La Direttiva del Ministero della Pubblica Amministrazione sulle pari opportunità e sulle discriminazioni nelle P.A. nell’accesso al lavoro, nel trattamento e nelle condizioni di lavoro, nella formazione professionale, nelle promozioni e nella sicurezza sul lavoro.
Direttiva n. 2/2019 su pari opportunità e comitati di garanzia nelle P.A.
Dopo la direttiva in materia di lavoratori delle categorie protette (1/2019) il Ministro della Pubblica Amministrazione pubblica un documento (la Direttiva 2/2019) con le indicazioni operative per la promozione delle pari opportunità nelle P.A..
Il Ministero ritiene che nonostante gli incisivi obblighi normativi, principio del gender mainstreaming, come valore da perseguire in tutti i settori di intervento, così come codificato nell’articolo 1, comma 4, del Codice delle pari opportunità (decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198), non ha trovato finora un adeguato livello di applicazione e, quindi, un esaustivo riconoscimento di tipo trasversale.
Il principio prevede che “L’obiettivo della parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere tenuto presente nella formulazione e attuazione, a tutti i livelli e ad opera di tutti gli attori, di leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività“.
Pertanto si è ritenuto necessario fornire le indicazioni concrete che consentano di attuare quelle misure volte a garantire “le pari opportunità per tutti e, al contempo, fornire indirizzi operativi per l’applicazione degli strumenti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”.
Le norme fondamentali sulle pari opportunità
La Direttiva effettua una rassegna della normativa statale fondamentale sugli obblighi di pari opportunità.
Innanzi tutto vi sono le disposizioni generali in materia di divieto di discriminazione nell’accesso al lavoro, oltre che divieto di discriminazione relativo al trattamento giuridico, alla carriera e al trattamento economico (d.lgs. n. 198 del 2006, Codice delle Pari Opportunità).
Più specificamente, ai sensi dell’art. 7 del Testo Unico del Lavoro nelle P.A. (D.Lgs 165/2001) le pubbliche amministrazioni sono tenute a garantire
- la parità e le pari opportunità tra uomini e donne
- l’assenza di ogni forma di discriminazione, diretta e indiretta, relativa al genere, all’età, all’orientamento sessuale, alla razza, all’origine etnica, alla disabilità, alla religione o alla lingua, nell’accesso al lavoro, nel trattamento e nelle condizioni di lavoro, nella formazione professionale, nelle promozioni e nella sicurezza sul lavoro
- un ambiente di lavoro improntato al benessere organizzativo.
A tali fini, l’articolo 57 del medesimo decreto legislativo ha previsto che le pubbliche amministrazioni costituiscono al proprio interno il «Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni» che ha sostituito, unificando le competenze in un solo organismo, i comitati per le pari opportunità e i comitati paritetici sul fenomeno del mobbing.
Con il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, si è riconosciuta la rilevanza del principio delle pari opportunità quale ambito di misurazione e valutazione della performance organizzativa delle amministrazioni pubbliche (art. 8).
L’impegno nel contrastare qualsiasi forma di violenza sessuale e di genere, in qualunque luogo e situazione possa manifestarsi si attua nel Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne, previsto dal decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito nella legge 15 ottobre 2013, n. 119: il piano contempla una significativa azione di prevenzione che parte prioritariamente dai settori della educazione, della formazione e del lavoro.
Infine, il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, recante “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”, in attuazione del c.d. “Jobs act”, ha introdotto misure finalizzate a tutelare la maternità e la paternità per rendere, tra l’altro, più flessibile la fruizione dei congedi parentali e favorire, in tal modo, le opportunità di conciliazione per la generalità delle lavoratrici e dei lavoratori anche nel settore pubblico.
In allegato si riporta il testo integrale della Direttiva 2/2019
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“MISURE PER PROMUOVERE LE PARI OPPORTUNITA E RAFFORZARE IL RUOLO DEI COMITATI UNICI DI GARANZIA NELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE”
Sezione I – Promozione della parità e pari opportunità nelle amministrazioni pubbliche
Le amministrazioni pubbliche, come previsto dall’articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni”, sono tenute a garantire la parità e le pari opportunità tra uomini e donne, l’assenza di ogni forma di discriminazione, diretta e indiretta, relativa al genere, all’età, all’orientamento sessuale, alla razza, all’origine etnica, alla disabilità, alla religione o alla lingua, nell’accesso al lavoro, nel trattamento e nelle condizioni di lavoro, nella formazione professionale, nelle promozioni e nella sicurezza sul lavoro, così come un ambiente di lavoro improntato al benessere organizzativo.
L’articolo 57 del medesimo decreto legislativo ha previsto che le pubbliche amministrazioni costituiscono al proprio interno il «Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni» che ha sostituito, unificando le competenze in un solo organismo, i comitati per le pari opportunità e i comitati paritetici sul fenomeno del mobbing.
