Decreto Sblocca Cantieri, tutte le critiche dell’ANAC

Nella relazione di 24 pagine, l’Anac analizza, e critica i diversi interventi contenuti nel Decreto Legge 32/2019 (sblocca cantieri): le linee guida e nuovo Regolamento attuativo, appalti sotto-soglia, motivi di esclusione, trasparenza, qualità e controlli, subappalto, progettazione, centrali di committenza e qualificazione delle stazioni appaltanti, commissari straordinari.

ANAC – Report sul DL Sblocca Cantieri – Prime valutazioni sul D.L. 32-2019

L’Autorità Anticorruzione, nella prospettiva di un’eventuale segnalazione a Governo e Parlamento sulle possibili criticità contenute nel D.L. 32/19 (cd. Sblocca cantieri), aveva istituito un gruppo di lavoro a cui ha richiesto di effettuare un primo approfondimento sulle principali novità introdotte dal decreto.

Tali prime valutazioni di impatto sul sistema degli appalti pubblici esaminano alcuni degli aspetti dell’attuale Codice modificati dal decreto. In particolare: linee guida e nuovo Regolamento attuativo, appalti sotto-soglia, motivi di esclusione, trasparenza, qualità e controlli, subappalto, progettazione, centrali di committenza e qualificazione delle stazioni appaltanti, commissari straordinari.

Particolarmente critica è la questione del passaggio al Regolamento Unico, che peraltro impedisce all’ANAC di modificare nelle more del nuovo testo regolamentare le Linee Guida esistenti, e le minori garanzie di legalità nel nuovo sistema degli appalti sotto soglia.

Si riporta di seguito la sintesi del Parere, come realizzata dalla medesima ANAC.

Introduzione: il problema del quadro normativo degli appalti sempre meno chiaro

Preliminarmente,  l’ANAC evidenzia il problema della caoticità del sistema normativo appalti.

Si legge nella relazione che tutte le modifiche intervenute sul Codice, dalla sua emanazione ad oggi, incluse quelle recate dal d.l. 32/2019, rendono il quadro normativo di settore poco chiaro, estremamente fluido e in continuo divenire, quale circostanza che determina evidenti difficoltà applicative delle norme di riferimento da parte degli operatori del settore.

L’incertezza giuridica del quadro normativo di settore influisce inevitabilmente sul corretto svolgimento del mercato degli appalti pubblici. Si osserva, infatti, che laddove il dato normativo si presenta frammentato e non chiaro, si incorre nel rischio di un’applicazione errata o distorta delle disposizioni di riferimento, di un allungamento dei tempi occorrenti per lo svolgimento delle procedure di aggiudicazione, oltre che della fase di esecuzione dei relativi contratti, di un conseguente aumento del contenzioso.

Sotto altro profilo, un quadro giuridico confuso non favorisce la concorrenza, scoraggiando gli investimenti anche di imprese estere e, questione da evidenziare, può favorire la commissione di eventi corruttivi.

È quindi evidente il rischio che al continuo mutamento delle norme di settore, consegua un non corretto esercizio dell’azione amministrativa nel settore contrattuale pubblico. A ciò si aggiunga che è stato presentato al Parlamento, nel mese di febbraio 2019, il disegno di legge recante la delega per la semplificazione, la razionalizzazione, il riordino, il coordinamento e l’integrazione della normativa in materia di contratti pubblici.

Il passaggio difficile dalle Linee Guida Anac al Regolamento

Il d.l. 32/2019 prevede la sostituzione dei provvedimenti attuativi del Codice (linee guida e dei decreti ministeriali) con un unico Regolamento.

