La lista di partito che si presenta alle elezioni amministrative richiamandosi al fascismo è legittimamente esclusa, dal momento che incorre nel divieto di riorganizzare, sotto qualsiasi forma, tale partito, di cui alla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione e di cui all’art. 1 della l. n. 654 del 1952. (Cons. Stato 3208/2018)
Il Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, 29 maggio 2018 n. 3208 )chiarisce che l’esclusione della lista elettorale “fascista” è obbligatoria, anche se il partito non richiama alla violenza e se ha in programma questioni di interesse strettamente locale
Il caso della lista “Fasci Italiani del Lavoro”
Con il ricorso, una lista aveva chiesto al Tribunale amministrativo regionale di Brescia, di annullare o di dichiarare nulli, anche parzialmente, l’atto di proclamazione degli eletti e l’ammissione alla competizione della lista «Fasci italiani del Lavoro», con il conseguente effetto caducante su tutte le operazioni successive. Tale lista aveva infatti ottenuto più del 10 per cento dei voti, eleggendo un consigliere comunale.
Si trattava di una lista elettorale con richiami evidenti al fascismo, dal momento che sia il nome del partito che il simbolo utilizzato – un fascio repubblicano posto al centro, con in basso il tricolore italiano – richiamano espressamente i segni di riconoscimento del partito fascista.
Inoltre lo Statuto del partito prevede continui richiami al fascismo, fino a ritenerlo l’unica soluzione politica allo scontro ed alla crisi «delle due concezioni politico-economico-sociale marxista e liberalcapitalista».
Infine il delegato di lista e primo candidato della stessa, ha sempre proclamato di seguire la dottrina fascista, facendosi fotografare, in una immagine diffusa dalla stampa locale, ritratto innanzi alla foto di Benito Mussolini.
I principi del Consiglio di Stato sulle liste che richiamo al fascismo
Secondo il Consiglio di Stato non è concepibile che «un raggruppamento politico partecipi alla competizione elettorale sotto un contrassegno che si richiama esplicitamente al partito fascista bandito irrevocabilmente dalla Costituzione, con norma tanto più grave e severa, in quanto eccezionalmente derogatoria al principio supremo della pluralità, libertà e parità delle tendenze politiche» (Cons. St., sez. I, 23 febbraio 1994, par. n. 173/94; v. pure nello stesso senso, più di recente, Cons. St., sez. V, 6 marzo 2013, n. 1355).
In particolare l’utilizzo della parola “Fasci” nel nome della lista, l’immagine del fascio repubblicano nel simbolo e il richiamo ad evidenti contenuti dell’ideologia fascista nello Statuto del movimento, a cominciare dalla c.d. democrazia corporativa per finire con il «progetto di Rivoluzione Sociale e riforma dello Stato avviato dal fascismo» di cui pure si legge nello Statuto, sono tutti elementi che impongono l’incondizionata, legittima, e incontestabile esclusione dalla competizione elettorale del movimento, che in modo evidente, inequivocabile, si è richiamato e ispirato a principî del disciolto partito fascista, incorrendo nel divieto di riorganizzare, sotto qualsiasi forma, tale partito, di cui alla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione e di cui all’art. 1 della l. n. 654 del 1952.
E’ irrilevante che il partito o la lista che si richiama al fascismo non proponga il sovvertimento della democrazia, la soppressione delle libertà costituzionali e l’uso della violenza come mezzo di lotta politica
Non rileva in senso contrario all’esclusione dalle elezioni che il movimento non si proponesse esplicitamente il sovvertimento dell’ordine democratico, la soppressione delle libertà costituzionali, l’utilizzo della violenza come metodo di lotta politica, il dileggio dei valori fondanti della Costituzione e della Resistenza.
Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, infatti, un movimento politico che si ispiri ai principî del disciolto partito fascista deve essere incondizionatamente bandito dalla competizione elettorale, secondo quanto impone la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, il cui precetto, sul piano letterale e teleologico, non può essere applicato solo alla repressione di condotte finalizzate alla ricostituzione di una associazione vietata, come l’appellante principale a torto sostiene, ma deve essere esteso ad ogni atto o fatto che possa favorire la riorganizzazione del partito fascista, per sua essenza stessa antidemocratico, e quindi anche al riferimento inequivoco ai suoi principî fondanti, ai sensi dell’art. 1 della l. n. 645 del 1952 (St., sez. V, 6 marzo 2013, n. 1355).