Gli indirizzi comunitari nel frattempo intervenuti, le disposizioni nazionali entrate in vigore dal 2007 ad oggi, rendono necessaria la revisione e l’aggiornamento dell’impianto originario delle direttive 23 maggio 2007 e 4 marzo 2011.
I temi delle pari opportunità sono stati affrontati a livello nazionale in una serie di provvedimenti adottati anche sulla base delle indicazioni provenienti dall’ordinamento comunitario. L’Unione Europea svolge, infatti, un ruolo fondamentale nella definizione di principi di pari opportunità fra uomo e donna, nella fissazione di obiettivi di sviluppo delle politiche di genere nei diversi Stati membri, nonché nel contrasto a qualsiasi forma di discriminazione negli ambiti lavorativi, economici e sociali.
L’uguaglianza di genere, valore fondamentale dell’U.E., rappresenta un elemento strategico imprescindibile per il conseguimento degli obiettivi generali dell’Unione, come quello del raggiungimento di un tasso di occupazione complessivo del 75% per uomini e donne, di età compresa fra i 20 e i 64 anni, fissato nel quadro della Strategia per la crescita Europa 2020. Si intende raggiungere tale obiettivo proprio attraverso l’incremento del livello di occupazione delle donne che rappresenta un indicatore rilevante dello sviluppo socio-economico di un Paese.
La Strategia Europa 2020 non solo focalizza l’attenzione sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro, ma si sofferma specificamente sul tema della conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro quale strumento utile per il raggiungimento di un migliore tasso di occupazione compatibile con le responsabilità familiari e le esigenze della vita privata.
In tale contesto si inseriscono la Risoluzione del Parlamento europeo del 9 giugno 2015 sulla “Strategia dell’UE per la parità tra uomini e donne dopo il 2015” che ha sottolineato l’importanza di azioni positive che favoriscano la conciliazione tra vita familiare, privata e vita professionale, quali modalità di lavoro flessibile (part-time, telelavoro, smart working) e la Roadmap della Commissione europea “New start to address the challenges of work-life balance faced by working Families” (2015), che delinea le iniziative da adottare per aumentare l’occupazione femminile come previsto dalla citata Strategia Europa 2020.
Sulla scia di tali indicazioni, nel corso degli ultimi anni, in Italia sono stati adottati numerosi interventi normativi volti a rimuovere gli ostacoli alla piena partecipazione politica, economica e sociale delle donne e degli altri soggetti vulnerabili rispetto a forme di discriminazione.
Con il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, si è riconosciuta la rilevanza del principio delle pari opportunità quale ambito di misurazione e valutazione della performance organizzativa delle amministrazioni pubbliche (art. 8).
Un ulteriore passo in tale direzione è stato fatto con l’istituzione dei ‘Comitati unici di garanzia’ (di seguito CUG) previsti dalla legge 4 novembre 2010, n. 183, recante “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro” (il c.d. “Collegato lavoro”), con compiti propositivi, consultivi e di verifica, al fine di favorire l’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, migliorare l’efficienza delle prestazioni anche attraverso la realizzazione di un ambiente di lavoro caratterizzato dal rispetto dei princìpi di pari opportunità, di benessere organizzativo ed, infine, contrastare qualsiasi forma di discriminazione e di violenza per i lavoratori.
L’impegno nel contrastare qualsiasi forma di violenza sessuale e di genere, in qualunque luogo e situazione possa manifestarsi, ha trovato conferma nella approvazione, nella seduta del Consiglio dei ministri del 23 novembre 2017, del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne, previsto dal decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito nella legge 15 ottobre 2013, n. 119. Tale Piano ha previsto la realizzazione di una serie di azioni e misure rivolte non solo alla repressione dei reati e alla protezione delle vittime, ma anche ad una significativa azione di prevenzione che parte prioritariamente dai settori della educazione, della formazione e del lavoro.
Da ultimo, il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, recante “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”, in attuazione del c.d. “Jobs act”, ha apportato modifiche al T.U. in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, introducendo misure finalizzate a tutelare la maternità e la paternità per rendere, tra l’altro, più flessibile la fruizione dei congedi parentali e favorire, in tal modo, le opportunità di conciliazione per la generalità delle lavoratrici e dei lavoratori anche nel settore pubblico.
Nonostante la recente produzione normativa però il principio del gender mainstreaming, come valore da perseguire in tutti i settori di intervento, così come codificato nell’articolo 1, comma 4, del Codice delle pari opportunità (decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198), non ha trovato finora un adeguato livello di applicazione e, quindi, un esaustivo riconoscimento di tipo trasversale.