Una simile previsione pone alcune criticità. In primo luogo tale Regolamento non sostituirà tutte le linee guida e i decreti indicati nel Codice, posto che alcune diposizioni contemplanti tali provvedimenti attuativi non sono state modificate, facendo quindi salva l’adozione dei predetti atti. In secondo luogo, la previsione dell’adozione del citato Regolamento entro 180 giorni, unita al regime transitorio introdotto dal nuovo comma 27-octies dell’art. 216 del Codice, a tenore del quale Linee guida già adottate “rimangono in vigore o restano efficaci fino alla data di entrata in vigore del regolamento”, determina ulteriori criticità.

Tale previsione normativa, infatti, cristallizza i contenuti delle Linee guida e non consente all’Autorità di apportare modifiche o integrazioni alle stesse, rendendole di fatto inapplicabili perché – in parte – non più coerenti con la fonte primaria di riferimento (ad esempio linee guida n. 4/2016, non più attuali rispetto all’art. 36 del Codice, modificato dal d.l. 32/2019, ma in vigore ai sensi dell’art. 216, comma 27-octies). Ne deriva un quadro normativo confuso e poco chiaro, con evidenti difficoltà applicative delle disposizioni del Codice e delle correlate linee guida da parte degli operatori del settore, vanificando di fatto le finalità di semplificazione e speditezza dell’azione amministrativa in tale settore, perseguite con il d.l. in esame, soprattutto per il rischio di contenzioso che ne può derivare.

Sotto altro profilo, la disciplina recata dall’art. 216, comma 27-octies, non appare coerente con gli impegni assunti dal Governo italiano al fine di superare i rilievi mossi nell’ambito delle procedure di infrazione n. 2018/2273 e n. 2017/2090, tra i quali (rispettivamente) la revisione delle Linee guida n. 4/2016 e delle Linee guida n. 3/2016 dell’Anac. L’impossibilità di aggiornare o modificare le Linee guida, rende di difficile attuazione anche gli impegni assunti dal Governo per la definizione delle procedure di infrazione richiamate.

Infine, non appare coerente con la scelta di rinviare tutta la disciplina attuativa del Codice ad un unico Regolamento, l’introduzione nell’art. 110 del Codice di nuove Linee guida con le quali l’Autorità dovrà individuare e stabilire “requisiti aggiuntivi” che l’impresa in concordato deve possedere per partecipare a gare d’appalto (ovviando all’obbligo di avvalimento). Disposizione, questa, non coerente sia con le competenze e il ruolo dell’Autorità, trattandosi di materia che afferisce alla disciplina delle procedure concorsuali, sia con la promozione del ritorno in bonis dell’impresa, posto che la previsione di requisiti di partecipazione alle gare “ulteriori” rispetto a quelli già contemplati nel Codice, appare un aggravamento imposto all’impresa stessa.

Appalti sotto soglia

Le modifiche apportate alla disciplina degli appalti sotto-soglia rischiano di non centrare gli obiettivi di snellimento e semplificazione che la novella si prefigge.

In primo luogo, la riduzione della soglia entro cui è possibile ricorrere alla procedura negoziata per l’affidamento dei lavori amplia l’ambito di applicazione delle procedure aperte, con le conseguenti complessità legate alla gestione di procedure molto partecipate. I contrappesi introdotti non paiono essere del tutto efficaci.

Gli effetti acceleratori della preferenza accordata al criterio del prezzo più basso potrebbero rivelarsi di scarso rilievo in quanto impattanti su una percentuale non significativa di affidamenti e potrebbero essere in parte neutralizzati dalla reintroduzione dell’appalto integrato che implica l’utilizzo del criterio o.e.p.v.

L’inversione procedimentale, oltre a non essere coerente con un sistema di aggiudicazione al prezzo più basso con esclusione automatica delle offerte anomale che calcola la soglia di anomalia sulla base delle offerte ammesse, implica l’appesantimento procedurale del secondo calcolo della soglia di anomalia, favorisce l’aumento del contenzioso e lascia margini per manovre in grado di condizionare gli esiti dell’affidamento, in sede di soccorso istruttorio, da parte di operatori economici non utilmente collocati in graduatoria e soggetti al controllo dei requisiti.

