pensionati porta in deficit i conti dell’Inps nel rapporto tra ammontare delle pensioni erogate nel corso degli anni di godimento, rispetto ai contributi effettivamente versati.

 

Dato che, fino al 1995, in Italia esisteva il calcolo della pensione con il sistema retributivo, che quindi non teneva conto dell’effettivo ammontare dei contributi versati. La conseguenza è che le pensioni calcolate con il sistema interamente retributivo secondo la legge italiana, sono più alte in termini di trattamento economico rispetto all’ammontare dei contributi versati. Accedono al calcolo della pensione interamente retributiva solo coloro che hanno almeno 18 anni di contributi versati entro il 31 dicembre 1995. Per tutti gli altri è scattato il sistema misto, quindi retributivo per la parte dei contributi ante 1995 e contributivo per gli anni successivi.

 

Il calcolo con il sistema contributivo è invece il calcolo che è parametrato ai contributi versati. E tale calcolo di pensione è operativo pienamente per coloro che versano i contributi avendo iniziato a lavorare dopo il 1995. Dal 2012, poi, anche coloro che sono nel sistema retributivo si vedranno calcolare la pensione per gli anni di lavoro dal 2012 in poi con il sistema contributivo (quindi anche qui una specie di sistema misto). Il passaggio dal sistema retributivo al contributivo è quindi avvenuto definitivamente dal 2012.

 

E’ stato calcolato che le pensioni che sono attualmente in pagamento hanno un valore finanziario superiore del 20-25% rispetto al valore dei contributi versati durante la loro vita lavorativa dai percettori pensione.

 

Ma ieri, in giornata stesso, l’associazione degli ex parlamentari ha inviato a tutti i membri dell’ufficio di presidenza della Camera una diffida stragiudiziale a non approvare la delibera sul taglio dei vitalizi degli ex deputati, minacciando un’azione civile e amministrativa nella quale sarebbero chiamati a rispondere personalmente e patrimonialmente i componenti dell’ufficio di presidenza, compreso il presidente Roberto Fico. Lo hanno annunciato in una conferenza stampa i dirigenti dell’associazione, tra cui il presidente.

 

A seguire il testo della Delibera

Art. 1
(Rideterminazione della misura degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità)

1. A decorrere dal 1° novembre 2018 gli importi degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, maturati, sulla base della normativa vigente, alla data del 31 dicembre 2011, sono rideterminati secondo le modalità previste dalla presente deliberazione.
2. La rideterminazione di cui al comma 1 è effettuata moltiplicando il montante contributivo individuale per il coefficiente di trasformazione relativo all’età anagrafica del deputato alla data della decorrenza dell’assegno vitalizio o del trattamento previdenziale pro rata.
3. Si applicano i coefficienti di trasformazione di cui alla tabella 1 allegata alla presente deliberazione.
4. L’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, rideterminati ai sensi della presente deliberazione, non può comunque superare l’importo dell’assegno vitalizio, diretto o di reversibilità, o della quota di assegno vitalizio del trattamento previdenziale pro rata, diretto o di reversibilità, previsto per ciascun deputato dal Regolamento in vigore alla data dell’inizio del mandato parlamentare.
5. L’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, rideterminati ai sensi della presente deliberazione non può comunque essere inferiore all’importo determinato moltiplicando il montante contributivo individuale maturato da un deputato che abbia svolto il mandato parlamentare nella sola XVII legislatura, rivalutato ai sensi del successivo articolo 2, per il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età anagrafica di 65 anni vigente alla data del 31 ottobre 2018.
6. Nel caso in cui, a seguito della rideterminazione operata ai sensi della presente deliberazione, l’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità rideterminati, risulti ridotto in misura superiore al 50 per cento rispetto all’importo dell’assegno vitalizio, diretto o di reversibilità, o della quota di assegno vitalizio del trattamento previdenziale pro rata, diretto o di reversibilità, previsto per ciascun deputato dal Regolamento in vigore alla data dell’inizio del mandato parlamentare, l’ammontare minimo determinato ai sensi del comma 5 è aumentato della metà.

