La misura dell’indennizzo da revoca ex. art. 21 quinquies

In seguito a revoca di un provvedimento amministrativo in primo luogo si profila il diritto all’indennizzo, qualora vi siano dei pregiudizi in danno dei soggetti interessati dal provvedimento revocato. In secondo luogo, potrebbe configurare anche responsabilità di tipo risarcitorio, qualora la revoca si palesi illegittima.

La seconda sezione del T.A.R Campania, ha pubblicato in data 20/08/2018, la sentenza n. 5242/2018, in cui ha accertato la sussistenza  del diritto alla liquidazione dell’indennizzo ex. art. 21 quinques della L. 241/90, in merito alla mancata approvazione degli interventi di riqualificazione urbanistica ed edilizia ai sensi dell’art. 7 della L. R. 19/2009. (Tar Campania, sez. II, 20 agosto 2018, n. 5243)

La circostanza fattuale su cui muove il giudizio instaurato presso la sezione del T.A.R. Campania, attiene alla richiesta di liquidazione dell’indennizzo di parte ricorrente, rispetto alla deliberazione del Comune resistente recante la mancata approvazione degli interventi di riqualificazione urbanistica ed edilizia, comportando di conseguenza, l’annullamento di tutti gli atti relativi alla procedura selettiva indetta ai fini della realizzazione di interventi finalizzati alla costruzione di alloggi per le giovani coppie all’interno del territorio del Comune chiamato in causa.

I pregiudizi indennizzabili in caso di revoca

Nel rigettare la richiesta attorea, il Collegio si è soffermato ad analizzare i presupposti applicativi dell’indennizzo derivante da revoca, previsto dalla legge 241/90. In fase di premessa, il T.A.R. ha posto in esame le varie conseguenze che possono derivare dal provvedimento di revoca a disposizione della P.A., l’articolo 21- quinques, L. 241/90.

In primo luogo, si profila il diritto all’indennizzo, qualora vi siano dei pregiudizi in danno dei soggetti interessati dal provvedimento revocato ed in secondo luogo, potrebbe configurare anche responsabilità di tipo risarcitorio, qualora la revoca si palesi illegittima.

Il pregiudizio indennizzabile in caso di utilizzo dello strumento revocatorio, qualora si riscontri la legittimità dello stesso, da parte della P.A. è quantificabile limitatamente al solo pregiudizio immediatamente subito quindi, al solo “danno emergente”, tenuto conto “sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico”.

Mentre nel caso di richiesta risarcitoria tale quantificazione si estende, previo accertamento di tipo probatorio, a tutto il pregiudizio interamente subito, ovvero relativo al danno emergente ed al lucro cessante, derivante dall’illegittima violazione della sfera giuridico patrimoniale del soggetto leso.

Per quanto concerne il potere di revoca attivabile dalla P.A., il collegio del T.A.R. Campania evidenzia le considerazioni effettuate dal Consiglio di Stato, in cui si è rilevato che “di fronte ad un atto espressivo di apprezzamenti di carattere ampiamente discrezionale, riconducibile ad una diversa valutazione del medesimo interesse pubblico che aveva originariamente indotto l’amministrazione ad emettere l’atto poi ritirato, qualsiasi affidamento privato è destinato a soccombere, tanto è vero che l’art. 21-quinquies più volte citato non attribuisce ad esso alcun rilievo impeditivo all’esercizio del relativo potere, diversamente da quanto previsto per l’annullamento d’ufficio dal successivo art. 21-nonies.

La prima delle norme della legge generale sul procedimento amministrativo ora citato tutela infatti il contrapposto interesse destinato unicamente sul piano patrimoniale, attraverso l’indennizzo e dunque mediante un ristoro pecuniario conseguente ad un atto lecito ma pregiudizievole per i contrapposti interessi privati (in questi termini: Sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5082).

Il Collegio ha considerato come il venire meno della Convenzione, nonostante la stessa fosse stata stipulata tra il Consorzio ricorrente e l’Amministrazione Comunale resistente, era riconducibile al negativo esito della Conferenza di Servizi, la quale risultava necessaria al fine di mutare la destinazione urbanistica dell’area in cui doveva localizzarsi l’intervento finalizzato alla costruzione di alloggi per le giovani coppie, in seno alla quale non sono stati acquisiti tutti i dovuti assensi, così come invece contemplato, all’interno della stipulata Convenzione rep n. 17/2008 all’articolo 5. Tale disposizione richiamata, era da identificare quale espressa causa di esonero da responsabilità, soprattutto dal punto di vista patrimoniale per il Comune.

Da ciò ne è scaturito il rigetto del gravame, in cui è stato riconosciuto come non possibile la concessione in favore del Consorzio ricorrente alcun indennizzo ex art. 21 quinquies L. 241/90, dato atto della mancata possibilità di concedere l’indennizzo dato atto della circostanza prevista e pattuita quale condizione risolutiva della stipulata Convenzione.

Si riporta in allegato la sentenza in commento Tar Campania, sez. II, 20 agosto 2018, n. 5243

Giuseppe Sferrazzo