Sono irrilevanti i fini e gli obiettivi di interesse strettamente locale della lista fascista, ma solo l’ideologia entro la quale il partito o la lista si iscrive
Secondo i giudici, che si richiamano al Tar in primo grado, è del tutto ininfluente che la lista nel proprio programma perseguisse l’obiettivo di risolvere problemi di interesse locale per un maggior benessere della collettività amministrata. Questo obiettivo, che ogni partito o movimento politico dichiara di perseguire nella competizione elettorale, non può certo oscurare, o far trascurare, la cornice ideologica entro il quale si iscrive, nel caso di specie, come si è detto, ostentatamente fascista, in violazione del precetto costituzionale.
L’effetto invalidante per le elezioni
A causa dell’elevata percentuale di voti della lista, oltre il 10 per cento dei votanti del comune, il Consiglio di Stato, alla luce dei consolidati principi in materia, decide di annullare le intere operazioni di voto e la proclamazione degli eletti nel Comune di Sermide e Felonica (MN).
Si riporta di seguito la sentenza del Consiglio di Stato, 29 maggio 2018 n. 3208
Pubblicato il 29/05/2018
N. 03208/2018REG.PROV.COLL.
N. 01162/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1162 del 2018, proposto da Fiamma Negrini, rappresentata e difesa dall’Avvocato Monica Nassisi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Genzano, n. 18;
contro
Comune di Sermide e Felonica (MN), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Paolo Gianolio e dall’Avvocato Orlando Sivieri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio Orlando Sivieri in Roma, via Cosseria, n. 5;
nei confronti
Giulio Zangheratti e Luigi Franceschini, rappresentati e difesi dall’Avvocato Paolo Morricone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Pierpaolo Polese in Roma, via Francesco De Sanctis, n. 15;
Mirco Bortesi, Annamaria Martini, Annalisa Bazzi, Claudia Guidorzi, Paolo Calzolari, Daniele Ghiselli, Edoardo Maestri, Erika Chiari, Vittorino Bindo Malagò, Davide Chieregatti, Mario Schiavon, Rita Bernardelli, Cristina Barlera, Lucia Doffini, Carla Banzi, Danila Polacchini, Marco Passini, Giorgio Buganza, Marco Reggiani, Maurizia Cavatton, Zena Roncada, Diego Bernardoni, Mattia Bortesi, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza n. 105 del 25 gennaio 2018 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, sezione prima, resa tra le parti, la quale ha disposto l’esclusione della lista «Fasci Italiani del Lavoro» dalle elezioni per il Sindaco e il Consiglio comunale di Sermide e Felonica (MN) e ha sostituito la candidata illegittimamente eletta, Fiamma Negrini, con il candidato avente diritto secondo le regole ordinarie.
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio dell’appellato Comune di Sermide e Felonica e degli appellanti incidentali, Giulio Zangheratti e di Luigi Franceschini;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 maggio 2018 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per l’odierna appellante principale, Fiamma Negrini, l’Avvocato Monica Nassisi, per l’appellato, il Comune di Sermide e Felonica, l’Avvocato Paolo Gianolio e l’Avvocato Orlando Sivieri, e per gli appellanti incidentali, Giulio Zangheratti e Luigi Franceschini, l’Avvocato Paolo Morricone;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. In vista delle consultazioni dell’11 giugno 2017 per l’elezione del Sindaco e del Consiglio comunale di Sermide e Felonica (MN), la settima sottocommissione elettorale circondariale di Mantova – con il verbale n. 30/2017 – ha ammesso la candidatura di Fiamma Negrini alla carica di Sindaco e la lista di candidati alla carica di Consigliere comunale «Fasci Italiani del Lavoro».
1.1. Tale lista è stata individuata con il contrassegno «Cerchio a sfondo bianco con all’interno ruota dentata di colore rame sovrapposta da un fascio repubblicano rosso, nella parte inferiore e centrale della circonferenza interna vi è posto il tricolore italiano e la scritta che va da sinistra a destra “FASCI ITALIANI DEL LAVORO”».
1.2. La lista ha presentato come candidato Sindaco la suindicata Fiamma Negrini e 12 candidati alla carica di Consiglieri.
