Nel PAT, deve ritenersi che la PEC da utilizzare per la rituale partecipazione del ricorso alle Amministrazioni pubbliche sia esclusivamente quella tratta dall’elenco tenuto dal Ministero della Giustizia, ma le oscillazioni giurisprudenziali rendono doveroso rimettere in termini il ricorrente che, per errore scusabile, ha effettuato la notifica presso un indirizzo PEC diverso
Cons. Stato, sez. III, 22 ottobre 2019, n. 7170
In ambito PAT, secondo il Consiglio di Stato deve ritenersi che la PEC da utilizzare per la notifica e per la rituale partecipazione del ricorso alle Amministrazioni pubbliche sia esclusivamente quella tratta dall’elenco tenuto dal Ministero della Giustizia.
Non possono ritenersi valide le notifiche agli indirizzi presso l’elenco IPA o i siti istituzionali, non validi ai fini della notifica degli atti giudiziari
Tuttavia le oscillazioni giurisprudenziali sul punto rendono doverosa la rimessione in termini, per errore scusabile, del ricorrente che ha effettuato la notifica nelle modalità anzidette.
Vale solo il registro presso il Ministero di Giustizia, e non la PEC nel registro IPA o nel sito istituzionale
Non si ritiene valido ai fini della notifica degli atti giudiziari alle P.A il registro IPA, di cui all’art. 16, comma 8, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, conv. in L. n. 2 del 2009, il quale non viene più espressamente menzionato tra i pubblici elenchi dai quali estrarre gli indirizzi PEC ai fini della notifica degli atti giudiziari. In particolare, l’elenco l’IPA era inizialmente equiparato agli elenchi pubblici dai quali poter acquisire gli indirizzi PEC validi per le notifiche telematiche dall’art. 16 ter D.L. n. 179 del 2012, ma tale equiparazione è attualmente venuta meno in seguito alla modifica di tale disposizione.
Stessa conclusione di inidoneità viene replicata, per le medesime ragioni suesposte, per gli indirizzi internet indicati nei siti dell’amministrazione, che non trovano autonoma legittimazione normativa ai fini delle notifiche degli atti giudiziari.
Al contrario, dalla lettura sistemica delle disposizioni normative, di fonte primaria e secondaria, che disciplinano le notifiche a mezzo PEC in ambito PAT, deve ritenersi che la PEC da utilizzare per la rituale partecipazione del ricorso alle Amministrazioni pubbliche sia quella tratta dall’elenco tenuto dal Ministero della Giustizia, di cui all’art. 16, comma 12, del D.L. n. 179 del 2012.
Segnatamente, i giudici citano l’art. 14, comma 2, del D.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40 (Regolamento recante le regole tecnico-operative per l’attuazione del PAT), il quale prevede che le notificazioni alle amministrazioni non costituite in giudizio sono eseguite agli indirizzi PEC di cui all’art. 16, comma 12, del D.L. n. 179 del 2012, conv. in L. n. 221/2012, fermo quanto previsto dal regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. Ai sensi del suddetto comma 12, dell’art. 16 del D.L. n. 179 del 2012, nel testo risultante dalla modifica operata col D.L. n. 90 del 2014, convertito dalla L. n. 114 del 2014, le amministrazioni pubbliche dovevano comunicare, entro il 30 novembre 2014, al Ministero della Giustizia l’indirizzo PEC valido ai fini della notifica telematica nei loro confronti, da inserire in un apposito elenco.
Tale normativa persegue esigenze di certezza: l’opzione del legislatore di conferire il predicato della ritualità della notifica telematica solo se effettuata presso gli indirizzi mutuati da elenchi ben individuati escludendo, dunque, in apice, ogni forma di equipollenza persegue un’esigenza di certezza sottesa alla richiamata disciplina, trattandosi di adempimenti che si pongono a presidio dell’effettività del contraddittorio siccome funzionali ad una tempestiva ed efficace organizzazione della linea difensiva delle Amministrazioni intimate.
I contrasti giurisprudenziali rendono obbligata la rimessione in termini per errore scusabile
Ai sensi dell’art. 37 del Codice del Processo Amministrativo “Il giudice può disporre, anche d’ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto”.
Secondo il Consiglio di Stato le oscillazioni sul diverso valore della notifica ad un indirizzo PEC diverso da quello estratto da REGINDE (INI-PEC, sito istituzionale) rendevano doveroso rimettere in termini il ricorrente.
I giudici segnalano che l’esegesi della suddetta disciplina abbia avuto approdi non sempre univoci in giurisprudenza, rinvenendosi anche indirizzi inclini a riconoscere validità della notifica a mezzo posta elettronica certificata del ricorso effettuata all’amministrazione all’indirizzo tratto dall’elenco presso l’Indice PA vieppiù se l’amministrazione pubblica destinataria della notificazione telematica sia rimasta inadempiente all’obbligo di comunicare altro e diverso indirizzo PEC da inserire nell’elenco pubblico tenuto dal Ministero della Giustizia (come Consiglio di Stato sez. III, 27/02/2019, n.1379; Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12 dicembre 2018 n. 7026).
In presenza di siffatte oscillazioni giurisprudenziali, secondo il Consiglio di Stato deve essere accordato il beneficio della rimessione in termini ex articolo 37 del c.p.a., registrandosi oggettive ragioni di incertezza sulla questione di diritto suesposta.
I giudici di Palazzo Spada hanno quindi annullato la sentenza di primo grado che, senza concedere tale facoltà, ha dichiarato l’irricevibilità del ricorso.
Il T.A.R: avrebbe dovuto riconoscere l’errore scusabile e consentire alla parte ricorrente di poter rinnovare la notifica del ricorso all’Amministrazione intimata, evocandola in giudizio questa volta mediante una rituale partecipazione del ricorso all’indirizzo corretto.
