Il soccorso istruttorio si applica anche ai concorsi

Nei concorsi pubblici il soccorso istruttorio (o integrazione documentale) è obbligatorio quando è funzionale a integrare o regolarizzare la documentazione presentata, purché ciò non arrechi effetti vantaggiosi a danno degli altri candidati, come nel caso di presentazione di titoli o requisiti omessi.

Consiglio di Stato, sez. V, 22 novembre 2019, n. 7975

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 7975/2019, ha aggiunto un altro tassello nella materia del soccorso istruttorio nei procedimenti amministrativi, quindi al di fuori dal settore degli appalti pubblici.

Con particolare riferimento al settore dei concorsi pubblici, i giudici di Palazzo Spada, chiariscono che si applica l’art. 6  della legge 241/90, il quale ha introdotto, nell’ambito delle regole del procedimento amministrativo, il c.d. soccorso istruttorio, con la finalità di regolarizzare o integrare una documentazione carente.

In dissenso con la giurisprudenza che limita il soccorso istruttorio nelle c.d. procedure di massa o competitive, il Consiglio di Stato propende per un’applicazione ampia nell’ambito dei concorsi pubblici.

E infatti l’attivazione del c.d. soccorso istruttorio è tanto più necessaria per le finalità proprie di detta procedura che, in quanto diretta al fine pubblico della selezione dei migliori candidati a posti pubblici, non può essere alterata nei suoi esiti da meri errori formali, come accadrebbe se un candidato meritevole non risultasse vincitore per una mancanza facilmente emendabile con la collaborazione dell’amministrazione.

Rimane fermo il necessario rispetto del principio della par condicio competitorum, per cui l’intervento dell’amministrazione diretto a consentire al concorrente di regolarizzare o integrare la documentazione presentata non può produrre un effetto vantaggioso a danno degli altri candidati.

In applicazione della par condicio, sarebbe illegittimo disporre il soccorso istruttorio in caso di mancata allegazione di un requisito di partecipazione ovvero di un titolo valutabile in sede concorsuale, poiché in tal caso si consentirebbe ad un candidato di dichiarare, a termine di presentazione delle domande già spirato, un requisito o un titolo non indicato, significherebbe riconoscergli un vantaggio rispetto agli altri candidati in palese violazione della par condicio.

In ogni altro caso, invece, ove il candidato abbia allegato i titoli da valutare con la diligenza a lui richiesta il soccorso istruttorio va attivato, qualora dalla documentazione presentata dal candidato residuino margini di incertezza facilmente superabili

In applicazione di questi principi, il Consiglio di Stato ha ritenuto che l’integrazione documentale era doverosa nel caso del candidato al concorso che aveva indicato il possesso del titolo di laurea, senza però dichiarare il voto di laurea.

L’integrazione documentale e i suoi limiti

La giurisprudenza amministrativa ha da tempo riconosciuto che l’art. 6 (Compiti del responsabile del procedimento), comma 1, lett. b) l. 7 agosto 1990, n. 241 ha introdotto, nell’ambito delle regole del procedimento amministrativo, il c.d. soccorso istruttorio, con la finalità di regolarizzare o integrare una documentazione carente, nell’ottica della tutela della buona fede e dell’affidamento dei soggetti coinvolti dall’esercizio del potere. Su tale questione è intervenuta anche l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 25 febbraio 2014, n. 9.

Questione diversa da quella di documentazione irregolare o carente, è il caso dell’errore commesso dal privato nell’istanza o domanda presentata alla pubblica amministrazione. A questo riguardo Cons. Stato, sez. V, 20 giugno 2019, n. 4198 ha precisato che se l’errore è riconoscibile secondo le condizioni poste dalle disposizioni del codice civile per gli atti negoziali può richiedersi all’amministrazione lo sforzo diligente di emendarlo autonomamente.

Tale dovere di soccorso istruttorio ha portata generale e trova applicazione, ribadisce il Consiglio di Stato, anche nell’ambito delle procedure concorsuali, fermo il necessario rispetto del principio della par condicio per cui l’intervento dell’amministrazione diretto a consentire al concorrente di regolarizzare o integrare la documentazione presentata non può produrre un effetto vantaggioso a danno degli altri candidati.