Per tale motivo appare necessario dare alle amministrazioni pubbliche indicazioni concrete che consentano di attuare quelle misure volte a garantire le pari opportunità per tutti e, al contempo, fornire indirizzi operativi per l’applicazione degli strumenti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Nei paragrafi da 3.1 a 3.5 sono indicate le concrete linee di azione alle quali si devono attenere le amministrazioni pubbliche per il raggiungimento degli obiettivi che la direttiva si propone, mentre nel paragrafo 3.6 è puntualizzato il ruolo che, ai medesimi fini, devono rivestire i CUG già costituiti presso le pubbliche amministrazioni, integrando i contenuti della direttiva 4 marzo 2011.
L’attuazione degli indirizzi forniti deve basarsi su attività di analisi e valutazione, finalizzate all’individuazione, attraverso indagini, studi e attività di monitoraggio, delle discriminazioni dirette e indirette che devono essere rimosse attraverso specifiche azioni positive con il coinvolgimento attivo dei CUG.
Ai fini della promozione ed attuazione dei principi di parità e pari opportunità, le amministrazioni pubbliche svolgono un ruolo propositivo e propulsivo fondamentale per la rimozione di ogni forma di discriminazione, sia diretta che indiretta, nei luoghi di lavoro.
La presente direttiva si pone, pertanto, l’obiettivo di promuovere e diffondere la piena attuazione delle disposizioni vigenti, di aumentare la presenza delle donne in posizioni apicali, di sviluppare una cultura organizzativa di qualità tesa a promuovere il rispetto della dignità delle persone all’interno delle amministrazioni pubbliche.
Nell’ambito di ciascuna pubblica amministrazione le indicazioni fornite dalla presente direttiva sono destinate, in particolare, ai vertici delle amministrazioni, ai titolari degli uffici responsabili delle politiche di gestione delle risorse umane e dell’organizzazione del lavoro – sia a livello centrale che a livello decentrato – ai dirigenti pubblici, a chiunque abbia responsabilità organizzativa e di gestione di personale, nonché ai Comitati unici di garanzia (CUG) e agli Organismi Indipendenti di valutazione (OIV).
Si illustrano di seguito le concrete linee di azione a cui si devono attenere le amministrazioni pubbliche per raggiungere gli obiettivi che la direttiva si propone.
Le amministrazioni pubbliche sono tenute a garantire e ad esigere l’osservanza di tutte le norme vigenti che, in linea con i principi sanciti dalla Costituzione, vietano qualsiasi forma di discriminazione diretta o indiretta in ambito lavorativo quali quelle relative al genere, all’età, all’orientamento sessuale, alla razza, all’origine etnica, alla disabilità, alla religione o alla lingua.
Si riportano di seguito le principali disposizioni vigenti volte a prevenire e contrastare le discriminazioni in ambito lavorativo:
- divieto di discriminazione nell’accesso al lavoro (art. 15 della legge n. 300 del 1970 e articoli 27 e 31 del d.lgs. n. 198 del 2006);
- obbligo del datore di lavoro di assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l’integrità fisica e morale e la dignità dei lavoratori, tenendo anche conto di quanto previsto dall’articolo 26 del d.lgs. n. 198 del 2006 in materia di molestie e molestie sessuali;
- divieto di discriminazione relativo al trattamento giuridico, alla carriera e al trattamento economico (articoli 28 e 29 del d.lgs. n. 198 del 2006);
- divieto di discriminazione relativo all’accesso alle prestazioni previdenziali (art. 30 del d.lgs. n. 198 del 2006);
- divieto di porre in essere patti o atti finalizzati alla cessazione del rapporto di lavoro per discriminazioni basate sul sesso (art. 15 della legge n. 300 del 1970), sul matrimonio (art. 35 del d.lgs. n. 198 del 2006), sulla maternità – anche in caso di adozione o affidamento – e a causa della domanda o fruizione del periodo di congedo parentale o per malattia del bambino (art. 54 del d.lgs. n. 151 del 2001).
La violazione di questi divieti, ribaditi dalla normativa comunitaria (articoli 4, 5 e 14 direttiva 2006/54/CE), comporta la nullità degli atti, l’applicazione di sanzioni amministrative, l’obbligo di reintegrazione nel posto di lavoro, oltre naturalmente alle conseguenze risarcitorie nel caso di danno.
Il quadro normativo si è arricchito, nel corso degli anni, di misure finalizzate a prevenire e rimuovere qualsiasi forma di discriminazione: fra le altre, il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215 che ha dato attuazione alla direttiva 2000/43/CE ed il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216 che ha introdotto disposizioni mirate a garantire la parità di trattamento fra le persone per tutto quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro.
La promozione della parità e delle pari opportunità nella pubblica amministrazione necessita di un’adeguata attività di pianificazione e programmazione, strumenti ormai indispensabili per rendere l’azione amministrativa più efficiente e più efficace.