1.3. All’esito delle operazioni elettorali, svoltesi l’11 giugno 2017, la lista n. 1 «Sermide e Felonica insieme alla luce del sole» è giunta al primo posto con 1579 voti (e ha visto, quindi, eleggere 8 Consiglieri, oltre al Sindaco), mentre la lista n. 3 «La svolta Sermide e Felonica» ha riportato 1293 suffragi (con la conseguente elezione di 3 Consiglieri).
1.4. Infine, un Consigliere è stato assegnato alla citata lista n. 2 «Fasci Italiani del Lavoro» che aveva conseguito 334 voti, con la conseguente elezione della candidata Sindaco Fiamma Negrini.
2. Gli odierni appellanti incidentali, iscritti nelle liste elettorali del Comune di Sermide e Felonica, hanno impugnato l’ammissione di questa lista alle elezioni e hanno dedotto le seguenti censure in diritto:
a) la violazione e la falsa applicazione dell’art. XII delle disposizioni transitorie della Costituzione – che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista – degli artt. 30 e 33 del d.P.R. n. 570/1960, della l. n. 645 del 1952, in quanto:
• la lista «Fasci Italiani del Lavoro» e il suo candidato Sindaco non potevano essere ammessi alla competizione elettorale;
• sia il nome del partito che il simbolo utilizzato – un fascio repubblicano posto al centro, con in basso il tricolore italiano – richiamano espressamente i segni di riconoscimento del partito fascista;
• lo Statuto del partito prevede continui richiami al fascismo, fino a ritenerlo l’unica soluzione politica allo scontro ed alla crisi «delle due concezioni politico-economico-sociale marxista e liberalcapitalista»;
• il partito si pone in dichiarata linea di continuità con quello fascista, così come proclamato all’interno dello stesso Statuto;
• il delegato di lista e primo candidato della stessa, Claudio Negrini, non ha mai nascosto l’intento del partito dei «Fasci Italiani del Lavoro» di ricollegarsi al disciolto partito fascista, come aveva affermato nell’intervista del 27 gennaio 2017 rilasciata al quotidiano locale Gazzetta di Mantova, ove compare una sua immagine ove è ritratto innanzi alla foto di Benito Mussolini (alle sue spalle);
• per pacifico e consolidato indirizzo della giurisprudenza amministrativa il richiamo al partito fascista costituisce causa di non ammissione di una lista elettorale.
b) l’eccesso di potere per la inosservanza di circolare e delle istruzioni ministeriali e la conseguente contraddittorietà di comportamento e disparità di trattamento, in quanto:
• nelle istruzioni del Ministero dell’Interno per le elezioni amministrative del 2017 era espressamente indicato a pagina 33 che, oltre ai simboli che riproducono immagini religiose o simboli di comuni, «sono vietati anche i contrassegni in cui siano contenute espressioni, immagini o raffigurazioni che facciano riferimento a ideologie autoritarie (per esempio, le parole «fascismo», «nazismo», «nazionalsocialismo » e simili), come tali vietate dalla XII disposizione transitoria e finale, primo comma, della costituzione e dalla legge 20 giugno 1952 n. 645»;
• la Commissione elettorale è incorsa in un evidente eccesso di potere, in quanto la sua decisione si sarebbe posta in diretto contrasto con le statuizioni del provvedimento ministeriale, valide su tutto il territorio nazionale.
2.1. Poiché lo scarto tra la lista n. 1 e la lista n. 3 è di 286 voti, inferiore al quantum di suffragi – n. 334 – ottenuto dalla lista «Fasci Italiani del Lavoro», di cui hanno chiesto l’esclusione, i ricorrenti hanno chiesto al primo giudice che fosse disposta la rinnovazione delle elezioni, non essendo sufficiente la mera correzione del risultato elettorale.
2.2. Essi hanno peraltro aggiunto che, nel caso di specie, non risulta predeterminabile per quale altra lista avrebbero votato gli elettori di quella di cui hanno chiesto l’estromissione né sarebbe dato sapere quanti di essi avrebbero in effetti votato per l’una o per l’altra delle liste rimaste in gioco.
