Limite del Subappalto al 30 per cento, la lettera della Commissione

La disciplina di subappalto e dell’avvalimento tra i principali oggetti della lettera della Commissione Europea, che apre la procedura di infrazione contro l’Italia.

Lettera di messa in mora – Appalti Pubblici

Una lettera della Commissione Europea dichiara aperta la procedura d’infrazione contro l’Italia per la “mancata conformità del quadro giuridico italiano alle direttive del 2014 in materia di contratti pubblica”, rilevando diversi punti di contrasto tra il Codice Appalti – D.lgs 50/2016 – e le direttive 23, 24 e 25 del 2014 sugli appalti pubblici.

Gli Stati membri dispongono ora di due mesi di tempo per rispondere alle argomentazioni della Commissione; in caso contrario, la Commissione potrà decidere di inviare un parere motivato, e provocando un intervento della Corte di Giustizia se il dissenso con governi persistesse.

Oggetto di critica da parte delle istituzioni europee sono diversi istituti la cui disciplina si è discostata dalle indicazioni euro-unitarie.

Si tratta in particolare della disciplina del subappalto, dell’avvalimento, delle offerte anomale e delle esclusioni dalle gare.

Sono stati oggetti di rilievi anche le norme sul calcolo del valore degli appalti, quelle sugli oneri di urbanizzazione.

Le osservazioni sulle limitazioni al subappalto

Come detto, la lettera si concentra sulle limitazioni del subappalto previste dal Codice Appalti, e in particolare il divieto di subappaltare più del 30% di un contratto pubblico.

Secondo la Commissione la normativa italiana viola il diritto UE in quanto essa limita il ricorso al subappalto in tutti i casi, e non solo nei casi in cui una restrizione del subappalto sia oggettivamente giustificata dalla natura delle prestazioni dedotte in contratto.

Ma sono oggetto della lettera anche le seguenti limitazioni del Codice Appalti sul subappalto:

  • Obbligo di indicare la terna di subappaltatori proposti
  • Divieto per un subappaltatore di fare a sua volta ricorso ad un altro subappaltatore
  • Divieto per il soggetto sulle cui capacità l’operatore intende fare affidamento di affidarsi a sua volta alle capacità di un altro soggetto
  • Divieto per l’offerente in una determinata gara di essere subappaltatore di un altro offerente nella stessa gara

Di seguito si riporta il contenuto della lettera, nel punto specificamente dedicato al limite quantitativo del subappalto.

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1.3. Violazione di norme riguardanti il subappalto e l’affidamento sulle capacità di altri soggetti


A) Divieto di subappaltare più del 30% di un contratto pubblico

Ai sensi della normativa italiana, il subappalto non può superare il 30% dell’importo totale di un contratto pubblico. Tale limite del 30% è previsto dalle seguenti disposizioni del decreto legislativo 50/2016:

L’articolo 105, comma 2, terza frase, in forza del quale l’eventuale subappalto non può superare la quota del 30% dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture;

l’articolo 105, comma 5, in forza del quale, per le opere di cui all’articolo 89, comma 11, l’eventuale subappalto non può superare il 30% dell’importo delle opere Le opere di cui all’articolo 89, comma 11, sono “opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali”.

La Commissione rileva che nelle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE non vi sono disposizioni che consentano un siffatto limite obbligatorio all’importo dei contratti pubblici che può essere subappaltato. Al contrario, le direttive si basano sul principio secondo cui occorre favorire una maggiore partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici, e il subappalto è uno dei modi in cui tale obiettivo può essere raggiunto. Conformemente a tale approccio, l’articolo 63, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE consente alle amministrazioni aggiudicatrici di limitare il diritto degli offerenti di ricorrere al subappalto, ma solo ove siffatta restrizione sia giustificata dalla particolare natura delle prestazioni da svolgere. La stessa impostazione si ritrova nell’articolo 79, paragrafo 3, della direttiva 2014/25/UE (e nel considerando 87 di tale direttiva).