Al riguardo, il d.lgs. n. 198 del 2006 recante “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna”, all’articolo 48, intitolato “Azioni positive nelle pubbliche amministrazioni” stabilisce che le amministrazioni pubbliche predispongano Piani triennali di azioni positive tendenti ad assicurare la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la piena realizzazione delle pari opportunità nel lavoro. La medesima disposizione introduce, quale sanzione per il caso di mancata adozione del suddetto Piano triennale, il divieto di assumere da parte dell’Amministrazione nuovo personale, compreso quello appartenente alle categorie protette.
I Comitati unici di garanzia devono, quindi, presentare, entro il 30 marzo, agli organi di indirizzo politico-amministrativo una relazione sulla situazione del personale dell’ente di appartenenza riferita all’anno precedente, contenente una apposita sezione sulla attuazione del suddetto Piano triennale e, ove non adottato, una segnalazione dell’inadempienza dell’amministrazione. Tale relazione, che a decorrere dall’entrata in vigore della presente direttiva deve essere trasmessa anche all’Organismo indipendente di Valutazione (OIV), rileva ai fini della valutazione della performance organizzativa complessiva dell’amministrazione e della valutazione della performance individuale del dirigente responsabile.
In ragione del collegamento con il ciclo della performance, il Piano triennale di azioni positive deve essere aggiornato entro il 31 gennaio di ogni anno, anche come allegato al Piano della performance.
Le politiche di reclutamento e gestione del personale devono rimuovere i fattori che ostacolano le pari opportunità e promuovere la presenza equilibrata delle lavoratrici e dei lavoratori nelle posizioni apicali. Occorre, inoltre, evitare penalizzazioni discriminatorie nell’assegnazione degli incarichi, siano essi riferiti alle posizioni organizzative, alla preposizione agli uffici di livello dirigenziale o ad attività rientranti nei compiti e doveri d’ufficio, e nella corresponsione dei relativi emolumenti.
A questo scopo le amministrazioni pubbliche, in particolare, devono:
a) rispettare la normativa vigente in materia di composizione delle commissioni di concorso, con l’osservanza delle disposizioni in materia di equilibrio di genere;
b) osservare il principio di pari opportunità nelle procedure di reclutamento (art. 35, comma 3, lett. c), del d.lgs. n. 165 del 2001) per il personale a tempo determinato e indeterminato;
c) curare che i criteri di conferimento degli incarichi dirigenziali tengano conto del principio di pari opportunità (art. 19, commi 4-bis e 5-ter, del d.lgs. n. 165 del 2001; art. 42, comma 2, lett. d), del d.lgs. n. 198 del 2006; art. 11, comma 1, lett. h), della legge n. 124 del 2015);
d) monitorare gli incarichi conferiti sia al personale dirigenziale che a quello non dirigenziale, le indennità e le posizioni organizzative al fine di individuare eventuali differenziali retributivi tra donne e uomini e promuovere le conseguenti azioni correttive, dandone comunicazione al CUG;
e) adottare iniziative per favorire il riequilibrio della presenza di genere nelle attività e nelle posizioni gerarchiche ove sussista un divario fra generi non inferiore a due terzi;
f) tenere conto, in generale, nelle determinazioni per l’organizzazione degli uffici e per la gestione dei rapporti di lavoro, del rispetto del principio di pari opportunità (articolo 5, comma 2, del d.lgs. 165/2001).
Le amministrazioni pubbliche agiscono affinché l’organizzazione del lavoro sia progettata e strutturata con modalità che garantiscano il benessere organizzativo, l’assenza di qualsiasi discriminazione e favoriscano la migliore conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita.
A tal fine, devono:
- attuare le previsioni di cui all’art. 14 della legge n. 124 del 2015 e di cui alla Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, adottata dal Ministro delegato, il 1° giugno 2017, nonché tutte le disposizioni normative e contrattuali in materia di lavoro flessibile e conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, attribuendo criteri di priorità per la fruizione delle relative misure, fermo restando quanto previsto dalle specifiche disposizioni di legge[1] e compatibilmente con l’organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore di coloro che si trovano in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei/delle dipendenti impegnati/e in attività di volontariato. Quanto sopra anche in ottica di miglioramento del benessere organizzativo e di aumento dell’efficienza;
- garantire la piena attuazione della normativa vigente in materia di congedi parentali;
- favorire il reinserimento del personale assente dal lavoro per lunghi periodi (maternità, congedi parentali, ecc.), mediante il miglioramento dell’informazione fra amministrazione e lavoratori in congedo e la predisposizione di percorsi formativi che, attraverso orari e modalità flessibili, garantiscano la massima partecipazione di donne e uomini con carichi di cura;
- promuovere progetti finalizzati alla mappatura delle competenze professionali, strumento indispensabile per conoscere e valorizzare la qualità del lavoro di tutti i propri dipendenti.
