Gli atti delle aziende sanitarie non sono di macro organizzazione

I provvedimenti in materia di organizzazione e il funzionamento delle Aziende Sanitarie non sono atti di macro-organizzazione (di competenza del giudice amministrativo) ma sono atti aziendali di diritto privato: ne consegue la giurisdizione del giudice ordinario, non esistendo posizioni di interesse legittimo

Cons. Stato, sez. III, 18 aprile 2019, n. 2531

Il Consiglio di Stato, sulla base della giurisprudenza della Cassazione, ha affermato che la natura privatistica e imprenditoriale delle Azienda sanitarie comporta che non possano essere qualificati come atti di macro organizzazione rilevanti sotto il profilo pubblicistico gli atti di organizzazione delle Aziende Sanitarie, trattandosi di atti comunque espressione del potere privatistico di gestione dell’azienda, in coerenza con il carattere imprenditoriale delle Aziende che è strumentale, al raggiungimento del fine pubblico che perseguono (Cassazione SS UU, 7 dicembre 2016, n. 25048; 4 luglio 2014, n. 15304).

Pertanto se, di regola, la cognizione degli atti di macro-organizzazione delle Pubbliche Amministrazioni rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo (in quanto nell’emanazione di atti organizzativi di carattere generale viene esercitato un potere di natura autoritativa e non gestionale, cosicché non trova applicazione la riserva di giurisdizione del giudice ordinario di cui all’art. 63, del d.lgs. 165/2001), diversa è la disciplina dell’attività organizzativa del S.S.N.

Infatti, si legge nella sentenza, “le aziende sanitarie sono aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale. Per una scelta legislativa che il giudice amministrativo non può sindacare, la loro organizzazione e il loro funzionamento sono disciplinati non con provvedimenti aventi natura pubblicistica (come dovrebbe essere sulla base dei principi sottesi all’art. 97 Cost.), ma con atti aziendali di diritto privato: le aziende agiscono mediante atti che il legislatore ha consapevolmente qualificato come di diritto privato (proprio – tra l’altro – per escludere la sussistenza di posizioni tutelabili di interesse legittimo e della giurisdizione amministrativa). In base all’attuale sistema, il direttore generale emana l’atto aziendale di organizzazione, è responsabile della gestione complessiva e nomina i responsabili delle strutture operative dell’azienda.

Pertanto, diversamente da quanto avviene per le amministrazioni pubbliche in genere, gli atti di macro-organizzazione delle aziende sanitarie sono adottati con atti che il legislatore ha inteso qualificare di diritto privato, con una disciplina che ha inteso prendere innanzitutto in considerazione il loro carattere imprenditoriale strumentale.

Ne consegue che il Consiglio di Stato ha ritenuto superato quanto espresso dalla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite, 3 febbraio 2014, n. 2290, che ha affermato la giurisdizione del giudice amministrativo sulle procedure per il conferimento di incarichi dirigenziali nel caso siano dedotti il difetto di motivazione e il difetto di presupposti dei provvedimenti.

 

Di seguito si riporta il testo integrale della sentenza del Consiglio di Stato

Pubblicato il 18/04/2019

N. 02531/2019REG.PROV.COLL.

N. 05950/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5950 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato Antonio Lamberti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale dei Parioli n. 67;

contro

Azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Maria Laura Rita Laudadio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via G.G. Belli n. 39;