Analogamente, dall’articolo 38, paragrafo 2, della direttiva 2014/23/UE risulta che gli offerenti devono avere la possibilità, in linea di principio, di ricorrere a subappaltatori nell’esecuzione dei contratti. Il considerando 63 della stessa direttiva chiarisce che uno degli obiettivi di questa disposizione è proprio quello di facilitare la partecipazione delle PMI. Pertanto, occorre concludere che la normativa italiana viola il diritto UE in quanto essa limita il ricorso al subappalto in tutti i casi, e non solo nei casi in cui una restrizione del subappalto sia oggettivamente giustificata dalla natura delle prestazioni dedotte in contratto.

La suddetta conclusione è confermata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE. In particolare, nella causa C-406/14 la Corte ha già statuito che una clausola che impone limitazioni al ricorso a subappaltatori per una parte dell’appalto fissata in maniera astratta in una determinata percentuale dello stesso, e ciò a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori e senza menzione alcuna del carattere essenziale delle prestazioni di cui si tratta, è incompatibile con la direttiva 2004/18/CE28 .

La Commissione rileva che, per quanto la succitata giurisprudenza della Corte di giustizia sia stata elaborata in relazione alle precedenti direttive contratti pubblici del 2004, non vi è alcuna ragione per ritenere che le nuove direttive contratti pubblici del 2014 ammettano (contrariamente alle direttive del 2004) restrizioni quantitative al subappalto fissate in maniera astratta in una determinata percentuale dell’appalto. Infatti:
– Come già detto, la direttiva 2014/24/UE, proprio come la direttiva 2004/18/CE, non prevede la possibilità d’introdurre limitazioni quantitative al subappalto;
– La direttiva 2014/24/UE, proprio come la direttiva 2004/18/CE, prevede
che, nei documenti di gara, l’amministrazione aggiudicatrice possa chiedere all’offerente di indicare, nella sua offerta, le eventuali parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti (articolo 25, primo comma, della direttiva 2004/18/CE e articolo 71, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE);
– Al punto 34 della sentenza nella causa C-406/14, la Corte ha precisato che, qualora i documenti dell’appalto impongano agli offerenti di indicare, nelle offerte, le parti dell’appalto che essi hanno eventualmente l’intenzione di subappaltare e i subappaltatori proposti, l’amministrazione aggiudicatrice ha il diritto, per quanto riguarda l’esecuzione di parti essenziali dell’appalto, di vietare il ricorso a subappaltatori quando non sia stata in grado di verificare le loro capacità in occasione della valutazione delle offerte e della selezione dell’aggiudicatario. Tale affermazione della Corte nella causa C-406/14 è inoltre rispecchiata nelle seguenti disposizioni della direttiva 2014/24/UE: l’articolo 63, paragrafo 1, secondo comma29, e l’articolo 71, paragrafo 6, lettera b).

Poiché dette disposizioni, che figurano agli articoli 63 e 71 della direttiva 2014/24/UE e che non erano presenti nella direttiva 2004/18/CE, hanno l’effetto di aumentare i poteri delle amministrazioni aggiudicatrici nei confronti dei subappaltatori (rendendo in tal modo ancora più difficile ritenere che una restrizione quantitativa del subappalto fissata in maniera astratta non sia sproporzionata), si deve concludere che una restrizione quantitativa del subappalto che era incompatibile con la direttiva 2004/18/CE è incompatibile anche con la direttiva 2014/24/UE.

Pertanto la Commissione conclude che l’articolo 105, comma 2, terza frase, e l’articolo 105, comma 5, del decreto legislativo 50/2016 violano l’articolo 63, paragrafo 1, secondo comma, l’articolo 63, paragrafo 2, e l’articolo 71 della direttiva 2014/24/UE31.

Poiché le altre due direttive contratti pubblici contengono articoli corrispondenti ai succitati articoli della direttiva 2014/24/UE, la Commissione conclude altresì che l’articolo 105, comma 2, terza frase, e l’articolo 105, comma 5, del decreto legislativo 50/2016 violano le disposizioni seguenti: l’articolo 79, paragrafo 1, secondo comma, l’articolo 79, paragrafo 3, e l’articolo 88 della direttiva 2014/25/UE; l’articolo 42 della direttiva 2014/23/UE e, per le ragioni sopra esposte, anche l’articolo 38, paragrafo 2, della direttiva 2014/23/UE.

Redazione

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