I soggetti aggregatori negli appalti pubblici

Il Tar Lazio realizza una ricognizione sulla tematica dei soggetti aggregatori nel contesto degli appalti pubblici, con particolare riferimento alle centrali di committenza e ai soggetti aggregatori qualificati inseriti nell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti

(Tar Lazio, sez. II quater, 24 maggio 2018 n. 5781)

Nel caso di specie, veniva contestata davanti al Tar romano la legittimità di una Centrale Unica di Committenza rispetto all’indizione di una gara, in quanto la suddetta CUC non sarebbe stata dotata di idonea qualificazione.

L’Anagrafe Unica delle stazioni appaltanti e l’elenco dei soggetti aggregatori

L’art. 33-ter del d.l. 18.10.2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla l. 17.12.2012, n. 221, aveva istituito l’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti (AUSA), presso l’AVCP, obbligando le stazioni appaltanti a richiedere l’iscrizione ai sensi dell’art. 62-bis d.lg. 7.03.2005, n. 82.

L’art. 9 del D.L. n. 66/2014 (conv. in legge 89/2014), commi 1 e 2, ha istituto, nell’ambito della predetta Anagrafe, un ulteriore elenco, quello dei « soggetti aggregatori », al quale sono iscritti “di diritto” Consip S.p.A. e una centrale di committenza per ogni Regione  e, previa valutazione del possesso di specifici requisiti individuati con DPCM (11.11.2014), anche « i soggetti diversi da quelli di cui al comma 1 che svolgono attività di centrale di committenza ai sensi dell’art. 33 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 », fino ad un massimo di 35 soggetti. Il sistema è stato confermato anche dal nuovo Codice del 2016 che all’art. 213, co. 16, ha affidato all’ANAC il compito di gestire tale elenco.

Gli acquisti dei comuni non capoluogo e gli altri soggetti aggregatori

Il medesimo art. 9 del D.L. n. 66/2014 (conv. in legge n. 89/2014) soprarichiamato, oltre ad istituire ai commi 1 e 2 l’elenco dei Soggetti Accentratori, stabilendone il numero massimo (35 operatori), al successivo comma 4, modifica l’allora vigente Codice, disponendo all’art. 33, comma 3-bis, per i Comuni non capoluogo di provincia che essi procedono all’acquisizione di lavori, beni e servizi nell’ambito delle unioni dei Comuni di cui all’articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i Comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici anche delle Province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle Province, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56. In alternativa, gli stessi Comuni possono acquisire beni e servizi attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento.

Il rapporto tra le Stazioni Uniche Appaltanti di cui all’art. 13 della legge n. 136/2010 ed i Soggetti Aggregatori qualificati

Quindi da un lato vi è la previsione legale di un numero massimo di 35 soggetti aggregatori, dall’altro la perdurante esistenza di altre centrali di committenza, che possono continuare ad operare.  Se da un lato la legislazione esterna al codice, quando prevede obblighi di ricorso a centrali di committenza, fa in genere riferimento a CONSIP, alle Centrali di Committenza regionali o alla nuova tipologia di Soggetti Aggregatori, prevista dal D.L. n. 66/14, dall’altro lato il Codice Appalti, per i Comuni non Capoluogo di Provincia, contempla la possibilità di avvalersi anche di centrali di committenza diverse.

Mentre i Soggetti Aggregatori sopraindicati sono Centrali di Committenza “qualificate” mediante l’iscrizione nell’elenco predetto, la Centrale di Committenza costituita dai Comuni non Capoluogo è riconducibile alla Stazione Unica Appaltante di cui all’art. 13 della legge n. 136/2010 (DPCM 30.6.2011) – che dà attuazione all’art. 33 del Codice Appalti del 2006 – come chiarito dall’ANAC con Determinazione n. 3 del 25.2.2015 (nonché Determinazione n. 11 del 23.9.2015).

L’Anac in quella sede ha chiarito il rapporto tra le Stazioni Uniche Appaltanti di cui all’art. 13 della legge n. 136/2010 ed i Soggetti Aggregatori previsti dall’art. 9 del D.L. n. 66/2014 (conv. in legge n. 89/2014), chiarendo che i due istituti hanno in comune la natura di centrale di committenza, alla quale, tuttavia, il Soggetto Aggregatore unisce un’ulteriore qualità, consistente nell’abilitazione derivante dalla “qualificazione” conseguita ex lege o previa valutazione e iscrizione nell’elenco ANAC.

A sostegno di tale impostazione la sentenza in commento richiamale riflessioni della dottrina, che ha evidenziato come anche il nuovo Codice, seppure senza farvi espresso riferimento, consenta ai Comuni non capoluogo di ricorrere alle SUA ex art. 13 (a condizione che siano iscritte nell’AUSA e, in futuro, che conseguano la qualificazione richiesta alle stazioni appaltanti), in quanto costituiscono una “species del genus” della Centrale di Committenza.

Le centrali di committenza possono continuare ad operare fino all’entrata in vigore del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti

Il Tar Lazio conclude affermando che, come previsto dall’art. 216, co. 10, del Codice, richiamato anche dall’art. 38, co. 8, è sufficiente la mera iscrizione quale Centrale di Committenza nell’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti, di cui all’articolo 33-ter del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179 (conv. in legge n. 221/2012). Questa costituisce condizione necessaria e sufficiente per consentire ad un soggetto, quale la Comunità Montana/Cuc in parola, di operare come Centrale di Committenza almeno nel regime transitorio delineato dall’art. 216, co. 10, del Codice, fino all’entrata a regime del sistema di qualificazione di cui all’art. 38 del Codice, come ribadito anche dalla Delibera ANAC n. 911 del 31.8.2016.

Redazione

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