nei confronti

-OMISSIS-, -OMISSIS-non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quinta) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente l’impugnativa del provvedimento del -OMISSIS-, del Direttore Generale dell’Azienda, di revoca della delibera n.-OMISSIS-, relativa alla selezione per il conferimento dell’incarico quinquennale di Direzione della U.O.C. di Anatomia patologica dell’Azienda Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta; nonché della deliberazione, n. -OMISSIS-del Direttore U.O.C. Gestione Risorse Umane di “indizione avviso di selezione pubblica, per titoli e prova colloquio, per il conferimento di incarico quinquennale di direttore della struttura complessa di Anatomia Patologica” e di tutti gli atti preordinati e connessi;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2019 il Cons. Cecilia Altavista e uditi per le parti gli avvocati Antonio Lamberti e Felice Laudadio su delega di Maria Laura Rita Laudadio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con il presente appello è stata impugnata, per motivi di giurisdizione, la sentenza del Tar Campania Napoli n.-OMISSIS-, pronunciata in forma semplificata nella camera di consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare, che ha declinato la propria giurisdizione sul ricorso proposto avverso il provvedimento del 23 gennaio 2018 del direttore generale dell’azienda ospedaliera di Caserta di revoca della delibera n.-OMISSIS-, con cui era stata indetta la selezione per il conferimento dell’incarico quinquennale di Direzione della U.O.C. di Anatomia patologica dell’Azienda Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta (procedura nel frattempo quasi conclusa con la individuazione della appellante, non essendo stato possibile indicare una terna di candidati), e avverso la deliberazione, n. -OMISSIS-del Direttore U.O.C. Gestione Risorse Umane di “indizione avviso di selezione pubblica, per titoli e prova colloquio, per il conferimento di incarico quinquennale di direttore della struttura complessa di Anatomia Patologica”.

La sentenza di primo grado ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario, accogliendo sul punto l’eccezione di inammissibilità del gravame, sollevata dall’Azienda Ospedaliera resistente, sulla base della natura privatistica dei provvedimenti adottati, anche se costituenti atti di macro organizzazione, in coerenza con il carattere imprenditoriale delle Aziende sanitarie e delle Aziende Ospedaliere, strumentale al raggiungimento del fine pubblico che perseguono.

In particolare, il giudice di primo grado, richiamando la giurisprudenza della Cassazione e di questo Consiglio, ha affermato la estraneità della procedura per il conferimento dell’incarico di direttore di unità operativa complessa, disciplinata dall’art. 15 del D.lgs. 502/1992, così come novellato dalla L. 189/2012, ai procedimenti concorsuali, trattandosi di una procedura idoneativa preordinata all’attribuzione di incarico dirigenziale di natura fiduciaria e discrezionale, a cui manca la caratteristica essenziale delle procedure concorsuali pubbliche, ovvero la valutazione comparativa dei candidati ai fini della selezione dei candidati più capaci e meritevoli. Quanto alla revoca della delibera del 24 novembre 2015, con cui era stata indetta la precedente procedura concorsuale, ha richiamato la giurisprudenza del giudice amministrativo relativa alla natura privatistica degli atti di macro organizzazione delle Aziende sanitarie e ne ha quindi affermato la natura di atto di diritto privato.

E’ stato formulato un unico motivo di appello relativo alla violazione dell’art. 7 c.p.a. e dei principi fondamentali in materia di giurisdizione, contestando che la revoca di una precedente procedura e la indizione di una nuova procedura per l’incarico di direttore di unità operativa complessa possano essere qualificati come atti di natura privata; è stata altresì prospettata, in caso di tale interpretazione, una questione di legittimità costituzionale dell’art. 15 del d.lgs. n. 502 del 1992, per violazione dell’art. 97 della Costituzione, in quanto consentirebbe assunzioni nel pubblico impiego in violazione delle norme sui pubblici concorsi.

Si è costituita in giudizio l’Azienda ospedaliera eccependo l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse (essendo sopravvenuto il licenziamento disciplinare della appellante) e comunque contestandone la fondatezza.

Alla camera di consiglio del 21 febbraio 2019 l’appello è stato trattenuto in decisione.

In via preliminare deve essere esaminata la questione di giurisdizione.

Ritiene il Collegio che la presente controversia rientri nella giurisdizione del giudice ordinario.

In base alla consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, la selezione per l’affidamento dell’incarico di direttore di struttura complessa non integra un concorso in senso tecnico, anche perché si articola secondo uno schema che non prevede lo svolgimento di prove selettive con formazione di graduatoria finale ed individuazione del candidato vincitore, ma soltanto la scelta di carattere essenzialmente fiduciario operata dal direttore generale della Azienda, nell’ambito di un elenco di soggetti ritenuti idonei da un’apposita Commissione sulla base di requisiti di professionalità e capacità manageriali (cfr. SS.UU. 17 febbraio 2017, n. 4227; 9 maggio 2016 n. 9281).

