Se è vero che in materia di appalti, e di aggiudicazione illegittima in particolare, le direttive europee hanno imposto un modello oggettivo di responsabilità della PA per danno, senza necessaria dimostrazione dell’elemento soggettivo della colpa, ciò non esclude che per il resto dell’attività amministrativa rimanga un sistema fondato sulla dimostrazione di un elemento soggettivo (dolo o colpa)
Cons. Stato, sez. IV, 15 aprile 2019, n. 2429
Il Consiglio di Stato, con sentenza 2429 del 2019, ha confermato ancora una volta la netta distinzione, in materia di responsabilità di civile della pubblica amministrazione, tra il settore degli appalti pubblici e tutto il resto dell’attività amministrativa.
I giudici di Palazzo Spada chiariscono che è pacifico che la responsabilità per danni conseguenti all’illegittima aggiudicazione di appalti pubblici non richiede la prova dell’elemento soggettivo della colpa, giacché la responsabilità, negli appalti pubblici, è improntata –secondo le previsioni contenute nelle direttive europee – a un modello di tipo oggettivo, disancorato dall’elemento soggettivo, coerente con l’esigenza di assicurare l’effettività del rimedio risarcitorio (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 25 febbraio 2016, n. 772; Consiglio di Stato, Sezione V, 19 luglio 2018, n. 4381).
Tuttavia, ciò non vuol dire che anche ai settori diversi del diritto si applichino i medesimi principi di responsabilità oggettiva.
Infatti, si legge nella sentenza, “le direttive europee (e i principi ivi contenuti) non possono avere un’applicazione vincolante al di fuori dei casi (la materia degli appalti pubblici) ivi contemplati, sicché è del tutto legittimo, all’interno dei singoli Stati membri, prevedere un sistema della responsabilità dei pubblici poteri (e di quello amministrativo in particolare) fondato sul principio dell’elemento soggettivo (dolo o colpa, in questo caso la colpa dell’apparato amministrativo)” quale nesso strutturale che consente di “legare” il fatto al suo autore sotto il profilo causale, secondo i criteri generali della responsabilità aquiliana.
Pertanto nei campi di attività diversi dagli appalti pubblici rimane necessario, ai fini del risarcimento, il carattere colpevole della violazione, in ottemperanza al disposto dell’art. 2043 del Codice Civile.
Né, concludono i giudici, tale diverso assetto viola i principi di uguaglianza e di ragionevolezza. Secondo la sentenza, tale diversità risponde ad un interesse costituzionalmente garantito e meritevole di tutela: il principio della valorizzazione dell’imputabilità soggettiva del fatto al suo autore, anche ai fini dell’effettività del giudizio di disvalore (in termini di riprovevolezza e di rimproverabilità) che l’ordinamento esprime verso determinate condotte.
La responsabilità oggettiva in materia di appalti
In materia di risarcimento in caso di violazione della normativa appalti, la sentenza di riferimento è la decisione della Corte di Giustizia Europea 30 settembre 2010 resa nella causa C-314/09 (Commissione c/ Austria).
In quell’occasione i giudici europei hanno ritenuto che le direttive appalti, nel momento in cui richiedono l’effettività della tutela, ostano a una normativa nazionale che subordini il diritto ad ottenere un risarcimento alla dimostrazione del carattere colpevole di una violazione della normativa comunitaria, anche nel caso in cui il sistema si basi su una presunzione di colpa dell’Amministrazione.
Infatti il risarcimento del danno può costituire un’alternativa procedurale compatibile con il principio di effettività, in caso di violazione delle norme sugli appalti pubblici, solamente se non vi è una possibilità per la PA di dimostrare la non colpevolezza, anche per via dei lunghi tempi necessari per verificare il carattere colpevole della violazione.
Questi principi sono stati fatti propri dai giudici nazionali, che ormai affermano la natura oggettiva della responsabilità dell’Amministrazione in materia di appalti pubblici per lesione di interessi legittimi, al fine di garantire la pienezza ed effettività della tutela degli interessi delle imprese, anche in appalti diversi da quelli di rilevanza comunitaria.
La colpa dell’amministrazione fuori dal settore degli appalti
La giurisprudenza si è posta il problema dell’espansività dei predetti principi sulla responsabilità oggettiva anche al di fuori del settore degli appalti.
La soluzione è stata negativa: come confermato dalla sentenza in commento del Consiglio di Stato, il principio elaborato in sede comunitaria non può diventare generale.
Rimarrebbe indenne, pertanto, lo schema tipico della responsabilità extracontrattuale o aquiliana, che richiede, ai fini del riconoscimento del risarcimento dei danni, la dimostrazione del danno, del nesso di causalità e soprattutto della colpa o del dolo.
E ciò, come ricorda la sentenza n. 2429/2019, a garanzia del principio costituzionalmente rilevante della valorizzazione dell’imputabilità soggettiva del fatto al suo autore, anche ai fini dell’effettività del giudizio di disvalore (in termini di riprovevolezza e di rimproverabilità) che l’ordinamento esprime verso determinate condotte.
Va però ricordato che sempre di più i giudici amministrativi tendono a “oggettivizzare” la colpa della PA, ritenendola presunta, con onere dell’Amministrazione di provare l’incolpevolezza.
Si riporta di seguito un estratto dell’arresto del Consiglio di Stato (n. 2429/2019)
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8.1. Col primo motivo di appello, ci si duole della mancata estensione, a tutta l’attività amministrativa (al di fuori, dunque, del peculiare settore degli appalti pubblici), della regola per la quale l’accertamento della responsabilità prescinde dall’accertamento dell’elemento soggettivo della colpa ai fini dell’imputabilità (e rimproverabilità) del fatto al suo autore.
Il motivo è infondato.
Per unanime indirizzo della giurisprudenza amministrativa, la responsabilità per danni conseguenti all’illegittima aggiudicazione di appalti pubblici non richiede la prova dell’elemento soggettivo della colpa, giacché la responsabilità, negli appalti pubblici, è improntata –secondo le previsioni contenute nelle direttive europee – a un modello di tipo oggettivo, disancorato dall’elemento soggettivo, coerente con l’esigenza di assicurare l’effettività del rimedio risarcitorio (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 25 febbraio 2016, n. 772; Consiglio di Stato, Sezione V, 19 luglio 2018, n. 4381).
Le direttive europee (e i principi ivi contenuti) non possono avere un’applicazione vincolante al di fuori dei casi (la materia degli appalti pubblici) ivi contemplati, sicché è del tutto legittimo, all’interno dei singoli Stati membri, prevedere un sistema della responsabilità dei pubblici poteri (e di quello amministrativo in particolare) fondato sul principio dell’elemento soggettivo (dolo o colpa, in questo caso la colpa dell’apparato amministrativo), quale nesso strutturale che consente di “legare” il fatto al suo autore sotto il profilo causale, secondo i criteri generali della responsabilità aquiliana.
Né –come pare paventare l’appellante- può sostenersi che tale diverso assetto viola i principi di uguaglianza e di ragionevolezza: risponde, anzi, ad un interesse costituzionalmente garantito e meritevole di tutela, il principio della valorizzazione dell’imputabilità soggettiva del fatto al suo autore, anche ai fini dell’effettività del giudizio di disvalore (in termini di riprovevolezza e di rimproverabilità) che l’ordinamento esprime verso determinate condotte.
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