In sede di parere sulle nuove linee Guida dell’ANAC in materia di “Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici”, il Consiglio di Stato afferma una serie di principi generali sul conflitto di interessi e sulle ipotesi tipiche e atipiche
Cons. St., sez. cons. atti norm., 5 marzo 2019, n. 667
Aggiornamento: l’ANAC nel giugno 2019 ha approvato le Linee Guida n. 15 sul conflitto di interessi.
L’Anac, con le Linee Guida sotto esame del Consiglio di Stato, si prefigge lo scopo di individuare e gestire i conflitti di interesse nelle procedure di gara pubblica, in base a quanto stabilito dall’articolo 42 del codice dei contratti pubblici.
Il Consiglio di Stato, nel suo approfondito parere sulle linee guida, chiarisce che con l’art. 1, comma 41, della legge n. 190/2012, l’azione preventiva della corruzione ad evitare tali conflitti di interessi è divenuta un principio generale di diritto amministrativo, in quanto è stato introdotto l’art. 6 bis alla legge n. 241/1990, secondo il quale il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale (in qualsiasi procedura anche diversa dalla materia che ci occupa) devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale.
I principi generali della disciplina del conflitto di interessi nelle procedure ad evidenza pubblica sono contenuti nell’articolo 42 del D.lgs. n. 50/2016, il quale prevede che spetta alle stazioni appaltanti prevedere misure adeguate per contrastare le frodi e la corruzione nonché per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni, in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici (art. 42, comma 1, d.lgs. n. 50/2016).
Cosa si intende per conflitto di interessi nel nostro ordinamento
Secondo i giudici di Palazzo Spada, in linea generale, il conflitto di interessi è una condizione giuridica che si verifica quando, all’interno di una pubblica amministrazione, lo svolgimento di una determinata attività sia affidato ad un funzionario che è contestualmente titolare di interessi personali o di terzi, la cui eventuale soddisfazione implichi necessariamente una riduzione del soddisfacimento dell’interesse pubblico.
E ciò contrasta con principio generale dell’imparzialità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost., per cui le scelte adottate dall’organo devono essere compiute nel rispetto della regola dell’equidistanza da tutti coloro che vengano a contatto con il potere pubblico.
Da ciò deriva l’obbligo del dipendente di informare l’Amministrazione ed astenersi.
I casi atipici e tipici di conflitto di interesse negli appalti pubblici
A differenza della disciplina generale contenuta nella legge n. 190/2012 – il codice dei contratti pubblici contiene una nozione generale (secondo il Consiglio di Stato pseudo-definizione) di conflitto di interessi, posto che il articolo 42, al secondo comma, stabilisce che esso ricorre “quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione. In particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l’obbligo di astensione previste dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62.” (art. 42, comma 2, d.lgs. n. 50/2016 che riprende pedissequamente l’art. 24 della direttiva n. 24/2014).
Il citato D.P.R. 62 del 2013 prevede quindi una serie di ipotesi tipizzate di conflitti di interessi, oltre ad un rimando generale alle ipotesi di gravi ragioni di convenienza.
Nella ricostruzione del Consiglio di Stato, pertanto, esistono ipotesi di conflitto di interesse tipiche e atipiche
I casi tipici di conflitto di interesse esistono laddove il legislatore ha già individuato presupposti e condizioni utili al riguardo. Il conflitto di interessi sussiste con riferimento a rapporti di coniugio o convivenza; rapporti di parentela o affinità entro il secondo grado; rapporti di frequentazione abituale; pendenza di una causa o di grave inimicizia; rapporti di credito o debito significativi; rapporti di tutorato, curatela, rappresentanza o agenzia; rapporti di amministrazione, dirigenza o gestione di associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti (cfr. art. 7 del d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62).
A questi casi vanno aggiunte tutte quelle situazioni non tipizzate, a sua volta di due tipi.
- La prima si verifica ove il soggetto abbia “direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione”.
- La seconda si riferisce alle “gravi ragioni di convenienza” di cui al d.P.R. n. 62 del 2013.
Sono proprio queste due ipotesi quelle più problematiche, che secondo il Consiglio di Stato dovrebbero essere meglio attenzionate dall’ANAC. In particolare le “gravi ragioni di convenienza” e le situazioni di “potenziale conflitto”, come anche l’espressione “interesse finanziario, economico o altro interesse personale” necessitano di illustrazione, anche esemplificativa, per fungere da “guida”, anche se non vincolante, alle stazioni appaltanti.
Si legge nel Parere che le lacune dovute all’indeterminatezza delle situazioni che possono generare situazioni di conflitto di interessi non espressamente tipizzate, devono essere colmate mediante un esame teleologico, che tenda ad indagare se effettivamente, nel caso concreto, l’imparzialità ed il buon andamento dell’azione amministrativa della stazione appaltante siano, messi in pericolo e contestualmente percepite come minaccia alla imparzialità ed indipendenza.
Per approfondimenti si rinvia al testo integrale del Parere (Cons. St., sez. cons. atti norm., 5 marzo 2019, n. 667).