Il Collegio riconosce nella sentenza che sono presenti in giurisprudenza orientamenti più restrittivi per i quali il soccorso istruttorio nell’ambito delle procedure comparative e di massa è limitato dal principio di autoresponsabilità del concorrente per cui ciascuno sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione della documentazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 febbraio 2019).

Tuttavia la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ritiene che specialmente nell’ambito dei concorsi pubblici, l’attivazione del c.d. soccorso istruttorio è tanto più necessaria per le finalità proprie di detta procedura che, in quanto diretta alla selezione dei migliori candidati a posti pubblici, non può essere alterata nei suoi esiti da meri errori formali, come accadrebbe se un candidato meritevole non risultasse vincitore per una mancanza facilmente emendabile con la collaborazione dell’amministrazione.

In tal caso, ragionano i giudici, il danno, prima ancora che all’interesse privato, sarebbe all’interesse pubblico, considerata la rilevanza esiziale della corretta selezione dei dipendenti pubblici per il buon andamento dell’attività della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.).

Alla luce di questi parametri generali, si ritiene che il limite all’attivazione del soccorso istruttorio coincide con la mancata allegazione di un requisito di partecipazione ovvero di un titolo valutabile in sede concorsuale, poiché, effettivamente, consentire ad un candidato di dichiarare, a termine di presentazione delle domande già spirato, un requisito o un titolo non indicato, significherebbe riconoscergli un vantaggio rispetto agli altri candidati in palese violazione della par condicio.

In ogni altro caso, invece, ove il candidato abbia allegato i titoli da valutare con la diligenza a lui richiesta, il soccorso istruttorio va attivato, qualora dalla documentazione presentata dal candidato residuino margini di incertezza facilmente superabili, rispondendo tale scelta amministrativa ad un principio di esercizio dell’azione amministrativa ispirata a buona fede e correttezza.

Il caso dell’omissione del voto di laurea

Nel caso di specie, il candidato aveva lamentato che la commissione esaminatrice aveva deciso di non procedere alla valutazione della laurea in scienze politiche, espressamente dichiarata, per mancata indicazione del voto di laurea, senza preliminarmente esercitare il c.d. dovere di soccorso, come imposto dall’art. 6 l. 7 agosto 1990, n. 241.

Applicando le citate considerazioni, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la commissione esaminatrice ben poteva, prima di concludere per la non valutabilità del titolo di studio posseduto, richiedere alla candidata di specificare il voto conseguito all’esame finale di laurea e così solamente integrare la documentazione presentata.

E infatti una volta riconosciuto il possesso del titolo di studio della laurea, residuava solamente un’incertezza circa il voto conseguito all’esame finale. Se tale incertezza era dovuta ad incompletezza della dichiarazione, tuttavia poteva essere facilmente superata con una richiesta di chiarimenti, senza concedere alcun indebito vantaggio alla concorrente.

Di seguito si riporta un estratto della sentenza

(…)

1.2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia omissis impugnava il bando e la graduatoria finale della procedura concorsuale (oltre ai rispettivi atti di approvazione), dolendosi, nel primo motivo di ricorso, che la commissione esaminatrice aveva deciso di non procedere alla valutazione della laurea in scienze politiche per mancata indicazione del voto di laurea, senza preliminarmente esercitare il c.d. dovere di soccorso, come imposto dall’art. 6 l. 7 agosto 1990, n. 241.

In sostanza, al cospetto di un titolo espressamente dichiarato, sia pure in maniera incompleta, la commissione esaminatrice avrebbe dovuto richiederle dei chiarimenti ed acquisire in questo modo il dato mancante.

La decisione della commissione, aggiungeva la ricorrente, era stata fortemente pregiudizievole per lei che, avendo riportato la votazione di 90/110 all’esame finale di laurea, avrebbe potuto conseguire – per i titoli di studio e culturali – 1,20 punti secondo il criterio di assegnazione del punteggio previsto dal bando.

(…)

4.1. La giurisprudenza amministrativa ha da tempo riconosciuto che l’art. 6 (Compiti del responsabile del procedimento), comma 1, lett. b) l. 7 agosto 1990, n. 241 ha introdotto, nell’ambito delle regole del procedimento amministrativo, il c.d. soccorso istruttorio, con la finalità di regolarizzare o integrare una documentazione carente, nell’ottica della tutela della buona fede e dell’affidamento dei soggetti coinvolti dall’esercizio del potere (cfr. Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9; ma già Cons. St., sez. VI, 2 aprile 2001, n. 1927).