2.3. In conclusione, quindi, i ricorrenti hanno chiesto al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, di annullare o di dichiarare nulli, anche parzialmente, l’atto di proclamazione degli eletti e l’ammissione alla competizione della lista «Fasci italiani del Lavoro», con il conseguente effetto caducante su tutte le operazioni successive (nel caso fosse impossibile una nuova determinazione dei risultati) o, qualora il Tribunale avesse ritenuto di rideterminare il corretto risultato della tornata elettorale, hanno domandato di sostituire la candidata illegittimamente eletta con quella avente diritto, ai sensi dell’art. 130, comma 9, c.p.a.
2.4. Si sono costituiti nel primo grado del giudizio il Comune intimato e la controinteressata, Fiamma Negrini, sollevando eccezioni in rito e chiedendo, nel merito, la reiezione del gravame.
2.5. Con l’ordinanza collegiale n. 1368 del 24 novembre 2017, il primo giudice ha ordinato ai ricorrenti di procedere all’integrazione del contraddittorio mediante notifica del ricorso, unitamente a copia della predetta ordinanza, a tutti i Consiglieri comunali non evocati in giudizio, assegnando loro un termine perentorio per l’adempimento (10 giorni) e per il successivo deposito (10 giorni).
2.6. Infine, una volta disposta l’integrazione del contraddittorio, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, con la sentenza n. 105 del 24 gennaio 2018, dopo aver disatteso le eccezioni preliminari sollevate dal Comune e da Fiamma Negrini, ha ritenuto che la lista «Fasci italiani del Lavoro» sarebbe dovuta essere esclusa dalla competizione elettorale, perché esprimente una ideologia politica marcatamente fascista, e ha disposto la correzione del risultato elettorale, con l’esclusione di Fiamma Negrini dal Consiglio comunale e la sua sostituzione con il primo dei non eletti avente titolo, senza però annullare le intere elezioni, in quanto i 334 suffragi ottenuti dalla lista illegittimamente ammessa non avrebbero alterato in modo decisivo, con efficacia radicalmente invalidante, il risultato delle votazioni.
3. Avverso tale sentenza ha proposto appello principale Fiamma Negrini e, nel lamentarne l’erroneità per avere essa ritenuto che la lista esclusa si richiamasse all’ideologia fascista e incorresse nel divieto della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, ne ha chiesto la integrale riforma, con la conseguente reiezione del ricorso proposto in primo grado da Giulio Zangheratti e Luigi Franceschini.
3.1. Questi ultimi, a loro volta, hanno proposto appello incidentale avverso la sentenza nella parte in cui non ha disposto l’annullamento delle intere operazioni elettorali sulla scorta dell’assunto, a loro avviso erroneo, della non decisività dei voti espressi in favore della lista sul risultato delle elezioni e ne hanno chiesto, quindi, la parziale riforma nell’auspicato senso dell’annullamento delle intere operazioni elettorali.
3.2. Si è costituito, altresì, il Comune di Sermide e Felonica, appellato, per chiedere la reiezione dell’appello principale e, altresì, per chiedere la declaratoria di inammissibilità o, comunque, la reiezione anche dell’appello incidentale.
3.3. Nella pubblica udienza del 17 maggio 2018 il Collegio, dopo aver ascoltato l’ampia discussione orale dei difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
4. L’appello principale di Fiamma Negrini va respinto.
4.1. Ella ha in sintesi sostenuto, con due distinti motivi (il primo di cui alle pp. 10-19 del ricorso e il secondo di cui alle pp. 19- 21 del medesimo ricorso), l’erroneità della sentenza qui impugnata per avere ritenuto che la lista «Fasci Italiani del Lavoro» richiamerebbe simboli, ideologie e programmi del disciolto partito fascista, senza però considerare, da un lato, che essa in alcun modo si è proposta o ha avuto per finalità il sovvertimento dell’ordine democratico, la soppressione delle libertà costituzionali, l’utilizzo della violenza come metodo di lotta politica, la propaganda del razzismo, il dileggio dei valori fondanti della Costituzione e della Resistenza, e che essa, dall’altro, aveva nel suo programma punti di interesse locale (il territorio, il Comune e l’ambiente), che nulla hanno a che fare con la possibile ricostituzione del partito fascista.