3.5 Formazione e diffusione del modello culturale improntato alla promozione delle pari opportunità e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro
Le amministrazioni pubbliche per diffondere e agevolare l’innovazione e il cambiamento culturale, promuovono, anche avvalendosi del CUG, percorsi informativi e formativi che coinvolgano tutti i livelli dell’amministrazione, inclusi i dirigenti, a partire dagli apicali, che assumono il ruolo di catalizzatori e promotori in prima linea del cambiamento culturale sui temi della promozione delle pari opportunità e della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
La formazione e la sensibilizzazione diffusa e partecipata rappresentano, infatti, una leva essenziale per l’affermazione di una cultura organizzativa orientata al rispetto della parità e al superamento degli stereotipi, anche nell’ottica di una seria azione di prevenzione di qualsiasi forma di discriminazione o violenza e di generale miglioramento dei servizi resi ai cittadini e alle imprese.
A tale scopo le amministrazioni pubbliche, nel rispetto delle disponibilità di bilancio, devono tra l’altro:
- garantire la partecipazione dei propri dipendenti ai corsi di formazione e di aggiornamento professionale in rapporto proporzionale tale da garantire pari opportunità, adottando le modalità organizzative idonee a favorirne la partecipazione e consentendo la conciliazione tra vita professionale e vita familiare (art. 57, comma 1, lett. d, del d.lgs. n. 165 del 2001);
- curare che la formazione e l’aggiornamento del personale, ivi compreso quello con qualifica dirigenziale anche apicale, contribuiscano allo sviluppo della cultura di genere, anche attraverso la promozione di stili di comportamento rispettosi del principio di parità di trattamento e la diffusione della conoscenza della normativa in materia di pari opportunità, congedi parentali e contrasto alla violenza contro le donne, inserendo appositi moduli in tutti i programmi formativi (art. 7, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001) e collegandoli, ove possibile, all’adempimento degli obblighi in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (art. 28, comma 1, del d.lgs. n. 81 del 2008). Le pratiche di valorizzazione delle differenze, l’adozione di strumenti di conciliazione e l’adozione dei Codici etici e Codici di condotta sono da ritenersi idonei strumenti di prevenzione per garantire il rispetto delle pari opportunità;
- avviare azioni di sensibilizzazione e formazione di tutta la dirigenza sulle tematiche delle pari opportunità, sulla prevenzione e contrasto di ogni forma di discriminazione;
- produrre tutte le statistiche sul personale ripartite per genere; la ripartizione per genere non deve interessare solo alcune voci, ma contemplare tutte le variabili considerate (comprese quelle relative ai trattamenti economici e al tempo di permanenza nelle varie posizioni professionali). Le statistiche devono essere declinate, pertanto, su tre componenti: uomini, donne e totale;
- utilizzare in tutti i documenti di lavoro (relazioni, circolari, decreti, regolamenti, ecc.) termini non discriminatori come, ad esempio, usare il più possibile sostantivi o nomi collettivi che includano persone dei due generi (ad es. persone anziché uomini);
- promuovere analisi di bilancio che mettano in evidenza quanta parte e quali voci del bilancio di una amministrazione siano (in modo diretto o indiretto) indirizzate alle donne, quanta parte agli uomini e quanta parte a entrambi. Al fine di poter allocare le risorse sui servizi in funzione delle diverse esigenze delle donne e degli uomini del territorio di riferimento, si auspica, quindi, che la predisposizione dei bilanci di genere di cui all’art. 38-septies della legge n. 196 del 2009 e alla circolare della Ragioneria generale dello Stato n. 9 del 29 marzo 2019, diventi una pratica consolidata nelle attività di rendicontazione sociale delle amministrazioni.
Le amministrazioni pubbliche devono prevedere moduli formativi obbligatori sul contrasto alla violenza di genere in tutti i corsi di gestione del personale organizzati, ivi compresi i corsi per la formazione di ingresso alla dirigenza. A tal fine utilizzano anche gli strumenti messi a disposizione dalla Presidenza del Consiglio- Dipartimento della funzione pubblica, Dipartimento per le pari opportunità e Scuola Nazionale dell’Amministrazione.
Le amministrazioni pubbliche, inoltre, devono promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, eventualmente adottando anche apposite “Carte della conciliazione”, attraverso:
- la valorizzazione delle politiche territoriali, anche tramite la costituzione di reti di conciliazione tra la pubblica amministrazione e i servizi presenti sul territorio, all’interno delle quali attori diversi per ambiti di attività e finalità operano con l’obiettivo di favorire la conciliazione vita lavoro;
- l’istituzione e l’organizzazione, anche attraverso accordi con altre amministrazioni pubbliche, di servizi di supporto alla genitorialità, aperti durante i periodi di chiusura scolastica;
- la sperimentazione di sistemi di certificazione di genere; tali sistemi rappresentano uno strumento manageriale adottato su base volontaria dalle organizzazioni che intendono certificare il costante impegno profuso nell’ambito della valorizzazione delle risorse umane in un’ottica di genere e per il bilanciamento della vita lavorativa con la vita personale e familiare.
