Il Comune non può rifiutare l’affissione di un manifesto, come quello contro l’obiezione di coscienza in materia di aborto, richiamandosi genericamente alla tutela della sensibilità religiosa: occorre valutare concretamente l’idoneità del messaggio a ledere la sensibilità altrui
TAR Liguria, sez. I, 4 marzo 2019, n. 174
Interessante sentenza del TAR Liguria sulla vicenda dell’affissione dei manifesti contro l’obiezione di coscienza in materia di aborto.
E’ stata impugnata la nota con la quale il Comune di Genova ha imposto all’Unione degli Atei e Agnostici e Razionalisti la modifica contenutistica del bozzetto di manifesto pubblicitario inerente alla campagna di informazione relativa all’obiezione di coscienza in ambito sanitario.
Il Comune riteneva che tale manifesto fosse lesivo della libertà di coscienza individuale nonché dei diritti delle confessioni religiose.
L’obiezione di coscienza e il contenuto del manifesto
Nel manifesto contestato viene raffigurata l’immagine appaiata di un medico e di un ministro del culto cristiano, verosimilmente cattolico, sovrascritta dallo slogan “Testa o croce? Non affidarti al caso” e, più in piccolo, dalla frase “Chiedi subito al tuo medico se pratica qualche forma di obiezione di coscienza”, accompagnata dal rinvio al sito internet della campagna uaar.it/nonaffidartialcaso e dal logo della UAAR.
In tale ambito, l’obiezione di coscienza, disciplinata dall’art. 9 della l. n. 194/1978, costituisce il legittimo rifiuto da parte di medici (e il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie) di ottemperare all’obbligo sancito dalla legge che regolamenta l’interruzione volontaria della gravidanza per motivi inerenti alla coscienza individuale, con l’effetto di esonerare l’obiettore dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza.
Secondo l’Amministrazione comunale il descritto bozzetto sarebbe stato lesivo della libertà di coscienza individuale nonché del rispetto e della tutela dovuti ad ogni confessione religiosa, a chi la professa e ai ministri di culto, nonché agli oggetti di culto.
Non basta richiamarsi genericamente alla libertà religiosa per vietare il manifesto, ma occorre valutare l’idoneità del messaggio a ledere la sensibilità altrui
Il Comune di Genova ha ritenuto sussistente la lesione dei principi di cui agli artt. 2, 13, 19 e 21 della Costituzione (diritti inviolabili della personalità, libertà personale, libertà religiosa e libertà di pensiero), ma senza esplicitare né le ragioni per le quali il rispetto per la religione cattolica sarebbe vulnerato dall’associazione del simbolo religioso alla relativa posizione dottrinale, né le ragioni per le quali il rispetto per altre confessioni religiose – non coinvolte dalla campagna sul piano iconografico – ne risulterebbe comunque leso.
In realtà è innegabile che la posizione dottrinale cattolica sia storicamente contraria all’aborto, pertanto il suo accostamento all’obiezione di coscienza non può essere considerato lesivo rispetto alla confessione cattolica e ai fedeli.
In definitiva occorre estrarre dal manifesto il suo significato ordinario e valutare sulla base di quello l’idoneità del messaggio a ledere la sensibilità altrui.
Nella specie il messaggio ha inteso promuovere la scelta consapevole. meditata e razionale del proprio medico di fiducia limitatamente al tema dell’interruzione della gravidanza, rendendo in questo modo cosciente il pubblico del fenomeno dell’obiezione di coscienza.
Da queste premesse il TAR Liguria ha ricavato l’illegittimità del provvedimento del Comune, sotto il profilo della carenza motivazionale nonché della concreta non offensività del messaggio veicolato dal bozzetto.
Essendo il messaggio circoscritto alla campagna contro l’obiezione di coscienza in campo abortivo, il significato immediatamente ritraibile è quello di un invito, questo si razionale e non illogico, ad informarsi presso il proprio medico dei suoi orientamenti in tema di obiezione di coscienza.