Non ci sono motivi, secondo il Tar Lombardia, per negare l’accesso civico nei confronti della documentazione amministrativa presentata in gara, quanto meno in astratto.
L’accesso civico potrà essere in materia di appalti temporalmente vietato, negli stessi limiti in cui ciò avviene per i partecipanti alla gara, e dunque fino a che questa non sarà terminata, ma non escluso definitivamente, se non per quanto stabilito da altre disposizioni, come quella dell’art. 5 comma 2 del D.Lgs. 33/2013.
Una società chiedeva l’accesso civico rispetto alle offerte tecniche ed economiche presentate in una gara di appalto alla quale non aveva partecipato.
La società richiedente, vistasi rifiutata la richiesta, ricorreva al TAR, sostenendo che nel suo caso si sarebbe applicato il c.d. accesso civico generalizzato, previsto dall’art. 5 commi 2 e 3 del D.Lgs. 33/2013, come modificato nel 2016.
In base a tali norme, è consentito a “chiunque” – senza la prova di una particolare legittimazione e senza onere di motivare la relativa istanza – l’accesso a dati e documenti della pubblica amministrazione, anche ulteriori rispetto a quelli per i quali sussiste un obbligo giuridico di pubblicazione.
La compatibilità dell’accesso civico generalizzato con le procedure di appalto pubblico
Il Tar Lombardia, con la sentenza Tar Lombardia, sez. IV, 11 gennaio 2019, n. 45, premette che il c.d. accesso civico può applicarsi anche ai procedimenti di appalto delle pubbliche amministrazioni di cui al vigente D.Lgs. 50/2016.
In particolare, non è sufficiente a negare tale applicazione dell’accesso civico generalizzato l’art 5 bis del D.Lgs 33/2013, secondo cui l’accesso civico è escluso «nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990».
Invero, secondo il giudici, quella del D.Lgs. 33/2013 costituisce la regola generale e le eccezioni alla medesima devono essere interpretate restrittivamente, per evitare la sostanziale vanificazione dell’intendimento del legislatore di garantire l’accesso civico.
Quindi anche se la disciplina dell’accesso agli atti in materia di appalti come si rinviene nell’art. 53 del codice dei contratti pubblici configura una disciplina peculiare, ciò non può escludere definitivamente l’accesso civico.
L’esclusione dell’accesso civico agli atti di gara deve essere motivato
Dalle premesse finora citate discende che l’accesso civico potrà essere in materia di appalti temporalmente vietato, negli stessi limiti in cui ciò avviene per i partecipanti alla gara, e dunque fino a che questa non sarà terminata, ma non escluso definitivamente, se non per quanto stabilito da altre disposizioni, e così, prima di tutte, dalla chiara previsione dell’art. 5 comma 2 del D.Lgs. 33/2013.
Applicando tali principi al caso di specie, è stato dichiarato legittimo il diniego dell’accesso civico fondato sul mero richiamo al già citato comma 2 dell’art. 5 bis, considerato altresì che l’amministrazione non ha preventivamente interpellato le due imprese controinteressate, perché interessate alla domanda di accesso civico, né ha valutato l’istanza proposta in via subordinata dalla parte istante, tesa ad ottenere anche soltanto un accesso parziale, vale a dire limitato alle sole parti delle offerte non concretamente coperte da segreto.
In altri termini, la motivazione del diniego è illegittima se si risolve in un mero richiamo alla norma preclusiva dell’ostensione, senza un preciso riferimento alle circostanze fattuali e giuridiche impeditive dell’accesso civico.
Conseguentemente il TAR ha annullato il diniego di accesso, pur lasciando che fosse l’amministrazione a valutare motivatamente se – e in che misura – i vincoli posti dalla disciplina dell’accesso civico precludevano l’accesso alle offerte.