Il conferimento di incarichi dirigenziali nel settore sanitario rimane sottratto all’espletamento di procedure concorsuali per l’assunzione, tecnicamente intese ed in quanto tali riservate alla giurisdizione del giudice amministrativo, ed affidato al compimento di atti di gestione dei rapporti di lavoro coinvolti dalle scelte datoriali, conoscibili dal giudice ordinario, coerentemente con la disciplina della privatizzazione dei rapporti di impiego pubblico, la quale si impernia sul principio secondo cui gli atti che si collocano al di sotto della soglia di configurazione strutturale degli uffici pubblici e che riguardano il funzionamento degli apparati sono espressione della capacità di diritto privato e, correlativamente, i poteri di gestione del personale rispondono nel lavoro pubblico, come in quello privato, ad uno schema normativamente unificato, che non è quello del potere pubblico ma quello dei poteri privati (Cass. SS UU, 12 marzo 2013, n. 6075).

Tale orientamento è stato seguito anche dalla Sezione, che ha già affermato che le controversie attinenti ad una procedura di selezione idoneativa e non concorsuale avviata da una Azienda sanitaria per il conferimento di un incarico dirigenziale, di dirigente di struttura complessa, aventi ad oggetto atti adottati in base alla capacità ed ai poteri propri del datore di lavoro privato, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario. Difetta, infatti, la caratteristica essenziale del concorso, quale mezzo di reclutamento a pubblici impieghi, ossia la selezione dei candidati più capaci e meritevoli tramite il superamento di prove appositamente preordinate a farne emergere le qualità, affinché siano graduati in ordine decrescente di merito e, su questa base, avviati all’impiego. Al contrario il conferimento degli incarichi in questione è effettuato nell’ambito di una rosa individuata dalla Commissione che, però, non opera una valutazione comparativa dei candidati e non redige una graduatoria di merito, stricto sensu intesa, ma esprime solo un giudizio d’ idoneità.

Tale orientamento, condiviso dal Collegio, conduce a ritenere superato quanto espresso dalla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite, 3 febbraio 2014, n. 2290, citata nell’atto di appello, che ha affermato la giurisdizione del giudice amministrativo sulle procedure in questione nel caso siano dedotti il difetto di motivazione e il difetto di presupposti dei provvedimenti.

La giurisprudenza della Cassazione, seguita sul punto anche da questo Consiglio, ha, infatti, anche affermato che la natura privatistica e imprenditoriale delle Azienda sanitarie comporta che non possano essere qualificati come atti di macro organizzazione rilevanti sotto il profilo pubblicistico gli atti di organizzazione delle Aziende, trattandosi di atti comunque espressione del potere privatistico di gestione dell’azienda, in coerenza con il carattere imprenditoriale delle Aziende che è strumentale, al raggiungimento del fine pubblico che perseguono (Cassazione SS UU, 7 dicembre 2016, n. 25048; 4 luglio 2014, n. 15304).

“Se, di regola, la cognizione degli atti di macro-organizzazione delle Pubbliche Amministrazioni rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo (in quanto nell’emanazione di atti organizzativi di carattere generale viene esercitato un potere di natura autoritativa e non gestionale, cosicché non trova applicazione la riserva di giurisdizione del giudice ordinario di cui all’art. 63, del d.lgs. 165/2001), diversa è la disciplina dell’attività organizzativa del S.S.N. Le aziende sanitarie sono aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale. Per una scelta legislativa che il giudice amministrativo non può sindacare, la loro organizzazione e il loro funzionamento sono disciplinati non con provvedimenti aventi natura pubblicistica (come dovrebbe essere sulla base dei principi sottesi all’art. 97 Cost.), ma con atti aziendali di diritto privato: le aziende agiscono mediante atti che il legislatore ha consapevolmente qualificato come di diritto privato (proprio – tra l’altro – per escludere la sussistenza di posizioni tutelabili di interesse legittimo e della giurisdizione amministrativa). In base all’attuale sistema, il direttore generale emana l’atto aziendale di organizzazione, è responsabile della gestione complessiva e nomina i responsabili delle strutture operative dell’azienda. Pertanto, diversamente da quanto avviene per le amministrazioni pubbliche in genere, gli atti di macro-organizzazione delle aziende sanitarie sono adottati con atti che il legislatore ha inteso qualificare di diritto privato, con una disciplina che ha inteso prendere innanzitutto in considerazione il loro carattere imprenditoriale strumentale, pur se si tratta di attività nelle quali non rileva lo scopo di lucro e nel quale sono coinvolti valori costituzionali, inerenti allo svolgimento di un servizio pubblico, che la Costituzione considera indefettibile” (Consiglio di Stato, Sez. III, 28 aprile 2016, n. 1631; in senso analogo, Sez. III, 3 agosto 2015, n. 3815; Sez. III, 7 luglio 2017, n. 3358).

