Responsabilità della P.A. e onere della prova sulla colpa

Sulla base dell’orientamento prevalente, in sede di giudizio per il risarcimento del danno derivante da provvedimento amministrativo illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto quale indice presuntivo della colpa, restando a carico dell’Amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile

Cons. Stato, sez. VI, 19 marzo 2018, n. 1815

Il Consiglio di Stato, facendo il punto della giurisprudenza amministrativa in materia dell’elemento soggettivo della responsabilità civile della P.A., con la sentenza n. 1815 del 2019 ribadisce l’orientamento per cui, nel caso di responsabilità civile per provvedimenti annullati perché illegittimi, spetti alla P.A. dimostrare l’incolpevolezza, mentre la colpa viene presunta.

Secondo l’elaborazione giurisprudenziale, i presupposti della responsabilità aquiliana della P.A. da provvedimento illegittimo sono: l’illegittimità delle statuizioni provvedimentali impugnate e l’assenza di elementi tali da reputare sussistente la scusabilità della p.a.; il danno derivante dalla mancata attivazione dell’impianto; il nesso di causalità fra tale danno e la determinazione illegittima della p.a.

Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, i giudici di Palazzo Spada ribadiscono che l’illegittimità del provvedimento amministrativo integra, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 comma 1, c.c., il fatto costitutivo di una presunzione semplice in ordine alla sussistenza della colpa in capo all’Amministrazione, anche se secondo altri orientamenti l’illegittimità è solamente uno degli elementi da considerare per accertare la colpevolezza.

La presunzione di colpa amministrativa in caso di atti illegittimi

Secondo l’orientamento sposato dalla sentenza, in caso di acclarata illegittimità di un atto amministrativo asseritamente foriero di danno, al privato non è richiesto un particolare sforzo probatorio per ciò che attiene al profilo dell’elemento soggettivo della fattispecie.

Egli può, infatti, limitarsi ad allegare l’illegittimità dell’atto, dovendosi fare rinvio, al fine della prova dell’elemento soggettivo della responsabilità, alle regole della comune esperienza e della presunzione semplice di cui all’ art. 2727 c.c. , mentre spetta alla Pubblica amministrazione dimostrare di essere incorsa in un errore scusabile.

In particolare deve essere negata la responsabilità quando l’indagine conduce al riconoscimento di un errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per la incertezza del quadro normativo di riferimento, per la complessità della situazione di fatto.

Il caso particolare della violazione della normativa appalti di origine comunitaria

La tutela del privato danneggiato è ancora più forte nel caso di normativa appalti, laddove è stato scritto che in materia di risarcimento da mancato affidamento di gare pubbliche di appalto e concessioni, non è necessario provare la colpa dell’Amministrazione aggiudicatrice, poiché il rimedio risarcitorio risponde al principio di effettività della tutela previsto dalla normativa comunitaria.

Secondo l’orientamento citato dal Collegio in materia di appalti, le garanzie di trasparenza e di non discriminazione operanti in materia di aggiudicazione dei pubblici appalti fanno sì che una qualsiasi violazione degli obblighi di matrice sovranazionale consente all’impresa pregiudicata di ottenere un risarcimento dei danni, a prescindere da un accertamento in ordine alla colpevolezza dell’ente aggiudicatore e, dunque, dell’imputabilità soggettiva della lamentata violazione (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez V 31 dicembre 2014 n. 6450).

L’altro orientamento: la colpa della P.A. deve essere provata

Il Consiglio di Stato accenna anche all’altro orientamento, in base al quale l’illegittimità del provvedimento amministrativo, ove acclarata, costituisce solo uno degli indici presuntivi della colpevolezza, da considerare unitamente ad altri.

Si richiamano a questo proposito il grado di chiarezza della normativa applicabile, la semplicità degli elementi di fatto, il carattere vincolato della statuizione amministrativa, l’ambito più o meno ampio della discrezionalità dell’Amministrazione.

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Di seguito si riporta il passaggio integrale della sentenza in materia di onere della prova nei confronti dell’elemento soggettivo della colpa nel caso di atto illecito della P.A.

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3. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello è fondato in ordine al preliminare ed assorbente profilo indicato e va pertanto accolto; per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va accolto il ricorso di primo grado.

4. L’accoglimento del gravame impone di esaminare la domanda di risarcimento danni.

Al riguardo, a fronte della peculiarità della disciplina di settore e del relativo iter procedimentale, sussistono i presupposti di relativa fondatezza; l’illegittimità delle statuizioni impugnate e l’assenza di elementi tali da reputare sussistente la scusabilità della p.a.; il danno derivante dalla mancata attivazione dell’impianto; il nesso di causalità fra tale danno e la determinazione illegittima della p.a..

4.1 Invero, i fatti così come documentati in causa dimostrano inequivocabilmente il danno ingiusto patito dalla società ricorrente in conseguenza della determinazione illegittima, attuativa di una disposizione regolamentare ostativa non applicabile all’impianto in questione.