L’ordinamento italiano, con la legge n. 183 del 2010, ha apportato modifiche rilevanti agli articoli 1, 7 e 57 del d.lgs. n. 165 del 2001, prevedendo, in particolare, che le pubbliche amministrazioni costituiscano al proprio interno il Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni, che ha sostituito i comitati per le pari opportunità e i comitati paritetici sul fenomeno del mobbing (art. 57, comma 01, del d.lgs. 165/2001).
Il Comitato unico di garanzia (CUG), seppure in una logica di continuità con i Comitati per le pari opportunità e i Comitati per il contrasto del fenomeno del mobbing precedentemente istituiti, si afferma come un soggetto attraverso il quale si intende:
- assicurare, nell’ambito del lavoro pubblico, parità e pari opportunità, prevenendo e contrastando ogni forma di violenza fisica e psicologica, di molestia e di discriminazione diretta e indiretta;
- ottimizzare la produttività del lavoro pubblico migliorando le singole prestazioni lavorative;
- accrescere la performance organizzativa dell’amministrazione nel suo complesso, rendendo efficiente ed efficace l’organizzazione anche attraverso l’adozione di misure che favoriscano il benessere organizzativo e promuovano le pari opportunità ed il contrasto alle discriminazioni.
Nelle linee guida del 4 marzo 2011, adottate dai Ministri per la funzione pubblica e per le pari opportunità, sono state disciplinate le funzioni del CUG al quale vengono assegnati compiti propositivi, consultivi e di verifica, nell’ambito delle competenze allo stesso demandate ai sensi dell’articolo 57, comma 03, del d.lgs. n. 165 del 2001 (così come introdotto dall’articolo 21 della legge n. 183 del 2010).
Al fine di assicurare una maggiore effettività nello svolgimento delle loro funzioni e superare alcune criticità sorte in sede applicativa, le indicazioni di seguito fornite costituiscono un aggiornamento degli indirizzi contenuti nella direttiva 4 marzo 2011, con specifico riferimento ai seguenti aspetti:
– criteri di composizione: il CUG ha una composizione paritetica ed è formato da componenti designati da ciascuna delle organizzazioni sindacali rappresentative, ai sensi degli artt. 40 e 43 del d.lgs. 165 del 2001, effettivamente presenti all’interno di ogni singola amministrazione, e da un pari numero di rappresentanti dell’amministrazione, nonché da altrettanti componenti supplenti. Per quanto riguarda i componenti di parte pubblica, nella composizione del CUG devono essere rappresentate, per quanto possibile, tutte le componenti del personale comunque in servizio presso l’amministrazione. Allo stesso modo, per quelle amministrazioni, che in ragione delle dimensioni ridotte, decidano di costituire un CUG condiviso, deve comunque essere garantita la rappresentanza dei lavoratori di ogni ente che ne fa parte;
– procedure di nomina: in ordine alle modalità di individuazione dei componenti dei CUG, al fine di assicurare che la scelta ricada effettivamente su soggetti in possesso di adeguati requisiti di competenza ed esperienza l’amministrazione procede alla relativa designazione ad esito dell’espletamento di una procedura comparativa trasparente cui possa partecipare tutto il personale interessato in servizio nell’amministrazione.
Al fine di non disperdere il patrimonio di esperienza maturato, il mandato dei componenti del CUG è rinnovabile purché gli stessi soggetti risultino, ad esito della predetta procedura comparativa e tenuto conto dell’attività già svolta, i più idonei allo svolgimento dell’incarico.
I componenti supplenti partecipano alle riunioni del CUG in caso di assenza o impedimento dei rispettivi titolari, o, anche in presenza di questi, qualora siano inseriti in specifici gruppi di lavoro delle cui attività si discuta nel corso dell’incontro e tutte le volte in cui il Presidente lo ritenga utile;
– compiti: il CUG è un organismo di garanzia che esercita compiti propositivi, consultivi e di verifica, nell’ambito delle competenze allo stesso demandate dal citato articolo 57, comma 03, del d.lgs. n. 165 del 2001.
Nell’ambito della funzione propositiva del CUG, riveste particolare importanza quella riguardante la predisposizione di Piani di azioni positive volti a favorire l’uguaglianza sostanziale sul lavoro tra uomini e donne, le condizioni di benessere lavorativo, nonché a prevenire o rimuovere situazioni di discriminazione o violenze morali, psicologiche, mobbing, disagio organizzativo, all’interno dell’amministrazione pubblica.
