CGE, la domanda di partecipazione alla gara requisito per impugnare

Secondo la Corte di Giustizia Europea, è legittima e conforme alla diritto UE la normativa nazionale, come quella italiana, che non consente agli operatori economici di proporre un ricorso contro le decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice relative a una procedura d’appalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare poiché la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato l’appalto in questione.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza 28 novembre 2018 (C‑328:17) indaga la questione del diritto di proporre ricorso subordinato alla condizione di aver presentato un’offerta nell’ambito della procedura di aggiudicazione dell’appalto, in particolare per contestare che una gara sarebbe stata restrittiva della concorrenza, allorquando le clausole del bando non rendevano del tutto impossibile la partecipazione alla procedura. (

La questione sottoposta dal giudice italiano

Il giudice del rinvio (il Tar Liguria) aveva rilevato che, secondo l’interpretazione del requisito procedurale dell’interesse ad agire accolta in anche dalla Corte costituzionale (sentenza n. 245 del 22 novembre 2016), sarebbe inammissibile il ricorso proposto dall’impresa che non ha partecipato alla gara quando non fosse assolutamente certo ma soltanto altamente probabile che, per effetto della strutturazione della gara, in particolare della divisione in lotti, o per effetto della normativa di gara applicabile, l’impresa non potrebbe conseguire l’aggiudicazione dell’appalto in questione.

La possibilità di accedere alla tutela giurisdizionale sarebbe così, quasi sistematicamente, condizionata alla partecipazione alla gara, partecipazione che comporta di per sé rilevanti oneri, e ciò anche nel caso in cui l’impresa intendesse contestarne la legittimità per essere la gara stessa eccessivamente restrittiva della concorrenza.

La risposta della Corte: il diritto di impugnare una gara può essere condizionato

I giudici della Corte richiamano la direttiva 89/665, che si applica ratione temporis, per cui gli Stati membri sono tenuti a garantire che le procedure di ricorso previste da tale direttiva siano accessibili «per lo meno» a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto pubblico e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle disposizioni nazionali che attuano tale diritto (in tal senso, sentenze del 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service, C‑230/02, EU:C:2004:93, punto 25, e del 5 aprile 2016, PFE, C‑689/13, EU:C:2016:199, punto 23).

Secondo la giurisprudenza della Corte, gli Stati membri non sono dunque tenuti a rendere dette procedure di ricorso accessibili a chiunque voglia ottenere l’aggiudicazione di un appalto pubblico, ma hanno facoltà di esigere che la persona interessata sia stata o rischi di essere lesa dalla violazione da essa denunciata.

Agli stessi principi si richiamano le decisioni di Corte Costituzionale e Consiglio di Stato.

La sentenza rimarca che sia dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (Italia) sia dalla sentenza n. 245/2016 della Corte costituzionale risulta infatti che un interesse ad agire può essere eccezionalmente riconosciuto a un operatore economico che non ha presentato alcuna offerta, nelle «ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che sia stata indetta o, ancora, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti, o, infine, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell’offerta».

Tuttavia, rimarca la CGE, è corretto che solo in via eccezionale che un diritto di proporre ricorso può essere riconosciuto a un operatore che non ha presentato alcuna offerta, e non si può considerare eccessiva la richiesta che quest’ultimo dimostri che le clausole del bando rendevano impossibile la formulazione stessa di un’offerta.

Spetta al giudice nazionale valutare la lesione di un diritto alla tutela giurisdizionale effettiva per gli operatori 

Alla luce delle suesposte considerazioni, la CGE risponde alla questione sollevata dichiarando che sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non consente agli operatori economici di proporre un ricorso contro le decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice relative a una procedura d’appalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare poiché la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato l’appalto in questione.

Tuttavia, rimane il principio che la decisione vada presa caso per caso da parte del giudice amministrativo, sulla base dell’effettiva imposibilità di partecipazione ad una procedura.

Si legge così, a conclusione della sentenza, che “spetta al giudice nazionale competente valutare in modo circostanziato, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti che caratterizzano il contesto della controversia di cui è investito, se l’applicazione concreta di tale normativa non sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva degli operatori economici interessati.”

Redazione

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