4.2 Parimenti sussistente appare l’elemento soggettivo. In proposito, va ribadito con la prevalente giurisprudenza il principio per cui, in sede di accertamento della colpevolezza dell’Amministrazione nell’esercizio della funzione pubblica l’acclarata illegittimità del provvedimento amministrativo integra, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 comma 1, c.c., il fatto costitutivo di una presunzione semplice in ordine alla sussistenza della colpa in capo all’Amministrazione; viceversa, in materia di risarcimento da mancato affidamento di gare pubbliche di appalto e concessioni, non è necessario provare la colpa dell’Amministrazione aggiudicatrice, poiché il rimedio risarcitorio risponde al principio di effettività della tutela previsto dalla normativa comunitaria; le garanzie di trasparenza e di non discriminazione operanti in materia di aggiudicazione dei pubblici appalti fanno sì che una qualsiasi violazione degli obblighi di matrice sovranazionale consente all’impresa pregiudicata di ottenere un risarcimento dei danni, a prescindere da un accertamento in ordine alla colpevolezza dell’ente aggiudicatore e, dunque, dell’imputabilità soggettiva della lamentata violazione (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez V 31 dicembre 2014 n. 6450).

Nel caso di specie, in tema di impianti per la comunicazione e la diffusione della rete internet e non di appalti (seppur il diverso trattamento potrebbe ipotizzare seri dubbi di compatibilità della distinzione con i principi di cui agli artt. 3 e 24 Cost.), a fronte della evidente illegittimità dell’atto, sotto i diversi profili indicati, sussistono i presupposti per applicare il prevalente orientamento a tenore del quale, in sede di giudizio per il risarcimento del danno derivante da provvedimento amministrativo illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto quale indice presuntivo della colpa, restando a carico dell’Amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez III 10 luglio 2014 n. 3526 e sez. IV, 12 aprile 2018, n. 2197).

In linea generale, in caso di acclarata illegittimità di un atto amministrativo asseritamente foriero di danno, al privato non è richiesto un particolare sforzo probatorio per ciò che attiene al profilo dell’elemento soggettivo della fattispecie; egli può, infatti, limitarsi ad allegare l’illegittimità dell’atto, dovendosi fare rinvio, al fine della prova dell’elemento soggettivo della responsabilità, alle regole della comune esperienza e della presunzione semplice di cui all’ art. 2727 c.c. , mentre spetta alla Pubblica amministrazione dimostrare di essere incorsa in un errore scusabile; la presunzione di colpa dell’amministrazione può essere riconosciuta solo nelle ipotesi di violazioni commesse in un contesto di circostanze di fatto ed in un quadro di riferimento normativo, giuridico e fattuale tale da palesarne la negligenza e l’imperizia, cioè l’aver agito intenzionalmente o in spregio alle regole di correttezza, imparzialità e buona fede nell’assunzione del provvedimento viziato, mentre deve essere negata la responsabilità quando l’indagine conduce al riconoscimento di un errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per la incertezza del quadro normativo di riferimento, per la complessità della situazione di fatto.

Nella specie nessun elemento in tali termini è stato paventato o dimostrato da parte resistente; a contrario, in linea di diritto è già stato evidenziato il favor che l’ordinamento per la realizzazione di reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico; nessun contrasto giudiziario né incertezza del quadro normativo, come sopra ricostruito, né una particolare complessità della situazione di fatto, regolata ex novo dallo stesso Comune con una disciplina limitata ad una diversa tipologia di impianti.

Peraltro, a diverse conclusioni non si giungerebbe facendo riferimento all’orientamento secondo cui l’illegittimità del provvedimento amministrativo, ove acclarata, costituisce solo uno degli indici presuntivi della colpevolezza, da considerare unitamente ad altri, quali il grado di chiarezza della normativa applicabile, la semplicità degli elementi di fatto, il carattere vincolato della statuizione amministrativa, l’ambito più o meno ampio della discrezionalità dell’Amministrazione (cfr. 4318\2014). Nel caso di specie assumono carattere dirimente gli elementi di chiarezza normativa e di assenza di contrasti giurisprudenziali, oltre alla diversità sia tecnica che giuridica degli impianti in questione.

Ciò assume particolare rilievo in una materia in cui il favor legislativo si è estrinsecato altresì nell’introduzione di meccanismi di semplificazione procedimentale, ai sensi dell’art. 87 d.lgs. 259\2003 (cfr. in termini ad es. Consiglio di Stato sez. III, 19 marzo 2014, n.1361).

In materia di semplificazione, anche la Corte costituzionale ha ancora di recente (cfr. sentenza 13 marzo 2019 n. 45) ricordato come, a fronte della scelta di fondo del legislatore nel senso della liberalizzazione dell’attività oggetto di segnalazione e della semplificazione procedimentale, la fase amministrativa che ad essa accede costituisce una – sia pur importante – parentesi puntualmente delimitata nei modi e nei tempi. Una dilatazione temporale dei poteri di verifica, per di più con modalità indeterminate, comporterebbe, invece, quel recupero dell’istituto all’area amministrativa tradizionale, che il legislatore ha inteso inequivocabilmente escludere.

4.3 Nel caso di specie sussiste altresì il nesso causale tra l’illegittimità degli atti di inibizione e di regolazione presupposta ed il pregiudizio, consistente nella mancata attivazione dell’impianto oggetto della s.c.i.a. entro i termini previsti in ragione del comportamento tenuto dall’amministrazione, complessivamente considerato e in relazione ai provvedimenti illegittimi adottati, da cui è conseguito il mancato introito dei relativi utili per circa tre anni.

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Redazione

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