Motivi di esclusione

Le modifiche apportate ai motivi di esclusione dalle gare rischiano di ingenerare numerosi contenziosi e rallentare l’affidamento delle commesse pubbliche.

L’introduzione della causa di esclusione “facoltativa” nei confronti degli operatori economici che non abbiano ottemperato agli obblighi di pagamento di imposte o contributi in caso di violazioni “non definitivamente” accertate andrebbe temperata richiamando il carattere di gravità della violazione, in ossequio al principio di proporzionalità.

Diverse sono, inoltre, le criticità riscontrate riguardo l’efficacia temporale dell’interdizione alle procedure di gara:

1) relativamente alle sentenze penali di condanna, è necessario un maggiore coordinamento tra la prescrizione di cui al comma 10, lett. b) dell’art. 80, quella di cui al comma 10-bis, primo periodo, e l’art. 317-bis c.p., onde evitare possibili antinomie tra le disposizioni del Codice degli appalti e le previsioni del Codice penale;

2) relativamente ai casi diversi dalle condanne penali, la previsione di una durata fissa (tre anni) per l’interdizione difetta della necessaria proporzionalità con le eterogenee ipotesi contemplate dal comma 5 dell’art. 80, ingenerando anche confusione sulla valenza escludente di fatti la cui verificazione è soggetta ad un accertamento puntuale disposto con riferimento al momento dell’autodichiarazione resa, senza considerare che la decisione di ancorare il decorso del termine alla “data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione”, oltre a porsi in contrasto con le direttive europee, rende incerto quale debba essere il dies a quo, rendendo al contempo inapplicabile l’esclusione agli illeciti professionali gravi non cristallizzati in un provvedimento amministrativo;

3) appare, in ogni caso, poco chiara la formulazione dell’ultimo periodo del comma 10-bis dell’art. 80, che sembra introdurre uno spazio di discrezionalità eccessivamente lato in favore delle stazioni appaltanti, chiamate a tener conto del tempo occorrente alla definizione del giudizio ai fini delle loro decisioni in ordine all’eventuale esclusione del concorrente dalla gara.

Trasparenza

L’abrogazione dell’obbligo di pubblicare il provvedimento recante le ammissioni e/o esclusioni, nella sezione “Amministrazione Trasparente”, sebbene appaia coerente con la soppressione del cd. rito super-accelerato sulle ammissioni/esclusioni, necessita di un maggior coordinamento con l’art. 76, comma 2-bis, del Codice, laddove è previsto l’obbligo di comunicare individualmente il provvedimento de quo, potendo sorgere il dubbio circa l’onere di impugnativa, ai sensi dell’art. 120, comma 5, c.p.a.

Qualità e controlli

Il sistema normativo vigente pone, per espressa previsione dell’art. 30 D.lgs. 50/2016, la qualità al vertice dei principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni.

Questa indicazione ha origini risalenti, trovandosi già enunciata nell’art. 1 della Legge Merloni che ne evidenzia la derivazione Costituzionale. Ciò in quanto essa risponde all’esigenza di perseguire i maggiori benefici per la società, promuovendo una crescita economica sostenibile attraverso l’attuazione di misure che possano garantire, nella realizzazione di opere ed affidamenti pubblici e nella loro gestione, la sicurezza e il benessere degli utilizzatori finali in un sistema di economia circolare.

Nel tempo sul tema si è innestata anche una decisa attenzione da parte del legislatore europeo. Il perseguimento della qualità della prestazione è strettamente connesso al profilo dei controlli che in molti casi hanno costituito, in un’ottica sistematica, un contrappeso a sempre maggiori istanze di liberalizzazione.