4.2. Entrambi gli argomenti sono infondati.
4.3. La lista «Fasci italiani del Lavoro», fin dal nome prescelto e dal simbolo usato, si richiama in modo esplicito all’ideologia fascista, come bene ha rilevato il primo giudice le cui statuizioni si sottraggono a qualsivoglia censura, con la conseguenza che non è concepibile che «un raggruppamento politico partecipi alla competizione elettorale sotto un contrassegno che si richiama esplicitamente al partito fascista bandito irrevocabilmente dalla Costituzione, con norma tanto più grave e severa, in quanto eccezionalmente derogatoria al principio supremo della pluralità, libertà e parità delle tendenze politiche» (Cons. St., sez. I, 23 febbraio 1994, par. n. 173/94; v. pure nello stesso senso, più di recente, Cons. St., sez. V, 6 marzo 2013, n. 1355).
4.4. L’utilizzo della parola “Fasci” nel nome della lista, l’immagine del fascio repubblicano nel simbolo e il richiamo ad evidenti contenuti dell’ideologia fascista nello Statuto del movimento, a cominciare dalla c.d. democrazia corporativa per finire con il «progetto di Rivoluzione Sociale e riforma dello Stato avviato dal fascismo» di cui pure si legge nello Statuto, sono tutti elementi che impongono l’incondizionata, legittima, e incontestabile esclusione dalla competizione elettorale del movimento, che in modo evidente, inequivocabile, si è richiamato e ispirato a principî del disciolto partito fascista, incorrendo nel divieto di riorganizzare, sotto qualsiasi forma, tale partito, di cui alla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione e di cui all’art. 1 della l. n. 654 del 1952.
4.5. Né rileva in senso contrario che il movimento non si proponesse esplicitamente il sovvertimento dell’ordine democratico, la soppressione delle libertà costituzionali, l’utilizzo della violenza come metodo di lotta politica, il dileggio dei valori fondanti della Costituzione e della Resistenza, poiché, come pure questo Consiglio di Stato ha già chiarito, un movimento politico che si ispiri ai principî del disciolto partito fascista deve essere incondizionatamente bandito dalla competizione elettorale, secondo quanto impone la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, il cui precetto, sul piano letterale e teleologico, non può essere applicato solo alla repressione di condotte finalizzate alla ricostituzione di una associazione vietata, come l’appellante principale a torto sostiene, ma deve essere esteso ad ogni atto o fatto che possa favorire la riorganizzazione del partito fascista, per sua essenza stessa antidemocratico, e quindi anche al riferimento inequivoco ai suoi principî fondanti, ai sensi dell’art. 1 della l. n. 645 del 1952 (v., sul punto, Cons. St., sez. V, 6 marzo 2013, n. 1355).
4.4. Di qui la correttezza della sentenza impugnata, che ha doverosamente escluso la lista dalla competizione elettorale per il suo espresso e continuo riallacciarsi all’ideologia e al programma del disciolto partito fascista (dalla sua fondazione sino alla “svolta” repubblicana del 1943), considerando peraltro, e a ragione, del tutto ininfluente che essa nel proprio programma perseguisse l’obiettivo di risolvere problemi di interesse locale per un maggior benessere della collettività amministrata.
4.5. Questo obiettivo, che ogni partito o movimento politico dichiara di perseguire nella competizione elettorale, non può certo oscurare, o far trascurare, la cornice ideologica entro il quale si iscrive, nel caso di specie, come si è detto, ostentatamente fascista, in violazione del precetto costituzionale.
4.6. Ne consegue la reiezione dell’appello principale.
5. È fondato, invece, e deve essere accolto l’appello incidentale proposto da Giulio Zangheratti e da Luigi Franceschini, i quali lamentano che il primo giudice erroneamente non abbia annullato l’intera competizione elettorale.
5.1. Solo in limine litis va respinta l’eccezione di improcedibilità dell’appello incidentale qui in esame proposta su un autonomo capo della sentenza, sollevata dal Comune appellato, poiché è evidente che l’esame dell’appello incidentale autonomo è precluso, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.a., dalla declaratoria di inammissibilità dell’appello principale e non già, come qui si è statuito, allorché lo stesso sia stato respinto nel merito.
5.2. Nel merito non si può condividere l’assunto della sentenza impugnata, secondo la quale i voti conseguiti dalla lista, ben 334 (pari ad oltre il 10% dei voti validi espressi), non avrebbero sortito effetto alcuno sulla intera competizione elettorale, ove al contrario si consideri, come già accennato (v., supra, § 1.3.), che tra la prima lista, risultata vincitrice, e la seconda, quanto al gradimento degli elettori, vi sono stati solo 286 voti di scarto differenziale.