Art. 2
(Montante contributivo individuale)

1. Il montante contributivo individuale è determinato applicando alla base imponibile contributiva l’aliquota determinata ai sensi del comma 3. L’ammontare così ottenuto si rivaluta su base composta al 31 dicembre di ciascun anno, con esclusione della contribuzione dello stesso anno, al tasso annuo di capitalizzazione di cui al comma 6.
2. La base imponibile contributiva è determinata, secondo quanto previsto dalle disposizioni per i dipendenti pubblici, sulla base dell’ammontare dell’indennità parlamentare lorda definito dalla normativa vigente nel periodo di riferimento, con esclusione di qualsiasi ulteriore indennità.
3. La quota di contribuzione a carico del deputato è pari all’aliquota percentuale della base imponibile prevista dalla normativa di riferimento, ivi ricomprendendo l’aliquota della eventuale contribuzione ai fini del completamento volontario del quinquennio della legislatura e della eventuale contribuzione aggiuntiva finalizzata al trattamento di reversibilità, secondo le modalità di cui ai successivi commi 4 e 5. La quota di contribuzione a carico della Camera dei deputati è pari a 2,75 volte quella a carico del deputato.
4. Le quote di contribuzione finalizzate al completamento volontario del quinquennio di ciascuna legislatura sono determinate sulla base dell’indennità parlamentare lorda e dell’aliquota di contribuzione a carico del deputato vigenti nell’ultimo giorno di ciascuna legislatura completata e si considerano versate in pari data.
5. Le quote di contribuzione aggiuntiva finalizzate al trattamento di reversibilità, che non siano state trattenute sull’indennità parlamentare, sono determinate sulla base dell’indennità parlamentare lorda e dell’aliquota di contribuzione a carico del deputato vigenti in ciascun mese delle legislature alle quali si riferiscono e si considerano versate in pari data.
6. Il tasso annuo di capitalizzazione è dato dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (PIL) nominale, appositamente calcolata dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare, sino alla data di decorrenza del diritto all’assegno vitalizio e alle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata.
7. Nel caso in cui, dopo la data di maturazione dell’assegno vitalizio, siano stati versati dal deputato ulteriori contributi in relazione allo svolgimento di un successivo mandato parlamentare, i contributi medesimi concorrono a formare un nuovo e diverso montante, che viene trasformato applicando i coefficienti di trasformazione corrispondenti all’età anagrafica del deputato alla data di cessazione dal successivo mandato. La prestazione così determinata si somma alla precedente già maturata.
8. L’importo degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, rideterminati ai sensi della presente deliberazione è rivalutato annualmente sulla base dell’indice ISTAT di variazione dei prezzi al consumo (FOI) sino alla data del 31 ottobre 2018.

Art. 3
(Rivalutazione del trattamento previdenziale rideterminato)

1. L’importo del trattamento previdenziale rideterminato è rivalutato annualmente secondo le modalità di cui all’articolo 11 del Regolamento per il trattamento previdenziale dei deputati. Ai fini della prima rivalutazione, si considera il periodo 1° novembre 2018-31 dicembre 2019.

Art. 4
(Trattamenti di reversibilità)

1. A decorrere dal 1° novembre 2018, ai trattamenti previdenziali di reversibilità si applicano le aliquote di reversibilità di cui all’articolo 9 del Regolamento per il trattamento previdenziale dei deputati.

Art. 5
(Disposizione attuativa)

1. Il Collegio dei deputati Questori sovrintende all’attuazione della presente deliberazione e delibera in merito alle questioni connesse all’applicazione delle relative disposizioni.

Carmelo Giurdanella

Avvocato, patrocinante presso le giurisdizioni superiori, fonda nel 1990 lo studio legale<a href="http://www.giurdanellaepartners.it/"> Giurdanella & Partners</a>, nel 1998, la rivista di diritto amministrativo Giurdanella.it e nel 2011 la rivista giuridica LeggiOggi.it. Docente di diritto amministrativo e degli appalti pubblici, è direttore scientifico del CeSDA - Centro Studi di Diritto Amministrativo, del DAE (Conferenza nazionale sul Diritto Amministrativo Elettronico). Autore di numerosi libri e pubblicazioni in tema di diritto amministrativo, diritto degli appalti e contratti pubblici, diritto pubblico dell'informatica.