È fondamentale per un efficace perseguimento della qualità delle prestazioni il mantenimento di un adeguato bilanciamento tra le due contrapposte esigenze (controllo vs de-regolamentazione). Diverse delle modifiche apportate dal d.l. 32/2019 in esame al Codice dei Contratti alterano tale bilanciamento. Tra queste si segnalano quelle che incidono direttamente sulle esistenti misure volte a garantire la qualità delle prestazioni e quelle che concorrono ad attenuare il sistema di controlli delineato dal previgente quadro normativo.

Qualificazione

Uno dei cardini del sistema di qualificazione degli operatori economici a presidio della qualità della prestazione offerta è che possa essere garantita la continua verifica della idoneità e della capacità di esecuzione delle imprese. Ciò implica un adeguato bilanciamento tra l’esperienza maturata nel tempo e la continuità di esecuzione.

L’estensione da 10 a 15 anni del periodo documentabile per il possesso dei requisiti per l’attestazione di qualificazione SOA per gli esecutori di lavori pubblici, introdotta dal d.l. 32/2019 in esame, altera l’equilibrio sopra indicato rendendo prevalente la sola esperienza- anche risalente nel tempo.

Ciò rischia di aprire il mercato ad imprese non in possesso delle competenze tecniche più aggiornate o addirittura non attive, con conseguente alterazione della concorrenza. La scelta di ampliare il periodo documentabile per il possesso dei requisiti rischia inoltre di rallentare il sistema di qualificazione, a causa di prevedibili difficoltà nel reperimento ed asseverazione della documentazione più risalente, posto che il momento iniziale del nuovo termine di legge si colloca in un periodo antecedente alla informatizzazione del sistema.

Per contro, l’obiettivo di sostenere le imprese che hanno difficoltà nell’attestazione di lavori per gli importi previsti a legislazione vigente può essere diversamente perseguito tramite la promozione dell’utilizzo di strumenti già esistenti che consentono l’aggregazione delle imprese, con conseguente possibilità di cumulo dei requisiti, sia nel solo momento di accesso alla gara sia, a monte, con riferimento all’attività di qualificazione della specifica impresa.

Subappalto

L’innalzamento della quota di affidamento subappaltabile (dal 30% al 50%) e la completa eliminazione della verifica dei requisiti del subappaltatore in gara non rispondono alle osservazioni avanzate in sede di procedura di infrazione.

L’assenza di limite al subappalto viene a livello europeo strettamente correlata alla necessità che i documenti dell’appalto impongano ai concorrenti di indicare nelle offerte l’intenzione di subappaltare e i subappaltatori proposti, di modo che l’amministrazione sia posta in grado di verificare le loro capacità in occasione della valutazione delle offerte e della selezione dell’aggiudicatario.

Per contro, le modifiche introdotte dal d.l. 32/2019 in esame tendono parallelamente sia a ridurre i limiti per il subappalto sia a posticipare ad una fase successiva all’aggiudicazione e direttamente afferente all’esecuzione ogni verifica che possa riguardare i subappaltatori ed anche l’individuazione degli stessi.

Ciò potrebbe altresì aggravare talune criticità esistenti (infiltrazioni criminali, violazione delle norme a tutela del lavoro, scarso controllo sull’effettivo esecutore dell’affidamento) che le disposizioni modificate dal d.l. 32/2019 miravano a contenere, tenuto anche conto che il limite del 50% risulta essere virtuale per i lavori, in relazione al combinato disposto con l’art. 1, comma 2, D.M. n. 248 del 10.11.2016 (ancora in vigore anche ai sensi del nuovo art. 216 comma 27 octies del Codice) .

L’eliminazione del divieto di subappalto in favore del concorrente (previsto dall’art. 105 comma 4 lett. a) D.Lgs. 50/2016, abrogato dal d.l. 32/2019) potrebbe stimolare accordi collusivi in fase di gara, che sfociano in cospicue “spartizioni” in fase di esecuzione.

Progettazione

Le scelte operate dal d.l. 32/2019 in materia di progettazione destano perplessità circa il concreto perseguimento dell’obiettivo di semplificazione indicato.