5.3. La costante giurisprudenza di questo Consiglio, infatti, da tempo rammenta che un effetto integralmente invalidante deve essere riconosciuto, in concreto, quando i suffragi raccolti dalla lista indebitamente ammessa – qui 334 – superino largamente questo scarto differenziale, come qui è avvenuto, così da presentarsi come suscettibili di alterare in maniera significativa il risultato complessivo della consultazione (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 31 marzo 2012, n. 1889; Cons. St., sez. V, 20 marzo 2006, n. 1437).
5.4. E il concetto di “largamente” non è assoluto, ma deve essere rapportato, come è ovvio, al numero complessivo dei votanti – qui 3206 – delle singole realtà elettorali, su base locale, con la conseguenza che nel caso di specie, a fronte di un numero di voti – 334 – che per quanto non elevato è comunque largamente superiore a quello dello scarto differenziale tra le altre due liste in un piccolo Comune come quello di cui è causa, è impossibile determinare con attendibilità, in seguito ad una ipotetica eliminazione dei voti dati alla lista illegittimamente esclusa, a quali forze politiche essi sarebbero stati attribuiti dall’elettorato.
5.5. Un diverso ragionamento di tipo congetturale, come quello seguito dal primo giudice allorché ha giudicato non «ragionevolmente ipotizzabile che tutti gli elettori della lista esclusa avrebbero, in sua assenza, scelto di votare comunque per la lista denominata “La svolta Sermide e Felonica”», avrebbe un effetto inammissibilmente sostitutivo della volontà popolare.
5.6. Tale congettura nel caso di specie è infatti impossibile a farsi, perché non si può nemmeno ragionevolmente escludere che gran parte dei 334 elettori e, comunque, almeno 287 di essi potessero votare la terza lista, rovesciando il risultato elettorale, e già solo per l’impossibilità di escludere un siffatto esito, del tutto imprevedibile ma comunque non impensabile, si deve allora riconoscere, per cogenza logica, che l’efficacia invalidante dei voti illegittimamente espressi abbia inciso sull’intero risultato elettorale.
5.7. Proprio il rispetto di un elementare principio democratico, alla luce dei consolidati principî affermati da questo Consiglio in materia, impone allora anche nella vicenda presente, come è accaduto in altri casi analoghi (v., ad esempio, Cons. St., sez. V, 6 novembre 2015, n. 5069, per il caso nel quale la lista illegittimamente ammessa aveva ottenuto 355 voti a fronte di uno scarto di 212 voti tra la prima e la seconda lista), l’annullamento delle intere elezioni svoltesi l’11 giugno 2017 nel Comune di Sermide e Felonica (MN).
6. Ne segue che, in accoglimento dell’appello incidentale e in parziale riforma della sentenza impugnata, l’incidenza totalmente invalidante dell’ammissione della lista comporta, per l’elevato numero di voti da essa conseguito (oltre il 10% dei voti validi espressi dal corpo elettorale del Comune), l’annullamento delle intere operazioni elettorali svoltesi nel giugno 2017 nel Comune di Sermide e Felonica e l’invalidazione della proclamazione di tutti gli eletti, Sindaco e Consiglieri comunali.
7. Le spese del doppio grado del giudizio, per la particolarità del caso, possono essere interamente compensate tra le parti.
8. La Segreteria della Sezione provvederà immediatamente, ai sensi dell’art. 130, comma 8, e dell’art. 131, comma 4, c.p.a., alla trasmissione di copia della presente sentenza al Sindaco di Sermide e Felonica (MN) e alla sua comunicazione alla Prefettura di Mantova.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello principale, proposto da Fiamma Negrini, e su quello incidentale, proposto da Giulio Zangheratti e Luigi Franceschini, respinge il primo e accoglie il secondo e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, annulla in toto le operazioni per l’elezione del Sindaco e del Consiglio comunale di Sermide e Felonica (MN), svoltesi l’11 giugno 2017, e la relativa proclamazione degli eletti.
Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria della Sezione per la immediata trasmissione di copia della presente sentenza al Sindaco di Sermide e Felonica e per la sua altrettanto immediata comunicazione alla Prefettura di Mantova.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2018, con l’intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
Giovanni Pescatore, Consigliere
Giorgio Calderoni, Consigliere