Sotto tale profilo, nel caso di specie, gli atti impugnati rientrano integralmente nella giurisdizione del giudice ordinario; sia la delibera con cui è stata revocata la indizione della procedura concorsuale del 2015, sia quella di indizione della nuova procedura costituiscono atti relativi a procedure selettive pacificamente appartenenti alla giurisdizione del giudice ordinario; inoltre, comunque, riguardano le scelte organizzative imprenditoriali della azienda anch’esse per la giurisprudenza, anche della Sezione, rientranti nell’ambito della giurisdizione ordinaria.

Ne deriva che deve essere affermata, nel caso di specie, la giurisdizione del giudice ordinario.

Quanto alla prospettata questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 97 della Costituzione, è evidente la manifesta infondatezza della stessa.

La Corte costituzionale ha, infatti, già ritenuto compatibili con l’art. 97 della Costituzione le procedure di selezione per gli affidamenti di incarichi nell’ambito del servizio sanitario nazionale, in quanto il principio dell’accesso per concorso pubblico viene interpretato nel senso che devono essere adottate “modalità procedimentali atte a garantire le condizioni di un trasparente ed imparziale esercizio dell’attività amministrativa. Occorre, altresì, che tale attività, oltre ad essere svolta mediante l’impiego di criteri oggettivi e predeterminati, culmini nella formazione di una graduatoria in base alla quale procedere alla individuazione dei tre aspiranti al conferimento dell’incarico dirigenziale” (Corte cost. sentenza n. 181 del 2006 rispetto alla legittimità costituzionale di una legge regionale che introduceva il criterio della terna prima che fosse previsto dalla legge statale). La Corte Costituzionale ritiene, infatti, rispettato il principio del concorso pubblico qualora sia comunque prevista una procedura selettiva che garantisca “criteri di valutazione idonei a garantire la competenza e la professionalità dei soggetti, in particolare per l’assegnazione di natura incarichi fiduciaria” (Corte cost. sentenza n. 7 del 2011) o che siano assicurate “previste procedure imparziali e obiettive di verifica dell’attività svolta, per la valutazione di idoneità ad altri incarichi dirigenziali, in grado di garantire la selezione dei migliori” (sentenza n. 363 del 2006; n. 215 del 2009). “Esigenze obiettive, quali la necessità di valorizzare le esperienze lavorative maturate all’interno dell’amministrazione, possono giustificare la validità di procedure di selezione diverse rispetto al concorso pubblico”, a condizione che il principio del buon andamento della pubblica amministrazione sia assicurato in via alternativa con adeguati criteri selettivi idonei a garantire la professionalità dei soggetti prescelti (Corte cost. sentenza n. 149 del 2010).

L’appello è, quindi, infondato e deve essere respinto con conferma della sentenza impugnata e dichiarazione di inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione, nonché assegnazione del termine, ai sensi dell’art. 11 c.p.a., per la riassunzione del giudizio davanti al giudice ordinario in primo grado.

In considerazione della particolarità della questione sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e per l’effetto conferma la sentenza di primo grado in ordine alla inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, con gli effetti di cui all’art. 11 del c.p.a.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196 a tutela dei diritti e della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità dell’appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Stefania Santoleri, Consigliere

Giorgio Calderoni, Consigliere

Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore

Redazione

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