Quanto alla funzione consultiva, il CUG svolge un’azione di prevenzione delle potenziali situazioni di discriminazione perché chiamato a formulare pareri sui progetti di riorganizzazione dell’amministrazione di appartenenza, sui piani di formazione del personale, sulle forme di flessibilità lavorativa, sugli interventi di conciliazione, nonché sui criteri di valutazione del personale. A tale proposito si richiama l’attenzione delle amministrazioni affinché provvedano sempre ad acquisire il parere del CUG al riguardo.
Con riferimento ai compiti di verifica, il CUG deve relazionare annualmente (entro il 30 marzo) in ordine allo stato di attuazione del Piano triennale di azioni positive (cfr. par. 3.2), sul monitoraggio degli incarichi conferiti sia al personale dirigenziale che a quello non dirigenziale, sulle indennità e posizioni organizzative al fine di individuare eventuali differenziali retributivi tra uomini e donne. Il CUG deve, inoltre, svolgere importanti funzioni di verifica in ordine all’assenza di qualsiasi forma di violenza o discriminazione, diretta o indiretta, nel luogo di lavoro pubblico. In riferimento a quest’ultimo aspetto, si ritiene che i CUG possano fungere, all’interno dell’amministrazione pubblica, da importanti sensori delle situazioni di malessere collegate alla violenza e alla discriminazione, anche al fine di segnalare le suddette situazioni ai soggetti funzionalmente e territorialmente competenti. Al fine di potenziare tale funzione di verifica, il Presidente del Comitato promuove la costituzione, in collaborazione con l’ufficio competente per la gestione del personale, di un Nucleo di ascolto organizzato interno all’amministrazione.
A tal fine è significativo che il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020 abbia prescritto la realizzazione, fra le altre misure, di un’adeguata azione di formazione di tutte le professionalità che possono entrare in contatto con fatti di violenza di genere o di stalking. In proposito il Dipartimento della funzione pubblica e il Dipartimento per le pari opportunità prevedono di realizzare corsi di formazione rivolti anche ai componenti dei CUG con l’obiettivo di accrescere, a cominciare dai luoghi di lavoro pubblico, la conoscenza del fenomeno della violenza di genere, compresi gli aspetti legislativi e giuridici che entrano in gioco in casi di violenza, molestie e abusi e migliorare la capacità di ascolto e di interazione degli operatori pubblici con le vittime potenziali.
Il CUG svolge un’azione di tutela nei confronti dei dipendenti che segnalino comportamenti violenti o molesti affinché non venga consentita o tollerata nei loro confronti alcuna azione persecutoria o discriminatoria diretta o indiretta.
Nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio, le amministrazioni mettono a disposizione dei CUG risorse umane e strumentali idonee a perseguire le finalità previste dalla legge e dagli atti di indirizzo, secondo quanto previsto dall’art. 57, comma 1, lett. d), del d.lgs. 165/2001.
Fra le altre iniziative previste dal citato Piano strategico rientra anche la realizzazione di una Piattaforma tecnologica che metta in collegamento i CUG nell’ambito di un network nazionale coordinato dal Dipartimento della funzione pubblica e dal Dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, non solo per favorire il confronto e la condivisione di buone pratiche, ma anche per facilitare il monitoraggio della presente direttiva. A tal fine, sul sito istituzionale del Dipartimento della funzione pubblica sarà resa disponibile una sezione del Portale del lavoro pubblico specificamente dedicata alla Rete nazionale dei CUG. Il network nazionale potrà essere utilizzato, dai Dipartimenti competenti, per instaurare un contatto più diretto con alcuni CUG ed avviare con gli stessi iniziative volte a valorizzare il loro ruolo all’interno dell’Amministrazione.
Collaborazione con altri organismi: il CUG, per quanto di propria competenza, collabora con il Responsabile dei processi di inserimento delle persone con disabilità di cui all’art. 39-ter del d.lgs. 165 del 2001, soprattutto con riferimento alla verifica della piena attuazione dei processi di inserimento, assicurando la rimozione di eventuali situazioni di disagio e di difficoltà di integrazione. Inoltre, il CUG si raccorda, per quanto di propria competenza, con la Consigliera di parità, la Consigliera di fiducia, l’OIV, il RSSPP, il Responsabile delle risorse umane e con gli altri Organismi contrattualmente previsti.
Si rende atto che restano vigenti gli indirizzi forniti con la citata direttiva 4 marzo 2011 che non siano stati superati dagli aggiornamenti sopraindicati.
Sezione II – Attuazione e monitoraggio della direttiva
1.Relazioni e monitoraggio
Le amministrazioni sono tenute ad adottare tutte le iniziative necessarie all’attuazione della presente direttiva, anche promuovendo la collaborazione fra CUG, OIV e gli altri Organismi previsti nella presente direttiva, quale il Responsabile dei processi di inserimento delle persone con disabilità di cui all’art. 39-ter del d.lgs. 165 del 2001.
