Il giudice amministrativo deve disapplicare, anche d’ufficio, la normativa italiana contrastante con quella europea. In particolare devono essere disapplicate le norme che prevedono una proroga automatica delle concessioni demaniali.
Secondo il Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. VI, 6 giugno 2018, n. 3412) devono essere disapplicate d’ufficio le normative interne che prevedono una proroga automatica del regime di concessione, in base al principio generale e comunitario per cui su tutte le amministrazioni pubbliche, in generale, grava l’obbligo di attivare procedure competitive ogni qualvolta si debbano assegnare beni pubblici suscettibili di sfruttamento economico. Infatti, la mancanza di tale procedura introduce una barriera all’ingresso al mercato, determinando una lesione alla parità di trattamento, al principio di non discriminazione ed alla trasparenza tra gli operatori economici, in violazione dei principî comunitari di concorrenza e di libertà di stabilimento.
Il potere di disapplicazione della normativa interna da parte del giudice, alla luce del principio iura novit curia
Il Consiglio di Stato chiarisce innanzi tutto che non sia necessaria una specifica richiesta di parte per pervenire alla disapplicazione della normativa italiana contrastante con il diritto comunitario.
La disapplicazione, infatti, rientra nell’ambito di un’attività di individuazione della norma applicabile riservata al giudice, conformemente al noto principio iura novit curia (art. 113 c.p.c.). Ciò nel doveroso rispetto dei principi di primazia del diritto comunitario, che ne impone la puntuale osservanza ed attuazione, senza necessità di attendere la modifica o l’abrogazione delle disposizioni nazionali contrastanti da parte degli organi nazionali a ciò preposti (cfr. Corte giust. 5 dicembre 2004, cause riunite da C-397/01 a C-403/01).
Ne consegue che la mancata applicazione della disposizione interna contrastante con l’ordinamento comunitario costituisce un potere-dovere, per il giudice, che opera anche d’ufficio (cfr. Cons. St., Sez. V n. 1219 del 2018; Corte Cass., 18 novembre 1995, n. 11934), al fine di assicurare la piena applicazione delle norme comunitarie, aventi un rango preminente rispetto a quelle dei singoli Stati membri.
Tale dovere sussiste indipendentemente dal fattore temporale e quindi dalla mera circostanza che la norma interna confliggente sia precedente o successiva a quella comunitaria (cfr. Corte giust. 9 marzo 1978, causa 106/77).
Allo stesso modo, le statuizioni della Corte di Giustizia, le quali chiariscono il significato e la portata di una norma del diritto dell’Unione, possono e devono essere applicate anche a casi diversi rispetto a quelli oggetto del rinvio, aventi le stesse caratteristiche di quello che ha dato origine alla decisione della Corte (cfr. Cons. St., Sez. V n. 1219 del 2018; Cass., sez. I, 28 marzo 1997, n. 2787; Corte Cost., 23 aprile 1985, n. 113; Corte Cost., ord. 23 giugno 1999, n. 255).
Il divieto comunitario di proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali transfrontaliere
In particolare, si discuteva della norma che prevedeva la proroga ex lege delle concessioni demaniali, che sarebbe stata in contrasto con il diritto comunitario, e in particolare con il principio comunitario di libertà di stabilimento.
Il Consiglio di Stato chiarisce, a questo proposito, che la normativa interna che prevede proroghe ex lege di concessioni scadute si pone in contrasto con pacifici principi di diritto eurounitario e, pertanto, non può trovare applicazione.
A questo riguardo, con la decisione del 16 luglio 2016, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha così statuito: “L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati”.
In allegato la sentenza integrale Cons. Stato, sez. VI, 6 giugno 2018, n. 3412