Se il bando è ambiguo, illegittima l’esclusione del concorrente in buona fede

Se il bando di gara è ambiguo, non indicando in modo chiaro gli oneri dei concorrenti, va tutelato, e non può essere escluso, il concorrente che, in buona fede, ha dato una propria interpretazione allo stesso bando (TAR Lazio)

Nel caso affrontato dal Tar Lazio (sent. 5599/2018), la documentazione di gara non era chiara circa le esatte modalità di presentazione dell’offerta. In particolare  non essendo plausibile né la previsione di un importo “fisso” per l’opzione di rinnovo né che l’impresa dovesse limitarsi ad indicare nella scheda l’offerta commisurata al solo importo a base di gara, senza tenere conto del valore del rinnovo.

Il divieto di esclusione del concorrente che interpreta in buona fede il bando di gara ambiguo

In presenza di mancanza di univocità della lex specialis di gara, a causa della formulazione ambigua della documentazione, la giurisprudenza amministrativa richiamata dalla sentenza ha costantemente ribadito che l’impresa partecipante che abbia, comunque, in buona fede manifestato la volontà di adeguarsi alle previsioni non univoche del bando, formulando l’offerta in adesione a una delle possibili interpretazioni della lex specialis, non può essere sanzionata con l’espulsione dalla procedura di gara. SI è espresso così Cons. Stato, Sez. V, 24 ottobre 2013, n. 5155.

L’interpretazione delle offerte secondo l’effettiva volontà del partecipante alla gara

Allo stesso tempo il Tar Lazio richiama il principio per cui le offerte devono essere interpretate al fine di ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità, purché sia possibile giungere ad esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale con esse assunte (Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 2015, n. 2082; sez. III, 27 marzo 2013, n. 1487).

In particolare viene ribadita la necessità di interpretare l’offerta presentata dall’operatore economico secondo i principi di buona fede, affidamento incolpevole e favor partecipationis, a maggior ragione se la lex specialis era redatta in modo ambiguo.

 

Di seguito il passaggio fondamentale della sentenza del Tar Lazio 5599/2018:

(…)

3. Il raggruppamento è stato escluso dalla procedura di affidamento con la seguente motivazione: “ha presentato offerta economica pari ad € 1.140.508,50, ovvero superiore all’importo a base di appalto (€ 900.000,00), pertanto l’offerta formulata risulta inammissibile in quanto il punto II 1.5 del bando di gara prevede che “non sono ammesse offerte in aumento”.

Il punto II 1.5 del bando di gara stabiliva che l’importo complessivo dell’appalto era pari a € 1.200.000,00, al netto dell’IVA, ripartito in € 900.000,00 quale “importo a base d’appalto” e € 300.000,00 per l’opzione di rinnovo. Il successivo punto II.2.7 fissava in 36 mesi la durata del contratto, con un possibile rinnovo di ulteriori 12 mesi.

L’offerta economica andava presentata attraverso lo schema reso disponibile dalla stazione appaltante, che consentiva di indicare esclusivamente un’offerta unitaria, con unico ribasso; in siffatto schema non era, infatti, presente alcun campo che consentisse di specificare l’entità dell’offerta relativa al periodo di rinnovo.

Ne consegue che la documentazione di gara non era affatto chiara circa le esatte modalità di presentazione dell’offerta, non essendo plausibile né la previsione di un importo “fisso” per l’opzione di rinnovo né che l’impresa dovesse limitarsi ad indicare nella scheda l’offerta commisurata al solo importo a base di gara, senza tenere conto del valore del rinnovo. La non univocità della documentazione è ulteriormente confermata dal punto VI.3, lett. o) del bando, che imponeva la prestazione di una cauzione provvisoria pari al 2% dell’ “importo complessivo posto a base di gara”, che veniva tuttavia predeterminato nella misura di € 18.000,00, e quindi sul solo importo-base dell’appalto e non in quello complessivo.

A fronte della formulazione ambigua della normativa di gara, la giurisprudenza amministrativa ha costantemente ribadito che l’impresa partecipante che abbia, comunque, in buona fede manifestato la volontà di adeguarsi alle previsioni non univoche del bando, formulando l’offerta in adesione a una delle possibili interpretazioni della lex specialis, non può essere sanzionata con l’espulsione dalla procedura di gara (in termini, Cons. Stato, Sez. V, 24 ottobre 2013, n. 5155). E’ stato, anche affermato che le offerte devono essere interpretate al fine di ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità, purché sia possibile giungere ad esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale con esse assunte (Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 2015, n. 2082; sez. III, 27 marzo 2013, n. 1487).

Osserva il Collegio che Anas, nell’imporre ai fini della presentazione dell’offerta economica la compilazione di uno schema in cui non era possibile indicare altro se non il “totale” della remunerazione per i diversi servizi messi a gara e il conseguente “totale generale”, ha indotto la ricorrente a parametrare l’offerta presentata sull’importo complessivo dell’appalto, comprensivo dell’eventuale rinnovo, e non su quello a base di gara.

La portata dell’impegno negoziale della ricorrente non appare comunque dubbia ed è ricavabile dalla lettura congiunta dello schema di offerta, che chiedeva di indicare il “totale generale” della remunerazione richiesta, e della lex specialis, che specificava un importo massimo dell’appalto pari a 1.200.000 euro. Ne consegue che la stazione appaltante poteva facilmente comprendere che il raggruppamento, pur essendo a conoscenza che l’importo massimo per i primi 36 mesi del servizio non poteva essere superiore a 900.000 euro, non riuscendo in altro modo a specificare nel prezzo complessivo il valore del rinnovo dei servizi per i successivi 12 mesi, aveva ritenuto necessario formulare la propria offerta rapportandola alla cifra di 1.200.000 euro, pari all’importo massimo stimato dell’appalto, che ai sensi dell’art. 35, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016 comprende anche eventuali forme di opzioni o rinnovi.

4. Dunque, sono fondati i primi due motivi del ricorso introduttivo relativi alla ambiguità del bando e alla necessità di interpretare l’offerta presentata dal raggruppamento secondo i principi di buona fede, affidamento incolpevole e favor partecipationis; parimenti da accogliere, in relazione alle medesime censure, sono i motivi aggiunti, con i quali sono stati impugnati i verbali della commissione giudicatrice che ha disposto l’esclusione della parte ricorrente.

 

(…)

 

 

Si riporta il testo integrale della sentenza Tar Lazio 5599/2018

Redazione

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