I casi in cui è attivabile il soccorso istruttorio, peraltro, vanno tenuti distinti da quelli nei quali, non di documentazione irregolare o carente si tratta, ma di errore commesso dal privato nell’istanza o domanda presentata alla pubblica amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 giugno 2019, n. 4198, ove è precisato che se l’errore è riconoscibile secondo le condizioni poste dalle disposizioni del codice civile per gli atti negoziali può richiedersi all’amministrazione lo sforzo diligente di emendarlo autonomamente).

4.2. Il soccorso istruttorio ha portata generale e trova applicazione, senza meno, anche nell’ambito delle procedure concorsuali, fermo il necessario rispetto del principio della par condicio per cui l’intervento dell’amministrazione diretto a consentire al concorrente di regolarizzare o integrare la documentazione presentata non può produrre un effetto vantaggioso a danno degli altri candidati.

4.3. Sebbene siano presenti in giurisprudenza orientamenti più restrittivi per i quali il soccorso istruttorio nell’ambito delle procedure comparative e di massa è (fortemente) limitato dal principio di autoresponsabilità del concorrente per cui ciascuno sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione della documentazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 febbraio 2019, n. 1148; III, 4 gennaio 2019, n. 96 per l’assegnazione delle sedi farmaceutiche), ritiene il Collegio che specialmente nell’ambito dei concorsi pubblici, l’attivazione del c.d. soccorso istruttorio è tanto più necessaria per le finalità proprie di detta procedura che, in quanto diretta alla selezione dei migliori candidati a posti pubblici, non può essere alterata nei suoi esiti da meri errori formali, come accadrebbe se un candidato meritevole non risultasse vincitore per una mancanza facilmente emendabile con la collaborazione dell’amministrazione.

Il danno, prima ancora che all’interesse privato, sarebbe all’interesse pubblico, considerata la rilevanza esiziale della corretta selezione dei dipendenti pubblici per il buon andamento dell’attività della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.).

In quest’ottica, il limite all’attivazione del soccorso istruttorio coincide con la mancata allegazione di un requisito di partecipazione ovvero di un titolo valutabile in sede concorsuale, poiché, effettivamente, consentire ad un candidato di dichiarare, a termine di presentazione delle domande già spirato, un requisito o un titolo non indicato, significherebbe riconoscergli un vantaggio rispetto agli altri candidati in palese violazione della par condicio.

In ogni altro caso, invece, ove il candidato abbia allegato i titoli da valutare con la diligenza a lui richiesta – specificata dall’Adunanza plenaria nella sentenza 15 febbraio 2014, n. 9 nel fornire informazioni non reticenti e complete, compilare moduli, presentare documenti ed altro – il soccorso istruttorio va attivato, qualora dalla documentazione presentata dal candidato residuino margini di incertezza facilmente superabili (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2018, n. 257; V, 8 agosto 2016, n. 3540; II, 28 gennaio 2016, n. 838; IV, 7 settembre 2004, n. 5759) rispondendo tale scelta amministrativa ad un principio di esercizio dell’azione amministrativa ispirata a buona fede e correttezza.

4.4. Alla luce delle pregresse considerazioni, nella vicenda in esame, la commissione esaminatrice ben poteva, prima di concludere per la non valutabilità del titolo di studio posseduto, richiedere alla candidata di specificare il voto conseguito all’esame finale di laurea e così solamente integrare la documentazione presentata; riconosciuto, infatti, il possesso del titolo di studio della laurea, residuava solamente un’incertezza circa il voto conseguito all’esame finale e, dunque, il punteggio da attribuire in ragione delle indicazioni del bando.

Tale incertezza era dovuta, certamente, ad incompletezza della dichiarazione, ma poteva essere facilmente superata con una richiesta di chiarimenti, senza concedere alcun indebito vantaggio alla concorrente; il voto riportato all’esame finale di laurea, d’altra parte, era necessario per l’assegnazione del punteggio spettante secondo le indicazioni del bando.

Redazione

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