Al fine di ridurre gli oneri informativi a carico delle amministrazioni e di facilitare l’accesso e la comprensibilità delle informazioni relative allo stato di attuazione delle disposizioni in materia di pari opportunità, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva le amministrazioni non dovranno più redigere, entro il 20 febbraio di ciascun anno, la relazione prevista dalla direttiva 23 maggio 2007.
L’amministrazione dovrà trasmettere al CUG, secondo il format messo a disposizione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e Dipartimento per le pari opportunità – le informazioni di seguito indicate entro il 1° marzo di ciascun anno:
- l’analisi quantitativa del personale suddiviso per genere e per appartenenza alle aree funzionali e alla dirigenza, distinta per fascia dirigenziale di appartenenza e per tipologia di incarico conferito ai sensi dell’articolo 19 del d.lgs. n. 165 del 2001;
- l’indicazione aggregata distinta per genere delle retribuzioni medie, evidenziando le eventuali differenze tra i generi;
- la descrizione delle azioni realizzate nell’anno precedente con l’evidenziazione, per ciascuna di esse, dei capitoli di spesa e dell’ammontare delle risorse impiegate;
- l’indicazione dei risultati raggiunti con le azioni positive intraprese al fine di prevenire e rimuovere ogni forma di discriminazione, con l’indicazione dell’incidenza in termini di genere sul personale;
- la descrizione delle azioni da realizzare negli anni successivi con l’evidenziazione, per ciascuna di esse, dei capitoli di spesa e dell’ammontare delle risorse da impegnare;
- il bilancio di genere dell’amministrazione.
Le predette informazioni confluiranno integralmente in allegato alla relazione che il CUG predispone entro il 30 marzo e saranno oggetto di analisi e verifica da parte del Comitato.
Resta ferma la necessità che le amministrazioni pubbliche evidenzino nei propri bilanci annuali le attività e le risorse destinate all’attuazione della presente direttiva.
Si ricorda che le attività attuate in base alle indicazioni contenute nella presente direttiva devono essere inserite nei Piani triennali di azioni positive.
Entro il 30 marzo di ciascun anno la relazione del CUG, indirizzata al Dipartimento della funzione pubblica e al Dipartimento per le pari opportunità, deve essere inviata al seguente indirizzo: monitoraggiocug@funzionepubblica.it.
La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e Dipartimento per le pari opportunità elaborano un rapporto periodico di sintesi che verrà pubblicato e distribuito a tutte le amministrazioni interessate.
Per supportare operativamente le amministrazioni nell’attuazione della direttiva, il Dipartimento della funzione pubblica e il Dipartimento per le pari opportunità provvederanno a predisporre:
- una sezione web dedicata alla direttiva e accessibile dalle home page del Dipartimento della funzione pubblica e del Dipartimento per le pari opportunità e sui siti istituzionali di ciascuna PA. L’area conterrà il materiale di riferimento (normativa, studi, ricerche e strumenti) sui temi affrontati dalla direttiva, i piani di azioni positive adottati ai sensi dell’articolo 48 del d.lgs. n. 198 del 2006; la composizione di genere degli organismi collegiali e del personale, distinta, con riferimento ai dirigenti, per fascia dirigenziale di appartenenza e per tipologia di incarico conferito ai sensi dell’articolo 19 del d.lgs. n. 165 del 2001; il bilancio di genere redatto dalle pubbliche amministrazioni;
- un format per la rappresentazione dei dati che l’amministrazione invia al CUG entro il 1° marzo di ciascun anno;
- un format per la presentazione della relazione CUG;
- l’organizzazione di incontri e riunioni con i direttori generali del personale delle amministrazioni pubbliche, con le Organizzazioni sindacali e i CUG per favorire l’attuazione della presente direttiva nel più ampio contesto delle politiche di gestione delle risorse umane;
- strumenti di monitoraggio sulle relazioni pervenute dai CUG e sui dati trasmessi dalle amministrazioni ai Comitati.
I format allegati alla presente direttiva possono essere aggiornati con circolare del Dipartimento della funzione pubblica e del Dipartimento per le pari opportunità.
Al fine di monitorare l’attuazione della presente Direttiva opera presso la Presidenza del Consiglio un Gruppo di monitoraggio composto da otto componenti di cui quattro indicati dal Dipartimento per le pari opportunità e quattro dal Dipartimento della funzione pubblica al fine di:
- fornire supporto alle pubbliche amministrazioni destinatarie della Direttiva nella fase di prima attuazione;
- monitorare e verificare l’attuazione della Direttiva;
- formulare eventuali proposte per la modifica o integrazione della Direttiva.
All’attività del Gruppo collabora la Consigliera nazionale di parità.
Possono fornire supporto al Gruppo di monitoraggio la Rete Nazionale dei CUG, i singoli CUG e gli OIV.
Le modalità di adempimento di cui alla presente sezione e le relative scadenze trovano applicazione a decorrere dal 2020.