Falso innocuo e dichiarazioni dei concorrenti

Non si può predicare l’applicabilità del c.d. “falso innocuo” alle dichiarazioni nelle procedure d’evidenza pubblica, in quanto proprio la completezza delle dichiarazioni consente la celere decisione sull’ammissione dell’operatore economico alla gara: pertanto non può esistere una dichiarazione falsa e “innocua”, in particolare sui precedenti penali.

Consiglio di Stato, sez. V, 5 marzo 2019, n. 1527

Il Consiglio di Stato  si pronuncia sull’esclusione di un concorrente da una procedura di appalto, motivata dalla falsa dichiarazione sui precedenti penali dell’amministratore unico. Secondo l’impresa esclusa, la dichiarazione contestata, inoltre, avrebbe al più integrato un “falso innocuo” ai fini del giudizio di affidabilità del concorrente, avendo ad oggetto un reato risalente nel tempo, di modesta entità e ormai estinto per decorso del termine.

Nell’impostazione dell’impresa concorrente, la partecipazione alla gara dovrebbe essere impedita solo all’operatore economico in capo al quale difettino realmente i requisiti di ordine generale previsti per legge e non anche quando la dichiarazione, pur non veritiera o incompleta, non sia idonea a modificare gli esiti della gara.

La teoria del falso innocuo, o falso inutile, nell’elaborazione penalistica

In diritto penale, ricorre il cosiddetto “falso innocuo” nei casi in cui l’infedele attestazione (nel falso ideologico) o l’alterazione (nel falso materiale), siano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell’atto e non esplichino, effetti sulla sua funzione documentale (Cass. Penale, sez. V, sentenza 23 giugno 2015, n. 26455).

In questi casi la falsità si rivela in concreto inidonea a ledere l’interesse tutelato dalla genuinità del documento, in quanto inidonea a conseguire uno scopo antigiuridico: l’infedele attestazione o la compiuta alterazione appaiono del tutto irrilevanti ai fini del significato dell’atto e del suo valore probatorio.

Il falso innocuo nel procedimento amministrativo e negli appalti

L’applicabilità della tesi del falso innocuo al diritto amministrativo, e in particolare alle false dichiarazioni dei concorrenti nelle procedure ad evidenza pubblica, è tendenzialmente esclusa.

Anche nella sentenza in commento si conferma che la tesi del cd. “falso innocuo” non può trovare applicazione nella materia degli appalti, così come la tesi del “falso inutile”.

Infatti in tale contesto la completezza delle dichiarazioni è già di per sé un valore da perseguire poiché consente, anche in ossequio al principio di buon andamento dell’amministrazione e di proporzionalità, la celere decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla selezione.

Pertanto, una dichiarazione che è inaffidabile perché, al di là dell’elemento soggettivo sottostante, è falsa o incompleta, deve ritenersi di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dalla norma, a prescindere dal fatto che l’impresa meriti sostanzialmente di partecipare (in termini, Cons. Stato, V, 21 giugno 2013, n. 3397; III, 16 marzo 2012, n. 1471).

Il falso innocuo deve essere valutato ex ante

A prescindere da quanto detto sopra, il Consiglio di Stato precisato che si ha falso innocuo, od inutile, quando – secondo un giudizio da svolgersi ex ante – non v’era alcuna possibilità di offendere l’interesse protetto (es: il notaio che attesta il falso su un elemento distonico ed inconferente con l’oggetto dell’atto che roga; il falsario che falsifica una banconota in modo così grossolano da non potere trarre in inganno neppure un minore, etc).

Nel caso di specie, secondo i giudici di Palazzo Spada, non è dato rilevare una tale evidenza, atteso che nulla consente obiettivamente di escludere che l’aver omesso di indicare il precedente di cui trattasi avrebbe potuto avere l’effetto di far preferire l’appellante rispetto ad altro aspirante.

Redazione

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