Il Decreto 32/2019, c.d. sblocca cantieri, prevede un allentamento della disciplina sul subappalto, in particolare eliminando l’obbligo della terna dei subappaltatori e alzando dal 30 al 50 per cento il limite delle prestazioni subappaltabili.
Aggiornamento: il subappalto alla luce delle modifiche intervenute con la legge di conversione del DL sblocca cantieri
Il tema del subappalto è stato uno dei più attenzionati dal D.L. 32 del 2019, che ne prevede una (parziale) liberalizzazione nella fase di esecuzione delle gare di appalto.
In particolare vengono in tal senso modificati gli articoli 105 e 174 del Codice dei contratti.
Il limite del subappalto al 50 per cento
La novità più importante è sicuramente l’innalzamento del limite del subappalto dal 30 al 50 per cento delle prestazioni totali. L’utilizzo del subappalto è quindi permesso fino alla quota del 50% dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture, salvo un limite inferiore previsto dal singolo bando.
Nel nuovo testo dell’art. 105 si legge che “il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del cinquanta per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”.
E’ possibile, pertanto, che le stazioni appaltanti prevedano dei limiti inferiori al 50% per le prestazioni subappaltabili.
Si deve ritenere, tuttavia, che l’ulteriore limitazione presuppone che venga dimostrata una natura peculiare delle prestazioni da affidare in appalto.
Le prestazioni devono avere delle caratteristiche in grado di rendere prevalente il principio dell’esecuzione personale da parte dell’affidatario rispetto a quello della massima partecipazione.
L’abrogazione del divieto di indicazione della terna dei subappaltatori e le altre modifiche
Il Decreto Sblocca – Cantieri elimina l’obbligo di indicare, nel momento di presentazione dell’offerta, la terna di nominativi di sub-appaltatori, che in precedenza era previsto per le gare sopra-soglia o per quelle particolarmente esposte alle infiltrazioni della criminalità organizzata.
Viene eliminato altresì l’obbligo per l’offerente di dimostrare l’assenza, in capo ai subappaltatori, di motivi di esclusione.
Consequenzialmente, non c’è più il motivo di esclusione, all’art. 80, per il caso di mancato possesso dei requisiti da parte del subappaltatore indicato.
Rimane, ovviamente, l’obbligo di dimostrare i requisiti di moralità ex art. 80, anche in capo al subappaltatore, nel momento in cui si richiede l’autorizzazione al subappalto.
Non è più previsto il divieto di subappalto all’impresa che ha partecipato alla procedura per l’affidamento dell’appalto principale.
Viene previsto il pagamento diretto dei subappaltatori, in via generale, in presenza di un inadempimento del contraente principale e su richiesta del subappaltatore.
Altra novità minore è la previsione che il contraente generale provveda a sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione.
Il contrasto tra disciplina europea ed italiana sul subappalto e la procedura di infrazione contro l’Italia
Gli interventi sul subappalto erano piuttosto prevedibili, essendo quest’ultimo istituto motivo di conflitto tra istituzioni europee e quelle italiane.
In particolare sono stati sollevati diversi dubbi sulla compatibilità della disciplina del subappalto italiana rispetto alle direttive europee sugli appalti del 2014, fino alla lettera della Commissione Europea del 2018 che ha aperto la procedura di infrazione, per violazione del diritto comunitario da parte del Codice Appalti, anche su questo tema.
La Commissione, nella sua lettera, si concentrava sulle limitazioni del subappalto previste dal Codice Appalti, e in particolare il divieto di subappaltare più del 30% di un contratto pubblico.
Secondo la Commissione la normativa italiana viola il diritto UE in quanto essa limita il ricorso al subappalto in via generale e in tutti i casi, e non solo nei casi in cui una restrizione del subappalto sia oggettivamente giustificata dalla natura delle prestazioni dedotte in contratto.
Ma sono oggetto della lettera anche le seguenti limitazioni del Codice Appalti sul subappalto:
- Obbligo di indicare la terna di subappaltatori proposti
- Divieto per un subappaltatore di fare a sua volta ricorso ad un altro subappaltatore
- Divieto per l’offerente in una determinata gara di essere subappaltatore di un altro offerente nella stessa gara
In particolare, per quanto riguarda i limiti quantitativi, la Commissione osserva che “nelle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE non vi sono disposizioni che consentano un siffatto [del 30 per cento] limite obbligatorio all’importo dei contratti pubblici che può essere subappaltato. Al contrario, le direttive si basano sul principio secondo cui occorre favorire una maggiore partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici, e il subappalto è uno dei modi in cui tale obiettivo può essere raggiunto. Conformemente a tale approccio, l’articolo 63, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE consente alle amministrazioni aggiudicatrici di limitare il diritto degli offerenti di ricorrere al subappalto, ma solo ove siffatta restrizione sia giustificata dalla particolare natura delle prestazioni da svolgere.”.
Quindi, secondo tale impostazione, deve prevalere il principio di massima partecipazione alle PMI, e quindi il massimo utilizzo possibile dello strumento del subappalto.
Pertanto non può essere lo Stato a prevedere un limite generale, ma le singole stazioni appaltanti a prevedere un limite ad hoc, pensato per la singola procedura di appalto e giustificata dalla particolare natura delle prestazioni da svolgere.
Il limite alzato al 50 per cento è sufficiente per non violare le direttive europee?
Secondo il Governo, le modifiche al Codice Appalti previste nello Sblocca-Cantieri sono sufficienti a rispondere alle perplessità della Commissione in materia di subappalto.
Tuttavia, nonostante l’aumento della percentuale totale dal 30 al per cento 50 del totale, rimane ancora da verificare l’assenza di violazioni della normativa comunitaria, e in particolare di violazioni al principio di massima partecipazione delle imprese: rimane ancora un limite generale, previsto in astratto a livello nazionale e non superabile.