Le limitazioni di orario di apertura delle attività commerciali devono essere rispettose del principio di proporzionalità, e dell’art. 3 del d.l. 138/2011, che ha abrogato ogni indebita restrizione dell’esercizio dell’attività economiche che non sia giustificata dalla protezione della salute umana, adeguatamente dimostrata.
TAR Lombardia — Brescia, Sez. II, 28 gennaio 2019, n. 85
I titolari di un locale notturno bergamasco hanno fatto ricorso al Tar Lombardia nei confronti di una limitazione degli orari di esercizio dell’impresa da parte del Comune, che in sostanza ne impedirebbero l’attività, prescrivendone un orario di apertura massimo tra le 6 e le 00.30 del giorno successivo.
I principi generali di liberalizzazione obbligatori per i Comuni
L’art. 3, comma I, del DL n. 138/2011 (convertito con modificazioni in L. n. 148/2011) impone ai Comuni di conformare il proprio ordinamento al principio secondo cui l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge nei soli casi di:
a) vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali;
b) contrasto con i principi fondamentali della Costituzione;
c) danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e contrasto con l’utilità sociale;
d) disposizioni indispensabili per la protezione della salute umana, la conservazione delle specie animali e vegetali, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale;
e) disposizioni relative alle attività di raccolta di giochi pubblici ovvero che comunque comportano effetti sulla finanza pubblica.
Le possibili limitazioni di orario: la necessità di ragioni concrete e il rispetto del principio di proporzionalità
Per quanto riguarda le limitazioni di orario, la normativa consentirebbe l’apertura libera, salvo il potere attribuito al Sindaco di limitare l’orario, ma soltanto “con riferimento a singoli esercizi, intere vie, zone o quartieri, sulla base della documentazione istruttoria sia di carattere urbanistico (volta a identificare le zone della città potenzialmente esposte a problemi di convivenza tra attività commerciali e funzioni residenziali, in relazione alla presenza di locali, alla densità abitativa e alla morfologia dei luoghi) che di ordine pubblico e sicurezza urbana (segnalazioni, esposti, sanzioni comminate, ecc.) agli atti dell’Amministrazione”.
Ciò al fine di consentire la convivenza tra le diverse destinazioni, per finalità di tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio artistico e culturale, della sicurezza e dell’ordine pubblico e, pertanto, pienamente coerenti con la legislazione in materia di liberalizzazione delle attività economiche.
Nel caso di specie il Tar ha ritenuto che doveva ritenersi del tutto assente il presupposto legittimante, rappresentato dall’accertamento del fatto che la musica o la presenza di persone all’esterno del locali fossero percepibili, oltre il livello di normale tollerabilità e quindi potessero recare danno al riposo e al diritto alla quiete pubblica nelle zone residenziali limitrofe.
Ne discende che il provvedimento del Comune di Bergamo è stato ritenuto privo di adeguata motivazione e del supporto necessario perché ai sensi delle vigente normativa e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea la rilevante limitazione all’esercizio dell’attività imprenditoriale possa trovare legittimo riconoscimento.
Tale provvedimento, secondo il TAR, sarebbe in contrasto rispetto:
– alla disposizione (art. 3 del d.l. 138/2011) che ha abrogato ogni indebita restrizione dell’esercizio dell’attività economiche, se non giustificata dalla protezione della salute umana, di cui non è, nella fattispecie, in alcun modo dimostrata la messa in pericolo;
– al principio generale secondo cui anche la limitazione dell’orario di apertura deve fondarsi su specifiche esigenze di tutela della salute e/o dell’ordine pubblico;
– al principio di proporzionalità della limitazione di derivazione comunitaria;
Se del caso, conclude la sentenza, il Comune avrebbe potuto, al più, imporre l’adozione di misure idonee a evitare che la musica sia percepita all’esterno, ma non incidere sull’orario di apertura.