La scelta di introdurre all’art. 24 del Codice il nuovo comma 3 bis che estende anche alle manutenzioni straordinarie la possibilità di affidamento sulla base della sola progettazione definitiva e senza limite di importo, al pari delle manutenzioni ordinarie, incrementa il rischio criticità in fase esecutiva e il ricorso a varianti, data l’evidente differenza tra le due tipologie di manutenzione e la maggiore complessità delle prime.

L’attribuzione della progettazione esecutiva all’aggiudicatario ha mostrato, già nel previgente sistema poi riformato dal d.lgs. 50/2016, manifesti limiti in termini di incremento dei costi di partecipazione alle gare per gli operatori economici (predisposizione del progetto esecutivo in fase di gara); nessuna riduzione significativa del ricorso alle varianti in corso d’opera; nessuna riduzione del contenzioso amministrativo; negativa incidenza sulla qualità dei lavori.

A fronte delle note criticità dell’istituto dell’appalto integrato il d.l. 32/2019 non introduce elementi di temperamento idonei ad escludere che le stesse si ripresentino, quale la promozione ed incremento della competenza e della qualificazione delle stazioni appaltanti. Per effetto della reintroduzione dell’appalto integrato troverà, inoltre, consistente mitigazione l’utilizzo del criterio del prezzo più basso e ciò in controtendenza con gli stessi obiettivi del d.l. 32/2019.

Infine, anche la scelta di rimettere alle stazioni appaltanti, anziché al CIPE, l’approvazione delle varianti fino al 50% è idonea a ridurre sensibilmente il controllo sulla fase di esecuzione, alla luce di tutto quanto sopra rilevato.

Centrali di committenza e qualificazione delle stazioni appaltanti

L’art. 37 comma 4 D.Lgs. 50/2016 (come modificato dal d.l. 32/2019) prevede la facoltà, anche per i comuni non capoluogo, di svolgere le procedure di gara senza l’ausilio degli strumenti aggregativi (centrali di committenza, ai soggetti aggregatori o alle stazioni appaltanti uniche).

La norma ostacola il processo di riduzione del numero delle stazioni appaltanti e, in attesa che sia dato rinnovato impulso all’indispensabile attuazione del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti (previsto dall’art. 38 D.Lgs. 50/2016), ripropone le criticità connesse alle capacità gestionali dei piccoli comuni (in termini di: competenza, contenimento dell’azzardo morale, facilitazione dei controlli da parte dei soggetti deputati, economia degli affidamenti).

L’effetto combinato tra la presente disposizione, come novellata, e la mancata promozione del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti produce l’effetto di rendere difficoltosa l’azione di controllo generalizzato su un sistema di affidamenti diffuso e polverizzato.

Commissari straordinari

In tema di riduzione dei controlli, si segnala l’art. 4 d.l. 32/2019 introduce la facoltà di nomina di commissari straordinari per interventi prioritari che possono operare in deroga alla generalità dei settori/materie (es.: urbanistica, contrattualista pubblica ecc.), con talune eccezioni (es.: i principi inderogabili derivanti dall’appartenenza alla U.E., la legislazione antimafia).

La norma non prevede criteri in base ai quali individuare gli interventi prioritari e non indica la normativa applicabile in concreto, lasciando ai singoli commissari la soluzione dei problemi applicativi e interpretativi (con evidenti riverberi sull’operatività dei commissari stessi).

Non sono state valorizzate talune recenti esperienze (maturate nel contesto delle attività conseguenti agli eventi sismici del 2006 in centro Italia), che consentono di inserire l’intervento emergenziale, latu senso inteso, in un quadro di ordinaria gestione.

Si tratta di strumenti, chiari e flessibili, non totalmente adbicativi della normativa di riferimento, mediante i quali sono individuate (nello stesso codice dei contratti pubblici) le norme che operano in regime di urgenza, le attività per le quali interviene la deroga, fermo restando un generale obbligo motivazionale

Redazione

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