Il Tar Lombardia sulla questione della procedura negoziata senza bando e dell’affidamento diretto in caso di prodotti o servizi ritenuti infungibili: l’affidamento diretto, essendo una modalità di attribuzione di commesse pubbliche che deroga al principio generale della libera concorrenza, può essere usato esclusivamente nei casi in cui sussistano specifiche ragioni che le impediscano di reperire l’opera, la fornitura o il servizio sul libero mercato, o a condizioni sproporzionate.
Il Tar Lombardia fa il punto sui presupposti per realizzare una procedura negoziata senza bando ex. art. 63 del D.lgs. 50/2016, alla luce del Codice Appalti e delle Linee guida Anac. (Tar Lombardia, sez. IV, 21 febbraio 2018, n. 500)
I presupposti per la procedura negoziata senza bando in caso di infungibilità: art. 63 Codice Appalti.
L’art. 63 del d.lgs. n. 50/2016, che disciplina l’uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, così recita: “1. Nei casi e nelle circostanze indicati nei seguenti commi, le amministrazioni aggiudicatrici possono aggiudicare appalti pubblici mediante una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, dando conto con adeguata motivazione, nel primo atto della procedura, della sussistenza dei relativi presupposti.
2. Nel caso di appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, la procedura negoziata senza previa pubblicazione può essere utilizzata: (…)
b) quando i lavori, le forniture o i servizi possono essere forniti unicamente da un determinato operatore economico per una delle seguenti ragioni: (…)
3) la tutela di diritti esclusivi, inclusi i diritti di proprietà intellettuale.”
L’articolo conclude specificando che tale eccezione solo quando non esistono altri operatori economici o soluzioni alternative ragionevoli e l’assenza di concorrenza non è il risultato di una limitazione artificiale dei parametri dell’appalto.
Le condizioni dettate dalla giurisprudenza per le deroghe alla concorrenza: una rigorosa valutazione sull’inesistenza di alternative possibili.
Come precisato dall’ANAC, nelle Linee guida per il ricorso a procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando, per i casi in cui una fornitura e un servizio siano effettivamente infungibili, il legislatore, comunitario e nazionale, ha previsto deroghe alla regola della selezione attraverso una selezione pubblica, considerato che l’esito di un’eventuale gara risulterebbe scontato, esistendo un unico operatore economico in grado di aggiudicarsela e, conseguentemente, l’indizione di una procedura ad evidenza pubblica determinerebbe uno spreco di tempo e di risorse.
Naturalmente, trattandosi di una deroga alla regola della gara pubblica, occorre che l’infungibilità sia debitamente accertata e motivata nella delibera o determina a contrarre dell’amministrazione, nel pieno rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, ovvero dei principi di concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità: la scelta di tale modalità richiede un particolare rigore nell’individuazione dei presupposti giustificativi, da interpretarsi restrittivamente, ed è onere dell’amministrazione committente dimostrarne l’effettiva esistenza (Corte di giustizia europea sentenza 8 aprile 2008, causa C-337/05)
Viene precisato dal TAR, a questo proposito, che l’esistenza del diritto di esclusiva o privativa non implica necessariamente l’infungibilità del prodotto o del servizio: mentre l’esclusiva si riferisce a un prodotto o a un processo, l’esistenza di un diritto esclusivo non implica necessariamente che il bisogno del contraente non possa essere soddisfatto in modo adeguato anche ricorrendo ad altri prodotti o processi.
Le Linee Guida n. 8 dell’ANAC per il ricorso a procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando nel caso di forniture e servizi ritenuti infungibili
In proposito del rapporto tra infungibilità ed esclusività l’ANAC ha affermato che “Da un punto di vista giuridico ed economico, i concetti di infungibilità ed esclusività non sono sinonimi. L’esclusiva attiene all’esistenza di privative industriali, mentre un bene o servizio è infungibile se è l’unico che può garantire il soddisfacimento di un certo bisogno.”
Secondo l’ANAC, l’infungibilità può essere dovuta all’esistenza di privative industriali ovvero essere la conseguenza di scelte razionali del cliente o dei comportamenti del fornitore; l’effetto finale è comunque un restringimento della concorrenza, con condizioni di acquisto meno favorevoli per l’utente. In ogni caso “nei casi di infungibilità dei prodotti e/o dei servizi richiesti il Codice prevede la possibilità di derogare alla regola dell’evidenza pubblica (art. 63), ma, in tal caso, in attuazione dei principi di proporzionalità ed adeguatezza, occorre che il sacrificio del processo concorrenziale sia giustificato e compensato dai guadagni di efficienza o, più in generale, dai benefici che ne derivano in termini di qualità ed economicità dei servizi o dei beni fomiti”.
Ne consegue, allora, che ciascuna stazione appaltante accerta i presupposti per ricorrere legittimamente alla deroga in esame, valutando il caso concreto alla luce delle caratteristiche dei mercati potenzialmente interessati e delle dinamiche che li caratterizzano, e motiva sul punto nella delibera o determina a contrarre o altro atto equivalente
Ciò che è fondamentale, secondo l’ANAC, è che la stazione appaltante non può accontentarsi al riguardo delle dichiarazioni presentate dal fornitore, ma deve verificare l’impossibilità a ricorrere a fornitori o soluzioni alternative attraverso consultazioni di mercato, rivolte anche ad analizzare i mercati comunitari e/o, se del caso, extraeuropei. Neppure un presunto più alto livello qualitativo del servizio ovvero la sua rispondenza a parametri di maggior efficienza può considerarsi sufficiente a giustificare l’infungibilità. Si tratta, infatti, di elementi che, da soli, non possono condurre al ricorso alla procedura negoziata senza bando precludendo, in tal modo, ad altri potenziali concorrenti di presentare offerte qualitativamente equipollenti se non superiori al presunto unico fornitore in grado di soddisfare certi standard”.
Le conclusioni del TAR: è illegittimo e va annullato l’affidamento diretto in assenza di adeguate motivazioni sull’infungibilità
Da tutto quanto sopra richiamato, il TAR ricava il principio per il quale, costituendo l’affidamento diretto una modalità di attribuzione di commesse pubbliche che deroga al principio generale della libera concorrenza, l’Amministrazione è legittimata a farne uso esclusivamente nei casi in cui sussistano specifiche ragioni che le impediscano di reperire l’opera, la fornitura o il servizio sul libero mercato, o a condizioni sproporzionate.
Tali specifiche ragioni devono essere, quindi, individuate ed esplicitate nella determinazione di affidamento diretto, che dovrà essere, sul punto, idoneamente motivata, con particolare riferimento all’istruttoria e alle indagini di mercato espletate.
Alla luce di questo principio veniva pertanto annullata l’aggiudicazione di diversi lotti di un appalto a un fornitore, motivati sulla base delle dichiarazioni del fornitore e di alcuni concorrenti.
In allegato la sentenza integrale Tar Lombardia, sez. IV, 21 febbraio 2018, n. 500