Di seguito si riporta un estratto della sentenza
(…)
genova@mailcert.avvocaturastato.it, e non presso l’indirizzo pec dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato dedicato alla ricezione degli atti giudiziari, ads.ge@mailcert.avvocaturastato.
Sul punto, dalla lettura sistemica delle disposizioni normative, di fonte primaria e secondaria, che disciplinano le notifiche a mezzo PEC in ambito PAT, deve ritenersi che la PEC da utilizzare per la rituale partecipazione del ricorso alle Amministrazioni pubbliche sia quella tratta dall’elenco tenuto dal Ministero della Giustizia, di cui all’art. 16, comma 12, del D.L. n. 179 del 2012. Segnatamente, l’art. 14, comma 2, del D.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40 (Regolamento recante le regole tecnico-operative per l’attuazione del PAT) prevede che le notificazioni alle amministrazioni non costituite in giudizio sono eseguite agli indirizzi PEC di cui all’art. 16, comma 12, del D.L. n. 179 del 2012, conv. in L. n. 221/2012, fermo quanto previsto dal regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. Ai sensi del suddetto comma 12, dell’art. 16 del D.L. n. 179 del 2012, nel testo risultante dalla modifica operata col D.L. n. 90 del 2014, convertito dalla L. n. 114 del 2014, le amministrazioni pubbliche dovevano comunicare, entro il 30 novembre 2014, al Ministero della Giustizia l’indirizzo PEC valido ai fini della notifica telematica nei loro confronti, da inserire in un apposito elenco.
Ciò in conformità con quanto previsto dal comma 1 bis dell’art. 16 ter del medesimo D.L. n. 179 (2012 (aggiunto dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, conv. in L. 11 agosto 2014, n. 114) che ha reso applicabile alla giustizia amministrativa il comma 1 dello stesso art. 16 ter.
Tale ultima disposizione, nella versione vigente, prevede che ” a decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 6-bis, 6-quater e 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dall’articolo 16, comma 12, del presente decreto, dall’articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia”.
E’, dunque, di tutta evidenza l’opzione del legislatore di conferire il predicato della ritualità della notifica telematica solo se effettuata presso gli indirizzi mutuati da elenchi ben individuati escludendo, dunque, in apice, ogni forma di equipollenza (cfr. Cassazione civile sez. VI, 27/06/2019, n.17346; Cass. civ. Sez. VI – Lavoro Ord., 25/05/2018, n. 13224; Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 11/05/2018, n. 11574; CdS Sez III 6178 del 29.12.2017; Sez III n. 197 del 20.1.2016; Cons. giust. amm. Sicilia, 12/04/2018, n. 217; CdS 5891 del 13.12.2017).
D’altro canto, ha indubbio fondamento l’esigenza di certezza sottesa alla richiamata disciplina, trattandosi di adempimenti che si pongono a presidio dell’effettività del contraddittorio siccome funzionali ad una tempestiva ed efficace organizzazione della linea difensiva delle Amministrazioni intimate.
In ragione di quanto fin qui evidenziato nemmeno l’indirizzo PEC risultante dal registro IPA può ritenersi valido ai fini della notifica degli atti giudiziari alle P.A. Il registro IPA, di cui all’art. 16, comma 8, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, conv. in L. n. 2 del 2009, non viene, infatti, più espressamente menzionato tra i pubblici elenchi dai quali estrarre gli indirizzi PEC ai fini della notifica degli atti giudiziari. In particolare, l’elenco l’IPA era inizialmente equiparato agli elenchi pubblici dai quali poter acquisire gli indirizzi PEC validi per le notifiche telematiche dall’art. 16 ter D.L. n. 179 del 2012, ma tale equiparazione è attualmente venuta meno in seguito alla modifica di tale disposizione.
Stessa conclusione di inidoneità va replicata, per le medesime ragioni suesposte, per gli indirizzi internet indicati nei siti dell’amministrazione, che non trovano autonoma legittimazione normativa ai fini delle notifiche degli atti giudiziari.
Ciò nondimeno, nemmeno può essere obliterato come l’esegesi della suddetta disciplina abbia avuto approdi non sempre univoci in giurisprudenza, rinvenendosi anche indirizzi inclini a riconoscere validità della notifica a mezzo posta elettronica certificata del ricorso effettuata all’amministrazione all’indirizzo tratto dall’elenco presso l’Indice PA vieppiù se l’amministrazione pubblica destinataria della notificazione telematica sia rimasta inadempiente all’obbligo di comunicare altro e diverso indirizzo PEC da inserire nell’elenco pubblico tenuto dal Ministero della Giustizia. (cfr. ad esempio, di recente, Consiglio di Stato sez. III, 27/02/2019, n.1379; Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12 dicembre 2018 n. 7026).
Orbene, in siffatte evenienze, contraddistinte dalla evidenziata oscillazione giurisprudenziale, non può che accordarsi il beneficio della rimessione in termini ex articolo 37 del c.p.a., registrandosi, in definitiva, pur nel rigore valutativo qui esigibile, oggettive ragioni di incertezza sulla questione di diritto suesposta.
Va, dunque, rilevata l’erroneità della sentenza di primo grado che, senza concedere tale facoltà, ha dichiarato l’irricevibilità del ricorso. Il giudice di prime cure avrebbe, dunque, dovuto riconoscere l’errore scusabile e consentire alla parte ricorrente di poter rinnovare la notifica del ricorso all’Amministrazione intimata, evocandola in giudizio questa volta mediante una rituale partecipazione del ricorso all’indirizzo corretto.